9 dicembre forconi: 09/15/18

sabato 15 settembre 2018

Pubblico o privato?

Le cose ripetute troppe volte vengono a noia e, forse, è per questo che dopo trentanni di “evviva il privato” il refranin ora è “evviva il pubblico” i 5S sono per “pubblicare” tutto e scacciare il privato in recinti ben controllati. Se poi si chiede con che soldi, la risposta è sempre la stessa: la Cassa Depositi e Prestiti, ovvero i buoni postali degli italiani e qui cominciano i brividi. 

Già perchè se le cose dovessero non andare bene, sarebbe un bagno di sangue al cui confronto le 4 banche “salvate” da Renzi  sembrerebbe una puntura di zanzara. Rivogliamo tutto indietro, e faremo meglio. 

Forse. Sicuramente, almeno in alcuni casi (Telecom) sarebbe difficile far peggio, ma in altri, ancora statali (Alitalia), sarebbe vero il contrario. 

È vero che le vendite dei beni dello stato sono stati la fortuna di pochi e la fregatura di molti (chi ha comprato azioni di Telecom ed Enel lo sa bene), ma anche tutti questi meravigliosi futuri super manager dove sono? 

Questo è il punto. Prima di avventurarsi in ri-acquisti, il governo farebbe bene a far vedere quello che sa fare con i pezzi (non piccoli) di industria di stato che ancora abbiamo. 

Vediamoli all’opera i nuovi e saremo “consolati” negli investimenti futuri. 

Si dice che vogliono ricomprare le ditte strategiche, come Gentiloni che si accorse che Telecom era stategica quando Bollorè andò all’attacco di Mediaset. Che è anche lei diventata strategica, anche se non è dello stato. 

Lo sarebbero per la verità le antenne, ma di questo anche i nuovi (che in campagna elettorale ne hanno parlato tanto) per ora tacciono, come, d’altra parte su canone sulla bolletta elettrica o sulle accise sul carburante. 

Vedremo, certo la cricca “incrostata” nel pubblico è dura da “grattare via” e il tempo per farlo bisogna lasciarglielo. Magari se si vedesse qualcosina, magari sulle banche, anche quelle di paese, sarebbe una bella cosa. Ma la filosofia pare sia quella di “gettare il cuore oltre l’ostacolo” e quindi i fatti vengono alla luce a cose fatte. 

Sarà, ma io sono malfidente, visto come sono andate le cose negli ultimi decenni e vista anche la nuova alleanza di governo in cui gli statalisti puri (5S) stanno con i privatisti ad oltranza (Lega)
Hanno un capitolato di intesa, ma senza priorità, per cui ognuno tira l’acqua al suo mulino. Per cui migranti e reddito di cittadinanza sono i refrain più gettonati. Sembra quasi che la campagna elettorale sia cominciata appena si è installato il governo e quindi più che di pubblico e privato si parli di mentalità statalista e di mentalità liberista (fateci guadagnare in pace e non rompete i coglioni con leggi e controlli). Se così fosse presto pioverà a catinelle e come sempre a rimetterci saranno quelli che hanno risparmiato per il futuro. Che non sarà il loro, ma quello degli altri.

Fonte: qui

Neue Zürcher Zeitung: il mondo ha sfidato il dominio del dollaro

Sempre più paesi stanno cercando di abbandonare il dollaro o almeno di indebolire la loro dipendenza dalla valuta statunitense, scrive Neu Zürcher Zeitung. Questa tendenza è causata dalla politica protezionistica della Casa Bianca e dai costanti conflitti commerciali tra USA e altri stati dichiara l'analista Ronald-Peter Stöferle.
Dalla fine della seconda guerra mondiale, il dollaro gode di uno status speciale, scrive Neu Zürcher Zeitung. Il commercio di petrolio e di altre materie prime viene effettuato solo in valuta americana. Senza i cosiddetti petrodollari, con i quali gli estrattori di oro nero acquistano titoli di prestito del governo degli Stati Uniti, gli americani non avrebbero potuto accumulare una tale montagna di debiti senza affrontare una stretta finanziaria, spiega Ronald-Peter Stöferle, un analista della società d'investimento Incrementum.
Ma ora molti paesi stanno iniziando ad abbandonare il dollaro, continua la pubblicazione. In prima linea ci sono la Russia e la Cina. E persino la creazione dell'euro può essere interpretata come un passo in una direzione simile, crede l'analista. La "de-dollarizzazione" è un processo lento, che evidenzia "la trasformazione del mondo monetario da uno americano-centrico ad uno multipolare".
L'elezione del presidente di  Donald Trump potrebbe avere un grande impatto su questo processo, afferma Stöferle. Portando avanti la politica sotto lo slogan "l'America prima", il capo della Casa Bianca non ha paura di essere coinvolto in conflitti commerciali. Ma misure più protezionistiche vengono adottate dagli americani, più si riduce il fatturato di dollari. Non bisogna dimenticare l'aumento del tasso di interesse della Federal Reserve Bank, ricorda l'analista. I paesi con grandi debiti in dollari affrontano gravi difficoltà. Il fatto che Trump usi la sua valuta come uno strumento di potere, contribuisce al suo rifiuto in altre parti del mondo.
Sempre più Stati stanno sfidando il dominio del dollaro, continua la pubblicazione. La Russia e la Cina stanno cercando di commerciare in rubli e yuan, e non in dollari. Il capo del Cremlino, Vladimir Putin, nel 2014, ha sottolineato che il petrolio e il gas dovrebbero essere venduti con la valuta russa, minando così il monopolio della valuta statunitense. Inoltre, Mosca vende titoli di credito del governo degli Stati Uniti e in cambio ci compra oro, afferma Stöferle.
Anche la Cina ha concluso un gran numero di contratti per la fornitura di petrolio con pagamento in yuan. Inoltre, Pechino quest'anno ha iniziato a scambiare i futures sul petrolio nella sua valuta. Un segno importante che viene dalla Cina che mostra la sua volontà di creare un "sistema multipolare di valute di riserva" è l'apparizione dello Shanghai Gold Exchange, sottolinea l'analista. Inoltre, Pechino ha convenuto che il finanziamento di alcuni dei principali progetti infrastrutturali concordati nel recente Forum della cooperazione Cina-Africa sarà attuato in yuan.
Il dollaro sta gradualmente perdendo lo status della valuta mondiale, e questo può portare a conseguenze su larga scala negli Stati Uniti, predice Stöferle. Di conseguenza, la domanda di dollari, così come i titoli di prestito del governo degli Stati Uniti, potrebbe diminuire significativamente. Questo, a sua volta, porterà ad un aumento dell'inflazione e ad un aumento dei tassi di interesse. Se la Cina compra la maggior parte del suo petrolio in yuan, perderà interesse per le obbligazioni statunitensi. Processi simili possono verificarsi in Medio Oriente, avverte l'analista.
Fonte: qui

