9 dicembre forconi: 12/23/17

sabato 23 dicembre 2017

ITALIA ALLA DERIVA-TI – GRILLI SPIEGA PERCHE’ IL GOVERNO MONTI DECISE DI LIQUIDARE IL DERIVATO MORGAN STANLEY: SE NON PAGAVAMO 3,1 MILIARDI NE RISCHIAVAMO 500 DI DEBITO PUBBLICO


E SACCOMANNI CONFESSA: IL BAIL IN C’E’ STATO IMPOSTO DALLA GERMANIA


Alessia Ferruccio e Vittorio GrilliALESSIA FERRUCCIO E VITTORIO GRILLI
Tra la fine del 2011 e l' inizio del 2012 l' Italia dovette pagare 3,1 miliardi di euro a Morgan Stanley per chiudere in anticipo un contratto sui derivati acceso nel 1994. Soldi che avrebbe potuto risparmiare, portando la banca d' affari americana in tribunale con più di una ragione.

Ma un «mancato pagamento» in quegli anni difficili avrebbe avuto «conseguenze devastanti» ponendo il nostro paese, che doveva già affrontare uno spread di oltre 500 punti, in situazione di pre default. È una delle circostanze emerse nelle audizioni degli ex ministri dell' Economia Vittorio Grilli e Fabrizio Saccomanni alla commissione parlamentare d' inchiesta sulle banche.

VITTORIO GRILLI jpegVITTORIO GRILLI JPEG
«Per non pagare a Morgan Stanley 3,1 miliardi di euro in contanti», ha sottolineato Grilli, si sarebbero messi a rischio 500 miliardi di rifinanziamento del debito all' anno. Pur non essendo parte della negoziazione avvenuta - ha aggiunto - è stata presa una decisione giusta(dal suo punto di vista, non certo di quello dei cittadini italiani che hanno pagato il conto di qualcosa di truffaldino!). In generale, ma specie in quel momento, portare in tribunale Morgan Stanley avrebbe avuto conseguenze devastanti(tassi di interesse, a breve, che sono stati manipolati al Libor di Londra, da un cartello di banche d'affari, nel 2008)».
saccomanniSACCOMANNI

Un contesto altrettanto difficile fu quello che costrinse l' Italia a cedere sul bail in. Roma, ha raccontato Saccomanni, aveva compreso gli effetti negativi che avrebbe avuto una versione allargata sul modello Usa come quella che si era fatta strada all' Fsb di Basilea e che era stata portata in Europa da un gruppo di paesi guidato dalla Germania. Dopo il discorso di Mario Draghi la crisi del debito si era calmata ma un fallimento del negoziato sull' Unione bancaria avrebbe riportato le turbolenze.

SACCOMANNI E DRAGHISACCOMANNI E DRAGHI








E così, nel voto, l' Italia finì in minoranza. Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna erano sostanzialmente commissariate e non poterono opporsi. Peraltro, in privato, spiega Saccomanni, si riconoscevano le ragioni dell' Italia ma proprio i timori su una mutualizzazione dei rischi per un paese con alto debito come il nostro fecero prevalere la linea dura. Saccomanni rivendica comunque «un successo»: quello di aver fatto introdurre nella Brrd la «ricapitalizzazione preventiva» usata poi nel salvataggio di Mps.

merkel 2MERKEL 2
Nelle sue ultime sedute la Commissione banche si lascia così alle spalle i temi di polemica più politica come quello del rapporto tra Maria Elena Boschi e la vicenda Etruria e sente due ex ministri dell' Economia finiti al settore privato (Jp Morgan e Unicredit). Con il Natale alle porte e il prossimo scioglimento delle Camere, passerà ora a redigere la relazione finale, partendo dal punto più importante: le proposte di modifica legislativa per evitare che si ripetano crisi bancarie come quelle che abbiamo subito. I commissari si ritroveranno prima di fine anno per puntare a un testo condiviso.

