9 dicembre forconi: novembre 2017

giovedì 30 novembre 2017

ONG: PREMI IN DENARO PER OGNI BARCONE, EMERGE IL BUSINESS DEI MIGRANTI

Un vero e proprio tariffario di bonus per recuperare più migranti possibili esposto su due navi delle Ong, la Vos Hestia di Save the children e la Vos Prudence di Medici senza frontiere.
A ogni membro dell’equipaggio veniva garantito un premio fisso da 800 a 200 euro, a seconda della qualifica, oltre a 50 euro a barcone pieno di migranti. Al di là dello stipendio «per incentivare tale attività» ovvero il recupero della merce umana da portare in Italia. Il Giornale pubblica la mail, in italiano, della società armatrice, Vroon Offshore Services con sede in Olanda, ma ufficio anche a Genova, che non lascia dubbi.
La data è del 1° agosto, ma i premi erano in vigore da tempo. Il soggetto del messaggio è «il nuovo calcolo del bonus per operazione SAR» di ricerca e soccorso dei barconi partiti dalla Libia. Il tariffario è indirizzato al «Comando nave Vos Hestia e Vos Prudence». Non riguarda il personale umanitario, ma l’equipaggio. Tutti, però, l’hanno visto perchè era esposto a bordo. Non solo: il nolo di nave ed equipaggio viene pagato dalle Ong.
Il testo della mail è chiaro: «Capendo le problematiche relative alle operazioni e per incentivare tale attività (l’individuazione dei barconi con i migranti da portare in Italia, nda), la compagnia si impegna come già fatto in precedenza ad elargire un bonus». I premi in denaro saranno versati sull’ultima busta paga prima dello sbarco. Non solo: «Oltre al bonus (fisso, nda) verrà inserito un bonus addizionale di 50 euro da moltiplicare per il numero di operazioni SAR eseguite nel mese». Un gruzzolo non indifferente tenendo conto che in un solo giorno, nei momenti di massimo flusso, si recuperavano anche cinque barconi di migranti partiti dalla Libia.
I premi vengono riassunti in una tabella nello stesso messaggio di posta elettronica. Il comandante, oltre allo stipendio, ha un bonus di 800 euro, che si riduce a 200 per l’ultimo membro dell’equipaggio. Per tutti c’è il bonus aggiuntivo di 50 euro a barcone. Il comandante di Vos Hestia è indagato dalla procura di Trapani per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Lunedì sera su Report è andato in onda il lungo servizio «Un mare di ipocrisia», che denuncia con chiarezza il ruolo ambiguo delle Ong al largo della Libia. Alle 6.30 del 20 maggio scorso a 15 miglia dalla costa fra Sabrata e Zwuara, con il mare piatto come l’olio, i gommoni zeppi di migranti vengono accompagnati sotto bordo delle navi umanitarie dai «facilitatori» dei trafficanti. I video filmano anche una piccola barca con la scritta Guardia costiera libica, che appoggia le operazioni di «consegna» alle Ong. Un elicottero della missione europea Sophia, che dovrebbe fermare il traffico sorvola per qualche minuto e poi se ne va.
A bordo della nave Aquarius di Sos Mediterranee, che opera con Msf, una volontaria definisce «pescatori» gli scafisti che accompagnano i migranti. Non solo: il personale umanitario gira sempre delle riprese strette, per non far vedere la consegna sotto bordo dei migranti ed i buoni rapporti con i «facilitatori». 
Un volontario ammette via sms «che c’è l’ordine di non riprenderli altrimenti si resta a casa».
Al riparo delle telecamere vengono restituiti dei barconi agli scafisti libici. E i migranti recuperati indossano i giubbotti salvagente della Ong. 
Quelli affittati dai trafficanti vengono lasciati a bordo dei gommoni dagli stessi umanitari, così i trafficanti potranno cederli al prossimo carico facendo pagare 200 euro a giubbotto. Uno scandalo rivelato da Lucio Montanino e Pietro Gallo due ex poliziotti a bordo della Vos hestia, come addetti alla sicurezza. E all’inizio demonizzati per aver denunciato il ruolo ambiguo delle Ong dando vita all’inchiesta di Trapani.
Altre foto circolanti su Twitter, che sarebbero state scattate nell’ottobre 2016 da personale di Sea watch, l’Ong tedesca coinvolta nelle indagini, incastrano Msf. Migranti, facilitatori dei trafficanti, miliziani libici che si spacciano per Guardia costiera accompagnano e trainano i gommoni sotto bordo di nave Bourbon Argos di Medici senza frontiere.

22 Novembre 2017

THE WALL: KOTAKU WAMURA!


