ORA CHE SALVINI VUOLE IMPEDIRE L'ATTRACCO NEI NOSTRI PORTI ALLE NAVI DELLA MISSIONE, BRUXELLES POTREBBE…
Marco Bresolin per “la Stampa”
Se l' Italia dovesse disapplicare in modo unilaterale le regole della missione Sophia, come annunciato, sarebbe la fine dell' operazione navale Ue nel Mediterraneo. La linea degli altri 27 governi è chiara e oggi verrà ribadita nella seconda riunione del Comitato politico per la sicurezza dedicata al tema. Un vertice che si preannuncia molto teso. Ed è anche in questo contesto che vanno lette le ultime dichiarazioni di Jean-Claude Juncker. Da Madrid, il presidente della Commissione si è lasciato andare a un elogio della Spagna.
Parole che sono sembrate un attacco indiretto al recente atteggiamento dell' Italia. Il Paese iberico - ha fatto notare il lussemburghese - sui migranti «sta dando prova di un'empatia e di una solidarietà attiva che mi impressiona, mentre altri voltano le spalle agli altri».
Ma nel frattempo una pesante critica al governo arriva anche dal fronte interno, dove una nota della Cei chiede di passare «dalla paura all'accoglienza». Parole a cui ha replicato Matteo Salvini, il quale ha ribadito di voler continuare con la linea dura.
I TIMORI DELLA DIFESA
Il piano operativo della missione Sophia prevede che tutti i migranti salvati dalle navi Ue siano sbarcati in Italia. Roma lo aveva accettato in cambio del comando dell'operazione. Ma ora il governo ha chiesto una modifica delle regole (che vanno approvate all' unanimità) e nell' attesa si è detto pronto a non applicare più le disposizioni sullo sbarco. Dunque è pronto a impedire l' attracco nei propri porti alle navi della missione.
Una minaccia che nella riunione di mercoledì è stata maldigerita da tutti gli altri governi, nettamente contrari a questa ipotesi, al punto da prospettare la fine della missione guidata dall' ammiraglio italiano Enrico Credendino. Un'operazione, va ricordato, che serve innanzitutto a contrastare gli scafisti. Lo stop a Sophia sarebbe quindi un duro colpo per l'Italia e infatti a Roma, soprattutto al ministero della Difesa, vogliono scongiurare questo scenario.
I CENTRI CONTROLLATI
Il ministro degli Esteri - Enzo Moavero Milanesi - è tornato a invocare «un meccanismo europeo strutturale» per smistare gli sbarchi. Ma la nascita della «cellula di crisi» chiesta dal premier Giuseppe Conte ai vertici Ue non sembra affatto imminente. La Commissione sta infatti lavorando da giorni a una proposta che però è legata ai «centri controllati» evocati nelle conclusioni dell' ultimo Consiglio europeo.
I migranti salvati nel Mediterraneo verrebbero portati in questi centri per esaminare le domande d' asilo: gli aventi diritto potrebbero essere distribuiti in altri Stati (ma solo su base volontaria) e gli altri rimpatriati con i soldi Ue (ma solo se provenienti da Paesi con accordi di riammissione). Il nodo, però, è sempre lo stesso: chi è disposto ad ospitare questi centri? Anche qui, per l' Italia, c' è il rischio di trovarsi da sola.
LA LITE CON I VESCOVI
La situazione attuale, però, rischia di diventare insostenibile a causa del rimpallo di responsabilità. Un mercantile con a bordo 40 migranti è bloccato da giorni al largo della Tunisia e non ha un porto in cui attraccare. «Le vite in mare vanno salvate sempre e comunque», dice il presidente della Camera, Roberto Fico.
Dalla Cei arriva un forte appello contro «l' imbarbarimento» e la risposta di Salvini non si è fatta attendere, anche se i toni sono decisamente più morbidi del solito: «Noi vogliamo salvare vite». Ma i porti per le navi delle ong «restano chiusi». Una lezione per Orban La linea dura sull' immigrazione, però, alla lunga non paga. E Viktor Orban ne sa qualcosa. Ieri il governo ungherese è stato infatti deferito alla Corte di Giustizia Ue perché le recenti leggi sull' asilo e sui rimpatri sono contrarie alla normativa Ue. La Commissione ha anche aperto formalmente una procedura di infrazione per la cosiddetta legge anti-Soros che punisce le associazioni e le ong che aiutano i migranti.
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