9 dicembre forconi: 07/18/19

giovedì 18 luglio 2019

I PM SBUGIARDANO LA VERSIONE DI CAROLA RACKETE: “I MIGRANTI NON ERANO IN PERICOLO. SEA WATCH? ATTO DI FORZA”


IL RICORSO DELLA PROCURA DI AGRIGENTO CONTRO LA LIBERAZIONE DELLA RACKETE: “SONO STATE VIOLATE LE LEGGI” 

SECONDO LA PROCURA CI SONO ALTRI TRE MOTIVI CHE DIMOSTRANO L'ERRATA VALUTAZIONE GIURIDICA DEL GIP ALESSANDRA VELLA, CHE CON LA SUA ORDINANZA DEL 2 LUGLIO HA TRASFORMATO LA TEDESCA IN UN' EROINA…

Fausto Biloslavo per “il Giornale”
CAROLA RACKETE NELLA COPERTINA DELLO SPIEGELCAROLA RACKETE NELLA COPERTINA DELLO SPIEGEL

Carola Rackete non aveva alcun diritto o dovere «umanitario» di forzare il blocco imposto dal Viminale e schiacciare contro il molo la motovedetta della Guardia di Finanza per far sbarcare i migranti. Il ricorso della procura di Agrigento contro l' ordinanza del Gip, che aveva lasciato andare la capitana ha un punto fermo molto chiaro.

«Non si può ritenere sussistente la scriminante dell' avere adempiuto a un dovere visto, che i migranti erano in sicurezza nella rada con la massima assistenza delle autorità che avevano anche disposto alcuni sbarchi per motivi sanitari», scrivono nelle 18 pagine presentate in Cassazione il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, l'aggiunto Salvatore Vella e il pubblico ministero Gloria Andreoli. In pratica il 29 giugno la comandante tedesca di Sea watch 3 ha violato la legge e non è vero che a bordo i migranti erano in pericolo di vita e dovevano venire sbarcati ad ogni costo. I reati contestati a Rackete sono di resistenza a pubblico ufficiale e resistenza o violenza a nave da guerra.
LUIGI PATRONAGGIOLUIGI PATRONAGGIO

Secondo la procura ci sono altri tre motivi che dimostrano l'errata valutazione giuridica del Gip Alessandra Vella, che con la sua ordinanza «assolutoria» del 2 luglio ha trasformato Carola in un' eroina dei due mondi. Anche se venisse accolto il ricorso «blindato», che non è trapelato, la talebana dell' accoglienza della Ong tedesca resterà libera e bella. Per decidere sulla misura cautelare la procura avrebbe dovuto investire il Tribunale del riesame.

L'obiettivo è fissare dei paletti alle operazioni delle Ong, che fanno quello che vogliono violando norme e divieti. La decisione della Cassazione sul ricorso servirà da pietra miliare anche per i prossimi casi. Carola, però, deve preoccuparsi di più del secondo filone d' inchiesta sull' ipotesi di reato di favoreggiamento dell' immigrazione clandestina. Oggi è previsto ad Agrigento il suo interrogatorio fiume sul recupero dei migranti davanti alle coste libiche. Il procuratore aggiunto Salvatore Vella è deciso a portare fino in fondo l' inchiesta. Una fonte del Giornale, che si occupa del caso, spiega che «questa volta non finirà in una bolla di sapone come le altre».
CAROLA RACKETE BY OSHOCAROLA RACKETE BY OSHO

Gli investigatori avrebbero in mano indizi e prove che potrebbero incastrare l' estremista umanitaria dell' Ong tedesca Sea watch. Ieri è continuato l' interrogatorio, iniziato il giorno prima, di Erasmo Palazzotto, deputato dell' estrema sinistra di Liberi e uguali, capo missione del veliero Alex. Anche in questo caso pur di sbarcare i migranti in Italia il 6 luglio è stato seguito l'«esempio» di Carola e l' imbarcazione della Ong Mediterranea Saving Humans ha forzato il blocco. Palazzotto è indagato per favoreggiamento dell' immigrazione clandestina e «disobbedienza, resistenza e violenza a nave da guerra».
CAROLA RACKETE - FOTO REPUBBLICACAROLA RACKETE - FOTO REPUBBLICA

Secondo il suo avvocato, Fabio Lanfranca, «la vicenda è lineare. È stato fatto di tutto per aiutare gente in difficoltà. E questo è quello che l' onorevole sta raccontando in maniera puntuale, precisa e documentando tutti i passaggi». Sia Alex che la nave Sea watch 3 sono sotto sequestro. Nel frattempo è stata intercettata l' ennesima lettera minatoria con polvere da sparo e l' ogiva di un proiettile indirizzata al procuratore capo di Agrigento e alla Gip Vella. Le minacce sono firmate da una fantomatica «ultradestra sovranista». Il braccio di ferro con le Ong ha provocato l' invio alla procura di venti lettere minatorie.

CAROLA RACKETECAROLA RACKETE
A Patronaggio è stata assegnata una scorta. In Toscana sono state raccolte in 24 ore 2.248 firme contro il premio che la Regione guidata dal centro sinistra vuole conferire a Carola Rackete. Marco Stella, vicepresidente del Consiglio regionale di Forza Italia e promotore della petizione ha spiegato che «la gente è arrabbiata perché non ci sta a vedere premiata ed eletta a modello una persona che viola le nostre leggi».

Fonte: qui












INTERROGATA DAI PM DI AGRIGENTO, CAROLA RACKETE ORA POTREBBE TORNARE IN GERMANIA 

IL SUO CASO HA FATTO PASSARE IN SECONDO PIANO LA NOTIZIA DELLA RICHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO DELLA PROCURA DI RAGUSA NEI CONFRONTI DEL COMANDANTE MARC REIG CREUS DI “OPEN ARMS”, LA NAVE DELL'OMONIMA ONG SPAGNOLA E IL CAPO MISSIONE ANA ISABEL MONTES MIER 

L'ACCUSA DI VIOLENZA PRIVATA FUNZIONALE AL FAVOREGGIAMENTO DELL' IMMIGRAZIONE CLANDESTINA RIGUARDA IL CASO DEL 15 MARZO 2018...