Risultati immagini per kotaku wamura
Come già detto negli ultimi giorni continuiamo ad ignorare i dati provenienti dall’economia americana, distorti dagli effetti dei recenti uragani anche quando sono pessimi come ieri dove gli ordini durevoli sono crollati del 1,2% contro aspettative di crescita del 0,4% e continuiamo ad occuparci di politica monetaria e curve dei rendimenti.
Ieri nonna Yellen ha detto che la debolezza dei prezzi rischia di limitare i rialzi dei tassi ben sotto i livelli storici passati ammettendo candidamente che i suoi colleghi e soprattutto lei hanno iniziato a rendersi conto di quanto sia diverso il “new normal” rivedendo al ribasso le loro stime di tasso neutrale e quindi tirandosi dietro tutto il mercato. Loro pensano di poter arrivare ad alzare i fed fund sino al 2,75% ma si fermeranno prima, molto prima a meno che non vogliano far collassare l’economia.
Con questa notizia nonna Yellen ci saluta e lascia la Federal Reserve, banca centrale americana, dichiarando pubblicamente che noi ancora una volta abbiamo avuto ragione, la “nostra” DEFLAZIONE DA DEBITI ha sconfitto le aspettative di inflazione e noi siamo stati gli unici in Italia a vedere lontano sino dal 2009.
Potrebbe esserci qualcosa di più endemico e di lunga durata e potrebbe valere la pena di prestarci attenzione”.
Ieri nelle minute dell’ultimo incontro la Fed ha pubblicamente dichiarato la propria preoccupazione per la bassa inflazione e soprattutto qualcuno di loro ha fatto finta di iniziare a preoccuparsi per la formazione di potenziali “squilibri” finanziari.
Qualche governatore pensa che il trend al ribasso dell’inflazione proseguirà anche nel 2018…
“Ciò potrebbe essere il riflesso non solo di fattori transitori ma anche dell’influenza di sviluppi che potrebbero risultare più persistenti” del previsto.
Per alcuni governatori il rischio che l’attuale trend “possa portare a un declino delle aspettativa di lungo termine, se non lo ha già fatto”…

Ci sono voluti sei anni per comprendere, meglio tardi che mai!
Eppure era tutto semplice bastava osservare attentamente la velocità di circolazione della moneta, questo è il grafico che abbiamo proposto per la prima volta nel 2009 quando tutti anelavano alla grande ripresa…

Qualcuno ha parlato pure di valutazioni elevate degli asset e di volatilità bassa”. Pensate hanno paura che un “repentino cambio di rotta dei prezzi degli asset possa avere effetti dannosi per l’economia” ma sostengono che questi continui rialzi siano dovuti alle aspettative per la riforma fiscale, meglio che al circo, un clown dietro l’altro.
Quello che è ormai certo, è che la Federal Reserve cambierà presto indirizzo e prenderà dimora presso la Trump Tower, dopo la nomina da parte di Donald Trump dei nuovi governatori, l’uomo che sino a un anno fa parlava di bolle azionarie e rischi enormi da parte della politica monetaria contribuirà a far esplodere la prossima grande crisi, già avviata con la nuova deregulation.
In un’intervista al Washington Post aveva detto che si sta preparando il terreno per un’altra grande crisi.
«Credo che siamo seduti su una bolla economica. Una bolla finanziaria»
Noi invece stiamo quotidianamente costruendo il muro, KOTAKU WAMURA un muro di consapevolezza e di pazienza, lo stesso muro costruito anni fa nella terra della grande bolla, alle prese con il terzo decennio perduto…

Il muro della discordia ha protetto Fudai 

MILANO – Fudai è una piccola località di 3000 abitanti sulla costa nord-orientale del Giappone. L’11 marzo scorso è uscita quasi indenne dal disastro dello tsunami provocato dal terremoto. Come per miracolo non ci sono stati morti o danni. Grazie soprattutto all’ex sindaco Kotaku Wamura che, negli anni Settanta, fece costruire un gigantesco muro a protezione della cittadina. In un primo momento deriso e insultato per quella barriera anti-tsunami alta quasi 16 metri, oggi il politico oramai defunto viene celebrato come un eroe.
OPERA SPROPORZIONATA – Le critiche sono continuate per diverso tempo. «Spreco di denaro pubblico»; «una bruttura»; «un’opera insensata e sproporzionata», gli rinfacciavano i cittadini. Il pomo della discordia era il progetto di costruzione di una parete di 16 metri in periferia che doveva difendere la località dalle onde di uno tsunami. Anche perché i villaggi e le città vicine facevano affidamento su strutture di protezione più piccole. La domanda che tutti si ponevano con insistenza era: «Perché Fudai ha bisogno di una simile costruzione?». Il sindaco, però, non si piegò e non si fece persuadere. La costruzione anti-tsunami da 25 milioni di euro doveva assolutamente essere eretta.
BARRIERA DI SALVEZZA – Oggi quell’interrogativo ha trovato una risposta chiara: quella parete ha salvato la vita ai 3000 abitanti di Fudai. Tutto intorno l’apocalisse, con villaggi e città rase al suolo.
Noi ci fermiamo qui, un muro lo abbiamo già costruito nel 2007, derisi e insultati per mesi e mesi. Insieme a Machiavelli e ai suoi manoscritti, in questi mesi abbiamo più volte suggerito come costruire questo muro. Ora non resta che attendere, non importa dove o quando, l’unica certezza che abbiamo, visto che nulla è cambiato in questi dieci anni nella finanza, è che ci sarà un nuovo tsunami.
Fonte: qui

Unione Europea. Il futuro è davvero fosco. Cassandra era un’ottimista.


