MA DOPO LA "BREXIT" E IL TRIONFO DI TRUMP POSSIAMO CREDERE AI SONDAGGI?
1 - LA PROMESSA DI LE PEN ALLA FRANCIA "CON ME FUORI DALLA NATO E DALL' UE "
La sala esultava, gridava la sua rabbia, batteva insistentemente i piedi. Ecco, Marine Le Pen parla all'«uomo della strada», lo chiama proprio così. «Ti fanno credere che con la mondializzazione sarai un winner», lo dice in inglese. «Ma in realtà loro fanno fabbricare a degli schiavi prodotti da vendere a dei disoccupati». La mondializzazione fatta fuori in una manciata di parole: «loro», i cattivi, sono le banche, chi ha gestito finora la Francia e «il sistema europeista tirannico», «l' Unione europea che vuole imporre le sue direttive inefficienti e i suoi milioni di migranti».
MARINE LE PEN
Con il discorso tenuto ieri a Lione, la leader dell' estrema destra francese, tuonando contro Bruxelles e la mondializzazione a meno di tre mesi dalle presidenziali, si è imposta definitivamente come il Trump europeo.
Pure l' assemblea, estremamente reattiva, sembrava la claque di un comizio all' americana. La Le Pen, che il giorno precedente aveva presentato le 144 misure che vuole realizzare, se sarà eletta, ne ha spiegata una parte al suo popolo, con quell' oratoria, che oscilla tra il colto (citazioni di Victor Hugo o del cardinale Richelieu) e il popolare, giocando sui toni del sarcastico e del solenne, senza mai scivolare nel trash: una miscela imparata dal padre, Jean-Marie, che ieri non si è fatto vedere («Non ha espresso la volontà di venire e noi non avevamo bisogno che venisse», ha commentato perfido nei corridoi Florian Philippot, braccio destro della Le Pen).
MARINE E JEAN MARIE LE PEN
Si è scagliata contro «i due totalitarismi che minacciano le nostre libertà e il nostro Paese: un'ideologia che agisce in nome della finanza mondializzata e un'altra in nome dell' islam radicale». Per reagire ci vuole uno Stato forte, che comunque «non deve essere onnipotente e onnipresente, ma protettore»: quel solito mix di liberalismo e protezionismo.
Una delle nuove misure principali che vuole introdurre è una tassa generalizzata del 3% su tutte le importazioni, che dovrebbe rendere 15 miliardi all' anno. «Li utilizzeremo - ha specificato - per aumentare i salari e le pensioni inferiori ai 1500 euro netti mensili. In media queste persone ne otterranno così mille in più all' anno».
MARION E MARINE LE PEN
Tutto il sistema economico della Le Pen, comunque, ruota intorno all'uscita dall' euro e dall' Unione europea. Vuole negoziarla con Bruxelles per sei mesi dopo la sua elezione. «Alla fine sottoporrò il frutto di quella trattativa a un referendum. Consiglierò, secondo i risultati ottenuti, se dire sì o no, ma sarà il popolo a decidere».
LE PEN PHILIPPOT Sì, una strategia più cauta rispetto a quando diceva che avrebbe sbattuto la porta e basta. Ma ancora ieri ribadiva: «La mia speranza è che l' euro resti per i francesi solo un brutto ricordo». La Le Pen vuole pure che Parigi abbandoni «il comando militare integrato della Nato». Un altro referendum servirà a riformare la Costituzione. In vista di una maggiore democrazia partecipativa, «potrete chiedere al Parlamento di fare una legge oppure di abrogarne una già adottata, se ci saranno almeno 500 mila persone a chiederlo».
La riforma costituzionale servirà anche a introdurre il concetto di «priorità nazionale» nel testo fondamentale: vorrà dire priorità ai francesi per le case popolari e una tassa sui contratti di lavoro dei cittadini stranieri. Alla fine si congratula per la «vittoria del no al referendum voluto da Matteo Renzi»: un riflesso, dice, del popolo contro l'oligarchia».
MARINE LE PEN E MATTEO SALVINI Agli inizi del suo discorso la Le Pen aveva esordito così: «Sono la candidata della Francia del popolo contro la destra dei quattrini e la sinistra dei quattrini», aggiungendo che «l' attualità recente porta prove eclatanti di tutto ciò». Una chiara allusione al Penelope-gate che ha travolto Fillon, candidato della destra tradizionale: da quando sono emersi quei sospetti sul pagamento fittizio di lauti stipendi da assistente parlamentare alla moglie di Fillon, la Le Pen è costantemente in testa nei sondaggi. Ma è data sempre perdente al ballottaggio. Non ha ancora vinto la sua battaglia. «In nome del popolo».
2 - PERCHÉ NON TREMA SOLTANTO PARIGI ... GLOBALISTI ALLO SBANDO!
FRANCOIS FILLON CON LA MOGLIE PENELOPE Il progetto di indire un referendum sull'Europa, nel caso il Front National dovesse vincere le presidenziali di primavera, non è nuovo. Se ne è parlato anche dopo la Brexit, accolta con entusiasmo da Marine Le Pen come una battaglia d' avanguardia vinta dai compagni populisti d'Oltremanica.
