9 dicembre forconi: 03/17/18

sabato 17 marzo 2018

PERCHE’ COSSIGA DOVETTE PIEGARE LA TESTA ALLA DECISIONE DI SACRIFICARE LA VITA DI ALDO MORO

IL POSTO DELL'ITALIA SCONFITTA, TRA NATO E GUERRA FREDDA 

PER L’FBI NON SI COLPISCE UNA CELLULA MA SI DEVE ESTIRPARE TUTTA LA RETE. 

INTERVENIRE IN VIA GRADOLI AVREBBE INNESCATO UNA REAZIONE: QUELLA DI FORTIFICARE LE ALTRE CELLULE, INFIAMMANDO ANCOR DI PIÙ IL TERRORISMO DELLE BR...

IL MISTERO DELLA NON TRATTATIVA E DELLA MORTE DI MORO? LA POSIZIONE DELL’ITALIA IN EUROPA E NEL MONDO


AGGUATO DI VIA FANI - UNO DEGLI AGENTI DI SCORTA DI ALDO MOROAGGUATO DI VIA FANI - UNO DEGLI AGENTI DI SCORTA DI ALDO MORO
Il quarantennale dell’assassinio di Aldo Moro non poteva non riaprire la botola dei misteri d’Italia. Ma c’è poco da chiarire se si analizza la politica al di là del proprio ombelico. Per anni ho frequentato Cossiga, che intervenne frequentemente su Dagospia allorché non solo i giornali ma perfino le agenzie di stampa decisero che era un “pazzo con piccone” e non andava più pubblicato.

E ciò che ho imparato da Cossiga è che la politica non si esaurisce nella semplice lettura degli interessi nazionali. Occorre mettere in gioco il posto dell'Italia in Europa e nel mondo. Il mistero della non trattativa e della morte dell’esponente democristiano sta tutto lì.
cossiga moroCOSSIGA MORO

Il Bel Paese nell’anno 1978 non era un'oasi; non viveva in dorato isolamento; l’Italia aveva perso la seconda guerra mondiale, il patto di Yalta sanciva una separazione netta tra le zone di competenza di Occidente e Oriente, a Berlino per saldare lo stato della Guerra Fredda l’Unione Sovietica tirò su un minaccioso muro. I governi delle nazioni sconfitte, Italia e Germania, non potevano illudersi d'improvvisare senza pagare un prezzo salato. La Nato, all’epoca, non era la tigre di carta di oggi.

ritrovamento corpo aldo moroRITROVAMENTO CORPO ALDO MORO
Il rapimento di Moro vide il duello tra chi era favorevole a una trattativa con le Brigate Rosse (socialisti e democristiani) e chi si opponeva (comunisti di Berlinguer e il nascente partito di “Repubblica” con in testa Scalfari. 

cossiga e andreottiCOSSIGA E ANDREOTTI
Veniamo al punto dolens. Sul terrorismo all’italiana l’intelligence americana aveva idee dure e ben chiare: non si colpisce una cellula ma si deve estirpare tutta la rete. Intervenire in via Gradoli – dove erano asseragliati Moretti e Balzarani, come suggerito dal ‘’medium’’ di Prodi – avrebbe innescato secondo i cervelli della Casa Bianca una reazione: quella di fortificare le altre cellule, infiammando ancor di più il terrorismo delle BR.

Occorreva sacrificare la vita di Aldo Moro per un piano più articolato e definitivo.

(Ancora oggi alcuni apparati dell’intelligence americana non perdonano la decisione di Obama e di Hillary Clinton di far fuori Bin Laden, avendo ottenuto poi come rislutato la fine di Al Qaeda e la nascita di un terrorismo globalizzato chiamato Isis, con le conseguenze per l’Occidente di una vita a rischio bomba).
MORO E COSSIGAMORO E COSSIGA

Ecco perché a Cossiga, all’epoca ministro degli Interni e a conoscenza di tutto, di colpo i capelli divennero bianchi: l’Italia non era un paese sovrano, tant’è che la Nato riempì di basi militari la penisola, da Aviano a Bagnoli. E Cossiga si dovette rassegnare alla decisione dei vincitori della guerra e lasciare al suo destino il suo compagno di partito.