10 Years After Lehman. And Nothing Has Been Fixed

The general storyline of the Global Financial Crisis (GFC) goes about like this: funds from all over the world headed to the US, where the banks, to finance the housing market boom, developed unsound financial products which then brought down the global financial order. Although this description has some seeds of truth, the crisis was much larger in the sense that it could not have been possible without the whole system playing along.
Also, very little has been done to fix its ‘original sins’. Moreover, by pushing the debt-cycle even further, central bankers and political leaders have created an even more dangerous economic situation by their efforts to save and stimulate the economy.
Prerequisites
It is true that the savings glut, caused by the oil-rich nations and China in late 1990’s and early 2000’s, created a capital-rich global financial environment. That capital was looking for a reasonably safe investment with relatively good returns. Still, the ‘financial alchemy’ that led to the crisis was born mostly out of domestic needs of the US banks.
Banks are always looking ways to diminish their risks and to increase their profits. The credit default swap (CDS) developed in the 1990’s was an excellent mean to diversify risks. In it, the risk of a loan is insured by a third party to which the bank pays a fee for the insurance. This rather well functioning risk distribution through diversification and hedging was elevated to a new level by creating a shell-company, a special purpose vehicle (SPV) to insure the loans. SPV, established by the bank, bundled the risk and sold it to the investors according to the calculated tranches (junior, mezzanine and senior) of risk, and bought the US treasuries and other AAA -rated securities to cushion against losses. Mathematically, it was shown that, by bundling of the loan risks, the overall risk of the loans and thus the assets build on them greatly diminished. This implicated that the SPV needed to obtain only a small amount of collateral to cover the possible losses. The remaining risk was thought to be so low that it was denoted as the “super-senior”. The construct was called Bistro (Broad index secured trust offering). The Fed approved it and allowed the banks to remove the loan risk from their balance sheets by using this scheme. This marked the beginning of the rise of the ”shadow banking sector”.
Further innovations followed, including the synthetic collateralized debt obligation, CDO, and the structured investment vehicle (SIV). CDO was a standardized version of the Bistro, which could be constructed from not just CDS and other derivatives, but also on different debt securities, like mortgages. The SIV:s were “quasi-shell companies” founded by the banks to buy, bundle and sell the loans. They operated outside the balance sheet of the banks, because they were funded with loans with maturity shorter than one year. Basel I regulations stated that the banks needed no to reserve the collateral for such loans.
The ‘Achilles heel’ of the structured mortgage products was the difficulty to estimate their overall risk. On the corporate loans, where the collateralization basically began, there were usually decades of detailed data from the companies, whereas from the mortgage holders there was no information at all. The housing market had not had a serious fall in 70 years, so it was impossible to evaluate how the mortgages would behave in serious downturns. Regardless of these shortcomings, the rating agencies gave high ratings, especially for the super-senior and senior tranches. The rating agencies usually received higher compensation for higher ratings and thus they sometimes even gave advice to the issuers on how to bundle the loans in order to achieve the best possible rating. Because of the high ratings and relatively high yield, the demand for CDO:s was high across the globe. They were bought by other banks and even by pension funds.
Thus, supported by the high demand for CDO:s, banks were able to transfer most of the loan risk outside their balance sheets in a systematic manner, which greatly increased their leverage and profits.  The low rates of the Fed fueled the US housing market and it became the epicenter of the “CDO machine”.
The housing market quickly proceeded to a total hustle. At the peak of the speculation, the banks and the loan brokers issued mortgages to people with No Income, No Jobs and No Assets (NINJA). People speculated with the market by buying several houses to be sold with profit later. The US housing market became a classical Ponzi scheme. Many mortgage holders were able to finance neither the principal nor the interest from their cash flows; just the increase in the value of the house mattered. Over decades and especially in the early 2000’s, the US government fueled this development by pushing the banks to lend to ever poorer households.
The crisis