Fausto Biloslavo per “il Giornale”

CAROLA RACKETECAROLA RACKETE
Carola Rackete, accolta come una star da uno sparuto gruppo di fan, è stata interrogata ieri alla procura di Agrigento. Al momento la montagna ha partorito un topolino con la capitana ed i pm che parlano all' unisono di «incontro sereno». L' ex comandante della Sea watch, libera e bella, potrebbe pure tornare nelle prossime ore a casa in Germania.
La notizia ben più importante, ma oscurata dalla capitana, è la prima richiesta di rinvio a giudizio di un' inchiesta sulle Ong dopo il caso Juventa di due anni fa.
CAROLA RACKETECAROLA RACKETE
La procura di Ragusa vuole processare il comandante e la capo missione di Open arms per un recupero di migranti davanti alla Libia. Il sequestro delle videocamere go pro sugli elmetti dei soccorritori della Ong spagnola hanno rivelato che fin dall' inizio dicevano in inglese ai migranti «we go to Italy», andiamo in Italia.
Ieri mattina al tribunale di Agrigento la tedesca Rackete ha risposto dell' ipotesi di reato di favoreggiamento dell' immigrazione clandestina. L' interrogatorio, che doveva essere fiume, è durato appena 4 ore e sembra quasi avere messo d' accordo il procuratore aggiunto Salvatore Vella, i sostituti Alessandra Russo e Cecilia Baravelli e l'indagata.
«É stato un incontro sereno al quale seguiranno tutte le valutazioni del caso» trapelava dalla procura. «É in corso l'interrogatorio di #Carola. La nostra Capitana è serena e spiegherà agli inquirenti come ha adempiuto al dovere di soccorrere e portare in salvo le persone trovate in mare» annunciava Sea watch, l' Ong estremista tedesca.
CAROLA RACKETECAROLA RACKETE
Finito l'interrogatorio la stessa Carola ha spiegato di essere «molto contenta per l'opportunità di aver spiegato tutti i dettagli del salvataggio del 12 giugno». E subito dopo ha colto l' occasione per lanciare i soliti proclami da eroina dei due mondi. «Spero che la Commissione europea dopo l' elezione del nuovo Parlamento faccia il meglio possibile per evitare queste situazioni e che tutti i Paesi accettino le persone salvate dalle flotte di navi civili» ha aggiunto. Alla domanda su cosa pensa del ministro dell' Interno, Matteo Salvini, ha risposto in maniera sibillina: «Niente».
Più duro e «politico» il suo avvocato, Alessandro Gamberini: «Che il clima di odio ci sia e che venga alimentato da dichiarazioni irresponsabili, aggressive e false come ha fatto il ministro Salvini sui social è pacifico». Ovviamente Carola ha ribadito davanti ai pm di avere agito «per necessità». Secondo la capitana Lampedusa «era l' unico porto sicuro» e «rifarebbe tutto». Il legale ha sottolineato che «è libera e non fa più parte dell' equipaggio di Sea watch 3» la nave della Ong sotto sequestro. Se volesse potrebbe tornare in Germania anche subito.
Marc Reig CreusMARC REIG CREUS
L' improvvisata conferenza stampa di Carola ha fatto passare in secondo piano la notizia della richiesta di rinvio a giudizio della procura di Ragusa nei confronti del comandante Marc Reig Creus di Open arms, la nave dell' omonima Ong spagnola e il capo missione Ana Isabel Montes Mier.
Ana Isabel Montes MierANA ISABEL MONTES MIER
L'accusa di violenza privata funzionale al favoreggiamento dell' immigrazione clandestina riguarda il caso del 15 marzo 2018. Secondo i titolari dell' inchiesta, il procuratore capo Fabio D' Anna e il sostituto Santo Fornasier, gli indagati avrebbero imposto all' Italia lo sbarco dei migranti recuperati la largo della Libia senza rispondere alle indicazioni del centro di soccorso di Roma e del loro paese di bandiera, la Spagna, che li sollecitava a fermarsi a Malta.
Il 18 marzo dello scorso anno erano stati sbarcati 218 migranti a Pozzallo. Open Arms è stata sequestrata e poi lasciata andare. Nelle ultime ore, in contemporanea con l' interrogatorio di Carola, la nave della Ong spagnola è salpata da Lampedusa dirigendosi verso la Libia. Ieri pomeriggio era all' altezza del porto tunisino di Sfax alla ricerca di migranti.
open armsOPEN ARMS
Fonte: qui

TRA ARABIA SAUDITA ED EMIRATI CRESCONO I CONTRASTI SU YEMEN E IRAN

E’ FINITO L'IDILLIO TRA I PRINCIPI MOHAMMED BIN SALMAN E MOHAMMED BIN ZAYD: IL CASO KHASHOGGI HA INDEBOLITO LA PRESA DI MBS SULL'AMMINISTRAZIONE AMERICANA E IL PIÙ NAVIGATO MBZ NE HA APPROFITTATO PER ALLARGARE LA SUA…

Giordano Stabile per “la Stampa”

MOHAMMED BIN SALMAN E MOHAMMED BIN ZAYDMOHAMMED BIN SALMAN E MOHAMMED BIN ZAYD
La luna di miele fra Mbs e Mbz sembra finita, ed è l' uomo forte degli Emirati in questo momento ad avere la meglio nella lotta per la leadership nel Golfo. Sotto la spinta dei due principi ereditari, Mohammed bin Salman e Mohammed bin Zayd, Riad e Abu Dhabi hanno forgiato una formidabile alleanza pro-occidentale, e pro-Israele. Ma da qualche mese i motivi di contrasto si sono moltiplicati.

Il caso Khashoggi ha indebolito la presa di Mbs sull'Amministrazione americana e il più navigato Mbz ne ha approfittato per allargare la sua. E imporre un' agenda che ormai si discosta da quella del trentenne amico-rivale.
mohammed bin salmanMOHAMMED BIN SALMAN

Il primo motivo di scontro è lo Yemen. Oltre quattro anni di una guerra costosissima hanno sfibrato l' alleanza. L'unico collante è l' ostilità contro i ribelli sciiti Houthi. Abu Dhabi però è contraria a una guerra a oltranza e a un assalto a Sanaa, con il corollario di vittime civili che offuscherebbero la sua immagine.

Il principale obiettivo è adesso trasformare il territorio lungo la costa del Golfo di Aden e l'isola di Socotra in una zona di influenza esclusiva. Per questo appoggia movimenti milizie secessioniste del Sud, come il Southern Transitional Council guidato da Aidaroos al-Zubaidi, in lotta aperta con il governo del presidente Abdrabbuh Mansur Hadi, rifugiato a Riad perché ormai privo di appoggi solidi anche ad Aden.
donald trump e mohammed bin salman al g20 di osakaDONALD TRUMP E MOHAMMED BIN SALMAN AL G20 DI OSAKA

La frattura con i sauditi si è esplicitata nell' offensiva per strappare agli Houthi il porto di Hodeidah. Un' operazione che gli emiratini non ritengono più fattibile. E infatti hanno già chiuso la loro base Al-Khoka, vicino alla città, e ritirato carri armati, elicotteri e armi pesanti dall' area. Per il Wall Street Journal il ritiro dalla costa yemenita sul Mar Rosso è in fase avanzata. Abu Dhabi, si è giustificata, ha spiegato che si tratta di un «riposizionamento» e che la missione sarà ripensata in base alle priorità strategiche, «soprattutto per combattere Al-Qaeda, lo Stato islamico».