LO STATO SI RASSEGNÒ A PERDERE ALDO MORO
Lettera al Corriere della Sera

L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROL AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO
Caro Aldo, a 40 anni da quei 55 giorni che sconvolsero l' Italia - mi riferisco al caso Moro - vorrei chiedere agli italiani: qual è il vostro ricordo dell' epoca? Molti sono quelli che mettono ancora in dubbio la «verità ufficiale» dopo 5 processi, 7 commissioni parlamentari, decine di inchieste giornalistiche e tante opere storiografiche.

La risposta di Aldo Cazzullo pubblicata dal Corriere della Sera
FRANCESCO COSSIGAFRANCESCO COSSIGA




Caro Nicola, Credo ci siano ancora molte cose da chiarire.
Per anni tormentai Cossiga con una serie di domande su Moro, cui non voleva mai rispondere. Arrivato alla fine della sua vita, accettò. Fu l' unica volta che volle rileggere il testo prima della pubblicazione. Mi raccontò di essere stato a trovarlo nello studio di via Savoia la sera prima del rapimento: gli agenti della scorta Moro prendevano in giro quelli della sua, battendo sulla lamiera dell' auto blindata: «Ma come ve ne andate in giro?». «Può immaginare come mi sentii il giorno dopo» commentava Cossiga.

MOROMORO
La sua idea era che a perdere Moro non furono gli americani o i democristiani o la P2, ma i comunisti. In sintesi: l' inviato del dipartimento di Stato, lo psichiatra Steve Pieczenick, professore di scienza dei conflitti, appena arrivato a Roma disse subito che il governo aveva commesso un grave errore a escludere la trattativa. Anzi, «sarebbe stato bene annunciare il contrario, e cominciare sul serio a trattare, per stanare i brigatisti».

COSSIGACOSSIGA



Cossiga gli rispose che, se l' avesse fatto, l' Italia intera avrebbe pensato al cedimento. «Le Br - diceva - lo uccisero senza accorgersi che avevano vinto. Alla direzione in cui Fanfani avrebbe sollecitato l' apertura del dialogo con le Br, io andai con la lettera di dimissioni: il ministro dell' intransigenza non poteva essere il ministro della trattativa. Già da giorni la Dc aveva cominciato a cedere. Mentre furono i comunisti a essere davvero irremovibili: per loro Moro era già un uomo morto». Il direttore del Sismi Santovito, il direttore del Sisde Grassini, il coordinatore dei servizi Pelosi erano tutti piduisti; ma Cossiga negava che fossero nemici di Moro, anzi.
STRETTA DI MANO TRA ENRICO BERLINGUER E ALDO MORO DIETRO DI LORO GIORGIO NAPOLITANOSTRETTA DI MANO TRA ENRICO BERLINGUER E ALDO MORO DIETRO DI LORO GIORGIO NAPOLITANO

Parlava semmai di rassegnazione, di resa, di senso di ineluttabilità. «Un aereo dell' Eni ci portò un veggente di Amsterdam, che parlò di una casa dai mattoni rossi con due leoni di marmo, dalle parti di Santa Maria Maggiore. Tonino Tatò, il capufficio stampa di Berlinguer, mi mandò la cassetta con le indicazioni di un' altra veggente. Balle». Le strutture dello Stato si rivelarono del tutto inadeguate. Ciò non toglie che il sangue di Moro ricade in primo luogo sui brigatisti che lo versarono. E tuttora non si sa chi tra Gallinari, Moretti e Maccari abbia sparato. Altro che «tutto chiaro».

Effetti perversi dal recupero delle sofferenze bancarie

Il 2017 segna una decisa riduzione delle sofferenze bancarie e viene celebrata dall’ABI e dal sistema bancario come un’importante buona notizia. Nel bollettino bancario pubblicato due giorni fa dall’ABI viene messa in risalto la riduzione delle sofferenze nette da 86,8 miliardi a 64,4 in un anno. Potrebbe essere effettivamente una buona notizia per le banche italiane marcate strette da BCE e Unione Europea che emettono regolari richiami ad accelerare la vendita di NPL per rientrare negli standard europei.
Sofferenze nette ABI Gen 18

Il calo delle sofferenze nelle banche è veramente una notizia positiva per il sistema Paese?