In the Spring of 2006, the US housing market turned the corner. This increased the loan defaults almost immediately because the speculators were ‘under water’ very quickly (due to Ponzi). At the same time, the interest free period of many mortgages ended. Entire areas of houses were abandoned which led to further price decreases, to further defaults and to increasing the abandonment of houses. A systematic, clustering cycle of price falls followed. Banks had assumed that the losses of the loans would follow a normal distribution but this was utterly broken by the systemic and clustering nature of the mortgage failures.
As the mortgage failures mounted, so did the losses inside CDOs. Their values started to waver. In the fall of 2007, the stress in the interbank markets started to rise (see the Figure below). The mortgage-backed commercial paper market practically froze over. By early 2008, it became clear that also the values of some products with the highest rating (AAA) shall fall. The markets lost faith on practically all mortgage-linked products and the SPVs and SIVs faced the day of reckoning. No one would buy their products and the value of their collateral started to fall (many had bought AAA -rated CDOs as collateral). The “super-senior” risk, calculated in hundreds of billions of dollars, started to materialize in the balance sheets of the banks. Claims to insurers of the “super-senior” risk, like AIG, witnessed a deluge of claims. To make matters worse, many banks had acquired AAA -rated CDO:s as collateral. They were thus hit with massive losses against which they had only minimal sub-par collateral. Trust evaporated, the interbank market froze over and the financial system started to grind to a halt.
The “cure” as the pathway to the coming crisis
After the Panic of 1907, the Fed was essentially setup to guarantee the liquidity of the banking sector in the case of crisis. And this is what it furiously did after the GFC got into full gear in the end of 2008. Politicians also stepped in. Deposits were guaranteed, amble liquidity was provided to banks and ailing systemically important financial institutions were kept standing. This halted the financial crisis morphing into a systemic crisis which, according to reliable sources, was just hours away (see one of our earliest sketches of what it could look like). However, after that, very little was done to improve the situation.
Practically, only Iceland broke up its major banks and it did it only because it was forced to (the assets of the banks were around 900 % of the GDP). Europe basically saved all the banks and, in the aftermath of GFC in 2010 – 2012, also the countries. The US let Lehman to fail but this had several unintended consequences.
The collapse of Lehman Brothers on 15 September (the bankruptcy was announced late Sunday on the 14th) is the culmination point of the GFC. It is also the culmination point on our journey to a new global crisis. The failure of Lehman shocked the central bankers and political leaders so that they retained to a full conservation mode. Examples of banking crises in the Nordics, where the failed banks were wound down and the financial sector was restructured, were forgotten. Even though better capitalized, the banks, dubbed “too big to fail” in 2008, are even larger now in the US. The European banking sector is undercapitalized and full of zombies and it’s kept going only by the liquidity support of the European Central Bank. The economy of China is facing a reckoning which can only be described as the biggest debt bubble ever. The banking regulation has been likely to push more banking into the “shadows”.
It is almost certain that the creators of the Federal Reserve, or other major central banks for that matter, could not have envisaged that at some point they would provide funding with near zero or even negative interest rates for a decade and that they would end up owning a large chunk of the capital market. Still, it’s where we stand. The central bankers, in an exception of the Fed, are still in a full stimulus mode.
Alas, the imbalances that plagued the world economy before 2008, are even larger now. Debt in the world economy is considerable higher and the extended use unorthodox policies of the central banks have created a platform for speculation of an unprecedented scale. The ‘lost decade’ of Japan shows very clearly that policies, which save everybody and provide the banks with almost endless liquidity, lead to a ‘zombified’ banking and business sectors unable to grow and are in a constant risk of failure. Now, this is a global issue.
GFC was not born out of void. The imbalances and risks were visible before the crisis hit. It was born out of a combination of speculation, regulatory failures, moral hazard and incentives to get into debt. Very little has been done to fix these issues and, in some cases, even the opposite has materialized. This policy of “more of the same” has the potential to bring down the global economy in the future. The cure may well turn out to be worse than the disease.
Submitted by Tuomas Malinen, CEO of GnS Economics

La prossima crisi finanziaria? La provocherà uno di questi 10 rischi



La prossima crisi finanziaria? La provocherà uno di questi 10 rischi


Nel decimo anniversario del fallimento della Lehman, quali potrebbero essere le cause della prossima crisi? 