MOHAMMED BIN ZAYEDMOHAMMED BIN ZAYED
Al centro dei contrasti c' è però anche la contesa per la provincia ricca di petrolio di Shabwah, e soprattutto una diversa visione sul «che fare» dello Yemen. Per l' Arabia Saudita è «cuscinetto di sicurezza», gli Emirati ci vedono una base indispensabile per realizzare la loro «collana di perle», un' infilata di porti e basi che dal Golfo Persico arrivano al Mar Rosso e al Mediterraneo.

Questo progetto alla cinese si scontra con l' ipotesi di una guerra all' Iran. Da qui il secondo scollamento fra Mbs e Mbz. Il principe emiratino vede in Teheran un nemico pericoloso, da tenere a bada, ma non fino al punto da danneggiare la propria economia.
Abu Dhabi, per esempio, si è rifiutata di dare la colpa all' Iran del sabotaggio di quattro petroliere davanti al loro porto di Fajairah e frena sull' ipotesi di raid. Ha anche inviato una delegazione a Teheran per mediare.

mohammed bin salmanMOHAMMED BIN SALMAN
Abu Dhabi vive di petrolio e potrebbe anche adottare una linea più dura, ma per Dubai, il motore commerciale del Paese, gli scambi con l' Iran sono indispensabili. Per uno dei paradossi tipici del Medio Oriente, persino tre isolette occupate dallo scià nel 1971 e rivendicate dagli Emirati - Abu Musa, Grande e Piccola Tunb - sono diventate un centro di transazioni clandestine al riparo delle sanzioni, proprio perché la loro sovranità è contesa e portare merci su quel territorio non comporta varcare una frontiera riconosciuta.

MOHAMMED BIN ZAYEDMOHAMMED BIN ZAYED
LA PARTITA IN SUDAN
La frattura Mbs e Mbz si vede anche in Sudan, dove il fronte del Golfo è stato meno compatto nel difendere la giunta militare e l' opposizione è riuscita a ottenere un accordo per arrivare a un governo civile entro 21 mesi. Abu Dhabi resta però adamantina nel contrasto a qualsiasi velleità dei Fratelli musulmani.

Per Bin Zayed la Fratellanza è il nemico numero 1, un' ostilità persino superiore a quella coltivata da Bin Salman. Per questo il sostegno al generale Mohamed Hamdan Dagalo, l' uomo forte della giunta, non si è interrotto. Come del resto quello a Khalifa Haftar in Libia. Scelte che pesano perché, come sottolinea il New York Times, «Trump adotta spesso la visione del principe, anche contro il parere dei propri consiglieri».

Fonte: qui

NEIL ARMSTRONG, IL PRIMO UOMO SULLA LUNA

ARMSTRONG ERA UN BABY GENIO: IMPARO’ A LEGGERE A TRE ANNI 
DECISE DI SPOSARE SUA MOGLIE JANET DOPO AVERLA VISTA UNA VOLTA, PERSE UNA FIGLIA DI DUE ANNI PER UN TUMORE CHE LO SPINSE A CANDIDARSI PER IL PROGRAMMA NASA) 
PILOTA IN COREA DEL NORD DOVE AVEVA RISCHIATO LA PELLE, SFIORO' LA MORTE NELLA MISSIONE GEMINI 8, NEL 1965
Eleonora Barbieri per “il Giornale” del 21 ottobre 2018

neil armstrongNEIL ARMSTRONG
Il Primo Uomo è nato di domenica. Il 20 luglio 1969, Viola Armstrong si è alzata alle cinque e mezza del mattino, per andare a messa. Qualche ora dopo, suo figlio Neil è sbarcato sulla Luna. Dopo qualche ora ancora, sempre suo figlio Neil è il Primo Uomo, quello che mette piede, per primo, sulla Luna. Quello che compie «un piccolo passo per un uomo», ma «un grande passo per l'umanità». Neil Armstrong, il Primo Uomo, era nato in realtà il 5 agosto del 1930 (compie 39 anni mentre è ancora in quarantena, dopo il ritorno sul pianeta Terra) a Wapakoneta, una cittadina dell' Ohio.

Diceva: «Camminare sulla superficie lunare, su una scala di difficoltà da uno a dieci, per me valeva uno. La discesa lunare, sulla stessa scala, probabilmente valeva tredici».
A tre anni impara a leggere, spronato dalla madre Viola che, oltre a essere molto religiosa, è anche una grande lettrice. In prima elementare, Neil legge cento libri. Nei suoi primi quattordici anni di vita, la famiglia si trasferisce sedici volte, su e giù per l' Ohio: eppure, in ogni nuova cittadina o nuova scuola, Neil si ambienta perfettamente.
neil armstrongNEIL ARMSTRONG

Neil è, fin da bambino, un ingegnere: a suggellare questo suo stato dell' anima serve solo la laurea che arriva, puntuale, dalla Purdue University, dove segue il programma di ingegneria aeronautica. Sarà lui stesso a dire, molti anni dopo: «Sono e sarò sempre un ingegnere un po' nerd, con i calzini bianchi e il portapenne da taschino, nato grazie al secondo principio della termodinamica, imbevuto di tabelle al vapore, innamorato dei diagrammi di corpo libero, trasformato da Laplace e alimentato da un flusso comprimibile».

In quella missione erano in tre: Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Mike Collins. Per autodefinizione di Collins, dei «cordiali estranei». Non c'era feeling particolare, e Buzz Aldrin patì tremendamente, prima, durante e dopo la missione, che non fosse toccato a lui l'onore del «primo passo».

il comandante neil armstrong.IL COMANDANTE NEIL ARMSTRONG.
Neil era il comandante e, in teoria, sarebbe dovuto scendere per primo Aldrin dalla scaletta. Ma la Nasa decise diversamente: «Sapevamo che sarebbe stato un nuovo Lindbergh e che la sua fama sarebbe stata eterna. E che tipo di persona volevamo per quel ruolo? Una leggenda, un eroe americano... Quell' uomo era Neil Armstrong. Neil era Neil. Calmo, tranquillo e profondamente sicuro. Non aveva un ego spropositato, non era il tipo pronto a pavoneggiarsi: Ehi, sarò il primo uomo sulla Luna!».

neil armstrong spedizione apollo 11NEIL ARMSTRONG SPEDIZIONE APOLLO







Non lo era. Era un ingegnere, aveva deciso di sposare sua moglie Janet dopo averla vista una volta (e, come precisò lei, «non era uno che prendeva in fretta le sue decisioni»), aveva perso una figlia di due anni per un tumore al cervello (e forse fu anche questo dolore immenso, mai esibito, a spingerlo a candidarsi per il programma spaziale della Nasa, proprio pochi mesi dopo la morte della piccola Karen), era stato pilota in Corea del Nord (dove aveva rischiato di morire), aveva fatto il collaudatore di aerei pericolosi e sperimentali, aveva volato su razzi potentissimi e superveloci, aveva sperimentato la «centrifuga» a un numero di giri quasi disumano, fino a perdere il senno, aveva sfiorato la morte nella missione Gemini 8, nel 1965e quando, nella preparazione per il programma Apollo, un veicolo di addestramento per l' allunaggio era impazzito e saltato per aria all' improvviso, e lui era riuscito a buttarsi fuori e a salvarsi per un istante, dopo pochi minuti si era seduto in ufficio e aveva ripreso a lavorare sulle sue equazioni.
NEIL ARMSTRONGNEIL ARMSTRONG

Non parlava della famiglia e, dopo la missione, accolto da eroe, preferì nascondersi sul lato oscuro della Luna. Tornò in Ohio. Trovò un posto da accademico, all' università di Cincinnati. Ricevette medaglie, onori, proposte politiche (tutte rifiutate). Soffriva di mal di mare, e di mal d' aereo.