Per le banche quasi sicuramente, soprattutto se il calo deriva da cessioni a prezzi non troppo sacrificati (i valori di cessione rimangono volutamente opachi) e se le cartolarizzazioni attraverso cui molti NPL escono dai bilanci e rientrano nella stessa banca sotto forma di titoli con rating ma con la garanzia dello Stato (GACS) il percorso di disintossicazione dagli asset tossici nostrani migliora la situazione complessiva. C’è ancora molta strada da fare come richiamato da Daniele Nouy in varie sedi (vedi riquadro) 
NPL e BCE-Sole,18-01-18
 ma siamo sulla strada giusta finalmente.

Per rispondere alla domanda non va dimenticato che le sofferenze non sono state cancellate, non sono scomparse magicamente. Sono solo traslocate presso altri proprietari: i fondi specializzati che le hanno acquistate e fanno vere e proprie gare per aggiudicarsi le prossime in vendita oppure in veicoli di cartolarizzazione gestiti per ottenere il massimo recupero attraverso contratti con società di servizio. Quindi ad ogni cessione di NPL corrisponde un’accelerazione del processo giudiziale e stragiudiziale di recupero: velocità e quantità di recupero determinano banalmente il profitto per l’acquirente dei portafogli di NPL o dei titoli cartolarizzati a fronte di masse di NPL. Gli effetti di questa corsa al recupero non sono ancora noti, ma si accompagnano a una pressione del governo legislatore sulla magistratura per consentire la più facile aggressione dei beni dei debitori. In altre parole molti debitori non si troveranno più a fronteggiare nei tribunali fallimentari banche pigre e pasticcione nel presentare faldoni di documenti, ma legali specializzati ed agguerriti insieme alle società di recupero incentivate a recuperare di più e più in fretta.  La cartina predisposta da Pwc nel rapporto ‘”The Italian NPL Market” di dicembre mostra dove colpiranno con maggiore intensità: Lombardia, Veneto, Emilia, Toscana e Lazio.
PWC Bad loans by region
Pwc-Sofferenze per controparte
fonte: Pwc, Dicembre 2017
Teniamo anche in debito conto che l’83% dei NPL è rappresentato da debito di imprese piccole medie e grandi. Proporzionalmente più rilevante la quota di grandi debitori, ma numericamente rilevante su PMI e micro-imprese (società di persone 8% del totale).
Questa suddivisione per importi giustifica l’impressione che il recupero si dirigerà verso piccole imprese nel 39% dei casi (crediti fino a 1.000.000€)
Pwc NPL by size
fonte: Pwc- Dicembre 2017
Altre statistiche indicano che circa la metà delle sofferenze godono di garanzie reali, probabilmente in quota assai più elevata su micro e piccole imprese dove regolarmente la garanzia è fornita non soltanto dalle ipoteche su immobili ma anche dai beni personali dei soci che rispondono con il patrimonio. Un patrimonio quasi sempre rappresentato da immobili privati (abitazioni e seconde residenze). E questo è il punto e il dubbio del titolare di questo blog. Fondi e società di recupero stanno facendo la punta alle loro matite per aggredire velocemente qualsiasi garanzia disponibile e quelle immobiliari sono nettamente le più frequenti in Italia.
Nulla in questa ricostruzione implica che chi detiene il credito non possa rivalersi sul debitore, anzi lo prevede la legge. Tuttavia la guerra tra recuperatori e debitori è appena cominciata e nessuno in Italia ha la più pallida se l’aggressione a decine di migliaia di immobili residenziali possa trasformarsi in un nuovo problema sociale (come già avvenuto inizialmente in Spagna) né quali riflessi possa avere sui prezzi del mercato immobiliare. Perché quando l’immobile viene tolto al debitore moroso poi va rivenduto per monetizzare.
Di certo qualche segnale comincia ad avvertirsi e circolare. Ad esempio chi come Intesa SanPaolo sta scegliendo la strada di un recupero gestito internamente sta mettendo sul mercato questa tipologia di immobili a prezzi che appaiono lontani dai mutui che erano stati concessi:
NPL Mediocredito 3-Sole, 31-01-18
NPL Mediocredito-Sole,31-01-18
A meno che Intesa si sia trasformato in agente immobiliare (e sta accadendo) la tipologia di questi immobili ha l’aria di provenire da sofferenze ed è facilmente riferibile a società di persone e quindi con possibilità di aggressione anche sul patrimonio personale dei soci, non necessariamente limitato al laboratorio o al capannone.
Se il processo di trasferimento delle sofferenze dal perimetro delle banche è stato e sarà sostanzialmente indolore (tranne per le banche già fallite e quelle poche che seguiranno la stessa sorte) il processo di recupero dai debitori è ancora tutto da scrivere e potrebbe trasformarsi in una pagina non piacevole di questo già travagliato paese. Effetti collaterali che sembrano avere toccato anche la politica che nella convulsa corsa a raccogliere voti decisivi si è spaccata proprio su questo argomento come potete leggere in questo articolo tra chi difende le banche e chi i debitori. Fonte: qui