Titanic 002

Questo anno ha portato una lunga serie di novità, ed ancora non è finito. Cerchiamo si sintetizzarle in poche righe.

Negli Stati Uniti si è insediata la Presidenza Trump, alle elezioni presidenziali francesi il partito socialista è crollato dal 62% all’8%, nelle elezioni federali tedesche la Große Koalition ha perso 153 deputati ed ora la Germania è nel choas politico, nelle elezioni austriache ha trionfato Herr Kurz mentre l’Fpö ha raggiunto il 26.0%, nella Repubblica Ceka ha vinto il partito Ano 2011 mentre il Civic Democracy Party è crollato all’11.3%, ed infine in Slovakia il partito Smer del Presidente Fico è precipitato dal 44.4% al 26.2% delle elezioni regionali. Né potrebbe sembrare che dalle prossime elezioni politiche italiane possa scaturire un governo forte e coeso.

In poche parole, i governi di sette importanti paesi europei hanno cambiato attori od indirizzo politico, e con esso il modo di concepire l’Unione Europea.

Non solo. Il problema economico diventa ogni giorno più severo.

Se si considera il pil per potere di acquisto, nel 2016 il mondo ha generato 108,036,500 milioni Usd, la Cina 17,617,300 (16.31%) e gli Stati Uniti 17,418,00 (16.12%). L’Eurozona ha reso conto di 11,249,482 (10.41%) ed il Gruppo dei G7 di 31.825,293 (29.46%). Però i Brics avevano un pil ppa di 32,379,625 Usd, ossia il 29.97% del pil ppa mondiale. I Brics valevano quindi come i paesi del G7. Di conseguenza, la voce dell’Occidente valeva nel mondo al massimo per il 29.46%, ma quella degli Stati Uniti valeva solo il 16.12% e quella dell’Eurozona ammontava ad uno scarno 10.41%.

Il Consiglio Europeo è il massimo organo direzionale dell’Unione: vi siedono i capi di stato o di governo degli stati afferenti l’Unione Europea. In un anno i capi dei setti principali stati europei sono cambiati sia come persone sia come indirizzi politici.

Fino all’inizio di questo anno la Francia di Mr Hollande e la Germania di Frau Merkel tendevano alla formazione di uno stato europeo, con un suo proprio ministro degli interni, degli esteri, della difesa e delle finanze e del bilancio.

Questa concezione appare al momento del tutto inverosimile: il Consiglio Europeo non la voterebbe né la appoggerebbe con piccoli passi progressivi. Al momento attuale la situazione è di stallo: nessuno sa cosa poter fare, nessuno ha l’autorità di imporsi, tutti possono bloccare le iniziative altrui.

E proprio in questa situazione di impasse politico sta prendendo corpo una conseguente impasse economica. La Banca Centrale europea tecnicamente avrebbe finito di svolgere il suo ruolo di acquirente dei titoli di stato emessi dalle nazioni europee e si starebbe avviando lungo la strada minata del tapering, ossia della progressiva riduzione degli acquisti ed il conseguente innalzamento del tasso di interesse primario. Ma in questa delicata fase il Governatore Draghi si trova privo di una controparte politica che gli tracci gli indirizzi operativi.

In parole poverissime: nel caso, a chi potrebbe telefonare il Governatore Draghi per sapere cosa vuole fare l’Unione Europea?

Una crisi di codesta entità sarebbe stata difficilmente superabile se esistesse soltanto l’Unione Europea, ma così non è. Gli Stati Uniti hanno varato nuovi obiettivi di politica economica e favoriscono i rapporti bilaterale, mentre la Cina, oramai emersa come potenza politica ed economica, ha avviato un progetto economico mondiale da 1,500 miliardi di dollari: il Belt and Road.

Il futuro si presenta a tinte fosche, checché se ne voglia dire per dovere di bottega.

Di questi giorni la notizia del collasso della cantieristica ThyssenKrupp, una débâcle economica di oltre cento miliardi di euro che segue di pochi mesi il crollo della siderurgia continentale.

Nessuno intende fare allarmismi di sorta, sia ben chiaro, ma sono in molti a prendere tutte le possibili precauzioni in vista di una possibile, eziandio improbabile, cessazione della corresponsione di stipendi e pensioni.

È lapalissiano: il paziente un secondo prima di morire era ancora vivo. Quindi, il fatto che l’Unione Europea sia viva non costituisce argomento valido contro la sua morte.

Fonte: qui

LA RAGGI ANNUNCIA LA DIFFERENZIATA CON MODULO RFID NEI SACCHETTI.

OGNI SACCHETTO POTRÀ ESSERE COLLEGATO ALL’UTENTE: ‘CHI RICICLA DI PIÙ, PAGHERÀ DI MENO’. MA CHI RICICLA MALE, POTRÀ ESSERE MULTATO. 

