9 dicembre forconi: marzo 2018

venerdì 30 marzo 2018

NEL MIRINO IL FINANZIAMENTO-LAMPO DELLA BNL, DI CUI E' PRESIDENTE, A CINECITTA' STUDIOS CON BILANCIO IN ROSSO, DI CUI È SOCIO INSIEME A DELLA VALLE E DE LAURENTIIS

UN FINANZIAMENTO CHE HA PERMESSO DI RIVENDERE RIVENDERE LA BARACCA ALLO STATO 

E SEMPRE SUI SOLDI DI CONTRIBUENTI HA SISTEMATO L’ASKANEWS 

IL SUO RUOLO NEL ‘SOLE 24 ORE’

Estratto dall’articolo di Fabio Pavesi per ‘il Fatto Quotidiano
luigi abete diego della valle alessandro profumoLUIGI ABETE DIEGO DELLA VALLE ALESSANDRO PROFUMO

L’ultimo fastidio per Luigi Abete, presidente di Bnl, ex presidente di Confindustria e uomo plurinavigato da decenni nell’agone economico-finanziario italiano, è scoppiato nei giorni scorsi. Le intercettazioni della Guardia di Finanza nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Bari avrebbero rivelato come un dirigente della banca presieduta da Abete, Giuseppe Pignataro, si sarebbe prodigato per far ottenere dall’istituto un finanziamento-lampo (15 milioni di euro in sole 7 ore) nell’ambito di un’operazione su Cinecittà Studios, di cui lo stesso Abete è stato azionista.

luigi abete diego della valle alessandro profumo andrea della valleLUIGI ABETE DIEGO DELLA VALLE ALESSANDRO PROFUMO ANDREA DELLA VALLE
Un conflitto d’interesse in piena regola se così fosse. Abete come ha scritto Repubblica non è indagato, ma certo la vicenda letta così appare quanto meno imbarazzante. Già perché Cinecittà Studios è stata per anni, e fino all’estate scorsa quando è tornata pubblica sotto l’ala dell’Istituto Luce, una dei molteplici affari dell’ex presidente di Confindustria. Affari non certo andati bene. I blasonati studi cinematografici della Roma felliniana…

erano parte integrante di un colossale progetto di investimento nel business dell’intrattenimento sotto l’egida di Italian Entertainment Group che ha visto Abete protagonista come socio insieme a Diego Della Valle, De Laurentis e la famiglia Haggiag

andrea della valle aurelio de laurentis luigi abeteANDREA DELLA VALLE AURELIO DE LAURENTIS LUIGI ABETE
.. Il colosso dello spettacolo, quell’Italian Entertainment Group del quartetto di grandi imprenditori e del banchiere-imprenditore Abete ha infatti cumulato perdite per oltre 100 milioni in soli 5 anni. Ha visto in breve tempo evaporare tutto il patrimonio e accumulare una mole di debiti di quasi 300 milioni a fronte di ricavi per soli 30 milioni. Ce n’è a sufficienza per gettare la spugna.

Ma il colpo d’ala, e qui entra in scena il presunto prestito facile di Bnl, è stato da maestri: rivendere allo Stato (cioè ai contribuenti) gli studi di Cinecittà dopo averli gestiti per molti anni, ripristinando così il capitale del gruppo e salvando l’intera baracca. La prova è scritta nero su bianco, nell’ultimo bilancio del loro gruppo, la Ieg spiegando che la cessione di Cinecittà Studios avrà “un impatto positivo sul patrimonio netto del gruppo tale da riportarlo in positivo”. La rivendita allo Stato degli Studios ha fatto da tampone alla crisi pesantissima di tutta la holding…

luigi abeteLUIGI ABETE
... A fine 2016 la Ieg aveva bruciato del tutto anche il patrimonio andato in negativo per quasi 11 milioni. E quando il capitale svanisce si è a un bivio: occorre mettere denaro nuovo e/o fare cassa con le cessioni (Cinecittà studios docet)….

 ….Ma il vizietto di fare affari con la sponda del contributo pubblico caratterizza l’altra attività dell’ex presidente di Confindustria, quella editoriale. La sua Askanews ha rischiato fino all’ultimo di esser tagliata fuori dalla gara pubblica delle agenzie di stampa. Ora forse uno spiraglio con l’aggiudicazione dell’ultimo lotto rimasto….

ASKANEWSASKANEWS
Come tutte le agenzie di informazione anche Askanews sta in piedi grazie a denaro pubblico. Metà del fatturato di 11 milioni viene dalla convenzione di servizio con la Presidenza del Consiglio.