PERCHÉ GENTILONI HA REGALATO I GIACIMENTI DI PETROLIO ALLA FRANCIA?

CON IL TRATTATO DI CAEN IL GOVERNO ITALIANO HA RISCRITTO I CONFINI MARITTIMI CON LA FRANCIA, TUTTI A FAVORE DEI VICINI: PESCA, COMMERCIO E SOPRATTUTTO ENORMI RISERVE DI IDROCARBURI AL LARGO DELLA SARDEGNA 

QUESTO HARAKIRI GEOPOLITICO NON È MAI STATO RATIFICATO DAL NOSTRO PARLAMENTO, MA ORA PARIGI PUÒ RENDERLO ESECUTIVO…

Claudio Antonelli per la Verità

Nove giorni e poi il trattato di Caen entrerà in vigore anche se il nostro Parlamento non l' ha ratificato. Nel 2015 l' allora ministro degli esteri, Paolo Gentiloni, incontra in Francia il suo omologo Laurent Fabius. Sottoscrivono un accordo per ridefinire i nuovi confini marittimi tra i due Paesi. Le acque territoriali francesi in prossimità della Corsica passano da 12 a 40 miglia, mentre il confine al largo della parte nordoccidentale della Sardegna si allarga addirittura fino alle 200 miglia. Tutto mare in più che finisce a Parigi con tutto ciò che c' è dentro: soprattutto il pesce.

giacimenti al largo della sardegnaGIACIMENTI AL LARGO DELLA SARDEGNA
L' accordo ha già fatto scandalo. Soprattutto perché non se ne comprende in alcun modo la logica sottostante. Quale è la contropartita? Apparentemente non si vede. Ma la notizia ancor più scandalosa l' ha riportata ieri il quotidiano Italia Oggi. Dentro il trattato c' è un cavillo che - di fatto - regala ai cugini d' Oltralpe anche lo sfruttamento di gas, petrolio e idrocarburi.

Al largo della costa sarda è stata da tempo individuata una mega riserva di gas da 1,4 trilioni di metri cubi di gas e 0,42 miliardi di barili di petrolio. Per avere un' idea delle dimensioni, il giacimento egiziano Zohr (in mano all' Eni) è considerato il più grande al mondo e ha una riserva potenziale di 5,5 miliardi di barili equivalenti di petrolio. In pratica 11 volte tanto la scoperta fatta nelle acque italiane. L' articolo 4 del trattato prevede che nel caso sia possibile accedere alla riserva presente sotto il fondale italiano, avviando la trivellazione direttamente dal versante francese, a Parigi sarà concesso il semaforo verde alle estrazioni.
trattato di caen nuovi confini marittimi tra francia e italiaTRATTATO DI CAEN NUOVI CONFINI MARITTIMI TRA FRANCIA E ITALIA

La clausola non è di semplice interpretazione. Resta infatti da chiarire se a fronte della concessione al nostro Paese arriverebbero almeno delle royalty. Per il resto lo scippo appare chiaro. Anzi trasparente, visto che è addirittura autorizzata dal governo di Roma. Al momento il giacimento potenziale (presente nella zona marina E) è congelato.
L' azienda norvegese che aveva chiesto l' autorizzazione ai carotaggi ha ricevuto l' alt circa due anni fa.