Il sito americano Quartz (https://qz.com/1383412/) ne ha elencate dieci. Eccole:

1) L’indebitamento delle società

Secondo McKinsey, l'indebitamento globale non finanziario delle imprese è più che raddoppiato nell'ultimo decennio, fino a 66 mila miliardi di dollari a metà del 2017. Due terzi di questo debito è stato raccolto nei mercati emergenti, in cui molte di queste società hanno approfittato dei bassi tassi di interesse per prendere a prestito in dollari USA, il che è motivo di un ulteriore rischio. Con l'aumento dell'indebitamento delle imprese, la qualità del credito è diminuita. Secondo McKinsey, un quarto dei bond societari emessi nei mercati emergenti è oggi a rischio di insolvenza, una cifra che potrebbe aumentare rapidamente con un forte aumento dei tassi di interesse e il rafforzamento del dollaro, entrambi in atto. Le attuali turbolenze in Turchia sono un esempio di ciò che può andare storto. La lira turca è in caduta libera contro il dollaro e gli investitori sono sempre più incerti se le aziende turche saranno in grado di pagare il loro debito denominato in dollari con le lire in rapido deprezzamento. Alcune banche europee hanno concesso ingenti prestiti a società turche, mettendole in difficoltà in caso di insolvenza a cascata. Ci sono anche preoccupazioni per l'abbuffata del debito della Cina: la seconda economia mondiale ha una montagna di debiti societari pari al 160% circa del PIL, la più alta del mondo. La capacità del governo cinese di sostenere la crescita, stabilizzare la sua economia e combattere una guerra commerciale con gli Stati Uniti sarà messa alla prova, e qualsiasi slittamento si ripercuoterà sull'economia globale.

2) Obbligazioni garantite da prestiti bancari

Si tratta di titoli di debito garantiti (CDO) che hanno causato tanto caos durante la crisi del 2008. Queste attività sono un altro esempio di cartolarizzazione in cui i prestiti alle imprese con leva finanziaria (vale a dire i debiti di società con rating inferiore all'investment grade) sono raggruppati e poi suddivisi in tranche. Esistono altre analogie con le pratiche di cartolarizzazione pre-crisi: La documentazione del CLO è lunga e complessa e ogni CLO ha di solito più di 100 emittenti raggruppati in un unico prodotto, secondo Bloomberg. La maggior parte delle persone pensano che i CLO siano abbastanza sicuri. Anche durante la peggiore delle ultime crisi, le tranche superior non hanno mai fatto default. Ma questa volta è diverso perché i prestiti aziendali non sono così vulnerabili alle variazioni dei tassi di interesse come furono i mutui subprime sottostanti i CDO. Ma lo stesso livello di fiducia non può essere applicato ai CLO a basso rating che stanno diventando popolari a causa degli alti rendimenti offerti. Bloomberg avverte che il boom del mercato potrebbe essere andato troppo lontano ora che i CLO sono rivolti a investitori al dettaglio.
L'emissione dei CLO ha fatto boom in Europa e continua a crescere negli Stati Uniti, soprattutto perché le operazioni del 2016 vengono rifinanziate a condizioni di mercato migliori. Alla fine del primo trimestre di quest'anno, secondo la Securities Industry and Financial Markets Association, le dimensioni del mercato statunitense dei CLO in essere ammontavano a quasi 550 miliardi di dollari, contro i 270 miliardi di dollari del 2008. Il mercato europeo dei CLO è inferiore a quello del 2009, ma in crescita rispetto al livello minimo del 2015.

3) Prestiti ipotecari non bancari

Le banche commerciali tradizionali hanno ridotto l'ammontare dei mutui erogati, soprattutto alle famiglie a basso e medio reddito, a seguito di normative più severe. A intervenire per colmare il divario sono state le non-banche: negli Stati Uniti, il 56% di tutti i mutui ipotecari proviene da soggetti non bancari, contro il 35% del 2010. Ad esempio, Quicken Loans è ora il maggiore emittente di mutui per la casa d'abitazione, superando Wells Fargo. E’ dimostrato che prima della crisi le attività non bancarie hanno contribuito al deterioramento degli standard di prestito.

4) Shadow banking

Parlando di banche non-banche, la dimensione del settore bancario ombra globale è di almeno 54 mila miliardi di dollari, secondo la stima più prudente del Financial Stability Board, circa il 13% del sistema finanziario globale, con un top in Cina, dove il sistema bancario ombra rappresenta più di un quarto delle attività bancarie totali. In questo settore, le aziende che non sono banche e non accettano depositi forniscono servizi bancari e possono comportare rischi per la stabilità finanziaria. Come mai? Poiché non sono banche, non sono soggette alla stessa regolamentazione.