Persa quella, Askanews andrebbe in perdita secca per alcuni milioni mangiandosi tutto il capitale. Un guaio per Abete. Che nelle more della (per ora) non aggiudicazione ha proposto un piano draconiano: cassa integrazione al 75% per i 130 dipendenti tra giornalisti e poligrafici. Piano lacrime e sangue rivisto nei giorni scorsi con una Cigs “solo” al 50%.....

Quando le cose sul mercato buttano male, anche Luigi Abete, tende la mano a Mamma Stato….   

…..Non è una sua attività, ma il Sole24Ore lo annovera tra i protagonisti. È solo un consigliere tra i tanti, ma di fatto è l’uomo forte di Confindustria nel giornale degli industriali italiani. L’aver visto colare quasi a picco sotto 340 milioni di perdite il più autorevole giornale economico del Paese, senza muovere un dito per lunghi anni, quando la crisi era più che conclamata, non depone certo a favore della lungimiranza imprenditoriale….
ROBERTO NAPOLETANOROBERTO NAPOLETANO

…. E che dire della quotazione del 2007? Il Sole incassò dai poveri azionisti oltre 180 milioni. Ne ha persi il doppio in pochi anni. E quando sotto la direzione di Roberto Napoletano si inventarono le copie digitali fittizie da Abete non uscì un fiato…..

Fonte: qui

ATTENZIONE, CADONO CALCINACCI NELLA BASILICA DI SAN PIETRO

PROBABILMENTE SONO STUCCHI DELLA NAVATA LATERALE - SECONDO ALCUNI TESTIMONI NESSUNO SAREBBE RIMASTO FERITO TRA I TURISTI CHE AFFOLLAVANO IN QUEL MOMENTO LA BASILICA


Alcuni calcinacci, presumibilmente pezzetti di stucco, sono caduti oggi pomeriggio all'inizio della navata laterale della basilica di San Pietro, poco più avanti della cappella che ospita la Pietà di Michelangelo.

Secondo quanto riferito da alcuni testimoni, nessuno sarebbe rimasto ferito tra i turisti che affollavano numerosi in quel momento la basilica e che si sono allontanati subito, scattando immagini con i telefonini. Fonte: qui
basilica di san pietroBASILICA DI SAN PIETRO

FT: Italia bomba ad orologeria nel cuore dell'Europa

L'Italia non è l'unica fonte di instabilità nell'Unione Europea, ma è la più prevedibile. Questo l'esordio del Financial Times che non solo teme Lega e M5S ma non vede una soluzione nemmeno nel ritorno alle urne.

L'Italia non è l'unica fonte di instabilità nell'Unione Europea, ma è la più prevedibile. Questo l'esordio del Financial Times nel suo editoriale Financial markets fail to reflect the eurozone time-bomb in Italy in cui torna a criticare il Bel paese attualmente in uscita, forse, da quello che già dall'inizio era visto come uno stallo politico inevitabile.

La tesi del FT

La testata finanziaria, prosegue nel sottolineare che la crisi dell'eurozona ha lasciato una sola strada percorribile all'Italia, strada, tra le altre cose, anche difficilmente praticabile allo stato attuale dei fatti perché caratterizzata da una serie di riforme economiche e fiscali permanenti e radicali, il tutto senza dimenticare il fardello di un debito che continua a crescere e che dovrebbe, in teoria, essere messo in sicurezza. A questo, continua l'articolo di Wolfgang Munchau, si aggiunga la legge di bilancio 2019 che dovrebbe essere approvata in autunno quando, con ogni probabilità, il governo italiano sarà già ampiamente insediato ma questo non garantirà l'approvazione di una serie di norme in linea con le direttive Ue.
Il timore nasce da quella fetta di parlamentari (60% le stime del FT) che hanno una forte tendenza populista e le cui priorità non sono le regole fiscali Ue. Il paradosso che ne nascerebbe sarebbe perciò un governo debole sulla base di un Parlamento forte che non porterà all'austerity che, secondo le previsioni di Munchau sarebbe necessaria. Una spada di Damocle che i mercati finanziari ancora non avrebbero correttamente valutato.