Ma quando sarà entrato in vigore l' accordo sarà possibile aggirare il confine e procedere. Sommando alla prima fregatura economica quella ambientale. Il nostro Paese avrebbe solo i rischi (limitati a dire il vero) senza potere aggiungere i benefici per le casse dello Stato.
L' unico in grado di bloccare il meccanismo è in questi giorni lo stesso Gentiloni.

paolo gentiloni laurent fabiusPAOLO GENTILONI LAURENT FABIUS
La Francia infatti, vedendo l' ostruzionismo del Parlamento italiano, ha avviato con un semplice decreto una procedura amministrativa unilaterale, nata a sua volta da una consultazione pubblica consentita da Bruxelles. L' iter del procedimento scade il prossimo 25 marzo. In caso di silenzio-assenso e quindi di mancato ostruzionismo da parte di Roma sarà persino inutile che il prossimo Parlamento intervenga. Lo scippo si consumerà automaticamente. Tanto più che è davvero difficile sperare che il sottoscrittore dell' accordo - adesso nelle vesti di presidente del Consiglio - possa cambiare idea. Resta da sperare che i movimentisti sardi trovino eco anche lungo la penisola.

In prima fila c' è Mauro Pili, ex presidente della Regione Sardegna, ex deputato di Forza Italia, ora leader del movimento Unidos, che si batte per la libertà del popolo sardo.
È sempre Italia Oggi a riportare le sue dichiarazione: «La Francia sta tentando un' operazione simile a quella di due anni fa, scongiurata dopo una grande mobilitazione e una incisiva azione parlamentare.

trattato di caen nuovi confini marittimi tra francia e italiaTRATTATO DI CAEN NUOVI CONFINI MARITTIMI TRA FRANCIA E ITALIA
Questa volta, però, il governo francese ha avviato una procedura amministrativa che sta trovando l' Italia spiazzata. In pratica con un decreto avviene l' annessione di porzioni di acque internazionali direttamente connesse con il mare sardo». La preoccupazione della politica sarda si concentra, ovviamente, sui danni del comparto ittico.
E potrebbe nelle prossime ora riuscire a trovare alleati anche in Toscana e Liguria, regioni che a loro volta si vedrebbero costrette a cedere pezzi di mare.

MAURO PILIMAURO PILI
L' anno scorso era intervenuto l' assessore fiorentino all' agricoltura, Marco Remaschi, avanzando preoccupazioni per i pescatori professionisti che vivono a Viareggio e all' isola d' Elba.

Al di là dei fatti, resta un grande mistero da risolvere. Perché cedere a Parigi porzioni di mare e concessioni (indirette) sui nostri idrocarburi senza nulla in cambio. Oppure se c' è qualche contropartita, il governo dovrebbe esplicitarla. I dossier tra Italia e Francia sono numerosi. Dalla condivisione della cantieristica navale, alla difesa comune, arrivando fino al pattugliamento del Sahel. Un tema quest' ultimo molto delicato, visto che il governo del Niger ci ha definito indesiderati e ciò rafforza l' idea che la missione militare italiana nasceva appunto da una specifica richiesta dell' intelligence parigina.

macron gentiloniMACRON GENTILONI
L' accordo di Caen avrebbe avuto un senso se la controparte fosse stata il controllo totale dei cantieri di Stx, un colpo grosso per Fincantieri. Solo che Emmanuel Macron ha prima nazionalizzato l' azienda di Saint Nazaire e poi l' ha lasciata al nostro Paese mantenendo il controllo di fatto. Prendersi anche mare e idrocarburi sarebbe anche una beffa.

Fonte: qui


IL SALTO CARPIATO DI DONATELLA FERRANTI: DA DEPUTATA PD A GIUDICE DI CASSAZIONE SENZA AVER MAI SCRITTO UNA SENTENZA


UNA VERGOGNA TUTTA ITALIANA!!!

IL CSM DÀ IL VIA LIBERA 


L’EX PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA DELLA CAMERA RIENTRA IN MAGISTRATURA DOPO 10 ANNI IN POLITICA

Stefano Zurlo per il Giornale

Un salto spettacolare. Più lungo di quello, celeberrimo, di Bob Beamon alle olimpiadi di Città del Messico. Da presidente della Commissione giustizia della Camera, in quota Pd, a giudice di cassazione. Un record, anche per l' Italia abituata a non stupirsi di nulla. In un batter di ciglia Donatella Ferranti si sfilerà la casacca del Partito democratico, indosserà la toga prestigiosissima di Giudice supremo e scriverà sentenze in nome del popolo italiano.

