9 dicembre forconi: 06/11/16

sabato 11 giugno 2016

FED , Federal Reserve System: ecco perché non c’è più da fidarsi

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La Fed è la prima responsabile del benessere economico mondiale ma ha troppi poteri e un interesse non direttamente rivolto ai cittadini. Capiamo il perché.

La Fed, ovvero la Federal Reserve System, nasce come un sistema, non una banca, incaricata di salvaguardare lo stato dell’economia degli Stati Uniti.
Nota l’importanza economica che ricoprono al giorno d’oggi gli USA, le decisioni intraprese dalla Fed arrivano così, in un senso più generico, a condizionare se non determinare le sorti di tutta l’economia mondiale.
I creatori della Fed furono ben attenti a non chiamarla “banca” proprio perché non doveva in alcun modo rappresentare il ruolo che ricoprono le altre banche con i loro interessi privati.
Lo scorso lunedì Janet Yellen, la presidente in carica della Fed, ha tenuto un discorso nel quale ha cercato di convincere il mercato che la situazione è sotto controllo, che bisogna essere ottimisti e che la Fed è lì pronta a risolvere i problemi.

Secondo un analista della testata MoneyMorning le cose non stanno così e la Fed rappresenta un falso profeta, con troppi poteri e che i problemi, piuttosto che risolverli, tende a crearli.

Federal Reserve System e finalità operative

Con il Federal Reserve Act del 1913 il Congresso americano cedette il compito di creazione della moneta alla Federal Reserve, un sistema imprenditoriale privato costituito da banchieri e politici sulla Jekyll Island, in Georgia, tre anni prima.
Il Tesoro americano da quel momento stampa i dollari USA ma questi non sono né emessi né sono di proprietà dello Stato a stelle e strisce ma della Fed.
Il giornalista della testa MoneyMorning Shah Gilani si schiera contro la banca centrale americana proprio in virtù della sua natura e dei principi che la dovrebbero guidare: la Fed è una banca centrale privata sancita dal governo e in quanto tale non ha a cuore le sorti dei cittadini americani, finendone col pregiudicare il benessere sociale.
Le ragioni alla base di queste affermazioni non si fermano ovviamente qui.
Il potere nelle mani di una banca centrale, sia essa un organo governativo o un ente privato, è quello di immettere nel sistema una quantità di denaro virtualmente infinita.
Il denaro da loro fornito non arriva però direttamente ai cittadini ma passa dalle banche. Nel momento in cui queste incontrano difficoltà nella raccolta delle risorse, siano esse depositi, capitale, debito o prestiti da altre banche, è la banca centrale a correre in loro soccorso.
Al fine di prevenire eventuali default di attori di mercato dalla consistenza rilevante, la banca centrale può correre in aiuto delle banche con problemi di liquidità e fornire loro nuovo credito, creato dal nulla.
Questo potere, definito dal giornalista “divino”, di creare dal nulla salvagenti per le grandi banche che arrivano a vivere situazioni irrecuperabili, è il primo motivo per il quale nacque questo accordo tra banchieri e politici, così da garantire la sopravvivenza del sistema.
Ma sopravvivenza non vuol dire benessere.

La Fed e le crisi finanziarie: l’importanza dei tassi di interesse

Il discorso della Yellen di pochi giorni fa era molto atteso dai mercati soprattutto in vista di possibili chiarimenti su un rialzo dei tassi di interesse, non arrivati.
Tramite l’applicazione di un regime di tassi di interesse bassi la Fed si è posta in prima persona tra le cause della scorsa crisi finanziaria.
I celebri mutui subprime, in un regime di tassi di interesse attraverso il quale la Fed li teneva artificialmente bassi, hanno consentito a molti cittadini americani di sottoscrivere mutui a costi molto bassi, finanziamenti che poi non furono in grado di ripagare.
Sempre i tassi di interesse bassi hanno portato le banche americane a cercare modi alternativi di realizzare profitto, avendo le vie tradizionali prive di un margine sufficiente al loro fabbisogno.

Da qui sono partiti gli investimenti in asset dal rischio sempre maggiore, tutti quei prodotti finanziari costruiti sulla base degli stessi mutui subprime che potessero foraggiare le banche di quel denaro che con la normale operatività, a causa dei tassi di interesse bassi, non era possibile ottenere.

Lo scoppio della bolla immobiliare ha portato molte banche a situazioni prossime al default, con la Fed pronta ad intervenire per migliorare il loro stato, del quale essa stessa era stata la causa.

