9 dicembre forconi: 03/21/18

mercoledì 21 marzo 2018

CAMORRA E 'NDRANGHETA A ROMA, 19 ARRESTI

LE ACCUSE SONO DI ASSOCIAZIONE FINALIZZATA AL TRAFFICO DI COCAINA AGGRAVATA DALL'USO DELLE ARMI


Armi e cocaina. Diciannove arresti (16 in carcere, 3 ai domiciliari) stamane tra Roma e Napoli e quarantaquattro perquisizioni a opera di duecento carabinieri che sono intervenuti con elicotteri e l'aiuto delle unità cinofile. Sono finiti nel mirino dei carabinieri due gruppi criminali, uno a connotazione camorristica e l'altro che si avvaleva della collaborazione di esponenti della 'ndrangheta. Entrambi operavano a Roma. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico illecito di cocaina, aggravata dall'uso delle armi.

Tra i fermati c'è anche una donna e alcune persone di origine albanese. A due delle persone in carcere viene contestato il reato di lesioni gravi, commesse con arma da fuoco e con modalità mafiose. L'indagine dei carabinieri del nucleo investigativo di Roma avrebbe accertato l'operatività di due distinte organizzazioni criminali, entrambe armate e dedite al narcotraffico, in stretta sinergia tra loro, di cui una di tipo mafioso a connotazione camorristica, capeggiata dai fratelli Salvatore e Genny Esposito, figli di Luigi detto 'Nacchella',  e l'altra con a capo Vincenzo Polito, che si avvaleva della collaborazione di esponenti delle cosche di 'ndrangheta della provincia di Reggio Calabria, le famiglie Filippone e Gallico, presenti nella Capitale e che operavano tra San Basilio e il litorale.

C’è anche il noto Arben Zogu, di origini albanesi, tra i destinatari dell’ordinanza, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, che i Carabinieri  del Nucleo Investigativo di Roma stanno notificando, dalle prime ore del mattino, nelle province di Roma e Napoli.

Contemporaneamente agli arresti, sono tuttora in corso 44 perquisizioni a carico di soggetti risultanti gravitare nell’orbita dei due gruppi criminali, per lo più residenti nel quartiere romano di San Basilio, ma anche a Napoli, Nettuno e paesi limitrofi a Roma. Si tratta di pusher, vedette e vari galoppini delle associazioni colpite dall’operazione dei Carabinieri di via In Selci e della Procura della Repubblica, D.D.A. di Roma.


Roma, camorra e 'ndrangheta coinvolte in narcotraffico: 19 arresti, anche ultrà della Lazio vicino a CarminatiUn'operazione dei carabinieri tra Roma e Napoli ha visto alle prime luci dell'alba disporre la custodia cautelare per 19 persone (16 in carcere e 3 agli arresti domiciliari). Nelle province di Roma e Napoli, circa 200 Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, con l’ausilio dei colleghi di Napoli, di elicotteri e di unità cinofile dell’Arma, stanno dando esecuzione ad un’ordinanza emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia. Per gli arrestati, tra i quali c’è anche una donna e alcuni soggetti di origine albanese, le accuse rivolte sono, a diverso titolo, di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti del tipo “cocaina”, aggravata dall’uso delle armi, spaccio di droga e a due di essi viene contestato il reato di lesioni gravi, commesse con arma da fuoco e con modalità mafiose.L’indagine, dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma, ha consentito di documentare l’operatività di due distinte organizzazioni criminali, entrambe armate e dedite al narcotraffico, in stretta sinergia tra loro, di cui una di tipo mafioso, a connotazione camorristica, capeggiata dai fratelli Salvatore e Genny Esposito e l’altra con a capo Vincenzo Polito, che  si avvaleva della collaborazione di esponenti delle cosche di ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria, le famiglie Filippone e Gallico, presenti nella Capitale. C'è anche Arben Zogu, di origini albanesi, noto negli ambienti ultras della Lazio e considerato vicino a Massimo Carminati, tra i destinatari dell'ordinanza. Sono ancora in corso 44 perquisizioni a carico di persone che gravitavano nell'orbita dei due gruppi criminali, per lo più residenti nel quartiere romano di San Basilio, ma anche a Napoli, Nettuno e paesi limitrofi a Roma. Si tratta di pusher, vedette e vari galoppini dei due gruppi.
Fonte: qui