Il motivo?Duplice

Il primo dei motivi è rappresentato dalla garanzia offerta dalla presenza di Mario Draghi (garanzia che però scadrà con il suo mandato ad ottobre 2019), il secondo è che l'establishment italiano avrà la possibilità di evitare estremizzazioni di sorta. Il risultato, però, vede la mancanza di una qualsiasi maggioranza centrista, il tutto a favore di movimenti che, fondamentalmente, hanno una base elettorale euroscettica a sua volta spina dorsale di Lega e M5S, una base frutto di oltre due decenni di pessima amministrazione non solo della res publica in sé e dei conti di stato ma anche e soprattutto del settore lavorativo dove i giovani sono esclusi. O per meglio dire, non hanno accesso ad un lavoro garantito, stabile e corrispondente alle professionalità assunte. La verità, chiosa l'editorialista, è che a meno che non vogliano suicidarsi politicamente, M5S e Lega non possono fare a meno di mantenere le promesse elettorali fatte durante la campagna, promesse che non sono state create in occasione delle elezioni ma rappresentano, soprattutto per il Movimento, la vera e propria essenza della sua natura. Cosa significa questo? Che pur volendo giungere a dei possibili compromessi con le altre forze politiche, resterebbe comunque una grossa fetta di populismo nelle loro prossime scelte politiche.

Le paure su M5S e Lega

Infatti il M5S ha promesso il famoso reddito di cittadinanza, la Lega e il centrodestra hanno puntato sulla flat tax, tassa fissa del 15% su tutti i redditi ed emtrambi gli schieramenti intendono rivedere le riforme pensionistiche fatte in questi ultimi anni. Insomma, chiosa il FT, tutte misure contrarie a quanto voluto dall'Ue. La cosa peggiore? Nuove elezioni non risolverebbero il problema per il semplice fatto che, altro paradosso, potrebbero far aumentare lo scontento a favore di un aumento della base d'appoggio per Lega e M5S: il punto dolente, infatti, non è il sistema elettorale ma la mancanza di appoggio politico e consenso verso le tradizionali forme di potere viste come il vero nemico e come la vera causa di una società polverizzata ed economicamente insicura, incerta sul suo futuro sotto tutti i punti di vista. Ricorrere nuovamente alle urne non permetterà di avere la maggioranza politica per quelle forze europeiste, il che significa che non ci sarà nessuna possibilità di riforme economiche e contenimento della spesa. L'Italia è perciò la bomba ad orologeria nel cuore dell'Europa: troppo grande per fallire troppo debole da salvare senza creare un caos, anche perché, il FT sottolinea, l'eurozona non ha più strumenti adatti per salvare la situazione interna della nazione tricolore.
Fonte: qui

TUTTE LE VERITÀ NON DETTE SUL MONTE DEI PASCHI DI STATO

LE CASSE PUBBLICHE HANNO PERSO 3 MILIARDI DI VALORE DA QUANDO MPS È TORNATA IN BORSA 

L’ECONOMISTA SEMINERIO: ‘SOFFERENZE, PAURA DI INTERVENTO BCE, SCOMMESSE DEGLI INVESTITORI, INSTABILITA' POLITICA, CAUSE PER 836 MILIONI...ECCO COSA ANDAVA FATTO, SUBITO, CON LA BANCA''

IERI MPS: CONTINUA LA DISCESA IN BORSA (-3%), STATO PERDE 3,4 MLD
 (ANSA) - Banca Mps ha chiuso la prima seduta di Borsa della settimana in perdita del 3% a 2,6 euro, dopo essere stata anche sospesa al ribasso. Venerdì il titolo aveva guadagnato l'1,1%, interrompendo una serie negativa di 12 giornate consecutive in rosso. La quota del ministero dell'Economia, che controlla Mps con il 68% del capitale, vale ora 3 miliardi in meno dei 5,4 miliardi investiti dallo Stato per salvare la banca.

Dal suo ritorno in Piazza Affari, il 25 ottobre, quando chiuse a 4,55 euro, in Borsa Mps ha perso oltre il 40%. Molti osservatori ritengono che sia auspicabile un consolidamento del sistema bancario italiano, che potrebbe concretizzarsi con una serie di aggregazioni. Uno scenario che vedrebbe il Monte fra i protagonisti. Nei giorni scorsi Ubi ha comunque smentito che il consiglio di gestione abbia discusso una operazione straordinaria riguardante Mps.


2. OGGI: BORSA MILANO CORRE (+1,5%) MA MPS CALA ANCORA
MARCO MORELLIMARCO MORELLI
 (ANSA) - Borse europee in deciso rialzo a metà giornata in scia all'allentamento delle tensioni commerciali tra Usa e Cina, che già ha fatto correre Wall Street e i listini asiatici. Francoforte avanza del 2%, Londra dell'1,9%, Parigi dell'1,5%, al pari di Milano. Il dollaro si rafforza sull'euro (che cede lo 0,2% a 1,2415 sul mercato di Londra). Poco mossi i titoli di Stato dopo l'asta dei bot, andata a segno con tassi in calo e domanda in crescita. Il rendimento del btp cede un paio di punti base all'1,88%.

