‘NOI VOGLIAMO SOLO UNA VITA NORMALE’. MA LA VITA DI NIKO CALDIERO E NAOMI CARUSO ERA ADESCARE VITTIME SU SITI DI INCONTRI SESSUALI, DA PICCHIARE A SANGUE E RAPINARE
LEI ATTIRAVA LE PREDE, CHE TROVAVANO LUI AD ATTENDERLE. MILON ERA USCITO PRESTO E…
I due killer di Ostia intervistati da 'Cartabianca' un mese dopo l'omicidio
OSTIA, VENTENNE ATTIRATO IN UNA TRAPPOLA SESSUALE E UCCISO A FURIA DI PUGNI
«E adesso che rimangano in carcere per quello che hanno fatto a mio fratello».
LA MORTE DI MILON SAYAL 1 DI 2 - NAOMI CARUSO E NIKO CALDIERO
Shahim Ahamed lo chiede a nome della sua famiglia e della comunità bengalese di Roma per l' omicidio di Milon Sayal, il ventenne trovato agonizzante la mattina dell' 8 ottobre scorso all' angolo fra via dell' Idroscalo e via Enea Picchio, a Nuova Ostia.
Sette mesi dopo la polizia ha fermato marito e moglie, Niko Caldiero e Naomi Caruso, coetanei della vittima residenti nella zona di piazza Gasparri - già conosciuti dalle forze dell' ordine, intervistati un mese dopo la morte di Milon in un reportage di «Carta Bianca» nel quale diedero solidarietà a Roberto Spada - con l'accusa di aver ucciso il bengalese e di averlo rapinato dello smartphone e del portafoglio.
MILON SAYAL
Milon, che lavorava all' Ice Village in via Tiburtina, in Italia da 14 anni, sarebbe caduto in una trappola: dopo aver conosciuto la ragazza navigando su vari siti di incontri nei quali la giovane compariva come «Alessia», Milon ha fissato un appuntamento con lei per la prima mattinata di quella domenica ma all' appuntamento ha trovato non lei ma lui, il marito, che lo ha aggredito prendendolo a pugni, anche in testa, e lasciandolo a terra.
NIKO CALDIERO E NAOMI CARUSO
Il bengalese è stato soccorso da alcuni passanti che hanno chiamato un' ambulanza. Il giorno successivo, dopo un primo ricovero al «Grassi» di Ostia, il ventenne è morto nel reparto di rianimazione del San Camillo. Dopo la prima autopsia, mancando evidenti segni di violenza secondo il medico legale, il decesso è stato catalogato per cause naturali; un successivo esame autoptico, anche su richiesta dei parenti e degli amici, nonché dopo la fiaccolata della comunità bengalese nel luogo dell' aggressione, ha invece rivelato che Milon era deceduto per un' emorragia cerebrale provocata dai colpi ricevuti.
NIKO CALDIERO E NAOMI CARUSO
Gli investigatori del commissariato di Ostia, guidati da Fabio Abis, hanno così ricostruito gli spostamenti del bengalese, rintracciando anche il telefonino, un iPhone comprato solo una settimana prima, che nel frattempo la coppia aveva venduto a un altro ragazzo che a sua volta l' aveva ceduto a un suo conoscente.
L'esame dei tabulati ha confermato che il bengalese e la ragazza si erano sentiti fino a poco prima dell' incontro in via Picchio. Non solo. Nel corso delle indagini i poliziotti hanno intercettato marito e moglie, e altre persone, che parlavano proprio dell' aggressione e della morte del bengalese. Frasi «inequivocabili», per chi indaga, del coinvolgimento della coppia nell' omicidio. In più sembra che i due avessero anche pensato ad allontanarsi da Ostia.
NIKO CALDIERO E NAOMI CARUSO
Caldiero e Caruso sono stati condotti a Regina Coeli e a Rebibbia. Gli investigatori li sospettano di episodi simili, di aver organizzato trappole con falsi annunci sui siti a luci rosse per poi rapinare o ricattare le vittime. Così, secondo l' accusa, è successo anche a Milon che potrebbe aver reagito alla richiesta del marito della giovane di consegnare soldi e telefonino. Non si esclude che nel portafoglio ci potessero essere i mille euro raccolti proprio dalla vittima fra i coinquilini dell' appartamento dove viveva vicino piazza Re di Roma, soldi che sono spariti nel nulla.
«Mio fratello era una persona per bene, un tipo davvero in gamba, pattinava benissimo - racconta ancora Shahim -. Ricordo che quella mattina si era alzato presto dopo aver finito il suo turno di lavoro a notte fonda come sempre. Non lo faceva mai. È uscito e non l' ho più visto. Ci hanno detto che lo hanno aggredito alle 10.30, ma a noi non hanno comunicato niente fino al martedì successivo, quando era già morto. Non si fa così, avevamo il diritto di sapere. Milon a Ostia non c' era mai stato prima, non so perché quel giorno c' è andato.