A quel punto tutte le manovre di Quantitative Easing hanno tenuto in vita queste banche e fornito loro le risorse che le politiche monetarie tenute in piedi non erano in grado di offrire.

Risalgono a poche settimane fa le notizie che le maggiori banche americane hanno chiuso il loro primo trimestre 2016 con un calo nei ricavi nell’ordine del -40%.
Le attuali politiche monetarie non permettono loro di generare profitti con gli attuali tassi di interesse e la Fed, di nuovo dopo il 2008, si ritrova ad avere il potere di decidere della loro salute e di quella di tutti i cittadini americani, e non solo.

Le decisioni adottate fino ad oggi, come detto, non hanno condotto a nessuna soluzione efficace. C’è ancora modo di fidarsi?

Fonte: qui

Lavoratori di tutto il mondo, sottomettetevi!


Il neo-liberismo ha un suo manifesto politico i cui valori fondanti sono l’avidità, la cupidigia e lo schiavismo

Fino a 2 anni fa, a Milano, sorgeva in Viale Sarca uno stabilimento della Marcegaglia Buildtech, deputato alla produzione di profilati e manufatti in acciaio destinati al settore edile. Poi accade che l’area in cui ricade lo stabilimento, “Grande Milano Bicocca”, comincia ad apprezzarsi dal punto di vista fondiario, e la dirigenza di Marcegaglia decide di puntare sulla speculazione immobiliare delocalizzando la produzione e “negoziando” al ribasso con gli operai.
Ad Aprile del 2014 viene comunicata l’intenzione di chiudere lo stabilimento e delocalizzare la produzione a Pozzolo Formigaro, vincolando il destino dei 165 operai in produzione all’accettazione di un accordo interno. Tale accordo, siglato nel Giugno successivo, prevedeva per gli operai tre alternative.
La prima, accettare la delocalizzazione a Pozzolo, con trasporto aziendale da/per Milano e incentivo mensile lordo di 150€, che sale a 250€ lordi nel caso in cui lo spostamento avvenga con mezzi propri.
La seconda, accettare l’uscita volontaria a fronte di una compensazione di 30.000€ lordi.
La terza, entrare in CIGS e “Entro il termine di validità della CIGS l’azienda si impegna ad offrire a tutti i dipendenti eventualmente ancora in forza la ricollocazione presso altri stabilimenti del gruppo, in funzione delle esigenze tecnico produttive e a partire dagli stabilimenti più vicini all’area di residenza”
I nodi vengono al pettine, tuttavia, nel momento in cui sette di questi operai decidono di accettare la CIGS e attendere, come previsto dall’accordo, una ricollocazione nell’hinterland, non potendo per motivi di salute e familiari né spostarsi da Milano e tantomeno perdere il lavoro accettando l’esodo volontario.
Il loro problema è solo uno: il sindacato di cui fanno parte, la FIOM, non ha sottoscritto quell’accordo (firmato invece da FIM Cisl e UILM Uil), e dunque vanno colpiti con tutta la violenza possibile.
A Giugno 2015 viene loro comunicato che non si tenterà neanche di aprire il secondo anno di CIGS e che, se non vogliono essere licenziati, devono accettare il trasferimento a Pozzolo.
Dopo avere occupato il tetto dello stabilimento di Viale Sarca per sei giorni, ottengono un tavolo di confronto in Prefettura, a seguito del quale viene sbloccato il secondo dei due anni di CIGS e fatto presente all’azienda di rispettare il terzo punto dell’accordo, ricercando soluzioni di inserimento in uno dei quattro stabilimenti dell’area milanese. Nel frattempo, la Marcegaglia ci riprova, offrendo ai sette una compensazione di 29.000€ lordi per l’esodo volontario. Loro rifiutano nuovamente, e fanno rilevare come nei quattro stabilimenti di Lainate, Lomagna, Corsico e Boltiere si faccia ricorso a centinaia di ore di straordinario per sopperire alla evidente carenza di organico. Ma, ancora una volta, per i sette operai non arrivano soluzioni, se non quella di accettare lo spostamento a Pozzolo, stavolta senza alcuna agevolazione, o, in alternativa, licenziamento.
Siamo a Maggio 2016 e i sette, in un tentativo disperato e a pochi mesi dalla scadenza del secondo ed ultimo anno di CIGS, si incatenano ai cancelli della sede legale di Marcegaglia Buildtech, in via della Casa 12, a Milano. Ottengono un nuovo tavolo in Prefettura, il 7 Giugno 2016, il cui risultato è più grottesco che altro. In sostanza, ai sette operai viene detto, chiaramente, che ormai non hanno diritto a nulla. A questo punto, la loro ricollocazione o l’esodo volontario dietro compensazione sarebbero “un’offesa per quei lavoratori che precedentemente avevano accettato una delle due soluzioni alternative alla CIGS” (testuali parole pronunciate davanti al funzionario prefettizio) e nel loro futuro esiste solo una prospettiva: il licenziamento. Non viene neanche presa in considerazione la loro contro-proposta, ragionevole in un’ottica distensiva, ovvero il loro reintegro in produzione con contratti part-time invece che a tempo pieno, in maniera tale da “dividere” tre posti e mezzo di lavoro per sette persone.
Da tutta questa storia, una storiaccia come tante ne esistono in questo paese del capitalismo straccione, emerge una morale chiara: chi sfida il potere, semplicemente anteponendo la propria dignità al ragionamento puramente economicistico, costituisce un pericolo. Rivendicare il diritto al lavoro, rifiutando un accordo capestro, è un comportamento intollerabile da parte di una dirigenza che pretende dai propri sottoposti fedeltà, abnegazione e servilismo. Un po’ come ha predicato Starace in una sua “illuminata” (nel senso di massonica) lectio alla Luiss di Roma, riferendosi alla necessità di spargere il terrore tra i lavoratori per tenerli soggiogati. Il lavoratore, oggi più che mai, è uno strumento al servizio del capitale. Nel momento in cui si azzarda a comportarsi da essere umano, viene subito schiacciato con la testa nel fango, da uomini in colletto bianco che hanno imparato molto bene cosa sia la lotta di classe e come si eserciti. L’atteggiamento di Marcegaglia nei confronti di Massimiliano, Alfredo, Cristian, Franco, Gianni, Roberto e Sergio dimostra chiaramente che ciò che si vuole ottenere non è l’efficienza dei rapporti di produzione, ma la trasformazione del lavoro in schiavitù dissimulata. L’atteggiamento di Marcegaglia svela una verità che troppo spesso si vuole nascondere, e cioè che il neo-liberismo ha un suo manifesto politico i cui valori fondanti sono l’avidità, la cupidigia e lo schiavismo. 