Al ritorno dalla Luna, la navicella fu recuperata in mare; mentre lui e Aldrin aspettavano i sommozzatori, erano terrorizzati all' idea di vomitare davanti alle telecamere. Ma, del resto, la mentalità delle missioni era di un certo tipo, come spiegò proprio uno di quei sommozzatori: «Ci dissero: prima salvate le rocce lunari. Di quelle ne abbiamo solo una borsa, di astronauti ne abbiamo tanti»... Il più famoso, il Primo Uomo, è morto il 25 agosto del 2012, in un letto di ospedale, per le complicazioni di un intervento chirurgico.

Fonte: qui



A CINQUANTA ANNI DALLO SBARCO SULLA LUNA BUZZ ALDRIN RICORDA GLI ULTIMI MOMENTI VISSUTI A BORDO DEL MODULO LUNARE E L’ANSIA PER AVER SCOPERTO DI AVER QUASI FINITO IL CARBURANTE: “SIAMO SCESI DI 90 PIEDI IN 30 SECONDI. SOLO ALLORA SONO STATO FIDUCIOSO E HO PENSATO CHE POTEVAMO FARCELA…” (VIDEO)

DAGONEWS

buzz aldrin 4BUZZ ALDRIN 
Il tempo stava per scadere. Il modulo dell'Apollo 11 stava facendo la sua discesa verso la superficie lunare il 20 luglio 1969 quando la luce di carburante si accese. A 100 piedi (30 metri) dal suolo, non era quello di cui gli astronauti avevano bisogno. Il serbatoio dell’Eagle era quasi all’asciutto.

In una nuova video intervista sul primo sbarco sulla Luna, Buzz Aldrin, pilota del modulo lunare della missione, descrive come ha tenuto la lingua a bada quando è apparsa la spia e la voce di Charlie Duke, comunicatore della Nasa, ha informato Aldrin e Neil Armstrong che avevano solo 60 secondi.
buzz aldrin contro first man 1BUZZ ALDRIN CONTRO FIRST MAN 

«Ok. Cento piedi. Sessanta secondi. Faremo meglio a scendere» ricorda Aldrin che pensò di non mettere in agitazione Armstrong che aveva già abbastanza pensieri per la testa. Da un'altitudine di circa 500 piedi aveva preso il controllo del modulo lunare e si stava muovendo con cautela. Nessuno sapeva come avrebbe funzionato il modulo e proprio mentre scendevano apparve un grande cratere che voleva dire un enorme disastro per gli uomini e la missione.
Aldrin raggiunge Neil ArmstrongALDRIN RAGGIUNGE NEIL ARMSTRONG

Gli astronauti avevano già dovuto fare i conti con diverse spie d’allarme nel modulo, ma la storia del carburante era l’ennesimo problema che avrebbe potuto portare gli astronauti alla decisione di abortire la missione.

Eagle scese per altri 90 piedi nei successivi 30 secondi, lasciando all'equipaggio mezzo minuto di carburante per percorrere gli ultimi 10 piedi fino alla superficie lunare. Nell'intervista registrata al Science Museum di Londra nel 2016, ma rilasciata giovedì per la prima volta, Aldrin afferma che è stato solo in quella fase avanzata che si è sentito più fiducioso sull'atterraggio. «Ho pensato, ah, ce l'abbiamo fatta».

Fonte: qui


ECCO COSA SAREBBE SUCCESSO IN CASO DI DISASTRO LUNARE DELLA MISSIONE APOLLO 11: ARMSTRONG E ALDRIN SAREBBERO STATI… 

IL DISCORSO CHE NIXON NON PRONUNCIO’ MAI: UN DOCUMENTO ELOQUENTISSIMO, TESTIMONIANZA DELL'ANSIA AMERICANA DI RAGGIUNGERE LA LUNA A TUTTI I COSTI E VINCERE LA SFIDA TECNOLOGICA E POLITICA COI RUSSI


Anna Lombardi per “la Repubblica”
nixon armstrong collins buldrinNIXON ARMSTRONG COLLINS BULDRIN

«Il destino ha voluto che gli uomini andati sulla Luna per esplorarla in pace rimarranno sulla Luna per riposare in pace». Se cinquant' anni fa l' avventura lunare dell' Apollo 11 fosse fallita, il presidente americano Richard Nixon avrebbe detto proprio così. La Nasa, d' altronde, aveva già deciso.

neil armstrongNEIL ARMSTRONG
Se dopo aver pronunciato la storica frase «un piccolo passo per l' uomo, un grande passo per l' umanità» Neil Armstrong e il suo compagno Buzz Aldrin non fossero riusciti ad abbandonare la superficie lunare per ricongiungersi con Michael Collins, all' interno del modulo di comando - ovvero a superare la fase più delicata della missione - sarebbero stati abbandonati lì. A morire di fame.

Non era prevista nessuna missione di soccorso. Ma in quel tragico caso, il protocollo da seguire era già pronto. L' allora presidente Nixon avrebbe letto alla nazione un discorso, subito dopo aver telefonato alle mogli per comunicargli che i loro eroici compagni non sarebbero tornati più. Joan Archer Aldrin e Janet Shearon Armstrong, "widow to be" - tecnicamente non ancora vedove - sarebbero state le prime a sapere.
nixon armstrong collins buldrinNIXON ARMSTRONG COLLINS BULDRIN
E dopo un ultimo tentativo di Houston di comunicare in diretta tv con gli esploratori spaziali, le telecamere si sarebbero accese sullo Studio Ovale.

«Questi uomini impavidi, Neil Armstrong ed Edwin Aldrin, sanno di non avere speranza. Ma sanno che c' è speranza per l' umanità nel loro sacrificio» avrebbe esordito Nixon a quel punto. Era stato Frank Borman a suggerire alla Casa Bianca di prepararsi al peggio.