Ma era una brava persona, invece all' inizio ci hanno detto che era morto perché beveva.
NIKO CALDIERO E NAOMI CARUSO 3
Non ci abbiamo mai creduto anche perché da un paio d' anni era diventato musulmano praticante. Aveva lasciato la moglie e i genitori in Bangladesh dove abbiamo celebrato i funerali qualche mese fa. Ora l' importante è che quei due rimangano in carcere».
Soddisfatto per l' esito delle indagini il portavoce della comunità bengalese di Roma Suddique Alam Batchu: «Meno male, per Milon avevamo organizzato anche una manifestazione e un volantinaggio per scoprire cosa gli era successo». A Ostia i rappresentanti della comunità avevano affisso in varie strade manifesti con il suo volto per chiedere a chi aveva visto qualcosa di riferirlo alla polizia. Ma la difficoltà delle indagini è stata proprio la mancanza di testimoni che potessero aiutare nella ricostruzione dei fatti.
NAOMI E NIKO, ODIO DI COPPIA «SPADA UNA BRAVA PERSONA»
Valeria Costantini per il “Corriere della Sera - Edizione Roma”
NIKO CALDIERO E NAOMI CARUSO
Vivevano di truffe e tifavano Spada. Naomi Caruso e Niko Caldiero in passato avevano già messo in atto la trappola costata la vita a Milon Sayal, il giovane bengalese ucciso lo scorso settembre. La coppia killer di Ostia viveva di espedienti: criminali della periferia più degradata, senza scrupoli se si trattava di guadagnare. Ventenni con il vizio delle estorsioni, lei moretta, carina abbastanza da attirare le prede nelle chat di incontri, lui spavaldo iper-tatuato; alle spalle vari precedenti, tra cui il colpo progettato con lo stesso schema utilizzato per l' omicidio.
Un sito erotico dove Naomi si dichiarava «disponibile», tra ammiccamenti e tariffe postate sulle bacheche, un incontro sessuale programmato che in verità nascondeva l' agguato finale. Quella volta la vittima aveva denunciato, chissà in quanti hanno taciuto.
Talmente spietati da rilasciare un' intervista alla Rai in difesa di Roberto Spada, solo un mese dopo la brutale aggressione finita in tragedia.
MILON SAYAL
Un video in cui Naomi e Niko si ritraggono come «giovani di borgata senza vie di uscita», pronti a denunciare la difficile vita degli abitanti di quella Nuova Ostia feudo del clan, ma ingiustamente - a loro dire - segnata da quella nomea.
Erano stati intervistati nel corso della trasmissione «Cartabianca» di Raitre: pochi giorni prima Roberto Spada - il boss del rione oggi a processo - aveva inferto l' ormai famigerata testata all' inviato di Nemo. Naomi, piercing sul volto, racconta di vivere a Nuova Ostia da quando è nata, di sopravvivere facendo le pulizie. Niko sfoggia la tenuta da «gangster» del mare di Roma: sul mento il tatuaggio con il numero 23, un altro sulla fronte (una corona e una scritta) e, sotto l' occhio destro, due lacrime.
MILON SAYAL MANIFESTAZIONE
Un simbolo noto tra le gang americane che distingue l' autore di un omicidio o altrimenti l' appartenenza a una di esse. Vivono insieme nelle case Armellini su via Baffigo, raccontano, appartamenti fatiscenti con vista su altro degrado. «Conosco benissimo Roberto Spada e per me è una bravissima persona» spiega al giornalista Naomi, supportata da Nico che, come molti altri residenti, ricorda il bene che facevano le «palestre» aperte dal 42enne, in carcere per lesioni e violenza privata, ma anche associazione a delinquere di stampo mafioso per gli affari che la sua «famiglia» portava avanti a Ostia.
MILON SAYAL
«Volevo iscrivere mio fratello di otto anni e Roberto mi ha detto di portarlo senza pagare nulla, se era mafioso ci poteva guadagnare» insiste nella difesa Naomi che dichiara anche di aver votato Casapound alle elezioni che a novembre si sono svolte a Ostia.
Poi la lista dei reati del compagno, «il primo a 14 anni, ho fatto cavolate» ammette lui che poche settimane prima aveva massacrato Milon in strada. «Un ragazzo di 14 anni non può essere punito per una rapina» riscrive i parametri della giustizia nell' intervista Naomi, mostrando il totale abbandono del quartiere, a giustificare la mancanza di alternative al crimine. «Ci stanno rovinando la sopravvivenza, è la fine del mondo», la sua sentenza sulla fama che ormai ha marchiato Ostia, sull' eccesso di clamore mediatico, quasi a giustificare i mali delle mafie e una vita senza scampo dal crimine.
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