A Piazza Affari corrono Unieuro (+6,5%) e Amplifon (4,5%) dopo i conti, Tiscali (+6,2%) in scia al mandato conferito a Mediobanca per analizzare opzioni strategiche. Sul Ftse Mib maglia rosa è Exor (+3,72%) in scia ai conti 2017, davanti a Buzzi (+3,28%), Stm (+3,2%), Ferrari (2,9%), Leonardo (+2,8%) e Fca (+2,5%). Deboli solo le utility Snam (-0,1%) e Terna (-0,9%) mentre gira in negativo Mps (-0,96%). Nel pomeriggio attesi dagli Usa dati su fiducia consumatori, scorte di petrolio e prezzi delle case.


3. MPS, TUTTE LE VERITÀ NON DETTE SUL MONTE DEI PASCHI DI STATO

GENTILONI PADOANGENTILONI PADOAN
Il commento di Mario Seminerio, curatore del blog Phastidio.net, sulle ragioni dei capitomboli del titolo Mps in Borsa e sul reale stato di salute della banca ora controllata dal Tesoro, estratto di un articolo più ampio pubblicato su Phastidio.net la settimana scorsa

Le quotazioni dell’azione di Banca Monte dei Paschi sono in continua discesa, che ha di recente preso velocità. Mentre ci si interroga sulle cause del ribasso, cresce lo strepito scandalizzato degli urlatori professionali. Che tuttavia spesso coincidono con le figure che hanno sostenuto l’attuale assetto proprietario della banca.

La capitalizzazione di borsa è di circa [2,5] miliardi di euro. Quali le cause di questa ennesima operazione-altoforno? Non c’è scarsità di motivazioni: dai timori sull’implementazione del piano industriale, a quelli che vedono la Bce pronta a chiedere temibili “tagli lineari” in caso di ritardo sulla tabella di marcia del rilancio (che finirebbero ad avvitare la situazione, probabilmente), a scommesse di grandi fondi internazionali contro la banca-bersaglio di un paese privo di governo e che rischia di restare tale ancora a lungo oppure di vedere l’ascesa di forze sfasciste dei conti pubblici, sino alla sottovalutazione delle reali condizioni dei crediti deteriorati, ed alla loro migrazione a sofferenze anziché al rientro tra i crediti in bonis, c’è solo l’imbarazzo della scelta.
renzi padoanRENZI PADOAN

Il fatto che contro la banca siano state sinora promosse azioni legali per un petitum di 836 milioni a fronte di accantonamenti a rischi per 260 milioni è solo un dettaglio del quadro d’insieme.

Quello che resta oggettivo, è che la banca è oggi del Tesoro, cioè dei contribuenti italiani, al 68%, e questo è l’esito che ci è stato consegnato dalla cocciutaggine del precedente esecutivo a voler evitare la risoluzione della banca e degli strumenti finanziari passibili di essere azzerati per conseguire il riequilibrio. Si è battuta la strada della rilevanza sistemica e della ricapitalizzazione precauzionale, mettendo in rampa di lancio una cartolarizzazione-monstre da 28 miliardi di euro, assistita dalla garanzia pubblica delle Gacs, per “ripulire” la banca dalle sofferenze conclamate, ed ora potremmo scoprire che “c’è dell’altro”.

Sulle Gacs, peraltro, per come è stato strutturato lo strumento (col pieno avallo di Bruxelles e di Margrethe Vestager) c’è il rischio che tra qualche anno vedremo riaffiorare delle perdite che finiranno sul groppone dei contribuenti italiani, ma chi vuol esser lieto sia, eccetera.
MARIO SEMINERIOMARIO SEMINERIO

Quale è il punto, della vicenda MPS, ormai sempre più “alitalizzata”? Che i soggetti che oggi strepitano contro Padoan ed i governi Renzi-Gentiloni per la loro decisione di perseguire ad ogni costo la nazionalizzazione “temporanea” del Monte, sono gli stessi che ieri l’altro sbraitavano chiedendo a pieni polmoni la nazionalizzazione della banca, cioè lo stesso esito che abbiamo oggi sotto gli occhi, e che ieri si pavoneggiavano ritenendo che la storia avesse loro dato ragione, con l’immancabile giaculatoria del “chiedeteci scusa”.

Ma poiché gli italiani sono ormai pavlovianamente abituati a urlare “ladri, ladri!” ad ogni colpo di fischietto social, l’incoerenza non sarà notata, e proseguirà la maramalda colpevolizzazione degli uomini morti che sono usciti a pezzi dalle ultime elezioni. Stendiamo un velo pietoso su quella stessa ignoranza discernitiva che porta i grillini a credere che azioni di responsabilità contro i manager porterebbero a colmare i buchi delle sofferenze. A quello proprio non ci arrivano, e con loro moltissimi italiani, che tuttavia almeno hanno l’attenuante della buona fede e della incompetenza specifica.