IN MOLTI PAESI, LE MUNICIPALIZZATE DEI RIFIUTI SI FINANZIANO CON LE SANZIONI


DIFFERENZIATA COL CHIP VIRGINIA RAGGIDIFFERENZIATA COL CHIP VIRGINIA RAGGI
Parte al quartiere ebraico di Roma la raccolta differenziata tecnologica con sacchetti ‘intelligenti’, in grado grazie a un chip di riconoscere a quale utente appartiene. Un modo per identificare chi ricicla di più e chi meno, potendo in questo modo variare anche le tariffe della Tari. Il nuovo modello di prelievo dei rifiuti inizia in un’area di 40mila metri quadrati che si sviluppa attorno al Portico d’Ottavia, nella quale sono presenti circa mille utenze domestiche e non. E da febbraio 2018, nelle intenzioni dell’amministrazione comunale, dovrebbe coinvolgere 490mila abitanti del X e VI Municipio per poi essere estesa entro l’anno a più di un milione di cittadini.

“Passo dopo passo stiamo rendendo concreto il nostro piano per ridurre e gestire in modo sostenibile i materiali post consumo prodotti ogni giorno a Roma – ha spiegato la sindaca Virginia Raggi – I rifiuti verranno separati in sacchetti intelligenti dotati di etichetta Rfid, che traccia il rifiuto con radiofrequenza. L’etichetta sarà letta da un’antenna collocata sui mezzi per la raccolta e i conferimenti di ogni singolo utente saranno registrati puntualmente”.

DIFFERENZIATA CON CODICE IDENTIFICATIVODIFFERENZIATA CON CODICE IDENTIFICATIVO
Roma, afferma la Raggi, “è la prima tra le capitali europee” ad utilizzare questa tecnologia: “Abbiamo fortemente voluto questa innovazione anche perché iniziare a registrare i conferimenti delle utenze è per Roma il primo passo verso l’applicazione della tariffa puntuale che fa pagare di meno chi ci aiuta a riciclare di più”.

Saranno coinvolti nella prima sperimentazione 760 residenti, 327 utenze domestiche e 68 utenze non domestiche tra ristoranti, negozi, supermercati, alimentari e scuole. Tutte le frazioni di rifiuto saranno conferite presso due punti mobili di raccolta presidiati da personale Ama posizionati in altrettanti punti di raccolta, mentre i ristoratori avranno orari e modalità di conferimento diversi.

DIFFERENZIATA CON CHIPDIFFERENZIATA CON CHIP
“Il nuovo sistema di raccolta che abbiamo messo a punto grazie anche alla collaborazione con la Comunità ebraica – spiega il presidente Ama Lorenzo Bagnacani – coniuga le esigenze di maggior decoro e di sicurezza specifiche di quest’area. Sono felice che il sistema di raccolta basato sulla tecnologia Rfid, che la città di Roma sta mettendo a punto per prima tra le capitali europee, venga attuato proprio a partire da uno dei rioni storici più antichi”.

Fonte: qui

La classe media cinese è sempre più ricca, e se non lo capiamo in fretta saranno guai

Le aziende occidentali in genere non capiscono che il mercato cinese in pochi anni sopravanzerà quello occidentale. Investono, poco, male. Atteggiamento miope. Eppure basterebbe più attenzione per aprirsi prospettive nuove, e ghiotte


In Europa, parlando dell’economia Cinese, si sottolinea sempre la necessità di un forte aumento dei consumi, che oggi pesano meno di Export e investimenti (rispetto ovviamente alle altre economie sviluppate). Si dice spesso che questa sarà la sfida del secondo mandato del Presidente Xi Jinping.
È sicuramente vero che il peso dei consumi privati sul PIL Cinese è inferiore rispetto all’Occidente (37,1 % in Cina nel 2015 rispetto al 55,4 % in Europa o ancora il 68,1 % negli Stati Uniti). Ed è anche vero che il processo di ribilanciamento è piuttosto lento: negli ultimi 5 anni si è passati dal 35,9% del 2010 al 37,1 % del 2015.
Ma bisogna mettere le cose nel proprio contesto. L’economia Cinese negli ultimi anni è cresciuta a ritmi vertiginosi. Guardando i Consumi delle famiglie in valori assoluti e non relativi, ci accorgiamo che se nel 2005 i Consumi delle famiglie dell’area Euro erano 6,7 volte più grandi rispetto a quelli cinesi (vedi Figura 1), oggi il moltiplicatore si è ridotto a 1,6. Se guardiamo a 4 o 5 anni in avanti, la Cina ci avrà superato anche in questo.