Altro che porte girevoli e valutazioni di opportunità.
Il Csm ha sbrogliato alla velocità della luce un caso che si annunciava delicato e scivoloso. Soprattutto, ha risparmiato al deputato uscente, non più ricandidato, tutta la difficile trafila per aspirare a un ruolo cosi importante. La Ferranti torna alla sua prima vita di magistrato: nel 1998, vent' anni fa, lasciò la procura di Viterbo, dove era pm, e approdò proprio al Csm. Qui diventò nel 2004 segretario generale, incarico ricoperto fino al 2008 quando sbarcò in parlamento. E il curriculum le è servito per conquistare nella legislatura che si chiude nei prossimi giorni la presidenza della Commissione giustizia della Camera, prima guidata da Giulia Bongiorno.
donatella ferrantiDONATELLA FERRANTI

Ora, dopo dieci anni a Montecitorio, rieccola in magistratura. Per carità, il pendolarismo fra giustizia e politica è un fenomeno registrato e criticato da anni. Più di una toga è stata eletta in parlamento, a destra come a sinistra. I più scrupolosi si sono dimessi, molti hanno giocato la carta dell' aspettativa, pronti a rientrare nell' ordine giudiziario dopo la parentesi parlamentare.

È la parabola della Ferranti che però ha messo il turbo, con un' accelerazione senza precedenti. In teoria avrebbe dovuto occupare una casella equivalente a quella di partenza, qualcosa di paragonabile al ruolo di pm svolto nel passato.
Invece, nelle pieghe della legislazione, è saltata fuori una norma ad hoc: il segretario generale del Csm - in buona sostanza un incarico amministrativo di alto livello - viene equiparato al giudice di cassazione. Et voilà, alla quasi unanimità, col solo voto contrario del togato Aldo Morgigni di Autonomia e indipendenza, la Ferranti è stata catapultata in Cassazione. Anche se non ha mai prodotto una sentenza in vita sua.

Un premio doppio. Perché la neonominata si è risparmiata un iter difficile. Prima l' esame da parte di una commissione di cinque membri. Poi il concorso e la sfida agli altri candidati. Per la cronaca, nella stessa seduta Palazzo dei Marescialli ha bandito una «gara», mettendo in palio 20 posti per la Suprema corte. Lei non ne avrà bisogno.

Fonte: qui

TRAVOLTO DALL'OMICIDIO DEL REPORTER, IL PREMIER SLOVACCO ROBERT FICO SI DIMETTE MA VUOLE EVITARE NUOVE ELEZIONI

DUE GIORNI FA ERA ARRIVATO IL PASSO INDIETRO DEL MINISTRO DEGLI INTERNI IN SEGUITO ALLE PROTESTE POPOLARI 

17 ARRESTI PER L’ASSASSINIO DEL GIORNALISTA

Flaminia Bussotti per il Messaggero
ficoFICO

Le dimissioni del ministro degli Interni non sono bastate: l'omicidio del giornalista investigativo Jan Kuciak ha travolto anche il premier slovacco Robert Fico, che ha presentato ieri le dimissioni al presidente Andrej Kiska. La Slovacchia è precipitata in una crisi di stato dopo l'uccisione del 27enne reporter e della sua fidanzata Martina Kusmirova, trovati morti il 25 febbraio nel loro appartamento a Velka Macia, presso Trnava (ovest del Paese), freddati lui da un colpo al petto e lei alla testa in quella che è parsa una vera e propria esecuzione.

kuciakKUCIAK
Accanto ai corpi sono state rinvenute diverse pallottole, forse di avvertimento ad altri giornalisti. Kuciak lavorava da tre anni per il portale Aktuality.sk e si occupava delle indagini giudiziarie per truffa, frode fiscale, corruzione su persone vicine al partito Smer del premier Fico. Fra le inchieste anche quelle per fare luce sulle infiltrazioni fra la criminalità organizzata italiana, la ndrangheta calabrese, e il potere slovacco con riferimento in particolare allo storno di fondi Ue. Per la Slovacchia è il primo omicidio di un giornalista dopo la svolta democratica nel 1989. Il governo di Bratislava ha anche offerto una ricompensa di un milione di euro a chi offra elementi utili alla cattura degli assassini.