ARRESTATO NEGLI STATI UNITI IL PRESIDENTE DELLA PILATUS BANK, L’IRANIANO ALI SADR HASHEMINEJAD, CHE LA GIORNALISTA MALTESE DAPHNE CARUANA GALIZIA, ASSASSINATA LO SCORSO OTTOBRE CON UN'AUTOBOMBA, AVEVA PIÙ VOLTE MESSO SOTTO ACCUSA NEI SUOI ARTICOLI

L'ACCUSA È DI AVER AGGIRATO LE SANZIONI ALL'IRAN FACENDO PASSARE 115 MILIONI DI DOLLARI ATTRAVERSO LE BANCHE AMERICANE

Carlo Bonini e Giuliano Foschini per Repubblica.it

Daphne Caruana GaliziaDAPHNE CARUANA GALIZIA
Arrestato negli Stati Uniti l'uomo che la giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, assassinata lo scorso ottobre con un'autobomba, aveva più volte messo sotto accusa nei suoi articoli. Ali Sadr Hasheminejad, iraniano con passaporto di St.Kitts e presidente della Pilatus Bank -  istituto di credito con sede a Londra di proprietà iraniana - è stato fermato a Dulles, Virigina con l'accusa di aver aggirato le sanzioni all'Iran facendo passare 115 milioni di dollari attraverso le banche americane grazie a un contratto di costruzioni firmato col Venezuela nel 2005.

Ali Sadr Hasheminejad, presidente di Pilatus BankALI SADR HASHEMINEJAD, PRESIDENTE DI PILATUS BANK
Nei suoi articoli Galizia aveva messo in luce l'intricata vicenda dei MaltaFiles l'inchiesta internazionale che indicava Malta come "lo Stato nel Mediterraneo che fa da base pirata per l'evasione fiscale nell'Unione europea". Politico l'aveva inserita nella lista delle "28 personalità che agitano l'Europa" per aver scoperchiato lo scandalo che arrivava a coinvolgeva, tra gli altri, anche la moglie del premier maletese Joseph Muscat. La filiale maltese della Pilatus Bank, secondo la giornalista uccisa, era il terminale di questi immensi flussi di denaro.

daphne caruana galiziaDAPHNE CARUANA GALIZIA







Intanto ieri una delle fonti chiave della Galizia, la russa Maria Efimova che aveva lavorato alla filiale maltese di Pilatus Bank, è stata fermata ad Atene, in seguito a un mandato internazionale di arresto della giustizia maltese: per una risibile e asserita accusa di appropriazione indebita pari a soli 2 mila euro. Dopo l'omicidio la Efimova è diventata testimone chiave dell'indagine aperta dalle autorità dell’Unione Europea.

Ali Sadr Hasheminejad, presidente di Pilatus BankALI SADR HASHEMINEJAD, PRESIDENTE DI PILATUS BANK





Lo scorso dicembre ha infatti deposto di fronte alla Commissione del Parlamento europeo incaricata di verificare il rispetto delle regole proprie dello Stato di diritto a Malta e ha consegnato alla Banca Centrale Europea una serie di documenti che confermerebbero la sistematica violazione delle norme antiriciclaggio da parte della Pilatus Bank, accuse sempre respinte da quest'ultima.

l auto di daphne caruana galiziaL' AUTO DI DAPHNE CARUANA GALIZIA
Negli Stati Uniti, Sadr, che oggi dovrebbe apparire davanti al tribunale di Manhattan, a New York, fronteggia sei capi d'accusa: che vanno dalla frode ai danni del sistema fiscale americano alla cospirazione. Fino alla violazione dell'International Emergency Economic Powers Act, ovvero della sicurezza nazionale.

Fonte: qui

RISSA A TORINO, IL VICESINDACO 5 STELLE ATTACCATO DAL COMITATO PER IL NO ALLE OLIMPIADI

IL CIO CHIEDE GARANZIE SUL M5S 

AL CONI SONO CONVINTI CHE MILANO ABBIA PIÙ CHANCE. E INTANTO ZAIA RILANCIA LA CANDIDATURA DELLE DOLOMITI

Lorenzo De Cicco per il Messaggero
MONTANARIMONTANARI

Ma mi fai finire la fraseeee!», strilla il vicesindaco di Chiara Appendino, Guido Montanari, mentre un gruppetto di No-Giochi attacca i Cinquestelle per il ribaltone sulle Olimpiadi: «Siete inaffidabili! Inaffidabili!», la replica, sempre urlata, di un vecchio militante che a quanto pare si sente tradito.