L' ex comandante di Gemini 7 e Apollo 8, nel 1965 primo uomo a orbitare intorno alla Terra e, nel 1968, il primo a volare verso la Luna, conosceva bene i rischi che la missione Apollo 11 implicava. E fu dunque proprio lui a chiamare l' allora ghostwriter del presidente, William Safire, suggerendogli: «Ti conviene preparare qualcosa nel caso quest' avventura vada male». Lo ha raccontato, nel 1999, proprio Safire.

aldrin che scende le scalette dell'apollo 11 ripreso da armstrongALDRIN CHE SCENDE LE SCALETTE DELL'APOLLO 11 RIPRESO DA ARMSTRONG
Dopo aver lasciato la Casa Bianca, in rotta con Nixon che lo aveva fatto intercettare, nel 1973 entrò al New York Times . Diventandone uno dei più brillanti editorialisti e vincendo anche il Pulitzer nel 1978. Il discorso venne ritrovato fra i faldoni della Richard Nixon Presidential Library proprio dopo il suo racconto a Nbc nel 1999. Due fogli di carta dattiloscritti, con un titolo: In Event of Moon Disaster , da tenere "nel caso di disastro lunare".

Safire buttò giù la bozza esattamente cinquant' anni fa, il 18 Luglio del 1969, mentre il mondo era incollato agli schermi in bianco e nero dei televisori, per seguire il viaggio degli astronauti. E infatti, scriveva il ghostwriter: «Durante la loro esplorazione questi due uomini hanno portato la gente di tutto il mondo a sentirsi una cosa sola. Nel loro sacrificio hanno consolidato la fratellanza».
nixon armstrong collins buldrinNIXON ARMSTRONG COLLINS BULDRIN

Il testo venne consegnato a Bob Haldeman, capo dello staff di Nixon, con una serie di note a margine dove si suggeriva, fra l' altro, di far seguire alle dichiarazioni del presidente una sorta di rito funebre: un sacerdote - sempre in diretta tv - avrebbe pronunciato la preghiera della sepoltura in mare, affidando le anime degli astronauti alle «profondità degli abissi». Spaziali, s' intende.

Aldrin raggiunge Neil ArmstrongALDRIN RAGGIUNGE NEIL ARMSTRONG
Fortunatamente Nixon non pronunciò mai il discorso dove elogiava «uomini che furono i primi, e primi resteranno nei nostri cuori». Ma ancora oggi, quello speech mai entrato nella Storia è un documento eloquentissimo, testimonianza dell' ansia americana di raggiungere la Luna a tutti i costi e vincere la sfida tecnologica e politica coi russi. «Nell' antichità gli uomini guardavano alle stelle e vedevano i loro eroi nelle costellazioni. Nei tempi moderni facciamo lo stesso, ma i nostri eroi sono uomini epici in carne ed ossa. Altri seguiranno, e sicuramente riusciranno a tornare a casa.La ricerca dell' uomo non sarà negata ». I sovietici erano avvisati. Anche in caso di fallimento la corsa allo spazio era tutt' altro che finita.
Fonte: qui

CHI HA REGISTRATO L'AUDIO? OVVIAMENTE I RUSSI, CHE GIÀ CI PROVARONO CON 'L'ESPRESSO' A FAR SCOPPIARE IL CASO, SENZA SUCCESSO.


MA DOPO IL VIAGGIO DI SALVINI A WASHINGTON, PUTIN CI HA TENUTO A RICORDARE AGLI 'ALLEATI' LEGHISTI COME SI FA LA POLITICA INTERNAZIONALE. TANTO L'AFFARE NON È ANDATO IN BUCA 

IL RUOLO DI FERLENGHI, PIÙ FILO-RUSSO DEI RUSSI, LE DICHIARAZIONI DI SALVINI SU DESCALZI E…



salvini savoiniSALVINI SAVOINI
La più importante e decisiva domanda da farsi sul Russia-gate è: chi ha registrato l’audio dell’incontro di Savoini e compagni all’Hotel Metropol di Mosca? E’ nella logica delle cose che a salvare quella traccia in alta e chiarissima qualità siano stati gli amici di Putin, magari per premunirsi per un eventuale voltafaccia futuro di Salvini. Infatti l’audio è stato registrato a dicembre 2018 e diffuso – visto che l’operazione da 65 milioni di euro non andò in porto - nel momento in cui si comincia a parlare della visita di Salvini a Washington e dei suoi vari incontri con l’ambasciatore Usa in Italia.
Ecco che, cinque mesi fa, una manina russa fa volare l’audio della registrazione in Italia. Ma lo scoop dell’”Espresso” non trova audience e muore lì. Dopodiché il Capitano vola negli Stati Uniti e dopo gli incontri con Pence e Pompeo è più felice di una Pasqua: ora mi sento più forte di un toro, l’Italia deve imboccare la via di Trump, e altre entusiaste dichiarazioni subito recapitate a Mosca.
HOTEL METROPOL MOSCA 1HOTEL METROPOL MOSCA
Dopodiché sbarca Putin in Italia e non ottiene dal governo gialloverde una parola contro le sanzioni europee alla Russia, ricevendo in cambio una insostenibile raccomandazione ad alleggerire la posizione in Crimea. Tornando a casa, la delusione dello zar Vlad è in queste parole: “Sono molto contento di aver incontrato il Papa e Silvio Berlusconi….”. Subito dopo Buzzfeed lancia la bomba audio del Metropol.
Ed è ovvio che la manina è russa. Ma il vero problema è un altro: tipini come Savoini e l’avvocato massone Gianluca Meranda dovevano essere consapevoli che gli amici di Putin avrebbero registrato l’incontro d’affari e politica. Lo fanno da sempre e qualsiasi habitué italico a Mosca lo sa perfettamente.
matteo salvini e gianluca savoini a villa abamelekMATTEO SALVINI E GIANLUCA SAVOINI A VILLA ABAMELEK
L’uomo chiave della storiaccia si chiama Ernesto Ferlenghi, un funzionario dell’Eni che da una vita vive a Mosca. Entra in contatto con Savoini perché mira ad essere l’uomo di riferimento italiano in Russia. Fino al fatal incontro con il leghista, Ferlenghi è sempre stato osteggiato dai funzionari dell’ambasciata italiana a Mosca perché considerato troppo filo-russo. Oggi è felice: via Salvini, viene nominato presidente del forum di dialogo Italia-Russia al posto di Luisa Todini, messa lì a suo tempo da Gianni Letta.
ernesto ferlenghi 8ERNESTO FERLENGHI 
Tra l’altro l’ambasciata italiana aveva proposto come presidente del Forum un imprenditore che aveva attività con la Russia come Tronchetti Provera, tant’è che il suo uomo a Mosca, Aimone di Savoia, negli ultimi giorni diceva apertamente che era fatta per il presidente di Pirelli. Ma gli interventi di Salvini, via Savoini, hanno partorito la nomina di Ferlenghi.

gianluca merandaGIANLUCA MERANDA
E il lavoro di Ferlenghi ai fianchi di Salvini produsse subito una mirabolante dichiarazione a favore dell’Ad dell’Eni Claudio Descalzi, nei guai fino al collo con la Procura di Milano per lo scandalo Nigeria: “Lo stimo e ringrazio lui e l'Eni per quello che fanno in Italia e nel mondo”. E ancora: “Un sistema Paese dovrebbe tutelare le sue aziende migliori. Dico solo questo e non commento le sentenze”.
Ma sia Trump sia Putin non perdonano a Salvini il solito immortale vizio italico di tenere il piede in due scarpe e di non finire mai la guerra con il proprio alleatoAnche se politicamente si era abbastanza posizionato su Trump, il Capitano sotto sotto ha sempre mantenuto aperti i rapporti con Mosca. Ma Donald ha offerto al leghista solo promesse e incitamenti a spaccare l’Unione Europea. Concretamente, nisba. E vista anche la sonora sconfitta al Parlamento Europeo, urge per Salvini un corso di politica internazionale.