5) Etf

Nell'ultimo decennio, è difficile pensare a un altro segmento della finanza cresciuto così rapidamente con tanto clamore come gli ETF (exchange-traded fund). Ce ne sono di tutti i tipi: è possibile tracciare la performance di un indice, una materia prima o un'obbligazione e negoziare l’Etf in borsa come se si trattasse di un'azione. Ci sono ETF per quasi tutto, dai panieri storici a quelli che tracciano le aziende che si concentrano sulla parità di genere. Si suppone che abbiano democratizzato gli investimenti rendendo più economico investire in fondi passivi. Il mercato globale degli ETF vale ora circa 5.100 miliardi di dollari, rispetto ai 700 miliardi di dollari di dieci anni fa. Entro il 2020, EY prevede che le attività globali dell'ETF ammonteranno a 7.600 miliardi di dollari. Finora la crescita dell'ETF è stata sostenuta da un lungo mercato toro. Cosa succede quando finirà? Ci sono alcune preoccupazioni riguardo agli ETF sintetici, che in realtà non detengono i titoli sottostanti, ma cercano invece di replicare l'indice utilizzando swap e derivati. In caso di crisi è difficile essere certi di cosa succederebbe a questi ETF se la controparte di quell'accordo, di solito una banca d'investimento, fallisse. Si teme inoltre che gli ETF stiano gonfiando il valore delle azioni e ci sono evidenze anche di crash improvvisi, che stanno diventando sempre più comuni. Valutando i grandi flash crash negli Stati Uniti nel 2010 e 2015, la Securities and Exchange Commission ha rilevato che gli ETF hanno sperimentato una "volatilità più severa" rispetto ai titoli ordinari.

6) Trading ad alta frequenza

Michael Lewis ha portato i CDO e i credit default swap nel linguaggio comune con il libro-film The Big Short, esponendo l'avidità e la stupidità di Wall Street nel periodo precedente la crisi finanziaria. Nel 2014, Lewis ha pubblicato Flash Boys, un libro sul trading ad alta frequenza (HFT), focalizzandosi su un piccolo gruppo di aziende che utilizzavano le conoscenze tecniche per generare profitti realizzando negoziazioni più velocemente del normale. La quantità di HFT che si sta facendo oggi è inferiore a quella del 2009, e le aziende stanno lottando per generare profitti come stimolo della banca centrale dopo che la crisi ha calmato i mercati e ridotto la volatilità. Ma l’HFT non è sparito del tutto ed è ancora motivo di preoccupazione. La Bundesbank tedesca ha avvertito che l'HFT aggrava le oscillazioni di mercato in tempi di stress. I ricercatori di Goldman Sachs hanno detto che l'HFT peggiorerebbe le vendite perché le aziende ritirerebbero liquidità dal mercato nel momento peggiore. I crash flash sono un segno che qualcosa probabilmente non va bene con l'attuale stato del trading e che l'HFT potrebbe anche contribuire alla "fragilità del mercato".

7) Il Fintech

C'è stato un rapido aumento del numero di società finanziarie non bancarie con una migliore user experience rispetto alle banche tradizionali, ma senza la stessa regolamentazione. Sono sempre più numerose le società finanziarie che concedono crediti o facilitano i prestiti ai loro clienti. Negli Stati Uniti, i prestiti personali sono saliti alle stelle grazie alle società fintech. Ci sono circa 120 miliardi di dollari di debito collegato al fintech, rispetto ai 72 miliardi di dollari di dieci anni fa. Le società finanziarie come Lending Club, Prosper e Avant rappresentano circa un terzo di questi prestiti, rispetto a meno dell'1% nel 2010. Questi prestiti non sono garantiti da garanzie reali e possono portare a pesanti perdite per le aziende in caso di insolvenza dei clienti in un periodo di recessione economica, soprattutto perché sono spesso utilizzati da mutuatari con punteggi di credito inferiori e per rifinanziare altri tipi di debito.

8) Il fracking

L'industria statunitense del fracking, la tecnica di estrazione degli idrocarburi di scisto, ha avuto un tale boom che l'America sta producendo abbastanza petrolio da rendere il paese un protagonista del mercato globale. Ma Bethany McLean, l'autore di Saudi America: the Truth About Fracking and How It's Changing the World, sostiene che i rischi finanziari sono in agguato sotto la superficie. L'industria statunitense del fracking è stata in grado di crescere così rapidamente grazie a tassi di interesse estremamente bassi. Questo è insostenibile, dice, perché i tassi di interesse sono in aumento e le società di fracking hanno centinaia di miliardi di dollari di debito. E 'anche peggio perché per molti di loro, il costo delle operazioni è più alto di quello dei ricavi. McLean lo paragona alla bolla delle dot-com che è scoppiata all'inizio del secolo. "Finché gli investitori erano disposti a credere che i profitti stavano arrivando, tutto ha funzionato - fino a quando non ha più funzionato ", ha scritto.

9) La deregolamentazione bancaria

Da oltre un anno, il Congresso americano guidato dai repubblicani sta lavorando per allentare le regole bancarie e smantellare il Dodd-Frank Act, la legge che impone una regolamentazione più severa dopo la crisi del 2008. All'inizio di quest'anno, migliaia di piccoli e medi istituti di credito sono stati esentati da parti del Dodd-Frank. La Federal Reserve e altre autorità di regolamentazione stanno valutando la possibilità di allentare i limiti su quanto le maggiori banche possono prendere in prestito, cambiando gli stress test annuali e la Volcker Rule che limita il trading su posizioni di proprietà della banca. Nel frattempo, il Consumer Financial Protection Bureau sta bloccando l’apertura di nuove indagini, congelando le assunzioni e impedendo la raccolta di alcuni dati dalle banche. Le ricerche del Fondo monetario internazionale mostrano che la deregolamentazione segna di solito l'inizio di una crisi. Per 300 anni, c'è stato un ciclo perpetuo di boom seguito da deregolamentazione, crisi e ri-regolamentazione.