Fonte: qui

P.S. Vittorio Grilli, il 12 maggio 2014, diventa ufficiale la nomina a presidente del Corporate & Investment Bank per l'area EuropaMedio Oriente e Africa della banca d'affari statunitense JPMorgan.[8]

ENI IN TRIBUNALE - 2014, IL NEO PREMIER RENZI A PROPOSITO DI DESCALZI, TRA LE PRIME SUE IMPORTANTI NOMINE

"NON CONSENTIAMO A UN AVVISO DI GARANZIA CITOFONATO SUI GIORNALI DI CAMBIARE LA POLITICA COMMERCIALE DI UN PAESE" 

ED E' STATO SUBITO SERVITO: SCARONI, DESCALZI, ENI E SHELL, A PROCESSO PER LA MEGA MAZZETTA DA 1,3 MILIARDI DI DOLLARI IN NIGERIA

Luigi Ferrarella per il Corriere della Sera

Scaroni Descalzi BisignaniSCARONI DESCALZI BISIGNANI
«Non consentiamo a uno scoop di mettere in crisi dei posti di lavoro, o a un avviso di garanzia citofonato sui giornali di cambiare la politica commerciale di un Paese», scandiva in Parlamento nel 2014 il neopremier Matteo Renzi a proposito di Claudio Descalzi, tra le prime sue importanti nomine.

Ieri l' amministratore delegato di Eni è stato rinviato a giudizio per l' ipotesi di «corruzione internazionale» in Nigeria insieme al predecessore Paolo Scaroni, a Malcolm Brinded e altri tre ex manager di Shell (due ricollegati a 007 inglesi), al capo dello sviluppo Eni Roberto Casula, all' ex dirigente Vincenzo Armanna protagonista di controverse dichiarazioni, al mediatore Luigi Bisignani, all' ex ministro nigeriano del Petrolio Dan Etete, alla persona giuridica Eni (il cui cda «conferma piena fiducia a Descalzi» e convinzione nella «estraneità a condotte corruttive anche in base a verifiche svolte da consulenti indipendenti»), alla multinazionale olandese Shell (che si dice «delusa dall' esito» perché «da noi non c' è posto per la corruzione»), e ad altre tre persone.

claudio descalziCLAUDIO DESCALZI
L' inchiesta, che le ong «Re:Common» e «Global Witness» rivendicano di aver avviato con una denuncia nel 2013, ruota su 1,3 miliardi di dollari versati nel 2011 da Eni e Shell su un conto ufficiale del governo della Nigeria come prezzo per la concessione «Opl-245» in pancia alla società nigeriana Malabu (dietro la quale c' era Etete), ritenuti invece una integrale tangente dai pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro.

La scelta di questo secondo e finale schema dell' affare - nel quale Eni e Shell pagarono il prezzo su un conto ufficiale del governo nigeriano, che però poi girò tutto alla Malabu - sarebbe stata non vera trasparenza ma solo copertura (il «preservativo», secondo l' originale definizione del pure imputato Ednan Agaev, ex ambasciatore russo in Colombia) per ricalcare in concreto il primo abbandonato schema: nel quale Shell ed Eni utilizzavano mediatori come l' azero Agaev e il nigeriano Emeka Obi, quest' ultimo suggerito a Scaroni (e da questi a Descalzi) da Bisignani, a sua volta in affari con il socio Gianluca Di Nardo.

Goodluck JonathanGOODLUCK JONATHAN
Per i pm 250 milioni finirono all' ex ministro Etete; 54 a Abubaker Aliyu, ritenuto il tesoriere dei politici corrotti; e, tramite lui, 466 a vertici quali il presidente Jonathan Goodluck, i ministri della Giustizia Adoke Bello, del Petrolio Diezani Alison Madueke, e della Difesa Aliyu Gusau; 10 all' ex ministro della Giustizia Bajo Oyo; 11 al senatore Ikechukwu Obiorah.

Ieri in una asciutta motivazione la gup Giusi Barbara, richiamando l' annullamento in Cassazione del primo proscioglimento di Scaroni per le tangenti Saipem in Algeria, spiega che l' udienza preliminare «non formula un giudizio sulla colpevolezza» (salvo che l' innocenza sia palese), ma valuta solo se esista «una minima probabilità» di chiarimento «nella potenzialità espansiva del dibattimento». Ad esempio «devono ancora pervenire rogatorie internazionali in Nigeria e Svizzera», potenziali riscontri o smentite di Armanna.

FABIO DE PASQUALEFABIO DE PASQUALE
Significa, allora, che il rinvio a giudizio sia sorte inesorabile per indagati appesi ai tempi giudiziari o alle tattiche dei pm? No, sembra dire la gup, significa che chi avesse ritenuto carenti le prove dei pm avrebbe potuto chiedere di essere giudicato dal gup con rito abbreviato e così bloccare il giudizio appunto allo stato degli atti ritenuti sfavorevoli all' accusa. Un rischio che si sono presi solo Obi e Di Nardo, sinora candidati a 5 anni di carcere e 140 milioni di confisca.