I dati mostrano una vera esplosione dei Consumi. Il “problema” è che gli investimenti sono cresciuti altrettanto … magari avessimo simili problemi in Europa.
In realtà nell’arco dell’ultimo decennio la classe media cinese, il vero motore dei consumi, è diventata una realtà, le stime più recenti sono di circa 350 milioni di persone, ed ha già incominciato a spendere in cibo, vestiti, cosmetica, entertainment, viaggi, … Il consumatore sta inoltre evolvendo molto rapidamente, e qui il tempo dei cambiamenti non si misura in decenni, spesso i cambiamenti sono tangibili da un anno all’altro.
Dieci anni fa il mercato era polarizzato con da una parte il super Lusso per pochi e prodotti a bassissimo prezzo (e qualità) per il resto della popolazione dall’altra. Oggi, nel mezzo sono cresciuti segmenti di mercato molto importanti (e profittevoli).

Riuscire ad catturare una parte di questi segmenti può voler dire volumi enormi. Bisogna però essere consci di dover affrontare una concorrenza molto agguerritada parte dei players locali che si stanno adeguando alle nuove richieste del mercato. La sfida però non è impossibile come dimostrano numerosi casi di aziende straniere, L’Oréal, Zara o Ferrero solo per citarne alcuni.
Riscontriamo però che le aziende straniere che affrontano il mercato cinese soffrono sovente due grandi deficit: di conoscenza e di comunicazione. In termini di conoscenza, le aziende trattano il mercato Cinese come un mercato marginale e non investono abbastanza nell’analizzare il mercato con i suoi numerosi segmenti ed il consumatore Cinese con i suoi peculiari comportamenti d’acquisto. Per quanto riguarda la comunicazione, i budget allocati sono quasi sempre legati al fatturato e non riflettono un vero investimento che mira allo sviluppo. Sempre in termini di comunicazione poi, non viene capito (ed utilizzato correttamente) il canale digitale, oggi fondamentale per raggiungere i segmenti più interessanti della popolazione cinese.
Per riassumere, Affrontare questo mercato è fondamentale ma complesso. Va fatto con attenzione e non lesinando nella fase di pianificazione.
In generale l’atteggiamento delle aziende straniere denota di una certa sufficienza o forse pigrizia. La verità è che la Cina è lontana, diversa e difficile ma non affrontarla oggi equivale a un vero e proprio suicidio strategico.
*Battaglia Advisory Services - Shanghai
Fonte: qui

The Grand Illusion Is That More QE and Interest Rate Cuts Will Re-Start The Economy If It Falls

Charles Hugh Smith says this is illusion because it ignores how much of the market is dependent on…
Beware the Marginal Buyer, Borrower and Renter
Bubbles always look unstoppable, yet they always burst.
When times are good, the impact of the marginal buyer, borrower and renter on the market is often overlooked. By “marginal” I mean buyers, borrowers and renters who have to stretch their finances to the maximum to afford the purchase, loan or rent.
In bubble manias, buyers of real estate reckon the potential appreciation gains are worth the risk of buying a house they really can’t afford with the intention of flipping the home for a profit.
Workers moving to high-rent cities reckon they’ll either make more money going forward or find a cheaper flat later, so they pony up the high rent.
When there’s steady overtime or generous tips adding to the household income, buying a new car or getting a new auto lease looks do-able.
It’s difficult to assess how many recent buyers, borrowers and renters are marginal, but given the stagnation in household incomes and rising debt loads, it seems reasonable to guess that a substantial number of recent buyers, borrowers and renters are one lay-off or one missed bonus or one unexpected expense away from being unable to pay their mortgage, loan payment or rent.
On the surface, home and auto sales and the rental market all look robustbecause there’s no differentiation in sales data between people paying cash, qualified buyers/renters and marginal buyers/renters for whom every month is a stretch.
There have been times in my life when I was down to my last $100, and if things don’t turn up very quickly and in a sustained fashion when finances are that fragile, then payments will be missed at the first unexpected drop in income or first unexpected expense. Budget-killers include medical emergency, illness/lost work time, major car repairs and a host of other everyday risks.
There’s another layer of recent buyers who don’t feel they’re marginal–but their financial stability is more contingent than they realize. Their employment seems solid, but their employers sales and profits are more contingent and fragile than they realize.
When good times reverse to bad times, every enterprise with marginal sales takes a hit, and layoffs follow as night follows day. When times are good, layoffs are not even on the horizon. But when the economic tides recede, skittish, hollowed-out, and/or debt-burdened employers push the layoff button sooner rather than later because their own financial structure is so fragile.
Those laid off assume they will find another job quickly because in good times, there appears to be a labor shortage. But when the tide ebbs, the job offers dry up seemingly overnight.
The Grand Illusion being pushed by central bankers and conventional pundits is that another round of interest rate cuts and quantitative easing (QE) will restart the economy should it falter. This is illusion because it ignores how much of the market is dependent on marginal businesses, buyers, borrowers and renters who will not benefit from QE or a tiny decline in interest rates.
Conventional economists don’t quantify marginal businesses, buyers, borrowers and renters, and so the rapidity of the next drop in the economy will come as a great surprise to them. There is little to no awareness of how many enterprises, buyers, borrowers and renters are hanging on by a slender thread–and how many who reckon their finances are robust are one layoff away from insolvency.
Bubbles always look unstoppable, yet they always burst. The symmetry in this chart of the Case Shiller Housing Index for San Francisco suggests the clock is ticking on markets being propped up by marginal buyers, borrowers and renters:

I BRICS verso un nuovo sistema di commercio dell'oro

La Banca centrale russa ha già firmato un memorandum con i suoi partner cinesi per stabilire un sistema bilaterale di scambi d'oro, dato che Mosca spera di avviare il summenzionato sistema entro il 2018


Il mondo si trova in una fase di grandi cambiamenti. Dove quelli che vengono ancora definiti in maniera fuorviante come paesi ‘emergenti’ lavorano per emanciparsi sempre più da quegli strumenti  ed organismi creati dalle potenze occidentali per i propri interessi. 