10) Varie ed eventuali

Per Quartz le crisi sono difficili da prevedere. Mentre ci sono molti rischi di cui gli operatori sono consapevoli, c'è ancora una buona probabilità che la prossima crisi emerga da dove pochi guardano. Essere stati rassicurati che le banche sono più forti di prima e che il sistema finanziario è meno interconnesso a livello globale è poco rassicurante di fronte ad un’altra evidenza: Tra il 1970 e il 2011 ci sono state 147 crisi bancarie, 218 crisi valutarie e 66 crisi del debito sovrano. Altre ne seguiranno.

Fonte: qui

Hedge Funds Slash Their Exposure To Stocks At The Worst Possible Time

Last week we discussed why even as the stock market ramped to new all time highs, hedge funds found themselves badly underperforming the S&P, and are now not only more than 5% below their January highs, but remain red for the year near the worst levels for 2018.
What are the reasons for this stark underperformance? It appears there are two main catalysts.
First, as BofA wrote last week, many hedge funds had simply not allocated enough capital to the market's lone group of massive outperformers, the FAANGs. The bifurcated returns were on full show in August, when the S&P 500 rose 3%, yet when Apple shares surged 20% while the rest of the FAANGs, Facebook, Amazon, Netflix and Google, climbed 6 percent. Without those five stocks, Bloomberg calculates that the S&P 500’s August gain would have been cut nearly in half to 1.8%.


Second, and more important, hedge funds appear to have lost their way in 2018. Recall that as Goldman wrote in its observations of 2Q 13F that arguably the biggest contributor to underwhelming hedge fund performance has been declining hedge fund net exposure. Net long exposure calculated based on 13-F filings and publicly-available short interest data registered 55% at the start of 3Q, slightly lower than in 2Q. Worse, data from Goldman's Prime Services division showed that net leverage had been declining steadily during recent months while the S&P 500 recovered to within 1% of its record high. In other words, as stocks ramp, hedge funds were rapidly delevering, uncertain about the future trajectory of the S&P.

Now, according to a new analysts from Morgan Stanley, the smart money has only been getting more cautious, despite having already been stung by a defensive stance on U.S. stocks.
According to Bloomberg, hedge funds’ net leverage, has continued to shrink and has fallen to the lowest level this year after a brief bounce in late August, and at 49% the ratio is down from a peak of more than 60% in March.
The growing reluctance of the "trapped" smart money to increase equity exposure demonstrates the growing skepticism about the durability of the S&P 500 against stocks markets in the rest of the world, a divergence which recently hit all time highs.
This lack of conviction in U.S. stocks may have been the main reason hedge fund managers had to watch in pain while the market rallied in July and August. During that stretch, Bloomberg notes that those with a focus on equities saw their underperformance versus the S&P 500 widen by 5%.
The poor returns also prompted Nomura to predict that the industry will have to sharply increase leverage. And yet, despite the S&P trading less than 1% below its all time highs, so far hedge funds have failed to muster the courage to do what they need to avoid a flood of redemptions at the end of the year, afraid that it is only a matter of time before the "alligator jaws" shown in the chart above, and highlighted by Jeff Gundlach in his latest Double Line investor call, will snap shut, costing those who chase the rally even more losses.
Fonte: qui

RIVOLTA A TORINO CONTRO LA POLIZIA, AGENTI PICCHIATI MENTRE FERMANO UN PUSHER ORIGINARIO DEL GABON



“IN QUESTO PAESE ESISTE UN RAZZISMO VERSO LE FORZE DELL’ORDINE”

2 FERITI, 2 ARRESTATI

Massimiliano Peggio per la Stampa

POLIZIAPOLIZIA
«Africa aiuto». Gridare queste due parole in piazza Alimonda di Torino, oasi di tigli e panchine in mano a spacciatori indifferenti a retate e proteste, dove ovunque si leggono scritte contro «sbirri» e Salvini, è stato un richiamo per chi aveva un conto da saldare con la polizia. A farne le spese sono stati due agenti in borghese di un commissariato di periferia, circondati e picchiati mentre cercavano di arrestare un pusher di 23 anni, di origine Gabonese, fuggito da un alloggio della zona dopo essere stato sorpreso con un po' di crack.