VIOLA MPSVIOLA MPS
Noi attendiamo di sapere qualcosa di più su questo rubinetto aperto che sta abbattendo la capitalizzazione del Monte, ma voi fate un favore: prendete nota dell’antico ed immortale proverbio che recita “attenti a quello che desiderate: potrebbe avverarsi”. Volevate la nazionalizzazione di MPS? Ora l’avete davanti.

Serviranno altri miliardi per ricapitalizzare nuovi eventuali buchi? Ehi, ma si chiama nazionalizzazione, che credevate? A proposito, voi credete che quelli che ieri l’altro vergavano scandalizzate articolesse contro la Commissione Ue e la vigilanza Bce in caso non ci consentissero di salvare il Monte con soldi pubblici, riconosceranno che forse le cose erano un filo più complesse e forse compromesse?

Anche in questo caso, abbiamo di fronte l’ulteriore, ennesimo argomento per chiedere un governo monocolore grillino. Perché non solo questi signori strepitavano di voler la nazionalizzazione ma anche di voler fare del Monte la famosa “banca pubblica” che presta a condizioni agevolate a imprese e famigliole italiane, secondo il mantra ripetuto anche dai fantaministri economici pentastellati. Nel frattempo, il tempo resta galantuomo anche in un paese di treccartari come l’Italia, e si incaricherà di dimostrare che la riduzione del danno stava nel bail-in della banca senese, e non in altro.

27 Marzo 2018

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The Battle Is Not The U.S. Vs Russia: The Real Battle Is The Dollar Vs Gold

“Not only is creating a gold-backed currency appearing more likely month over month, but Russia has also…”
by Tom Lewis via ZeroHedge
The US’s overhang of debt and looming trade war is worrisome on many levels as the value of the dollar keeps decreasing and the national debt spiraling. So, what should we make of the fact that the Central Bank of Russia has been steadily amassing vast gold reserves since 2015? By the end of 2017, its total gold reserves rose to 1,828.56 tons, usurping China’s place as the country with the fifth largest gold reserves.
Putin Russia Gold Demand
Russia has been aggressively increasing its gold reserves for a reason. It has seen the US dollar dominate as a global currency and is working with China to end the US/Western currency supremacy. Their strategy appears to be working. Russia and China are in the midst of rumors of introducing gold-backed futures to circumvent the U.S dollar. 
The US dollar has had no gold-backing since 1933, nor has the US increased its gold reserves for a decade. See chart below.
With  speculation of Russia and China working on a gold-backed currency, a shift in monetary power from the West to the East seems to be their ambitions. The situation between East and West is exacerbated by recent tensions between Russia and the UK, since the alleged Kremlin poisoning of former spy Sergei Skripal and his daughter. British Prime Minister Theresa May has ousted 23 Russian diplomats from Great Britain. Geopolitical tension is once again, high.
It seems Russia may have tossed aside Das Kapital as its economic guidebook. Not only is creating a gold-backed currency appearing more likely month over month, but Russia has also brought inflation way down over the past decade. More importantly, Russia continues to lower their national debt, while the US has been increasing its debt to a record $21 trillion.
Russia’s financial strategy is making the country less vulnerable to volatile geopolitics. Not only is it a significant player in gold, but it is also the world’s third-largest gold producer, with the Central Bank of Russia buying up its supplies. During the past decade, Russian has mined more than 2,000 tons of gold, with tonnage expected to increase by 400 tons annually by 2030.
Russia and China understand the value of real, physical gold, a lesson that the US has forgotten while reveling in worthless paper currency.
If Russia and China establish a 100 percent gold-backed currency, it inevitably changes the game in the West. The dollar will continue to devalue against gold at a rapid rate.
Ultimately, the battle will not be Eastern vs. Western dominance. The real battle long term will be between the US dollar (fiat) and gold.
But remember:
Fonte: qui

L'Fmi si inventa un fondo anti-crisi europeo che ci costa 6 miliardi l'anno

La proposta della direttrice del Fmi di creare un fondo di stabilità fiscale centrale è rivolta all'Eurozona. Un partita che l'Italia non può lasciare solo a Parigi e Berlino. 