In questo senso è da leggere la possibilità che i cosiddetti paesi BRICS istituiscano un sistema globale di scambi per l’oro attraverso una nuova istituzione e contatti bilaterali. 

Il vicepresidente della Banca Centrale della Russia, Sergey Shvetsov, sostiene che il tradizionale sistema di commercio dell’oro sta perdendo forza, visto che attualmente sono in fase emergente nuovi importanti punti di acquisto e vendita di questo metallo prezioso. Invece i mercati tradizionali sono concentrati a Londra, la capitale britannica, e in alcune città svizzere, mentre i nuovi punti emergenti si trovano principalmente in India, Cina e Sudafrica. 

La Banca centrale russa ha già firmato un memorandum con i suoi partner cinesi per stabilire un sistema bilaterale di scambi d'oro, dato che Mosca spera di avviare il summenzionato sistema entro il 2018.

I BRICS - Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica - rappresentano il 20% del prodotto interno lordo (PIL) in tutto il mondo.

Nel 2015, i paesi del blocco hanno deciso di fondare la nuova banca di sviluppo dei BRICS come alternativa alla Banca mondiale (WB) e al Fondo Monetario Internazionale (FMI).

I BRICS sono emersi un decennio fa, come un'associazione di grandi economie in rapida crescita per rappresentare meglio i paesi in via di sviluppo e sfidare l'ordine mondiale, dominato dall'Occidente, e che ha prevalso dalla fine della seconda guerra mondiale.


I paesi membri di questo organismo respingono gli interventi militari unilaterali e le sanzioni economiche in violazione del diritto internazionale che minano la sovranità di altre nazioni del mondo da parte delle potenze egemoniche.