Da questo punto di vista, sarebbe interessante chiedere al Governo Renzi quali prospettive si profilano per i 16.000 lavoratori dell’Ilva di Taranto, dal momento che la Marcegaglia, in cordata con Arcelor-Mittal, si è candidata a rilevare la gestione dello stabilimento. 
Massimiliano, Alfredo, Cristian, Franco, Gianni, Roberto e Sergio un’idea ce l’hanno.
P.S.: Martedì 14 Giugno, alla Prefettura di Milano si svolgerà un altro incontro, durante il quale i vertici della Marcegaglia comunicheranno le loro decisioni finali. E’ convocato per le 14:00 un presidio in solidarietà.

Fonte: qui

Europa, la Soluzione Finale - La sporca guerra dell’élite contro di noi

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Questa Europa è un lager.

Perfino il “Corriere della Sera” ha pubblicato giorni fa uno studio dove si evidenzia come negli ultimi anni sia esploso anche in Italia il numero dei bambini poveri;

dei bambini che, cioè, nel cuore dell’Occidente “opulento” e “libero”, vivono in condizioni paragonabili a quelle che scandiscono la vita delle famigerate favelas brasiliane.

Il “Corriere della Sera”, al pari dei boss mafiosi che mandano una corona di fiori per onorare il funerale di quelli che hanno appena finito di scannare, è parte del progetto genocida in atto. Un progetto che espleta i suoi velenosi effetti senza ricorrere a metodi formalmente cruenti.

Perché uccidere, quando si può indurre al suicidio? Perché depredare con la forza ciò che può essere estorto con la carta bollata? Devo ammettere che i nazisti tecnocratici che comandano il globo, appena riunitisi in Giappone per pianificare nuovi stermini e rappresaglie contro una umanità che considerano inferiore e bestiale, sono davvero scaltri.

Uno dei miti più in voga che dà forza alla narrazione luciferina prevalente che tende a legittimare un modello di governo fondato sulla menzogna, sul sopruso e sull’imbroglio riguarda il tema della guerra.

