9 dicembre forconi: 10/25/19

venerdì 25 ottobre 2019

“NON CI SONO PIÙ BANDE, ROMA È IN BALIA DI RAGAZZI FUORI DI TESTA”


PARLA ANTONIO DEL GRECO, IL POLIZIOTTO CHE HA INDAGATO SULLA BANDA DELLA MAGLIANA: 

“LE FORZE DELL'ORDINE NON CONOSCONO IL TERRITORIO COME UN TEMPO. OGGI ABBIAMO PIÙ TELECAMERE IN CITTÀ MA NON ABBIAMO UN TESSUTO SOCIALE IN CUI SI MANDA A MENTE UN VOLTO, UN NOME. LA COCAINA HA SMESSO DI ESSERE UNA DROGA DI CLASSE PER DIVENTARE POPOLARE, CARBURANTE PER UNA SERATINA. E SE A UN RAGAZZO DI VENT'ANNI PIPPATO METTI ANCHE IN MANO UN FERRO, LA VITA COMINCIA A VALERE POCO…"


Carlo Bonini per “la Repubblica”

Antonio Del Greco
ANTONIO DEL GRECO
A Roma si muore anche così. E se bussi con qualche domanda alla porta di un vecchio sbirro romano come Antonio Del Greco, 43 anni in Polizia, trovi la conferma dolente che nel sangue di Colli Albani è lo specchio di una città dove le coordinate della violenza hanno smarrito ogni bussola. Perché tarate su nessun altra traiettoria che non sia "il veleno" che ogni sera, di fronte a un pub, una discoteca, un bar, sale alla testa di chi si cala una pasticca o si fa una "botta" di coca con il prezzo di una pizza. Lo chiama il «Grande Disordine» , Antonio Del Greco.
pistola e passamontagna
PISTOLA E PASSAMONTAGNA



Grande Disordine?
«C' è stato un tempo, almeno fino alla fine degli anni '90, in cui il territorio di Roma, i suoi quartieri, le sue periferie, erano imbracate in un doppio, capillare controllo.
Quello delle forze di Polizia e quello delle organizzazioni criminali. Noi sapevamo a quali porte bussare dopo una rapina, dopo una rissa, dopo una morte per overdose. E dall' altra parte avevamo chi, a sua volta, aveva interesse a che la strada non fosse lasciata in balia di ragazzini fuori di testa. Non è più così. Siamo nel tempo del Grande Disordine».

E quando è arrivato il tempo nuovo?
«Direi all' inizio degli anni 2000. Quando sono successe, contemporaneamente, due cose.
La prima è stata la riorganizzazione del controllo del territorio delle forze di Polizia. Con l'introduzione di un numero unico e di un' unica sala operativa, l'intenzione meritoria era quella di ottimizzare il controllo tempestivo delle emergenze in città. Ma questo ha finito per risucchiare nel servizio in strada ogni energia possibile, anche dei commissariati.
pistola
PISTOLA

Con un risultato: vedere più macchine in strada, ma avere sempre meno memoria e penetrazione nei quartieri. La seconda cosa che è successa è stata la fine del controllo del territorio così come lo avevamo conosciuto da parte delle organizzazioni criminali. Oggi, chi fa traffico di stupefacenti in un quartiere, controlla lo spaccio, ma non mette becco nelle rapine, nei furti in appartamento o nelle estorsioni. Il risultato è che ci sono sempre meno porte a cui andare a bussare.

LUCA SACCHI
LUCA SACCHI
E che se un tipo decide di procurarsi una pistola con cui girare in auto la sera, o andare a fare gli scippi, chi gliela procura non solo non fa domande, ma non deve neanche chiedere il permesso. Oggi abbiamo più telecamere in giro per la città. Ma non abbiamo più un tessuto sociale in cui si manda a mente un volto, un nome. E se questo contesto lo anneghi poi negli stupefacenti, il risultato è quello che abbiamo di fronte agli occhi».

