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domenica 17 aprile 2016

Rivolta civile in arrivo: élite si comprano bunker

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NEW YORK (WSI) – Il fenomeno che terrorizza le menti delle élite benestanti, più di ogni altra cosa anche della diffusione di una malattia epidemica o di uno tsunami, è lo scoppio di una rivolta civile.

Per questo si sta registrando un incremento della domanda per rifugi di lusso ultra sicuri a prova di bomba. Sono bunker sotterranei che in alcuni casi garantiscono protezione per un anno di tempo nel caso in cui scoppi una ribellione di massa dei meno abbienti.

Una delle società di costruzione di tali complessi abitativi blindati, Vivos, ha spiegato che i bunker sono pensati per “mettere al sicuro le persone con patrimoni elevati” nell’eventualità che si manifestino scenari apocalittici in cui la vita di milioni di persone sarebbe a rischio.
Se scoppia il pandemonio, hai un posto dove scappare?”, si chiede nel video promozionale la società che fornisce i rifugi di lusso (vedi video sotto).
La giornalista Lynn Parramore è andata a visitarne alcuni e racconta che il punto di forza di questi bunker sono la ‘location’ e gli optional. In molti casi si trovano a poche distanza dai mezzi di trasporto e da punti di potenziale crisi, come in una regione a rischio tsunami o in un centro abitato dove potrebbero manifestarsi eventuali tensioni sociali.
Il mondo è un luogo che non viene più percepito come sicuro dai più ricchi. Parigi, Roma, Chicago e New York sono alcune delle città che stanno vivendo un esodo in massa dei milionari e in cui chi rimane sta cercando un moto per mettersi al riparo da furti, rapine, rivolte sociali e guerre urbane.

Prezzo di partenza dei bunker: 35 mila dollari

Esistono bunker di estremo lusso, da 283 mila metri quadrati, tanto che ormai secondo Parramore rifugiarsi sottoterra è un po’ come prenotare una suite di lusso in un hotel. Questi bunker “sono creati per le persone più benestanti, che hanno paura che si verifichi un disastro di qualche sorta. Ma la paura principale è che scoppi una rivolta civile, la ribellione del 99%”.

Il riferimento è alla parte della popolazione mondiale ‘svantaggiata’. Il movimento di protesta Occupy Wall Street nato il 17 settembre del 2011 a Manhattan ha creato lo slogan “we are the 99%“, ovvero siamo il 99% della gente che non può gode dei favoritismi e vantaggi dei più ricchi, l’1%.

Il prezzo di partenza per i bunker lussuosi sotto terra, che dispongono anche di cibo e acqua, è di 35 mila dollari, ma i più grandi possono anche costare $3 milioni.

La costruzione più imponente si chiama Europa One e si trova in Germania. Si tratta di “uno dei rifugi di sopravvivenza sotterranea più fortificati che si possano trovate sulla Terra”. È situato nell’estrema profondità di una montagna calcarea ed è “al sicuro dal resto della popolazione, essendo protetto da mura sigillate, cancelli e porte blindate“.
La giornalista Lynn Parramore è andata a visitare un altro bunker simile, questa volta negli Stati Uniti, nell’Indiana, che ai tempi della Guerra Fredda veniva usato come centro di comunicazione. È attrezzato in modo da offrire rifugio per un anno di tempo, senza bisogno di dover tornare in superficie.


Soros e i Putin-Papers, quando il pesce puzza dalla testa

2437306«Quando ho aperto le news, questa mattina, mi è venuto da sorridere: Putin fra coloro che nascondono i propri soldi nei paradisi fiscali. E ti pareva – ho pensato – ora ci manca solo che scoprano che è un pedofilo, e il ritratto del grande babau sarà finalmente completato».

Così Massimo Mazzucco liquida immediatamente la super-sparata giornalistica destinata a screditare il leader russo.

Ed è in buona compagnia: la stessa Wikileaks, scrive la “Stampa”, accusa gli Stati Uniti e il miliardario americano d’origine ungherese George Soros di essere dietro i “Panama Papers”, e in particolare dietro all’attacco sferrato contro il presidente russo.

Lo twitta l’organizzazione di Julian Assange, secondo cui tutto sarebbe passato attraverso l’Occrp (Organized Crime and Corruption Project), finanziato da Usaid, l’agenzia Usa per lo sviluppo. La struttura che fa capo a Soros, si legge sul sito di Wikileaks, oltre che da Usaid è appoggiata dalle Open Society Foundations, nonché da organizzazioni giornalistiche come l’International Consortium of Investigative Journalists, da “Scoop” e dal Cpi, Center for Public Integrity.
Il magnate George Soros«La notizia dei Panama Papers, infatti, non avrebbe nulla di sconvolgente, se non fosse per il risalto esagerato che si è voluto dare alla figura del leader russo all’interno di questo presunto nuovo scandalo», scrive Mazzucco su “Luogo Comune”. «Ma quando vedi che tutte le testate occidentali – dal New York Times alla Bbc, dall’Espresso alla Cnn – mettono l’accento su Vladimir Putin, allora ti viene da sorridere: è chiaro che si tratta di una operazione di discredito progettata a tavolino». La cosa più “divertente”? «Tutte queste testate si danno un gran da fare per riempire la prima pagina con le foto dei vari personaggi coinvolti nello scandalo – da Cameron a Montezemolo, da Messi a Jackie Chan – ma il primo in alto a sinistra è quasi sempre lui: Vladimir Putin». Un’altra cosa che salta all’occhio, in una rosa così forbita di grossi personaggi mondiali, è «la totale assenza di un qualunque nome americano di rilievo». È come se il Dipartimento di Stato avesse chiesto alla Cia: avete qualcosa da poter utilizzare contro Putin? Sì, certo. Un bel mazzo di grossi nomi, che nascondono i loro soldi a Panama. Basta aggiungerci quello di Putin e far circolare lo “scoop” sui soliti canali, avendo però cura si “sbianchettare” gli americani.
«La predominanza totale della figura di Putin da un lato, e la totale assenza di grossi nomi americani dall’altro, porta automaticamente a sospettare che questa sia la classica operazione telecomandata da Washington, per portare avanti la campagna di discredito contro il leader russo», conclude Mazzucco. «La tragedia è che ora, pur di stare al gioco, i giornalisti di mezzo mondo fanno finta di credere che se davvero un uomo come Putin volesse nascondere i soldi dalle tasse, sarebbe costretto a mettersi nelle mani di una qualunque holding di offshore panamense (pronta a ricattarlo in qualunque momento)».
Non è credibile, secondo l’analista italiano, che il capo del Cremlino abbia dovuto far ricorso a simili sistemi di elusione fiscale: «Queste cose le fanno gli industriali e i personaggi pubblici di mezzo mondo, non le fanno gli ex-capi del Kgb»
Fonte: qui