Correndo verso la piazza a piedi nudi e in mutande, ha urlato a squarciagola. In quaranta, più o meno, hanno risposto. Altri spacciatori, passanti. Nigeriani, senegalasi, maghrebini. Anche un italiano. Un artigiano che si è gettato nella mischia dando dei «fascisti» ai poliziotti e strattonandoli. Sopraffatti dalla folla, gli agenti hanno dovuto lasciar andare il giovane.

torino rivolta contro la poliziaTORINO RIVOLTA CONTRO LA POLIZIA
Ma solo per pochi istanti. L' arrivo di altre pattuglie ha riequilibrato le forze. Il pusher è stato arrestato. E anche l' artigiano, per resistenza, violenza e favoreggiamento. L' aggressione è avvenuta martedì scorso in tarda mattinata. Ieri il giovane pusher, Make Diop e l' artigiano, Giuseppe Ghisleni, 56 anni, sono comparsi in tribunale. Il giudice Claudio Canavero ne ha convalidato gli arresti e applicato loro una misura cautelare. In carcere per il primo, «per la violenza con cui ha cercato di sottrarsi all' arresto», e al secondo l' obbligo quotidiano di presentazione alla polizia, per il suo atteggiamento «sprezzante e minaccioso» verso i poliziotti, entrambi feriti: 20 e 25 giorni di prognosi. Uno ha riportato una frattura al ginocchio.

«Fascisti? Mai detto» ha affermato ieri l' artigiano di fronte al giudice. «Ero a casa della mia fidanzata, sul balcone a dipingere una finestra. Ho sentito gridare. Ho visto due persone che tenevano fermo un ragazzo e così ho urlato di lasciarlo stare. Poi sono sceso». In più ha negato di aver aggredito i poliziotti. «Volevo solo aiutare quel ragazzo. Con me c' erano altre persone: tiravano spintoni, scappavano. Cercavano di liberare il giovane. Non ho menato nessuno. Forse ho esagerato con i toni. Appena ho capito che erano poliziotti ho chiesto scusa. Non è servito a niente».

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E dire che i due agenti, martedì mattina, non erano a caccia di pusher. Stavano accompagnando la dirigente del commissariato Barriera di Milano e un custode giudiziario a ispezionare alcuni immobili pignorati, per accertare l' identità degli inquilini. Al primo indirizzo dell' elenco, in corso Palermo, in uno dei quartieri simbolo delle fragilità dell' immigrazione, si sono imbattuti in quel giovane, atletico e possente.
Non sapevano abitasse lì. Già arrestato in precedenza, è stato subito riconosciuto. Era nell' alloggio con un amico. Tutte e due in mutande. «Dobbiamo verificare le vostre identità», ha detto loro la dirigente, invitandoli a sedere. Make, appoggiandosi al letto, ha fatto scivolare sul pavimento un involucro pieno di palline di crack. Il tempo di un respiro e si è alzato di scatto. Con una spallata si è fatto largo tra i poliziotti, infilando le scale. I due agenti si sono lanciati all' inseguimento.

La dirigente è rimasta nell' alloggio a tenere a bada l' altro ragazzo. Ma mentre lei chiedeva aiuto via radio, lui si è lanciato dalla finestra. Un salto di 5 metri. È fuggito senza farsi un graffio. Gli agenti, invece, hanno inseguito Make per 300 metri, fino in piazza Alimonda.
toninelli salvini scritte degli anarchiciTONINELLI SALVINI SCRITTE DEGLI ANARCHICI
E lì è scoppiata la rivolta.

Duri i commenti dei sindacati di polizia. «L' Onu - afferma Eugenio Bravo, del Siulp - vuole mandare una commissione in Italia per valutare il vento di razzismo. Ma in questo Paese esiste un "razzismo" verso le forze dell' ordine». E Pietro Di Lorenzo del Siap, dice: «Quanto accaduto a Torino è l' ennesima conferma dell' inefficacia delle norme sanzionatorie per chi spaccia». Ieri la sindaca Chiara Appendino, manifestando ai poliziotti la solidarietà della giunta, ha parlato di un fatto «vergognoso».

E pochi giorni fa, rilasciando un' intervista alla Stampa seduta su una panchina di piazza Alimonda, aveva scelto quel luogo per far sentire la sua presenza nelle periferie «problematiche» di Torino.
Quelle periferie che le hanno regalato il successo elettorale.
In cambio di un aiuto però contro spaccio e degrado.

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MANAFORT, L'EX CAPO DELLA CAMPAGNA TRUMP SI DICHIARA COLPEVOLE DI COSPIRAZIONE


IN CAMBIO DELLA SUA ''COLLABORAZIONE'' CON IL PROCURATORE MUELLER EVITA UN SECONDO PROCESSO E CONDANNE PESANTISSIME PER LE SUE ATTIVITÀ DI LOBBYING. CHE ''NULLA HANNO A CHE FARE CON LA CAMPAGNA TRUMP'', COME PRECISA LA CASA BIANCA

RUSSIAGATE: FOX, MANAFORT SI DICHIARERÀ COLPEVOLE

 (ANSA) - Paul Manafort, l'ex capo della campagna elettorale di Donald Trump, si dichiarerà colpevole oggi in tribunale come parte dell'accordo con il procuratore speciale del Russiagate per evitare un secondo processo. Lo riferisce Fox News. I dettagli dell'accordo non sono noti, compreso se Manafort coopererà con Mueller sulle interferenze di Mosca nelle presidenziali del 2016 e sulle possibili collusioni della campagna di Trump con il Cremlino.