Fonte: qui

The American Dream Has Been Irreparably Broken

“There are many respects in which America, if it can bring itself to act with the magnanimity and the empathy appropriate to its size and power, can be an intelligent example to the world. We have the opportunity to set an example of generous understanding in our relations with China, of practical cooperation for peace in our relations with Russia, of reliable and respectful partnership in our relations with Western Europe, of material helpfulness without moral presumption in our relations with the developing nations, of abstention from the temptations of hegemony in our relations with Latin America, and of the all-around advantages of minding one’s own business in our relations with everybody.
Most of all, we have the opportunity to serve as an example of democracy to the world by the way in which we run our own society; America, in the words of John Quincy Adams, should be ‘the well-wisher to the freedom and independence of all’ but ‘the champion and vindicator only of her own.’”
U.S. Senator James W. Fulbright (1905-1995) The Arrogance of Power, 1966.
Despite having met and befriended some fine Americans over the years, my long-held opinion of the U.S. in particular and the American people in general — an opinion confirmed after I read Senator Fulbright’s book in the late 60s — has not only remained doggedly unchanged, but has in fact become more entrenched and pessimistic. Such entrenched pessimism stems from the inescapable truth that regardless of an illusory concept of the “American exceptionalism” that arrogantly presumes to present itself as the “superpower” champion of democracy and human rights, the U.S. is in reality the world’s biggest violator of the very ideals it so hypocritically claims to champion.
This superpower which straddles the world with some 800 military bases in more than 70 countries and territories abroad — Britain, France, and Russia combined have only about 30 foreign bases — has been responsible for the killing of more than 20 million people in 37 “Victim Nations” Since World War Two.
“In the councils of government, we must guard against the acquisition of unwarranted influence, whether sought or unsought, by the military-industrial complex. The potential for the disastrous rise of misplaced power exists and will persist. We must never let the weight of this combination endanger our liberties or democratic processes. We should take nothing for granted. Only an alert and knowledgeable citizenry can compel the proper meshing of the huge industrial and military machinery of defence with our peaceful methods and goals, so that security and liberty may prosper together.” President Eisenhower in his 1961 farewell address to the nation.
Needless to say, Eisenhower’s warning fell on deaf ears and the latest Congressional homage to the military-industrial complex was recently payed in September to the tune of a $700 billion defence policy bill designed to maintain America’s position — with an endless War on Terror and military interventions including regime changes — as a global military power.
As a consequence of such largesse to the military-industrial complex and billions more in aid to a brutal Apartheid Israeli state bent on an expansion policy of Palestinian land grabbing to build more settlements for Jews only, the U.S. has become a nation where more than 50 million Americans live below the poverty line; where 48 million of them receive food stamps; where more than one in five children is on food stamps and living in poverty; where an astounding 15% of senior citizens live in poverty; where ethnic poverty rates are 28% for Blacks, 24% for Hispanics, 10.5% for Asians, and 10% for Whites; were being Black lowers one’s credit score by 71 Points; where a new AFL-CIO study on corporate salaries found that CEOs made 335 times more than the average employee who earned $36,875 while the the big company CEOs got approximately $12,400,000; where according to a Forbes survey 56% of Americans have less than $1,000 in their combined cheque and savings bank accounts; and where an observation once made in 1967 by Martin Luther King Jr. has become a stark reality:
“A nation that continues year after year to spend more money on military defence than on programs of social uplift is approaching spiritual doom.”
To make matters even worse, according to the most recent study conducted by the U.S. Department of Education and the National Institute of Literacy, 32 million adults (14 percent of the population) in the U.S. can’t read; 21 percent of adults in the U.S. read below a 5th grade level; and 19 percent of high school graduates can’t read at all. The prevalence of such illiteracy in the U.S. may explain why 62,979,984 Americans voted for Donald Trump — an egocentric mentally disturbed racist illiterate with psychopathic tendencies — to become  President of a nation whose government’s first allegiance is not to the welfare of the American people, but to the Apartheid policies of an Israeli state guilty of barbaric crimes against humanity. Some of the wide ranging downsides of illiteracy — the U.S. Federal Outlay on education is only 3% — are outlined on this link.
My continued scepticism regarding the American people’s ability to finally wake up to the reality of their dire straits and determine to do something about salvaging what little is left of their “American Dream” was recently justified when at a London restaurant I frequent, my friend and I met Danielle and Brian — an unusually civilised, intelligent, literate, and most likable American couple from Westminster, Colorado — who were on their first visit to England. After the initial introductions and customary friendly banter we eventually got round to the subject of America. While they readily acknowledged their distaste for Trump and the fact that much in America needed to be repaired, they were nonetheless resigned to a hopeless inability to do anything about it. Such hopeless resignation by decent and educated American people represents the sad reality of the “American Dream” with its distant mirage of an “American Democracy.”
William Hanna is a freelance writer with published books the Hiramic Brotherhood of the Third Temple, The Tragedy of Palestine and its Children, and Hiramic Brotherhood: Ezekiel’s Temple Prophesy which is also due to be published in Arabic, Chinese, French,  Italian, German, Portuguese, Russian, and Spanish. Book and purchase information, sample chapters, reviews, other articles, videos, and contact details at: http://www.hiramicbrotherhood.com
All images in this article are from the author.
Fonte: qui

La Politica può cambiare le cose?


Nel loro grande e ultimo aggiornamento - I nuovi limiti dello sviluppo, 2004; - del loro primo lavoro D. e D. Meadows e Jorgen Randers affermano: "l'umanità può rispondere in tre modi ai segnali che indicano come l'uso delle risorse e l'emissione di inquinanti siano cresciuti oltre i limiti sostenibili. Un modo è non riconoscere, occultare o confondere i segnali"; "un secondo modo di rispondere è alleviare le pressioni derivanti dai limiti ricorrendo ad artifici tecnici o economici"; "il terzo modo è volgersi alle cause sottostanti, fare un passo indietro e riconoscere che il sistema socioeconomico umano, così com'è organizzato oggi, non è governabile, ha superato i limiti e va verso il collasso; dopo di che, cercare di cambiare la struttura del sistema" (pag.282-284). 
  
Ora, poichè secondo gli autori "tutto quello che possiamo fare è intervenire sui flussi produttivi da cui dipendono le attività umane riportandoli a livelli sostenibili attraverso scelte, tecnologia e organizzazioni umane..." (pag.35), cosa può voler dire cambiare la struttura se è l'"economia-politica" la struttura del sistema?

Fra le scelte necessarie che l'umanità dovrebbe compiere vi è, come noto, una autoriduzione della popolazione: si dovrà raggiungere una stabilità fra natalità e mortalità, poichè la popolazione è uno dei due "motori della crescita esponenziale nella società umana" (insieme al "capitale produttivo"; pag.50) e tende a crescere a tassi iperesponenziali.

Se cambiare la struttura significa regolare il sistema economico, bisognerà fare i conti con "l'anello di crescita del capitale" il quale ha fatto si che "l'industria crescesse maggiormente della popolazione" generando crisi da sovraproduzione e bassa domanda. Inoltre, bisognerà fare i conti col fatto che "le forme attuali di crescita perpetuano la povertà e ampliano il divario fra ricchi e poveri" (pag.66).
La questione che si pone perciò è: è possibile modificare il sistema economico evitando che vi siano accumulazioni di capitale (monopoli) e disuguaglianze?

