In 25 rischiano di finire a processo per reati che vanno dalla truffa aggravata per 320 milioni alla corruzione e al falso.
Tra i nomi anche quello dell'ex sindaco di Roma e di Incalza.
La Procura di Roma ha chiuso le indagini relative ai lavori legati alla Metro C di Roma. In 25 rischiano di finire sotto processo per i reati che vanno dalla truffa (per 320 milioni) alla corruzione e al falso. Tra gli indagati anche l'ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, l'ex assessore alla Mobilità Antonello Aurigemma (sempre Giunta Alemanno), l'ex assessore alla Mobilità Guido Improta (Giunta Marino), l'ex dirigente del ministero delle Infrastrutture Ercole Incalza e i dirigenti di Roma Metropolitane e Metro C all'epoca dei fatti.
L'ACCUSA DI TRUFFA AGGRAVATA
L'apertura del fascicolo, coordinato dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal sostituto Erminio Amelio, è legata a una nota del collegio sindacale e un esposto di una associazione che risale al 2013. Agli indagati viene contestato, a seconda delle posizione, il reato di concorso in truffa aggravata ai danni di enti pubblici in relazione a due episodi ritenuti illeciti. Il primo, del 6 settembre del 2011, fa riferimento al pagamento della somma, secondo gli investigatori «non dovuta», di 230 milioni di euro che ha indotto in errore il Cipe (quanto all'emanazione della delibera autorizzativa del pagamento), oltre allo Stato, alla Regione Lazio e al Comune, perché rappresentava un ingiusto profitto a Metro C, quale Generale Contractor.
L'OMBRA DI UNA PARENTOPOLI
Il secondo che risale al novembre 2013, riguarda l'erogazione di altri 90 milioni di euro (mai avvenuta), sempre a beneficio di Metro C, quale tranche per la prima fase funzionale dei lavori, anche in questo caso finanziamenti non dovuti perché frutto di un precedente accordo illecito (accordo transattivo). I pm contestano anche alcuni episodi di corruzione legati ad assunzioni di figli e parenti di funzionari pubblici.
In particolare nei confronti di Alemanno, i pm contestano i reati di falso materiale e falso ideologico e truffa aggravata. I magistrati affermano che l'ex primo cittadino, in concorso con l'ex assessore alla Mobilità Aurigemma, ha «attestato il falso» in risposta alla richiesta del direttore della struttura tecnica di missione del ministero dei Trasporti, Ercole Incalza, di «esprimersi», è detto nel capo di imputazione, «anche acquisendo il parere dell'avvocatura del Comune, in merito alla fondatezza delle riserve avanzate in corso d'opera dal contraente generale Metro C e in relazione alle prospettive di eventuale soccombenza da parte del soggetto aggiudicatore» nell'ambito dei lavori di realizzazione della linea C.
LE ACCUSE CONTRO ALEMANNO, AURIGEMMA E INCALZA
Secondo i pm, Alemanno e Aurigemma avrebbero attestato falsamente nell'atto del 7 novembre del 2012 perché «mai l'avvocatura del Comune di Roma si era pronunciata al riguardo, perché i legali incaricati da Roma Metropolitana avevano espressamente evidenziato di non aver mai potuto esaminare la documentazione relativa alle Riserve, mai inviata ai loro uffici, perché il magistrato della Corte dei Conti (Maria Elena Raso) mai ha espresso 'autorevole valutazione' e neppure di merito sulle Riserve e perché l'avvocatura capitolina aveva comunicato al sindaco che le somme erano state riconosciute come 'maggiori oneri conseguenti allo slittamento temporale delle prestazioni contrattuali' riconoscibili solo in quanto addebitabili ai ritardi». Per i magistrati al reato ha partecipato anche Incalza che «prima concordava con Aurigemma (mediante scambio di mail sequestrate dalla Finanza nel pc dello stesso direttore della Stm) il contenuto della Nota e poi di suo pugno provvedeva a effettuare delle modifiche sul contenuto di alcuni punti che confluivano nella lettera del 7 novembre del 2012 poi firmata da Alemanno».
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