«Chi di voi ha nostalgia delle brutture del Novecento, Napolitanoquando le guerre lasciavano sul campo milioni di morti sacrificati sull’altare di un nazionalismo anacronistico e aggressivo? Se oggi domina la pace, anzi, se da settanta anni gli europei vivono in armonia, il merito è del processo di unificazione avviato all’indomani del secondo conflitto mondiale. Nessuno ha il diritto di buttare a mare un patrimonio così nobile nato con Spinelli sull’isola di Ventotene». Non è forse questo il ritornello che i servi del regime massonico-mondialista ripetono di continuo come pappagalli ammaestrati?

Siete poveri, disoccupati, disperati, ammalati e non curati?

Non lamentatevi, dal momento che vi abbiamo perlomeno lasciato la libertà di ammazzarvi da soli, rispondono tra le righe i padroni del vapore. Ebbene, sappiate che il ricatto della “pace” è falso come una banconota da tre euro.

Intanto quelli che si  gloriano di avere condotto l’umanità sulla via della tolleranza e del progresso sono gli stessi che fomentano, finanziano, pianificano e realizzano di continuo stragi in Medio Oriente. Basta studiare en passant il profilo di una Hillary Clinton, appoggiata discretamente pure dal clan Bush nella corsa alle presidenziali americane, per rendersene conto. In secondo luogo non è vero che la guerra è stata bandita  nel “mondo libero”, avendo semmai assunto forme asimmetriche, ipocrite e dissimulate.
La guerra, è vero, non si combatte più “orizzontalmente” tra eserciti regolari. La guerra moderna, che è in atto ed è altrettanto sanguinaria e spietata, la combattono trasversalmente i pochi potenti – ovunque dislocati nell’orbe terracqueo – contro i tanti poveracci che brulicano senza sosta in cerca di sicurezze che mai troveranno.

Detta in termini più chiari ed espliciti: Obama, Merkel, Hollande, Abe, Cameron e compagnia non si combattono tra di loro perché già impegnati nel combattere insieme una guerra sporca contro tutti noi; i rappresentanti politici delle élite economiche e finanziarie dei rispettivi Hillary Clintonpaesi colpiscono come un sol uomo gli esclusi e i deboli in quanto tali, senza cioè farsi condizionare da questioni di razza, sesso o religione, fattori da essi stessi marxianamente considerati poco più che “sovrastruttura”.

In questo modo le élite colpiscono nell’ombra e non rischiano quasi nulla. Immaginate come sarebbe oggi il mondo se Hilter e Stalin, anziché sfidarsi mortalmente, avessero trovato all’epoca un accordo tra di loro sulle pelle delle classi subordinate tanto russe quanto tedesche.

La “pace” di cui oggi “godiamo” è frutto di uno scellerato patto che “blinda” soltanto i vertici della Piramide.

Per cui non bisogna lasciarsi impaurire dalle letture distorte e interessate veicolate da figuri come Giorgio Napolitano, pericolosissimo elemento che ha lavorato e lavora come pochi per disintegrare il benessere materiale e spirituale dell’Italia. Chi governa sulla paura è ontologicamente un farabutto.

Chi propone di accettare una scelta dolorosa, non Blairper convinzione ma per evitare guai peggiori, è certamente un delinquente da segnare con matita rossa per poi colpire (politicamente s’intende) con intensità e cinismo nel momento più opportuno. Fretta e isteria sono sempre cattive consigliere.

Per Tony Blair, ad esempio, macellaio che falsificò documenti per giustificare una scellerata guerra in Iraq, il momento delle “spiegazioni” è quasi arrivato. Il 6 luglio verrà infatti pubblicato un report all’interno del quale saranno messe in evidenza le tante porcherie commesse dall’ex premier inglese. Solo chi insegua la “giustizia” prima o poi rischia di trovarla.

Il “sistema” eretto dai massoni mondialisti e nazisti tecnocratici, che punta finalisticamente alla creazione di un mondo reso omogeneo dalla divinizzazione dei “diritti cosmetici” (a scapito di quelli sostanziali, economici e sociali), da realizzare per mezzo di endemici shock sapientemente cadenzati nel tempo, comincia a scricchiolare.

In Austria hanno dovuto ricorrere all’utilizzo di pacchiani brogli elettorali per insediare al potere l’ennesimo personaggio “tegolato” e “ammaestrato”. In Francia il premier Valls ha già dato il via a rastrellamenti in stile Petain. Insomma la resa dei conti è già iniziata e i nemici della verità, della libertà e della democrazia sono spietati e pronti a tutto. I loro effimeri troni, a breve, verranno definitivamente spazzati.