Christine Lagarde (LaPresse)

Intervenendo ieri a Berlino presso l'istituto Diw, la direttrice del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, ha avanzato all'Eurozona la proposta di creare un fondo di "stabilità fiscale" centrale (CFC, Central fiscal capacity). In pratica, si tratta di un nuovo strumento finanziario, di respiro comune e a gestione centralizzata, alimentato da contributi dei singoli Paesi della Zona euro pari allo 0,35% del Pil nazionale (per l'Italia significa un impegno annuo di 5,5-6 miliardi di euro). Un contributo da mettere da parte quando le cose vanno bene, in modo da poter utilizzare il tesoretto quando arrivano tempi di vacche magre (un "rainy-day fund", lo ha definito la Lagarde, cioè "un fondo per i giorni di tempesta").
L'obiettivo del CFC, che fa perno sulla condivisione a livello fiscale nella Ue, è infatti quello di concedere aiuti, non in via permanente (il prestito va restituito), agli Stati che si trovano ad attraversare una recessione. Ovviamente, il trasferimento di risorse sarà concesso solo ai Paesi che rispettano le regole di bilancio e che hanno i conti in ordine. Una sorta di "risk sharing" condizionato e uno stimolo in più a non deviare dalle riforme intraprese.
"La ripresa sostenuta dell'economia globale – ha ricordato Lagarde – è una preziosa opportunità da cogliere per "completare l'architettura dell'Eurozona". Anche perché all'orizzonte si profilano "altri ostacoli potenti e minacciosi".
L'avviso ai naviganti è chiaro: la flotta Europa oggi naviga in acque tranquille, gli alisei della crescita soffiano forte come non mai negli anni post-crisi (le stime 2018 indicano un +2,2%), ma i marinai non devono assolutamente cullarsi sugli allori. È nelle giornate di sole e bonaccia che ci si prepara meglio alle tempeste in arrivo. Le previsioni meteo potrebbero peggiorare. Per le imbarcazioni più ammaccate, questo è il momento di intervenire, di mettere scafi e stive in sicurezza. Sulla rotta da seguire, poi, c'è una sola stella polare, l'integrazione: l'ago della bussola deve puntare lì, senza lasciare spazio a troppe divisioni, perché le onde della congiuntura economica potrebbero, più presto che tardi, tornare a ingrossarsi. Sul cruscotto dell'Europa, guardando per esempio al mercato del lavoro, il Vecchio continente continua ad avere tassi di disoccupazione molto più alti rispetto a Stati Uniti e Giappone. E anche sul versante delle diseguaglianze, i gap si stanno ampliando, come dimostra la continua e al momento inarrestabile erosione dei ceti medi. Nel mare della globalizzazione i venti cambiano direzione velocemente, e già spirano correnti fredde che arrivano da populismo e protezionismo. Bisogna dare un segnale: "I principali leader europei - ha avvertito Lagarde - si diano un punto di arrivo, concordino un'agenda comune e prendano delle decisioni, in modo da trasmettere un po' di ottimismo, che è assolutamente indispensabile in un momento in cui l'affermazione del populismo e le sirene del protezionismo suonano come delle minacce globali".
La proposta della (francese) Lagarde arriva con perfetto tempismo nel giorno in cui la Francia, dopo dieci anni, comunica che per la prima volta è tornata sotto alla soglia del 3%. Secondo l'Insee, l'Istituto nazionale di statistica, il rapporto tra deficit e Pil nel 2017 è stato infatti del 2,6%, un dato addirittura inferiore a quanto previsto inizialmente. Solo una coincidenza temporale? Probabile, ma significativa: rientrando nei parametri dei Paesi virtuosi, Parigi vuol tornare a far sentire il suo peso senza macchie o punti deboli.
Ben più rilevante è il fatto che l'idea del CFC sia stata rilanciata, in terra tedesca, a pochi giorni dalla conclusione dell'ultimo Eurosummit. È risaputo che la cancelliera Angela Merkel e il primo ministro francese Emmanuel Macron stiano lavorando a stretto contatto, pur con alcune diversità di vedute, per rilanciare, a giugno, il progetto dell'Unione europea. E non è un mistero che proprio all'ultimo Eurosummit Macron era pronto a discutere con gli altri partner di un tema che campeggia tra le priorità della sua agenda europea: come dotare l'Eurozona di una capacità fiscale autonoma. La fiscal capacity, per l'Eurozona, sarebbe una sorta di secondo "bazooka" (affiancabile, ma non sovrapponibile, a quello monetario messo in azione con il Quantitative easing di Mario Draghi) per garantire risorse alle politiche anti-cicliche. In base alle simulazioni presentate dalla stessa Lagarde, in caso di congiuntura pesantemente negativa, il CFC "può ridurre gli effetti negativi della recessione per oltre il 50% e può ridurre del 50% il gap tra i Paesi più forti e quelli più deboli e anche il 50% di una recessione in un solo Paese".
Peccato che all'Eurosummit il tema della capacità fiscale comune non abbia trovato ascolto. L'Europa su questo è divisa: i "falchi" del Nord e i "nazionalisti" dell'Est Europa non vedono di buon'occhio questo salto di qualità "politico" dei 19 Paesi dell'Eurozona. Ma è evidente, come conferma l'uscita della Lagarde a sostegno della visione di Macron, che la Francia non si arrende, vuol giocare un ruolo attivo e propulsivo sul fronte della capacità fiscale comune.
Per il nuovo governo italiano, se e quando nascerà, questa è una partita da giocare (al pari di quella sull'unione bancaria), non lasciando il pallino solo a Berlino, Parigi e magari Madrid. Disoccupazione, immigrazione, disagio sociale, che hanno pesantemente influenzato l'esito del voto, sono emergenze che necessitano di una risposta. Non solo: le ultime previsioni macroeconomiche mostrano che la crescita da noi sta iniziando a perdere forza. 
Ecco, mai come in questo caso "più Europa", cioè più condivisione comune, può essere non uno slogan vuoto, ma una possibile (e praticabile) soluzione. Il sentiero è stretto, non si possono sbagliare mosse (riforme e Def, tanto per citare i due scogli più vicini) né toni con gli altri partner Ue.
Fonte: qui
P.S. l'ennesimo fondo europeo salva-imbroglioni.