GLI 007 ITALIANI MONITORAVANO I MOVIMENTI DI GIANLUCA SAVOINI E DI CLAUDIO D'AMICO, I DUE FEDELISSIMI DI SALVINI RITENUTI EMISSARI PER I RAPPORTI CON LA RUSSIA. LA CONFERMA ARRIVA DOPO L'AUDIZIONE DEL DIRETTORE DELL'AISE LUCIANO CARTA DI FRONTE AL COMITATO DI CONTROLLO PARLAMENTARE…



CLAUDIO DAMICO - MATTEO SALVINI - GIANLUCA SAVOINICLAUDIO DAMICO - MATTEO SALVINI - GIANLUCA SAVOINI
I servizi segreti italiani monitoravano i movimenti di Gianluca Savoini e di Claudio D' Amico, i due fedelissimi di Matteo Salvini ritenuti emissari per i rapporti con la Russia. La conferma arriva dopo l' audizione del direttore dell' Aise Luciano Carta di fronte al Comitato di controllo parlamentare. Ma i dettagli rimangono segreti perché, come chiarisce l' alto funzionario, «è in corso un' inchiesta della magistratura milanese, dunque nulla può essere rivelato». Al Copasir Carta assicura che «la vicenda non ha rappresentato un pericolo per la sicurezza nazionale».

Il direttore dell' Agenzia parla per quattro ore e la seconda parte del suo intervento - dopo l'analisi sul dossier Libia - è tutta dedicata alle «influenze e ingerenze dei russi in Italia». Per ribadire che l' attenzione, anche con l' arrivo al governo della coalizione Lega-Movimento 5 Stelle, non è calata e soprattutto che «ci sono interferenze, come dimostrano le numerose operazioni effettuate negli ultimi mesi».

SAVOINI D AMICOSAVOINI D'AMICO
Il direttore sottolinea anzi che c' è stato un «continuo e crescendo attivismo» degli 007 e questo ha portato a numerosi risultati nell' attività di controspionaggio e dunque nel fronteggiare proprio le numerose intrusioni russe che sembrano essere aumentate proprio negli ultimi mesi. La prossima settimana sarà il direttore dell' Aisi, il servizio segreto interno, a dover riferire alle Camere ma anche nel suo caso esiste il problema del segreto istruttorio.

Nei prossimi giorni il Copasir chiederà alla Procura di trasmettere tutti i documenti che è possibile rendere noti proprio per ricostruire quale sia stato il ruolo effettivo di Savoini nella trattativa con i russi registrata all' hotel Metropol nell' ottobre del 2018 in cui parlava a nome della Lega. E dunque la natura del legame con il leader leghista Matteo Salvini di cui è stato per anni il portavoce. Fonte: qui



'LA VERITÀ': ''LE CARTE BOMBA ANNUNCIATE DALL''ESPRESSO'? 

SONO SOLO RUMOROSI PETARDI. AVEVAMO GIÀ PUBBLICATO LE MOSSE DI MERANDA, CHE HA TACIUTO CON GLI INQUIRENTI, LE SUE OFFERTE A GAZPROM E ROSNEFT, MAI ANDATE IN PORTO. LA BANCA PER CUI AVREBBE LAVORATO ERA ESCLUSA DALLA TRATTATIVA''