LE MANIFESTAZIONI
maria troskova ficoMARIA TROSKOVA FICO
L'omicidio ha sconvolto l'opinione pubblica scatenando un'ondata di proteste (cortei in 48 città e 17 all'estero), culminando della grande manifestazione di lunedì a Bratislava con 50.000 persone. La protesta costringeva il ministro degli Interni e braccio destro di Fico, Robert Kalinak, a dimettersi due giorni fa. La sua testa era chiesta a gran voce dall'opposizione e da settori della coalizione tripartita di governo, ma non è bastata. Ieri è toccato anche al premier Fico (53), uno dei più longevi in Europa, alla guida del governo dal 2006 con una sola interruzione. In un incontro ieri col presidente Kiska, col quale è ai ferri corti, Fico ha offerto le dimissioni.

Vorrebbe però evitare nuove elezioni e spinge per un nuovo governo senza il ricorso alle urne. A suo avviso, il suo partito Smer (socialdemocratici), partito di maggioranza relativa alle elezioni nel 2016, ha diritto di nominare un premier per un nuovo esecutivo. Nuove elezioni precipiterebbero il Paese nel caos, ha detto. L'opposizione conservatrice aveva posto la questione della sfiducia al governo Fico, che può contare su una maggioranza di 76 dei 150 seggi del Parlamento.
maria troskova ficoMARIA TROSKOVA FICO

Nell'ambito delle indagini, la polizia e gli inquirenti slovacchi hanno proceduto a 17 arresti ma del, o dei, responsabili nessuna pista sicura. Martedì la polizia slovacca ha arrestato di nuovo l'imprenditore calabrese Antonino Vadalà, già fermato nell'ambito delle indagini sul caso Kuciak. Questa volta le manette sono scattate per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, riciclaggio e autoriciclaggio. L'arresto rientra in una operazione della Guardia di Finanza di Venezia su organizzazione legata all'Ndrangheta e in particolare a un clan con base ad Africo, in provincia di Regggio Calabria: 11 le persone interessate da ordinanza di custodia cautelare in carcere, tre ai domiciliari e tre sottoposte a obbligo di firma.

L'ORGANIZZAZIONE
L'organizzazione era coinvolta in un grosso traffico di cocaina che arrivava in Veneto e finiva in Lombardia, Slovenia e Slovacchia. Dell'omicidio di Kuciak si è occupata anche l'Europa e il Parlamento europeo l'ha definito in plenaria ieri un attacco non solo alla Slovacchia ma all'Europa intera.