È cambiato anche il mercato degli stupefacenti?
«Assolutamente. Non ho numeri. Ma ho fatto il poliziotto fino a due anni fa. E ho visto cosa è successo quando hanno cominciato a vendere le pasticche a due euro. E quando la cocaina ha smesso di essere una droga di classe. Per diventare roba popolare.
Carburante per una seratina. Oggi tutti, ma proprio tutti, possono pippare. E se a un ragazzo di vent'anni pippato metti anche in mano un ferro, la vita comincia a valere poco. E il rischio imprevedibile. Anche a un semaforo, a un angolo di strada».

E allora?
cocaina 2
COCAINA 
«E allora non voglio fare sociologia da due soldi, ma non si deve cadere dal pero. Bisogna cominciare a riflettere su quello che siamo diventati e cosa sono diventate le nostre città. Sulla nostra infinita solitudine. Se in un condominio chi abita al primo piano ignora chi vive al quarto o lo incontra solo alle assemblee che decidono i lavori per l' ascensore, se un ragazzino con 50 euro in tasca può strafarsi con i suoi amici, possiamo anche mettere un poliziotto a ogni angolo di strada, ma non invertiremo la china. E dovremo rassegnarci all' idea che questo è il pedaggio che pagheremo».

Da qualche parte si dovrà pure cominciare?
«Certo. Dagli stupefacenti. È un' emergenza sociale drammatica, di cui quella criminale è semplicemente l' espressione. Storicamente, gli stupefacenti sono sempre stati il motore della criminalità di questa città. Ma il crollo dei prezzi allo spaccio e il consumo capillare rendono oggi questo mercato l' incubatore della violenza di questo tempo. La droga scatena appetiti incontenibili in chi la tratta all' ingrosso e al minuto.
pistola
PISTOLA

E sta modificando il modo di stare al mondo dei ragazzi e dei marginali che questa città ha sempre avuto. Negli anni '70, '80, si facevano e morivano di eroina. Ma un eroinomane non scende da una macchina con una pistola per piantarla alla testa del primo che passa e che ha resistito a uno scippo.

Un eroinomane non entra nella casa di un anziano e lo massacra di botte perché non ha trovato i soldi che pensava di trovare. Il punto è che la coca, le pasticche, stravolgono la percezione. Conosco la strada e, fidatevi, avere di fronte qualcuno che all' una di notte si è già fatto l' inverosimile, lo rende una bomba.

cocaina 3
COCAINA 
Oggi parliamo di quel povero ragazzo di Colli Albani e ci interroghiamo su chi possano essere stati i suoi assassini. Ma pensiamo a come erano conciati i due americani che hanno ucciso il maresciallo Cerciello. Avevano una farmacia nella stanza dell' albergo, cercavano cocaina a Trastevere come si può cercare un pacchetto di sigarette e viaggiavano con una baionetta».