Giacomo Amadori Alessandro Da Rold per “la Verità

GIANLUCA MERANDA 1GIANLUCA MERANDA
Le presunte bombe dell' Espresso in edicola domenica prossima sulla prosecuzione della trattativa tra i traffichini dell' hotel Metropol e compagnie petrolifere russe, i lettori della Verità le avevano già apprezzate su questo giornale lo scorso 14 luglio, quando davamo conto di come, dopo l' incontro del 18 ottobre, Gianluca Meranda fosse tornato a Roma e il 20 avesse informato i suoi assistiti della banca Euro-Ib sulla possibilità di acquistare dalla Rosneft a buon prezzo 3 milioni di tonnellate di petrolio, lo stesso quantitativo citato nella registrazione del Metropol. Come ha confermato Glauco Verdoia, responsabile della banca all' Espresso, dopo averlo fatto con noi. Da notare che Verdoia non è mai stato convocato dai magistrati e Euro-Ib è parte lesa nella vicenda.
sede gazpromSEDE GAZPROM
La Verità scrisse anche che «tra il 12 e il 14 dicembre Meranda era tornato a Mosca e dalla Russia aveva scritto a Verdoia questo Whatsapp: "Non ci sono sviluppi". Avevamo poi aggiunto che l' avvocato, a inizio 2019, tentò di cambiare cavallo e si rivolse, per acquistare petrolio in Russia a un noto lobbista romano con solidi rapporti a Mosca. Ma anche in questo caso non si concretizzò nulla». Insomma che Meranda abbia cercato di portare avanti la trattativa in modo autonomo e probabilmente insieme con Gianluca Savoini è già stato scritto da questo giornale.
L' Espresso ha aggiunto che Meranda l' 8 febbraio avrebbe fatto, a ridosso proprio dello scoop dei colleghi, un' altra offerta, questa volta indirizzata a Savoini per Gazprom ma, a quanto risulta al nostro giornale, mai arrivata alla società russa.
GIAN LUCA MERANDAGIANLUCA MERANDA
La Verità, insomma, aveva già anticipato tutto delle mosse di Meranda, l' avvocato cacciato dalla massoneria e in difficoltà economiche, intercettato a un tavolo del Metropol insieme con il leghista Gianluca Savoini e Francesco Vannucci, un ex bancario toscano della Margherita. I tre sono indagati per corruzione internazionale. Ieri Meranda è stato ascoltato al comando della Guardia di finanza vicino alla stazione centrale di Milano, proprio come Savoini.
Accompagnato dall' avvocato albanese Ersi Bozheku del foro di Tirana, Meranda si è avvalso della facoltà di non rispondere e ha ribadito uscendo con i cronisti quanto scritto nella sua lettera a Repubblica della scorsa settimana. «Vedremo cosa farà la magistratura», ha spiegato uscendo dalla caserma. «Credo nel lavoro dei magistrati e confido facciano le indagini in modo sereno e con la tempistica propria che indicano gli inquirenti», ha invece commentato l' avvocato Bozheku. Del resto il pezzo dell' Espresso non fa che confermare come in realtà la trattativa fosse più che mai aleatoria.
IL LIBRO NERO DELLA LEGA GIOVANNI TIZIAN STEFANO VERGINEIL LIBRO NERO DELLA LEGA GIOVANNI TIZIAN STEFANO VERGINE
La Verità può aggiungere altri dettagli. E spiegare come i colleghi Giovanni Tizian e Stefano Vergine non abbiano raccontato fino in fondo quale sia stata la fine di quei documenti che, stando al banchiere di Euro-Ib Glauco Verdoia, non sono arrivati a Gazprom: «Non ero nemmeno a conoscenza della nuova offerta dell' 8 febbraio 2019 rivelata dall' Espresso». Non solo. Il settimanale ha dimenticato di ribadire che quella transazione era morta e sepolta «nelle chiacchiere di metà dicembre» e «che la banca non era minimamente a conoscenza delle possibilità che i soldi sarebbero stati destinati alla Lega» di Matteo Salvini.
E ancora. Euro-Ib non ha mai avuto contatti con Eni, a parte una compliance interna che non ha mai portato alla chiusura di transazioni.
Per di più nel pezzo dell' Espresso si legge che sarebbe stata la banca inglese a fare il nome di Eni con Gianluca Savoini, ma in realtà è stato Meranda a farlo. Anche perché Verdoia non ha mai visto, conosciuto o parlato con Savoini. Per di più nell' articolo di Tizian e Vergine è stata omessa tutta la parte del ribaltamento della maggior parte dello sconto ai compratori finali e il fatto che la banca avrebbe contattato tali compratori solo ad avvenuta conferma della fornitura.
Giovanni Tizian Tommaso Cerno e Fabrizio GattiGIOVANNI TIZIAN TOMMASO CERNO E FABRIZIO GATTI
Verdoia lo ha ribadito ieri: «È una vicenda che è peraltro rimasta sempre allo stato embrionale non avendo mai raggiunto nessuna concretezza». Non solo. In pratica l' unico destinatario è stato sempre Meranda che ha confezionato anche il secondo documento inviato a Savoini. In sostanza di ruoli attivi da parte delle compagnie petrolifere non c' è ombra. Anzi. Proprio nell' inchiesta pubblicata dal settimanale si leggono le prese di posizione di Rosneft e di Eni.
La prima scrive: «Non abbiamo avuto alcun ruolo nell' operazione descritta». Del resto, non l' avevano neppure ricevuto. La seconda è ancora più forte: «Eni ribadisce di non aver preso parte in alcun modo a operazioni volte al finanziamento di partiti politici. E tiene a precisare che, in presenza di qualsiasi illazione volta a coinvolgerla in presunte operazioni di finanziamento a parti politiche, si riserverà di valutare le opportune vie legali a tutela della propria reputazione».
Fonte: qui
ROSNEFTROSNEFT


I FONDI PER LA LEGA SAREBBERO DOVUTI PASSARE PER L'ISTITUTO “EURO-IB”, CON SEDE A LONDRA, CHE HA DUE DIPENDENTI E UN BILANCIO MISERO, NON CERTIFICATO, IN PERDITA, CON UN CAPITALE SOCIALE DI 241 MILA STERLINE 

E LLOYDS BANK HA IN PEGNO UNA PARTE DEL PATRIMONIO PER UN PRESTITO EROGATO IL 13 MAGGIO 

L’ISTITUTO HA POCHI AFFARI E TRE UFFICI: LONDRA, FRANCOFORTE E ROMA…NELL’EX STUDIO (PERCHE’ E’ STATO SFRATTATO) DI GIANLUCA MERANDA...

Mario Gerevini per il “Corriere della sera”

GIANLUCA MERANDA 1GIANLUCA MERANDA 
La banca d'affari anglo-tedesca al centro dell' affaire Metropol è un promettente sito web dietro il quale non c' è alcuna banca ma una finanziaria privata con due dipendenti e un bilancio da pizzeria. Prima di arrivare a Londra, alla porta anonima della sede di Euro-IB Limited, riassumiamo la vicenda: il 18 ottobre 2018 tre russi e tre italiani seduti intorno a un tavolo dell' Hotel Metropol di Mosca, tra caffè sigarette e microfoni che registrano, trattano la possibile compravendita di 3 milioni di tonnellate di petrolio da un' azienda russa all'Eni (che ha smentito più volte).

Una foto del novembre 2016 tratta dal profilo Facebook di Claudio D’Amico con Salvini e SavoiniUNA FOTO DEL NOVEMBRE 2016 TRATTA DAL PROFILO FACEBOOK DI CLAUDIO D’AMICO CON SALVINI E SAVOINI
Il piano prevede, in sintesi, che l' azienda russa venda il carburante a un intermediario con lo sconto del 6% e poi l' intermediario rivenda a prezzo pieno all' acquirente finale, creando così la provvista da girare, in nero, alla Lega (65 milioni) e ai funzionari russi.
Valore dell' operazione: 1,5 miliardi di dollari. Il presunto affare però non si sarebbe mai chiuso e ora indaga la Procura di Milano. Ma chi è l' intermediario? Dei tre russi sappiamo poco. I tre italiani (tutti indagati) sono:

1) Gianluca Meranda, 49 anni, un vero avvocato di sedicenti affari internazionali, in difficoltà con gli affari personali (sfrattato dallo studio per morosità come ha scritto La Verità ) che dice di rappresentare la banca anglo-tedesca;
FRANCESCO VANNUCCIFRANCESCO VANNUCCI

2) Francesco Vannucci, 62, ex bancario e sindacalista in pensione che si è riciclato con risultati altalenanti, a livello provinciale, come sedicente esperto (anzi: advisor) di finanza;

3) Gianluca Savoini, 55 anni, folgorato sulla via di Mosca, selfie made man con Putin in sottofondo, legatissimo a Matteo Salvini e ancor di più a Claudio D'Amico, il geometra ex deputato nello staff del vice premier come esperto di strategie internazionali.

gianluca merandaGIANLUCA MERANDA
Che cosa colpisce di questo quadro? Il livello (anzi: lo standing). La posta in gioco (e le cifre) suggerirebbero la presenza di negoziatori di ben altra caratura, per quanto spregiudicati, e di professionisti della finanza altrettanto qualificati e disinvolti. Invece sembrano faccendieri da quattro soldi.

Però, si diceva, c'è una banca di mezzo ed è quella che potrebbe dare spessore e qualità alla task force italiana. Ne parla l'avvocato Meranda nella lettera in cui fa outing: «Specifico di aver partecipato alla riunione (...) in qualità di General Counsel (cioè capo dello staff legale, ndr ) di una banca d'affari anglo-tedesca interessata all'acquisto di prodotti petroliferi di orgine russa».