«Pensare che Montanari è stato il capo dei comitati per il no di tante grandi opere, ora si sarà convertito grazie alle olimpiadi», ironizza il capogruppo dem, Stefano Lo Russo. La scena del bisticcio risale all'altro ieri, mentre sugli scranni Consiglio comunale di Torino la maggioranza pentastellata metteva in scena un'altra giravolta ancora, bocciando una mozione del Pd a favore dei giochi invernali del 2026 uguale-uguale a quella approvata dai grillini la settimana passata nel Consiglio metropolitano. Anche di questo ennesimo voltafaccia si è parlato ieri nel vertice a Losanna tra il presidente del Coni, Giovanni Malagò, e il numero uno del Cio, Thomas Bach (erano presenti all'incontro anche i membri italiani del Comitato olimpico internazionale, Franco Carraro e Mario Pescante).
APPENDINOAPPENDINO

IRRITAZIONE DEL LEADER A Malagò, Bach avrebbe chiesto dell'«affidibilità» del M5S, che un anno e mezzo fa affondò il sogno di Roma 2024, e che ora, per bocca di Beppe Grillo e Luigi Di Maio, vede invece nei Giochi «un'opportunità». È soprattutto il capo politico del Movimento a spingere per Torino 2026, tanto da non avere gradito la mossa dell'altro ieri in Consiglio comunale, che la sindaca però ha giudicato inevitabile per nascondere lo strappo dei quattro consiglieri ribelli. Una di loro, Daniela Albano, ha commentato significativamente: «La coerenza è una virtù rara in chi fa politica».

torino 2026TORINO 2026
IL PIANO Il Coni, a vertice concluso, ha fatto sapere che con Bach è stata fatta una «valutazione generale di carattere politico in vista della composizione del futuro governo del Paese». Per il momento Malagò si dice soddisfatto, sottolineando che «il Cio ha apprezzato l'accresciuto interesse che oggi c'è in Italia intorno allo sport e ai Giochi olimpici» e che «in linea di principio non c'è alcuna preclusione verso nessuno». Da parte del Comitato internazionale sarebbe arrivata una prima, ufficiosa, apertura sulla possibilità di concedere una deroga per l'Italia, che in teoria non potrebbe correre per il 2026, dato che già ospiterà a Milano il summit del 2019 che assegnerà l'edizione. Ma è presto per parlarne.

giovanni malagoGIOVANNI MALAGO
Di certo il Cio, prima di mettere mano alla carta olimpica, vorrà valutare la qualità dell'eventuale proposta italiana. In questo quadro, al Coni sono convinti che Milano abbia più chance. Ieri il sindaco Beppe Sala ha detto che la città «ha le carte in regola, ma aspetta il governo» e che «non crede» in un asse con Torino. In realtà esiste l'ipotesi che Milano ceda al capoluogo sabaudo alcune gare (hockey, pattinaggio di velocità, bob). C'è poi la corsa delle Dolomiti, rilanciata ieri dal governatore del Veneto, Luca Zaia, che vuole essere della partita e la prossima settimana voterà il primo «sì» con la sua giunta regionale. Molto dipenderà da chi sarà al governo: il Cio aspetta una risposta entro la prossima sessione di Buenos Aires a ottobre. Una decisione va presa, entro l'estate.
Lorenzo De Cicco

Fonte: qui

Scandalo dati, così si vantava: "Usiamo spie e ragazze ucraine"

Non ci sono solamente i dati presi da Facebook nella bufera scoppiata dopo che il Guardian ha pubblicato la sua inchiesta su Cambridge Analytica e su come la società abbia utilizzato le informazioni di 50 milioni di utenti per costruire un'infrastruttura che fosse in grado di manipolare le idee politiche delle persone a cui sono riferiti e che secondo l'accusa avrebbero aiutato tanto la campagna per le elezioni di Donald Trump quanto anche quella per il referendum britannico sull'abbandono dell'Unione Europea.
Escort (generica)
© Google Escort (generica)