giovedì 29 marzo 2018

ALZHEIMER – UN GRUPPO DI RICERCATORI ITALIANI HA SCOPERTO COME BLOCCARE LA PERDITA DI MEMORIA

VA INONDATO DI DOPAMINA L’IPOTALAMO 

LA SPERIMENTAZIONE SU PAZIENTI UMANI  

Cristina Marrone per il Corriere della Sera

Per la prima volta in uno studio su pazienti, è stato scoperto da scienziati italiani il ruolo chiave di una piccola regione cerebrale, l’area tegumentale ventrale, nella malattia di Alzheimer. Se questa area (deputata al rilascio di una importante molecola «messaggera» del cervello, la dopamina, in neurotrasmettitore della felicità) funziona poco, ne risente il «centro» della memoria, l’ippocampo, quindi la capacità di apprendere e ricordare.

alzheimerALZHEIMER
Resa nota sul Journal of Alzheimer’s Disease, la scoperta potrebbe rivoluzionare sia la diagnosi precoce, sia le terapie per questa forma di demenza, spostando l’attenzione su farmaci che stimolano il rilascio di dopamina. Autrice dello studio è Annalena Venneri, dello Sheffield Institute for Translational Neuroscience (SITraN) in Gran Bretagna, che spiega: «la nostra scoperta indica che se l’area tegmentale-ventrale (VTA) non produce la corretta quantità di dopamina per l’ippocampo, questo non funziona più in modo efficiente» e la formazione dei ricordi risulta compromessa.

STUDIO SU ESSERI UMANI
VILLAGGIO ALZHEIMERVILLAGGIO ALZHEIMER
Si tratta del primo studio al mondo che dimostra questo collegamento negli esseri umani. Venneri e Matteo De Marco della University of Sheffield hanno eseguito test cognitivi e risonanze magnetiche su 29 pazienti con Alzheimer, 30 soggetti con declino cognitivo lieve e 51 persone sane, trovando una correlazione tra dimensioni e funzioni della VTA con le dimensioni dell’ippocampo e le funzioni cognitive dell’individuo. Più piccola risulta la VTA, minori le dimensioni dell’ippocampo e la capacità del soggetto di apprendere e ricordare. La scoperta arriva a un anno dai risultati di esperimenti di laboratorio condotti presso l’Ircss Santa Lucia e l’Università Campus Bio-Medico di Roma. Coordinato da Marcello D’Amelio, lo studio (su Nature Communication) evidenziava anche l’effetto del mancato rilascio di dopamina da parte della VTA su un aspetto che accompagna spesso la malattia fin dalle sue prime fasi: la perdita di motivazione della persona.

SCOPERTA IMPORTANTE PER LA DIAGNOSI PRECOCE

alzheimerALZHEIMER
«La nostra scoperta - spiega Venneri - indica che se una piccola area di cellule del cervello, chiamata area tegmentale ventrale, non produce la corretta quantità di dopamina per l’ippocampo, un piccolo organo situato dentro il lobo temporale, questo non funziona più in modo efficiente. L’ippocampo è associato con la formazione di nuovi ricordi, per questo la scoperta è cruciale per la diagnosi precoce dell’Alzheimer. Il risultato mostra un cambiamento che scatta repentinamente e che può innescare l’Alzheimer». «Stiamo somministrando farmaci `agonisti-dopaminergici´ - spiega Giacomo Koch, Direttore del Laboratorio di Neuropsicofisiologia Sperimentale dell’IRCCS capitolino - a pazienti con malattia di Alzheimer per osservare se questi farmaci stimolano la plasticità cerebrale e quindi la conservazione delle facoltà cognitive».