È proprio la «nostra» Euro-IB. È l'intermediario. E L' Espresso , che per primo ha fatto emergere il caso Metropol, ha appena anticipato l'uscita di nuovi documenti su carta intestata Euro-IB. Dunque il perno dell' operazione da 1,5 miliardi è dietro una porta al piano strada di County Street 87.

GIANLUCA SAVOINIGIANLUCA SAVOINI
«Euro-IB è una Banca d' Investimenti e Corporate Finance - dice il sito - Il nostro management ha alle spalle un' esperienza con banche internazionali». Il loro bilancio è però desolatamente striminzito, non certificato, in perdita, con un capitale sociale di 241 mila sterline e Lloyds Bank ha in pegno una parte del patrimonio a fronte di un piccolo prestito erogato il 13 maggio scorso.

Pochi affari e tre uffici: Londra, Francoforte e Roma. Dove a Roma? 

Nello studio (ex dopo lo sfratto) di Meranda. Il telefono è lo stesso. 

L' avvocato è indicato nel sito web della società come uno dei sei top manager del team guidato dal tedesco Alexander von Ungern Sternberg, azionista di maggioranza. Ne fa parte un secondo nostro connazionale, Glauco Verdoia che oggi prende le distanze da Meranda. Caso vuole che Verdoia sia socio d' affari vinicoli dell' altro italiano del Metropol, il pensionato Vannucci. Sembra un mix tra una spy story e un film di Totò. E tutto riconduce alla Euro-IB la banca d' affari che banca non è e che nella City nessuno ha mai sentito nominare. Fonte: qui


CHI HA FREGATO SAVOINI? 
È STATO UNO DEI TRE ITALIANI PRESENTI AL METROPOL A REGISTRARE L’AUDIO PUBBLICATO DA "BUZZFEED", CHE SAREBBE STATO DIFFUSO DAI RUSSI 
LA GUARDIA DI FINANZA VUOLE FAR LUCE ANCHE SULLA CENA DELLA SERA PRIMA, A CUI AVREBBERO PARTECIPATO SALVINI, SAVOINI, FERLENGHI E…


Cristiana Mangani per “il Messaggero”

Una foto del novembre 2016 tratta dal profilo Facebook di Claudio D’Amico con Salvini e SavoiniUNA FOTO DEL NOVEMBRE 2016 TRATTA DAL PROFILO FACEBOOK DI CLAUDIO D’AMICO CON SALVINI E SAVOINI
Sarebbe stato uno dei tre italiani presenti alla trattativa dello scorso 18 ottobre all'hotel Metropol a registrare l'audio al centro delle indagini della Procura di Milano sui presunti fondi russi alla Lega. Nel fascicolo sono indagati per corruzione internazionale Gianluca Savoini, il presidente leghista dell'Associazione Lombardia-Russia, l'avvocato Gianluca Meranda e l'ex consulente bancario Francesco Vannucci.

matteo salvini vladimir putin luigi di maioMATTEO SALVINI VLADIMIR PUTIN LUIGI DI MAIO








La ricostruzione sulla registrazione e la diffusione dell'audio, al momento, è solo un'ipotesi di lavoro, sulla quale stanno lavorando i pm Sergio Spadaro e Gaetano Ruta, che ieri hanno depositato alcuni atti dell'inchiesta - quanto necessario per dare un quadro generale di una indagine andata avanti per cinque mesi sotto traccia - in vista dell'udienza davanti al Tribunale del riesame, prevista per il 5 settembre, per discutere del ricorso presentato degli indagati contro i sequestri avvenuti un paio di settimane fa.
vladimir putin e gianluca savoiniVLADIMIR PUTIN E GIANLUCA SAVOINI

Qualora fosse vero che la conversazione su una fornitura di petrolio, che prevedeva una tangente per i burocrati di Mosca e fondi in nero per circa 65 milioni alla Lega, sia stata registrata da un italiano presente all'incontro - essendo la fonte segreta non si può escludere che la diffusione sia avvenuta per mano di un russo - il campo si restringe.

IL FILE AUDIO
l ipotesi di passaggio dei soldi dalla russia alla lega attraverso eniL IPOTESI DI PASSAGGIO DEI SOLDI DALLA RUSSIA ALLA LEGA ATTRAVERSO ENI










Tra gli atti messi a disposizione dei legali, ci sono le trascrizioni della registrazione su quell'affare legato alla compravendita di petrolio, ma anche una relazione sulle modalità con cui è stato acquisito quel file audio di cui i tecnici hanno verificato l'autenticità e l'assenza di manomissioni.

MATTEO SALVINI E GIANLUCA SAVOINI A MOSCA NEL 2014MATTEO SALVINI E GIANLUCA SAVOINI A MOSCA NEL 2014
Da quanto emerge dall'informativa, è stato convocato al quarto piano del Palazzo di Giustizia uno dei due giornalisti che per primi hanno scritto della vicenda e lo scorso 18 ottobre si trovavano nel grande albergo moscovita ma, come loro stessi hanno raccontato, a debita distanza dal meeting. Dall'analisi di quella conversazione, oltre all'ipotesi che a fare la registrazione con un cellulare possa essere stato uno dei partecipanti italiani alla trattativa, i pm sono certi che ci siano state altre riunioni precedenti.
matteo salvini gianluca savoini a moscaMATTEO SALVINI GIANLUCA SAVOINI A MOSCA


Inoltre hanno anche qualche indicazione su chi possano essere i tre russi, Andrey, Yuri e Jlia, presenti quella mattina nella hall dell'hotel. Se Jlia ritengono sia Jakunin, manager vicino a Vladimir Pligin, esponente di rilievo del partito di Putin Russia Unita, uno degli altri due è quasi certamente un funzionario pubblico.

LA ROGATORIA
GIANLUCA SAVOINI - FRANCESCO VANNUCCI - ALEKSANDR DUGINGIANLUCA SAVOINI - FRANCESCO VANNUCCI - ALEKSANDR DUGIN
In attesa che parta la rogatoria per la Russia, gli investigatori della Gdf stanno analizzando il materiale sequestrato durante le perquisizioni. Vogliono fare luce anche su un'altra cena che si sarebbe invece tenuta la sera prima, sempre a Mosca, alla quale avrebbero partecipato, tra gli altri, il vicepremier Matteo Salvini, lo stesso Savoini, il presidente di Confindustria Russia e manager Eni Ernesto Ferlenghi e Luca Picasso, direttore di Confindustria Russia, oltre a Claudio D'Amico, consigliere per le attività strategiche di rilievo internazionale del leader della Lega. Ieri Salvini ha ironizzato su ulteriori fondi: «Non ho ancora finito di nascondere i rubli, dopo mi occupo del Marocco, buona caccia».

Fonte: qui