In uno spezzone dell'inchiesta pubblicato da Channel Four, che insieme al quotidiano britannico e al New York Times sta seguendo da vicino il caso, ci sono anche le parole dell'amministratore delegato Alexander Nix, che parla di ragazze ucraine da "mandare a casa" di un candidato e di ex agenti dello spionaggio e del controspionaggio che avrebbero aiutato a far saltare fuori materiali compromettenti.
"Abbiamo grande esperienza su queste cose", dice Nix a un finto uomo politico dello Sri Lanka, in realtà inviato dalla televisione privata per indagare sui metodi utilizzati dalla Cambridge Analytica. Nei panni di un clienti, l'uomo mandato da Channel Four con microfoni e telecamere nascoste avrebbe fatto parlare l'amministratore delegato, fingendo di avere bisogno informazioni per una futura campagna elettorale da consursi nel Paese.
"Sono entrati, hanno raccolto scheletri nell' armadio e se ne sono andati, senza lasciare traccia", dice Nix all'uomo, parlando di un'operazione in un paese dell'Europa orientale fatta per suo conto da ex uomini dell'intelligence. Per Jon Snow, giornalista tra i più rispettati della Gran Bretagna, che ha lanciato l'inchiesta, quello della società è "un attacco occulto alla democrazia".
Le rivelazioni di questi giorni hanno già avuto anche ripercussioni economiche e politiche. Se il titolo di Facebook continua a scendere in Borsa, una commissione parlamentare a Londra vuole vederci chiaro. E nello stesso senso si muovono l'Unione Europea e gli Stati Uniti.
Fonte: qui
Facebook blocca Cambridge Analytica per violazione dei dati personali (Euronews)

Milan: fallisce la società salvadanaio di Li, altra spallata alla credibilità cinese

Arriva il commissario da Pechino per la cassaforte di Yonghong Li, 48 anni, proprietario e presidente del Milan. Il tribunale del popolo di Shenzhen ha infatti ufficialmente dichiarato fallita la Jie Ande sulla quale fino a ieri pendeva una richiesta di liquidazione per bancarotta da parte della Banca di Canton. La sentenza, secondo quanto emerso nelle ultime ore, ha spazzato via la gestione targata mister Li, responsabile del dissesto, e nominato con pieni poteri un avvocato dello studio legale Jindu di Pechino. «La situazione relativa a tutte le mie risorse personali è completamente sana», diceva appena un mese fa l’uomo d’affari. La Jie Ande è il principale azionista con l’11,4% di un’azienda quotata alla Borsa di Shenzhen ed era accreditata come la società più importante e più liquida tra quelle indicate nel curriculum ufficiale del finanziere cinese residente a Hong Kong che, meno di un anno fa, acquistò il Milan dalla Fininvest per 740 milioni. All’epoca la Jie Ande era già insolvente ma nessuno, tra banche, consulenti e controparte, lo verificò.

© Fornito da RCS MediaGroup S.p.A.


Solidità patrimoniale
Dal commissariamento non ci sono effetti diretti sul club rossonero ma solidità patrimoniale e credibilità del suo presidente, già traballanti, subiscono un ulteriore colpo. Gli effetti indiretti dipendono dagli spazi di manovra del commissario e dalle norme cinesi: cioè fino a che punto e a che livello può essere eventualmente «aggredito» il patrimonio di mister Li per soddisfare i creditori. Però è evidente che con un crac sulle spalle, la sentenza di un tribunale e altre banche «inchiodate» che pretendono risarcimenti, anche il più spregiudicato uomo d’affari faticherebbe ad accreditarsi su quel mercato. Eppure per il club è fondamentale fare business in Cina e farlo presto. Essenziale, in particolare, per chiudere il bilancio al 30 giugno e dare continuità all’azienda Milan. Se è pacifico che i debiti (gli oltre 300 milioni di Elliott) vadano rifinanziati , d’altra parte senza un adeguato fatturato la costosa macchina si inceppa. Le misure tampone possono arrivare dallo stesso fondo americano che non avrebbe problemi a prestare altri 30-40 milioni destinati al club se servissero a garantire tra un mese l’Uefa e un futuro nelle coppe al Milan. Non è generosità ma calcolo: eventuali sanzioni inciderebbero sul valore della società che è a garanzia dei prestiti. Yonghong Li mantiene gli impegni, sostengono al Milan elencando i bonifici per gli aumenti di capitale.
Ritardi e tassi
Ma è un continuo arrancare tra ritardi e tassi che sembrano una condanna di inaffidabilità: per pochi milioni non restituiti alla scadenza a una finanziaria di Cayman (che ha in pegno una delle holding del Milan con sede alle Isole Vergini) , Li ha accettato di pagare un interesse del 24% in cambio della proroga del finanziamento e facendosi garantire dalla moglie. Insomma se la squadra con Rino Gattuso è riemersa e viaggia a buon ritmo, la società vive alla giornata e da mesi è alla caccia di un rifinanziamento che sia accettabile in termini di tassi e di commissioni. L’intera operazione Milan-Li, oggi che i nodi del passato vengono al pettine, appare dunque come un enorme azzardo (se non messinscena) finanziario con scarsissimi contenuti e visione imprenditoriali. E il commissariamento della Jie Ande conferma quanto fosse «drogato» quel patrimonio dichiarato dal cinese, comprensivo di miniere e altre proprietà difficilmente individuabili o quantificabili o attribuibili. L’avvocato dello studio di Pechino nominato dai giudici potrà ora certificare se davvero quel piccolo tesoro detenuto dalla cassaforte Jie Ande, cioè la partecipazione dell’11,4% nella quotata Zhuhai Zhongfu, fosse davvero di mister Li come da lui dichiarato. O non, invece, di un certo Jinzhong Liu, come dichiarato nei bilanci.
ALTRO SU MSN:
Il presidente del Milan: "Mie risorse sono sane" (Mediaset)