IL NODO DEI FINANZIAMENTI
alzheimerALZHEIMER
«Un altro possibile beneficio di questa scoperta è che potrebbe portare a un’opzione di trattamento differente della malattia, con la possibilità di cambiarne o fermarne il corso molto precocemente, prima che si manifestino i principali sintomi. Adesso - conclude Venneri - vogliamo stabilire quanto precocemente possono essere osservate le alterazioni nell’area tegmentale ventrale e verificare anche se queste alterazioni possono essere contrastate con trattamenti già disponibili». Ma la ricerca fa i conti con il ‘nodo’ dei finanziamenti. «Non è possibile quantificare il tempo necessario - conclude - perché tutto dipende da quanto verrà investito per finanziare la ricerca necessaria a portare a questo risultato».

Fonte: qui

LA NUOVA VITA DI GESSICA ROSTELLATO: DA DEPUTATA A VIGILE URBANO

“TANTO NESSUNO DEI 2 MESTIERI E’ BEN VISTO DALLE PERSONE" 

ERA STATA ELETTA NEL 2013 CON IL M5S, POI ERA PASSATA AL PD: "SAPEVO CHE QUELLA DI ROMA SAREBBE STATA SOLO UNA PARENTESI"

Elvira Scigliano per  www.lastampa.it

La nuova vita di Gessica Rostellato è iniziata con la divisa dei vigili urbani a inizio mese. Da deputata a poliziotta municipale la differenza è tanta. «Sempre un mestiere inviso a molti» scherza la trentacinquenne di Cartura. «Nell’immaginario collettivo nessuno dei due mestieri è ben visto dalle persone».

L’ha mai presa una multa? «Si, da deputata. Ero davvero molto di corsa e ho ceduto a un limite di velocità. Mi sono sentita tanto in colpa. Non sono una spericolata, sono sempre stata molto ligia, tanto da parcheggiare anche a tre chilometri di distanza, piuttosto che non rispettare le regole. Inoltre prendo spesso i mezzi pubblici e mi piace camminare». 

Eletta nei Cinque Stelle, poi il passaggio al Pd  

gessica rostellatoGESSICA ROSTELLATO
La storia politica della Rostellato inizia nel 2013, quando conquistò il posto nella lista Movimento 5 Stelle vincendo le “parlamentarie” on-line. Ma nel 2015 la rottura con i pentastellati la porta (con altri 8 “dissidenti”) ad “Alternativa libera” prima e nel Partito democratico dopo. Infine, alle ultime elezioni, è stata candidata con i dem nel collegio plurinominale di Padova per una “candidatura di servizio”.

«Sapevo che la parentesi romana era finita» racconta, «e francamente ne sono stata anche contenta. Il deputato era un’esperienza a termine, non è mai stata mia intenzione farlo per sempre. Sono contenta di essere tornata a una vita e a un lavoro più normale, almeno per orari definiti e la vicinanza a casa. Ho due bambini piccoli (8 e 6 anni) e la mia lontananza è stata particolarmente pesante per la famiglia: hanno rinunciato alla mamma per tanto tempo. Sono stati molto bravi e hanno capito che lavoravo, ma sono pur sempre piccoli». 
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L’esperienza romana  

Da Roma Rostellato si porta un bel bagaglio di esperienze: «L’impegno, la forza di provare a cambiare le cose. Mi sono occupata di lavoro, agricoltura e pesca e ho dato tutto». E ora c’è la divisa: «Sono stata assegnata a Prato della Valle, zona Santo. Io e un altro collega giovane siamo sotto la supervisione di un collega più anziano. Abbiamo cominciato con i controlli sui parcheggi e siamo stati chiamati per una rimozione su un posto disabili. Cercherò di essere più equilibrata possibile, non voglio essere la cattiva di turno, ma le norme si rispettano».

Della parentesi politica ricorda le difficoltà nel divorzio con il Movimento: «È stato un momento estremamente difficile. Sono stata tra le prime a Padova e in Veneto ad aderire e credere nel Movimento e si è infranto un sogno. Ma ero stanca di protestare e non lavorare». Sul momento attuale azzarda: «M5S e Lega sono compatibili per alcuni aspetti e rappresentano uno il Sud e l’altro il Nord, qualcosa nascerà». 

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