Una battaglia da ripetere in Francia appena se ne presenterà l'occasione. E il fatto nuovo è che il momento per colare a picco la malandata Unione Europea appare adesso ai populisti del continente più che mai favorevole. L'avvento di Donald Trump ha portato alla Casa Bianca un alleato insperato. Il presidente della super potenza, nonostante le sconcertanti contraddizioni, è considerato da Le Pen l'uomo della provvidenza, senz'altro un leader che darà forza all'ondata anti europeista che rischia di abbattersi prima in Olanda, alle elezioni di marzo, e poi soprattutto in Francia.
LA FAMIGLIA FILLON DAVANTI AL LORO CHATEAU A dar peso alle parole di Marine Le Pen a Lione è anche il caos che regna tra i suoi oppositori della destra democratica e della sinistra ancora al governo per poco più di settanta giorni, fino al doppio voto presidenziale, di aprile e di maggio, e alle legislative che seguiranno. La sinistra riformista appiattita dai cinque anni della presidenza Hollande non arriverà neppure al ballottaggio.
Ma la destra democratica che si preparava a entrare nel palazzo dell'Eliseo non versa in migliori condizioni. Il suo campione François Fillon, l'ex primo ministro, esaltato per la compostezza morale dal mondo cattolico conservatore francese, non è sicuro di arrivare al traguardo del voto. Potrebbe essere costretto a dare le dimissioni da candidato, in seguito alle insistenti pressioni del suo stesso partito.
HOLLANDE JUPPE
I suoi nervi rischiano di cedere sotto la pioggia di accuse prima dell'appuntamento elettorale. Il milione di euro che è riuscito a distribuire in famiglia, facendo della moglie e dei figli dei collaboratori quando era parlamentare, scandalizza la Francia. Al punto che quasi l'ottanta per cento degli elettori desidererebbero il suo ritiro dalla gara presidenziale.
FILLON SARKOZY E si è accesa la rissa tra le correnti del partito. Gli uomini di Fillon, sempre meno numerosi, sostengono che egli debba continuare la campagna percorrendo il Paese. Il quale non gli riserva soltanto applausi. Qualche insulto viene gridato sulle piazze. Ma non sono pochi coloro che restano perplessi vedendo sprofondare in uno scandalo (su cui lavorano i giudici) l'uomo dall' aspetto dignitoso che immaginavano già incoronato monarca repubblicano.
VALERY GISCARD D'ESTAING La storia non si ripete mai, e tuttavia si assomiglia spesso. Il caso Fillon non è poi tanto eccezionale nella recente storia di Francia. Nel '74, un eroe della Resistenza, Jacques Chaban Delmas, non riuscì a conquistare la presidenza perché scoppiò uno scandalo quando risultò che non era un contribuente rigoroso. Ne approfittò Valéry Giscard d'Estaing che però fu sconfitto sette anni dopo, quando cercò di conquistare un secondo mandato e risultò che aveva ricevuto dei diamanti da Bokassa, un folcloristico leader africano.
Non importa che i diamanti non avessero alcun valore. L'accusa funzionò. Di recente, François Hollande non sarebbe mai diventato capo dello Stato se il leader socialista designato di fatto candidato del partito non fosse rimasto vittima della sua ingordigia sessuale. Il caso Fillon appare al momento più grave perché si verifica quando le primarie l'avevano già designato come candidato unico del centrodestra e gli altri aspiranti si erano ritirati in buon ordine.
MACRON
Le correnti avverse a Fillon sono sempre più folte e chiedono ormai apertamente che si ritiri al più presto dalla gara presidenziale. Di queste correnti fanno parte uomini prestigiosi o noti. In particolare Alain Juppé, sindaco di Bordeaux, dato favorito prima della sorprendente ascesa di Fillon; e naturalmente l'eterno Nicolas Sarkozy. Entrambi tuttavia respingono l' idea di sostituire Fillon, nel caso si dimettesse.
Senza muovere un dito Marine Le Pen ha visto cadere come birilli quelli che dovevano essere i suoi principali avversari. Prima dello scandalo Fillon poteva creare al ballottaggio, quando la gara presidenziale si svolge tra due candidati, un fronte anti populista abbastanza solido. Adesso ci si chiede chi potrà sostituirlo. Alain Juppé, se pregato e convinto, potrebbe avere quel ruolo.
VALLS MACRON
Ma non è detto che accetti o che riesca a uscire indenne dalla mischia in corso nel partito (i repubblicani). Tanti altri nomi circolano. Ma spesso non sono famosi nel Paese come gli esclusi. Al primo turno Marine Le Pen dovrebbe raccogliere, stando ai pronostici, tra il 26 e il 27 per cento dei voti. Per contenere il suo risultato al ballottaggio sotto il cinquanta per cento ci vuole un "fronte repubblicano" solido.
SARKOZY CARLA BRUNI Ed emerge il nome del giovane Emmanuel Macron, 39 anni, ex stretto consigliere del presidente Hollande all' Eliseo e poi al ministero dell' Economia, prima di diventare il leader di una tendenza progressista in bilico tra destra e sinistra. Macron ha una grande virtù: è un uomo nuovo. Marine Le Pen se lo potrebbe trovare davanti, come l' incarnazione dell' Europa.