Vi sono "fattori che regolano la crescita e che possono contenere il sistema entro confini accettabili" (pag.54)? Si tratta appunto di capire se vi siano feeback negativi (nel senso utilizzato in LTG 2004) entro un'economia monetaria, in grado di riequilibrarla e se questa possa assumere una forma diversa dal capitalismo neoliberista attuale. Poichè "sono all'opera due strutture generali [...] che per ragioni sistemiche danno al privilegiato potere e risorse per accrescere il loro privilegio" e che "tendono ad essere endemici in ogni società se questa non introduce coscientemente strutture di compensazione per contrastare le disuguaglianze" (pag.69).

Quali potrebbero essere queste strutture di compensazione? Si tratta di interventi politici come "imposte progressive sul reddito", ecc. Ma siamo sicuri che questo cambierebbe la struttura del sistema? Chiediamo dunque: è possibile cambiare il sistema economico mantenendo inalterata quella "struttura politica" che gli fa da sfondo? Qual è questa struttura? La questione è assai spinosa perché pone il problema di "chi e come" può cambiare una struttura.

La nostra cultura risponde all'unanimità che solamente tramite mutamenti di carattere politico è possibile cambiare le strutture della nostra società. Ma se fosse persino la Politica una struttura, o meglio, un sistema? In che senso?

La cosa non dovrebbe stupire se si risale all'accezione con cui si denominava nel XVIII secolo: Economia politica classica. Ebbene si: l'economia è una forma di politica e non è disgiungibile da essa (dopo Torleb Veblen, fra i più recenti Jean Baudrillard è quello che l'ha mostrato meglio), perciò l'idea che l'economia sia qualcosa di regolabile dalla politica è un'idea ingenua ma assai difficile da rigettare, poichè la dimensione politica è il fondamento della nostra cultura (in particolare mantenere la divisione fra la sfera privata degli elettori e quella pubblica dei decisori) e di ciò che ci vantiamo di chiamare democrazia. 

Si tratta di dimostrare che la creazione della ricchezza non può aver luogo senza un correlativo aumento della popolazione. Un'affermazione certamente scandalosa. Vi sono condizioni alla base che sono:

1- un continuo aumento dei flussi estrattivi: energia a basso costo e materie prime
2- un aumento costante della produzione industriale 
3- aumento costante della domanda di beni e servizi e dunque dei consumi

Ora, la popolazione deve crescere per alimentare i consumi o può aumentare il PIL procapite mantenendo stabile la popolazione? 

Qui infatti, come dicono in LTG "la bassa crescita della popolazione comporta un maggiore PIL procapite" invece, al contrario, nei paesi poveri l'"aumento di popolazione genera più povertà e ancora aumento di popolazione" (pag.66).

 
 [fonte: "Ambiente, Risorse, Sviluppo Sostenibile; di Selenia Arigliano]

A livello globale non esistono "diverse" economie bensì una medesima economia globalizzata. Ora, non è un caso che la Cina sia entrata nel WTO sin dal 2001 e che da allora sia diventata l'autentico motore della crescita mondiale, infatti è più o meno da allora che le economie occidentali hanno incominciato a rallentare. E la Cina non è esattamente un paese piccolo.

Dall'altra parte se non fosse per l'India non vi sarebbe un'adeguato "output" a consumare una fetta della produzione mondiale. Questi due paesi sono quelli che dobbiamo ringraziare quando elogiamo la crescita (e quando deridiamo il "made in China"; i governi mondiali hanno ben pensato di chiudere un'occhio nei confronti della odiosa ideologia comunista, trattandosi di affari..). Qui sotto, in azzurro "the rest of the world" comprende Cina e India, mentre notiamo come i paesi OCSE in blu scuro e tutti gli altri colori tendano al declino in termini di consumi energetici:

Risultati immagini per tverberg global consumption
[fonte: Gail Tverberg, Our Finite World]

Se consideriamo che la popolazione dei paesi sviluppati cresce ad una media dello 0,4% è evidente che ci pensa il resto del mondo a compensare questa situazione (Asia in media 0,9% e paesi poveri oltre 2% annuo). E' per questo che gli investitori occidentali si rivolgono ai mercati emergenti, poichè là trovano quella spinta alla crescita della popolazione e del capitale produttivo che si è ormai esaurita in Occidente. Quando toccheranno anche loro i "limiti dello sviluppo"? A quel punto vedremo anche là diminuire i tassi di crescita della popolazione.


Conclusione


Non sembra verosimile che la sfera politica possa generare feedback negativi tali da cambiare o equilibrare la struttura del sistema invertendo la tendenza al BAU delle nostre società. Ragion per cui attendersi dei cambiamenti su larga scala (come la COP21) dai politici non ha alcun senso poiché la "classe politica" mantiene tutti gli interessi nel perpetuare questo sistema e mostrerà sempre resistenze al cambiamento.

Se la Politica è un sistema, accoppiato all'economia, vediamo che andare a modificarne la struttura sembrerebbe qualcosa di una misura tale da non essere nemmeno compresa. Come cambiare la politica senza una rivoluzione politica a sua volta? Tale è la nostra forma mentis. 

And so, what's next?

Fonte: qui