Lettore video di: Mediaset (Informativa sulla privacy)

Peculato: sequestrata casa di campagna dell'ex pm Ingroia

Nei giorni scorsi il gip, su richiesta della Procura, aveva disposto il sequestro preventivo per equivalente di 151mila euro dell'ex magistrato

Ansa - La Guardia di Finanza ha sequestrato una casa di campagna dell'ex pm di Palermo Antonio Ingroia, indagato per peculato. Nei giorni scorsi il gip, su richiesta della Procura, aveva disposto il sequestro preventivo per equivalente di 151mila euro dell'ex magistrato. La decisione di disporre il sequestro dell'immobile, che si trova a Calatafimi, nasce dal fatto che il denaro presente sui conti correnti dell'indagato non sarebbe sufficiente a "coprire" la totalità della somma sequestrata dal gip. Il provvedimento determina l'impossibilità di vendere la casa.
   
Due gli episodi contestati a Ingroia. Nominato nel 2013 dal governo Crocetta liquidatore della Sicilia e-Servizi s.p.a., società in house della Regione si è liquidato, in conflitto d'interesse e senza passare per una specifica valutazione dell'assemblea dei soci, una indennità di risultato di 117mila euro. Per gli inquirenti si tratterebbe di una somma indebita perché la legge stabilisce che l'indennità non possa superare il doppio del compenso onnicomprensivo attribuito pari, per Ingroia a 50.000 euro l'anno. Nel 2013 l'ex pm ha lavorato a Sicilia e-Servizi solo tre mesi, percependo uno stipendio limitato a quel periodo. L'indennità dunque sarebbe del tutto sproporzionata. E, secondo gli investigatori avrebbe di fatto, determinato un abbattimento dell'utile di esercizio da 150.000 euro a 33.000 euro.

Ingroia, che ora esercita la professione di avvocato e vive a Roma, si sarebbe, inoltre, indebitamente appropriato di ulteriori 34.000 euro, a titolo di rimborso spese sostenute per vitto e alloggio nel 2014 e nel 2015, in occasione delle trasferte a Palermo per svolgere le funzioni di amministratore, nonostante la normativa nazionale e regionale, chiarita da una circolare dell'Assessorato regionale dell'Economia, consentisse agli amministratori di società partecipate residenti fuori sede l'esclusivo rimborso delle spese di viaggio. L'ex pm aveva adottato un regolamento interno alla società che consentiva tale ulteriore indebito rimborso. 
P.S. Il 16 luglio il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta annuncia che Ingroia sarà presto il nuovo commissario di Sicilia e-Servizi, la società mista regionale per l'informatizzazione,[47] dove si insedia il 25 novembre 2013.[48]. Il 21 febbraio 2014 su nomina dello stesso Crocetta diviene anche commissario della Provincia di Trapani[49] in sostituzione del vice prefetto Darco Pellos fino al 9 dicembre 2014, quando viene sostituito perché incompatibili entrambi gli incarichi.[50]
Nominato nel frattempo amministratore unico della società regionale (divenuta "Sicilia e-digitale") viene destituito dal nuovo presidente della Regione Nello Musumeci il 6 febbraio 2018 [51].


Nel 2016 viene indagato insieme all'ex presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta per il doppio incarico - viziato da palese incompatibilità, secondo l'Anac - che Ingroia rivesti' nel 2014-2015 quando l'ex procuratore aggiunto fu contemporaneamente commissario della Provincia di Trapani e commissario dell'azienda regionale Sicilia e-Servizi. Nel marzo 2018 il gip del tribunale di Palermo ha archiviato l'indagine penale, ma ha inviato gli atti alla Procura della Corte dei conti, perche' verifichi la sussistenza di un eventuale danno erariale prodotto [66].
Nel marzo 2017, Antonio Ingroia viene indagato da parte della procura di Palermo con l'accusa di peculato per la sua attività come amministratore di "Sicilia e servizi".[67]