(Francesco Maria Toscano, “I nazisti tecnocratici pianificano la Soluzione Finale in danno delle classi subalterne”, dal blog “Il Moralista” del 27 maggio 2016).

Coop il prestito non è garantito

d17_bNon erano bastati i numerosi crac di coop edili, con relativa perdita parziale o totale dei prestiti soci, a far muovere la Banca d’Italia.

Quando il fenomeno ha toccato le coop di consumo, con la messa in liquidazione delle friulane Coop Operaie Trieste e Coop Carnica, con oltre 20000 soci prestatori, da via Nazionale hanno drizzato le orecchie ed emanato una direttiva più stringente, anche perché ancora manca il previsto,schema di garanzia dei prestiti sociali, da costituirsi in ambito cooperativo.
Insomma, per i prestatori sociali non è prevista alcuna garanzia, né informazione, come quella che le banche devono dare sul bail in, visto che gli obblighi di trasparenza informativa e contrattuale, per i prestiti sociali introdotti nel ’94, sono stati rimossi dal Comitato per il Credito ed il Risparmio nel 2006.
Da allora le coop sono esentate dagli obblighi e dai controlli a cui sono sottoposti banche e operatori finanziari, sebbene le prime 9 coop, con 11 miliardi di prestito, rientrino tra le prime 25 banche.

Banca d’Italia precisa che l’ammontare dei prestiti non deve superare di tre volte il netto consolidato e non il civilistico.

Vediamo di che numeri si tratta: i prestatori sono 1,3 milioni, il prestito complessivo è di 15 miliardi.
La soglia di tre volte è superata da Unicoop Tirreno 6,22, con un patrimonio di 191 milioni e un prestito di 1miliardo 189 milioni, con 123000 soci prestatori. Situazione come si vede, delicata. Si avvicinano alla soglia, Coop Centro Italia, 2,98 con 582 mln e Coop Lombardia, 2,68 con 1 miliardo 150 milioni.
Come stanno le coop emiliane di cui è in corso la fusione?
Coop Adriatica è al 2,07 con 255.000 soci e un prestito di 2 mld 284 milioni, poi Coop Nordest, 1,59 con 117.000 soci e un prestito 1 mld 500 milioni, infine Coop Estense, 1,22 con 84500 soci e 831 milioni di prestito.
Come si vede, anche le emiliane hanno un consistente prestito soci di 4 miliardi e mezzo, a cui vanno aggiunti i debiti verso terzi, banche comprese. Il prestito soci non sempre è amministrato bene, a parte le società messe in liquidazione, il patrimonio è investito spesso in attività finanziarie che non sempre danno soddisfazione, Coop Firenze ha ad esempio perso 400 mln investiti nel Monte Paschi, le emiliane e quelle del nord, controllano Finsoe, che controlla il gruppo Unipol-Sai, un gruppo importante, ma molto “nazionale” e che potrebbe in futuro necessitare di ricapitalizzazioni pesanti, insomma molte uova in uno stesso paniere.
Certamente il prestito serve alle Coop di consumo, che negli ultimi cinque anni con la rendita finanziaria hanno guadagnato 900 milioni, mentre con l’attività industriale 250.

Il patrimonio netto complessivo è di circa 2 miliardi 700 milioni, poco più della metà del prestito soci.

Dati rassicuranti?

Ognuno può farsi una opinione. Di sicuro c’è che la Banca d’Italia detta regole, ma non ha l’attività di controllo, che è in capo al ministero dell’Economia, che la appalta alle cooperative medesime.
Di certo le coop sono esentate dal costituire un fondo di garanzia a tutela dei depositi, ai quali il prestito soci può essere equiparato e invece ha meno garanzie di una obbligazione subordinata tier 1. E’ difficile anche spiegare perché le Coop di consumo guadagnino poco, probabilmente scontano una bassa efficienza, un esubero di personale, soprattutto nei ruoli impiegatizi e dirigenziali, conseguenza del legame con la politica, ma anche il disperdere energie a sostegno del Pd, attraverso sponsorizzazioni a feste, a giornali locali e attraverso il possesso di televisioni locali, che non solo producono perdite, ma divorano pubblicità, senza che vi sia un corrispettivo aumento delle vendite.
Fonte: qui