Fonte: qui

Salari cinesi per tutti: ormai sono più alti che in Est Europa

O la Cina sta raggiungendo alcune zone dell’Europa in termini di salari, o le retribuzioni nei paesi entrati più di recente nell’Unione Europea sono schiacciati dalla competizione globale sul lavoro, una competizione che la Cina vince a mani basse. «In realtà, si tratta di entrambe le cose», scrive Kenneth Rapoza su “Forbes”. La notizia? Sarà la Cina a dettare, nel mondo, la futura quota del salario medio – anche in Europa. A Shangai le retribuzioni medie mensili ammontano a 1.135 dollari, a Pechino sono 983 e a Shenzen 938. «Sono più alte che in Croazia, nuovo paese membro dell’Unione Europea: lo stipendio medio netto in Croazia è di 887 dollari al mese». Le paghe di Shanghai, in particolare, sono anche superiori a quelle di altri neo-membri dell’Eurozona, paesi baltici come la Lituania (956 dollari al mese) e la Lettonia (1.005), mentre in Estonia – paese che ha aderito all’euro nel 2011 – il reddito medio è pari a 1.256 dollari. Negli ultimi dieci anni, scrive Rapoza in un’analisi tradotta da “Voci dall’Estero”, l’Europa ha cercato di integrare nell’Ue la manodopera qualificata a basso costo dall’Europa dell’Est, mentre già nel 2002 la Cina si è pienamente integrata nella forza lavoro globale, entrando a far parte del Wto. L’ingresso di questi due enormi bacini di manodopera nella forza lavoro mondiale «ha posto le basi per la stagnazione dei salari tra i lavoratori meno qualificati delle catene di montaggio in tutto il mondo».
In gergo economico, il fenomeno è descritto come “appiattimento della curva di Phillips”, come spiega Neil MacKinnon, economista di Vtb Capital. «L’impatto della globalizzazione e l’ingresso della Cina nel Wto nel 2002 ha aumentato Operaia cinesenotevolmente l’offerta di manodopera globale», afferma MacKinnon. L’eccesso di offerta di manodopera cinese e il flusso di merci cinesi a basso costo nell’economia mondiale ha creato un vantaggio per i consumatori globali, ma ha significato anche che determinati prodotti e posti di lavoro dell’Europa orientale hanno dovuto competere con la Cina, che ha prezzi più bassi. Catene di approvvigionamento e mercati a parte, il costo maggiore per un’azienda è la sua forza lavoro, e quella cinese viene finalmente remunerata. «Le retribuzioni dell’Europa orientale, simili a quelle cinesi, fanno parte di un mondo il cui motto è diventato: qualsiasi cosa tu possa fare, la Cina può farla a minor costo», scrive Rapoza. «La Cina stabilisce il prezzo per la manodopera manifatturiera e, in futuro, per la logistica relativa all’e-commerce. Alcuni europei dovrebbero sperare nei continui aumenti salariali della Cina se vogliono aumentare le loro stesse retribuzioni lorde».
La quota della Cina nel commercio mondiale, continua Rapoza, è aumentata: da poco meno del 2% nel 1990 a quasi il 15% di oggi, secondo la Bank for International Settlements. «Da allora, l’economia di mercato cinese si è integrata all’economia globale, guidata principalmente dalla sua forza lavoro, con un rapporto capitale-lavoro inferiore agli standard globali». Inoltre, la Cina sta iniziando solo ora ad automatizzare la produzione. E in un arco di tempo simile, dagli anni ’90 ad oggi, i paesi dell’Europa orientale sono usciti dall’orbita della Russia e si sono spostati verso ovest. «Prima della caduta del comunismo, questi paesi erano rimasti più o meno isolati. La forza lavoro era abbondante e ben istruita, ma il capitale e il management erano limitati. Ne è seguita una combinazione fruttuosa: l’Europa occidentale ha fornito i soldi e il management, l’Europa dell’Est ha fornito la manodopera a basso costo». I dati relativi all’integrazione della Cina e dell’Est Europa sono impressionanti, aggiunge Rapoza. Contando solo la forza lavoro potenziale, la popolazione attiva in Cina e nell’Europa orientale tra i 20 e i 64 anni era di 820 milioni di persone nel 1990 e ha raggiunto 1,2 miliardi nel 2015. La popolazione attiva Kenneth Rapozadisponibile nei paesi europei industrializzati era di 685 milioni prima della crisi dell’Unione Sovietica nel 1990 e raggiungeva i 763 milioni nel 2014.
«Parliamo quindi di un aumento una tantum del 120% della forza lavoro, che ha schiacciato i salari per i lavoratori meno qualificati», secondo la Bri. Usando come indicatore le tre grandi città cinesi – Shangai, Pechino e Shenzen – gli stipendi mediani dei lavoratori dipendenti sono più alti dei salari della parte più povera d’Europa: i vecchi Balcani dell’area comunista. «Proprio sul Mar Adriatico, di fronte alla ricca frontiera italiana, si trova una manodopera di tipo cinese: anzi ancora più economica, in realtà». I lavoratori cinesi a Shanghai, Shenzhen e Pechino, in media, guadagnano più dei lavoratori in Albania, Romania, Bulgaria, Slovacchia e Montenegro, nuovo paese membro della Nato, che ha un reddito medio equivalente ad appena 896 dollari al mese. I salari medi di Shanghai non sono molto diversi da quelli della Polonia, da 1.569 dollari. Lo stesso vale per la Repubblica Ceca, dove lo stipendio medio a Praga, la sua città più ricca, si aggira intorno all’equivalente di 1.400 dollari. E il salario medio lordo dell’Ungheria sta proprio al livello di Shanghai: 1.139 dollari al mese. «La crescita dei salari in Cina è impressionante», conclude Rapoza. «Ottimo per i cinesi, ma ha lasciato indietro la crescita dei salari in molti dei paesi a basso reddito in Europa». Attenzione: «Ciò che questi numeri dimostrano è che il ruolo della Cina come centro manifatturiero ha posto le basi per qualsiasi aumento futuro delle retribuzioni, in particolare per gli operai non qualificati del settore manifatturiero, ma anche ben presto in altri nuovi settori come l’e-commerce».
Fonte: qui