Fonte: qui

IN MANETTE PUSHER 14ENNE ALBANESE TROVATO CON 15 CHILI DI COCAINA NELLO ZAINO DI SCUOLA

A CASA C’ERANO ALTRI 9 CHILI DI DROGA 

ARRESTATO ANCHE UN 24ENNE

Tiziana Paolocci per il Giornale
cocainaCOCAINA

Custodiva più chili di droga degli anni che aveva. Quattordici anni lui, con quindici chili di cocaina, di cui una grossa parte nascosta portata dentro lo zaino di scuola tenuto sulle spalle. Una quantità che ha lasciato di stucco anche i militari della guardia di finanza di Brescia, che hanno fermato due giovani albanesi. Uno, appunto, quattordicenne e l' altro ventiquattrenne.

La conoscenza del territorio da parte degli uomini delle Fiamme Gialle in questo caso è stata fondamentale, perché ha permesso loro di notare che il più grande dei due stranieri aveva affittato un garage nel quartiere Fiumicello di Brescia, lontano da dove abitava. Un particolare che non è passato inosservato e ha convinto gli investigatori a tenere sotto controllo gli spostamenti dell' albanese.

COCAINACOCAINA
Per giorni e giorni i finanzieri hanno seguito il sospettato, studiandone le mosse, e passando sotto la lente d' ingrandimento le sue conoscenze e in particolare la tipologia di persone che incontrava. Questo li ha convinti che erano sulla pista giusta, quella sbagliata per il ragazzo.

Così ieri hanno deciso di fermarlo per un controllo, dopo averlo pedinato mentre entrava nel box e riusciva in compagnia del ragazzino. Poco dopo i due sono stati fermati a bordo di un' auto nella quale ai piedi del giovanissimo studente c' era una busta della spesa, apparentemente di quelle normalissime che si usano al supermercato. Quando si sono chinati per prenderla i militari hanno scoperto che dentro c' erano diversi panetti di droga, per quasi 6 chilogrammi di cocaina.

COCAINACOCAINA
Successive perquisizioni hanno consentito di scoprire che nell' abitazione del quattordicenne c' erano altri nove chili di cocaina. Parte di questa, circa tre kg, era nello zainetto di scuola in cui, invece di libri e quaderni, il minorenne aveva nascosto un bilancino di precisione. Il valore della «neve» detenuta dal ragazzino, che aveva il ruolo di magazziniere e custode, per conto del più grande, se venduta sul mercato, avrebbe fruttato più di quattro milioni e mezzo di euro e sarebbe stata destinata ad approvvigionare la provincia e lo spaccio nella zona della stazione ferroviaria di Brescia.

Il ventiquattrenne ieri è stato portato nel carcere bresciano di Canton Mombello, a disposizione del magistrato, mentre il quattordicenne è stato accompagnato nell' istituto penale minorile Beccaria di Milano.

Fonte: qui

UNA TARTARUGA MARINA IN MEZZO ALLA COCA

NELLE ACQUE DEL PACIFICO LA GUARDIA COSTIERA HA TROVATO L’ANIMALE IMPIGLIATO TRA I PACCHETTI DI COCAINA 

I MILITARI HANNO SALVATO LA TARTARUGA E SEQUESTRATO QUASI 800 CHILI DI DROGA, PER UN VALORE DI 53 MILIONI DI DOLLARI- VIDEO


tartaruga marinaTARTARUGA MARINA

La Guardia Costiera americana, di pattuglia nelle acque del Pacifico nell'ambito delle operazioni antidroga "Martillo", ha trovato in pieno oceano una tartaruga marina rimasta impigliata nelle corde che legavano decine di pacchetti di droga, evidentemente buttati in mare dai trafficanti.

I militari hanno salvato l'animale tagliando le corde che lo stavano soffocando, e sequestrato complessivamente quasi 800 chili di droga, per un valore di 53 milioni di dollari. Dall'aereo i militari avevano visto solo i 26 pacchi che galleggiavano, uniti l'uno all'altro. Una volta immersi si sono resi conto che nella rete di fili era rimasta incastrata la tartaruga.

21 Dicembre 2017

Fonte: qui