Fonte: qui

Dall’Ecuador al Libano, cos’hanno in comune le proteste che agitano il mondo

Cos’hanno in comune i ragazzi che scendono in piazza ad Hong Kong con gli ecuadoregni che protestano contro l’aumento del costo del carburante? 
Apparentemente nulla. 
Alcuni lamentano condizioni economiche difficili, altri violazioni dei diritti umani, altri ancora la mancata tutela dell’ambiente ma, a ben guardare, un filo conduttore c’è. Vediamo quale.
Lettore video di: Corriere Tv (Informativa sulla privacy)
La libertà
Ad Hong Kong come in Libano, in Catalogna, in Egitto e in Russia si scende in piazza per la libertà d’espressione politica. L’ex colonia britannica reclama la propria specificità e chiede che le sue prerogative siano preservate, anzi ampliate, nonostante la pressione della leadership comunista. Le proteste sono iniziate la scorsa estate quando la governatrice Carrie Lam ha cercato di far passare una legge sull’estradizione di ricercati e sospetti in Cina ma poi sono continuate anche quando la proposta è stata ritirata. Ora i manifestanti chiedono elezioni libere.
Hong Kong, tensione per i 70 anni della Repubblica cinese
Le loro tattiche hanno ispirato gli attivisti di mezzo mondo. Le centinaia di migliaia di catalani che hanno invaso le strade a metà ottobre dopo la sentenza di condanna dei leader separatisti gridavano: «Facciamo come a Hong Kong». E i volantini per spiegare come proteggersi dai gas lacrimogeni e dai cannoni d’acqua erano copiati dai manifestanti dell’ex colonia britannica. Anche in Cile e Libano i cortei sono continuati nonostante venissero meno i motivi che avevano scatenato la protesta. A Beirut il 20 ottobre il premier Saad Hariri ha ritirato la proposta di tassare le chiamate via WhatsApp ma i dimostranti hanno rilanciato chiedendo più infrastrutture, servizi e un’inchiesta sugli abusi della polizia. In Europa lo scorso agosto a Mosca le manifestazioni in cui si chiedeva democrazia per le elezioni cittadine e si protestava contro il regime di Vladimir Putin hanno raccolto sostegni impensabili fino a qualche mese fa, non solo nella capitale. La repressione, come sempre, è stata dura.
In Egitto , a settembre, centinaia di migliaia di persone hanno manifestato nelle strade del Cairo, d’Alessandria e di Suez contro il presidente Abdel Fatah al Sisi, duemila i cittadini fermati dalla polizia.
La disuguaglianza
Un altro filo conduttore che unisce i contestatori nel mondo è la lotta contro la disuguaglianza. All’inizio di ottobre in Ecuador ad accendere la rabbia dei cittadini era stato il taglio dei sussidi per la benzina che esistevano nel Paese da 40 anni. Dopo giorni di autostrade bloccate e scontri con le forze di sicurezza il governo ha fatto marcia indietro. Anche in Cile è stato un aumento del prezzo dei trasporti pubblici a innescare la protesta. Venerdì 18 ottobre mentre la polizia caricava la gente in piazza, il presidente Sebastián Piñera è stato fotografato in un lussuoso ristorante italiano, segno della distanza siderale tra la classe politica e i cittadini. L’aumento vertiginoso del debito pubblico e le riforme economiche hanno animato la protesta in Libano, di cui abbiamo già detto: «Non siamo qui per WhatsApp, siamo qui per tutto: carburante, cibo, pane, tutto» ha dichiarato Abdullah alla Bbc durante una manifestazione a Beirut.
Cile: proteste in piazza contro aumento dei prezzi, scontri e bus in fiamme
La corruzione
Il cuore di molti cortei racchiude accuse di corruzione nei riguardi del governo. Un tema che è indissolubilmente legato a quello delle diseguaglianze. La tesi è che i leader politici usino le loro posizioni di potere per arricchirsi più che per aiutare il Paese. Così in Libano dove, per calmare l’insofferenza della popolazione, è stato appena approvato un taglio degli stipendi dei parlamentari. Anche in Iraq la gente si sente tradita dal sistema politico che assegna gli incarichi sulla base di quote etniche o settarie invece che sul merito. Mentre in Egitto il presidente egiziano Al Sisi e il suo regime militare sono stati apertamente accusati di usare i fondi pubblici in modo improprio da un imprenditore in esilio, Mohamed Ali. Un addebito che è risuonato forte nelle piazze.
L’ambiente

Ultimo ma non in ordine di importanza è il tema del cambiamento climatico(problema inesistente e malposto). Abbiamo tutti assistito alle proteste guidate da Greta Thunberg, la sedicenne svedese che ha lanciato Fridays for future, il movimento studentesco che ha spinto milioni di studenti a riunirsi nelle piazze di tantissime città per chiedere azioni concrete per salvare il nostro pianeta. Lo stesso modus operandi di Extinction Rebellion che chiama i cittadini del mondo ad azioni per fermare la crisi ecologica. Fonte: qui
P.S. Il filo conduttore è che siamo di fronte ad un crollo sistemico multiplo su svariati settori quali, l'economia, la finanza, l'industria, la società e l'ambiente. Nel dicembre 2013 la nostra manifestazione segnalo tutti questi problemi, ma nessuno a questo fenomeno ha tentato davvero di porvi rimedio. Abbiamo solo perso altri 6 anni.
9 Dicembre Forconi