Paul ManafortPAUL MANAFORT
Il secondo processo è fissato per il 24 settembre in una corte federale di Washington, dove Manafort deve rispondere di sette capi di imputazione legate alla sua attività illegale di lobbying per politici ucraini e per aver tentato di manipolare i testimoni. In agosto l'ex capo della campagna elettorale di Trump è stato riconosciuto colpevole da una giuria di otto capi di imputazione per evasione fiscale e frode bancaria, sempre per operazioni illegali di lobbying.

RUSSIAGATE: MANAFORT SI DICHIARERÀ COLPEVOLE DI COSPIRAZIONE

 (ANSA) - Paul Manafort, l'ex capo della campagna elettorale di Donald Trump, ha accettato di dichiararsi colpevole di due capi di imputazione: cospirazione contro gli Stati Uniti e cospirazione per ostruire la giustizia. Lo scrivono alcuni media Usa citando i nuovi documenti depositati dall'accusa in tribunale. L'accordo con il procuratore speciale Robert Mueller prevederebbe tra l'altro una riduzione dei capi di imputazione da sette a due, quelli per cui Manafort ammetterà la sua responsabilità. La decisione di Manafort potrebbe essere un colpo per Trump, che lo scorso mese aveva lodato l'ex capo della sua campagna per non scendere a patti con l'accusa, a differenza del suo ex avvocato personale Michael Cohen.
donald trump paul manafortDONALD TRUMP PAUL MANAFORT

RUSSIAGATE: PROCURATORI, MANAFORT COLLABORERÀ

 (ANSA) - Gli investigatori del team del procuratore del Russiagate Robert Mueller hanno ufficializzato che Paul Manafort, l'ex capo della campagna elettorale di Donald Trump, ha raggiunto un accordo di cooperazione in vista del secondo processo. L'avvocato di Manafort ha spiegato che i 10 capi di imputazione su cui la giuria del primo processo non aveva raggiunto un accordo saranno lasciati cadere come parte dell'accordo.

CASA BIANCA, PASSO MANAFORT NULLA A CHE FARE CON TRUMP

 (ANSA) - L'accordo raggiunto da Paul Manafort, ex capo della campagna di Trump, con il procuratore speciale del Russiagate Robert Mueller "non ha nulla a che fare con il presidente o con la sua vittoriosa campagna presidenziale del 2016". Lo rende noto la Casa Bianca.

RUSSIAGATE: MANAFORT SI DICHIARA COLPEVOLE IN AULA
mueller trumpMUELLER TRUMP

(ANSA) - Paul Manafort, l'ex capo della campagna elettorale di Donald Trump, si è formalmente dichiarato colpevole oggi in tribunale di due capi di imputazione: cospirazione contro gli Stati Uniti e cospirazione per ostacolare la giustizia. Manafort ha raggiunto un accordo di cooperazione con il procuratore del Russiagate Robert Mueller.

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UN EX PORTAVOCE DEL LEGHISTA HA AVUTO CONTATTI CON LE MILIZIE NEONAZIONALISTE DEL DONBASS, E ''BUZZFEED'' VA ALLA CACCIA DEI RAPPORTI TRA GIANLUCA SAVOINI E I SEPARATISTI UCRAINI.


LUI, CAPO DELL'ASSOCIAZIONE LOMBARDIA RUSSIA, LA SPIEGA COSì: ''HO SEGUITO LA PUBBLICAZIONE DEL VOLUME SUL FILOSOFO ULTRANAZIONALISTA ALEKSANDR DUGIN AL QUALE UNA DI QUESTE PERSONE STAVA LAVORANDO, TUTTO LÌ''

Gianmichele Laino per www.giornalettismo.com
vladimir putin e gianluca savoiniVLADIMIR PUTIN E GIANLUCA SAVOINI

La premessa doverosa è che non c’è nessuna indagine in corso. Tuttavia, i contenuti di alcuni documenti consultati dal portale di news BuzzFeed che riguardano Gianluca Savoini, definito da molti uno ‘sherpa’ di Matteo Salvini (è stato suo ex portavoce) specialmente per i rapporti con la Russia di Vladimir Putin, suonano come inquietanti. Savoini, infatti, avrebbe dei legami con le milizie filo-russe e neonazionaliste che hanno combattuto nel Donbass, in Ucraina, nella guerra tra questo Paese e, appunto, la Russia.

Gianluca Savoini: che legami ha con le milizie neonazionaliste del Donbass?
salvini a moscaSALVINI A MOSCA





Secondo alcuni documenti giudiziari consultati da BuzzFeed, dunque, Savoini avrebbe avuto dei contatti con almeno una delle dieci persone che, secondo le tesi della magistratura, che avrebbe reclutato dei mercenari per andare a combattere nel Donbass dove, dal 2014, è in corso una lunga guerra di posizione tra milizie contrapposte, una delle quali fedele a Putin.

matteo salvini gianluca savoini a moscaMATTEO SALVINI GIANLUCA SAVOINI A MOSCA
L’indagine, partita dalla procura di Genova, punta il dito proprio sui reclutatori, per cui si ipotizzano una serie di accuse tra cui reclutamento, formazione e finanziamento di mercenari stranieri nell’Ucraina orientale, lotta accanto agli estremisti filo-russi e nazionalisti nella regione. Nell’ambito dell’inchiesta sono già state arrestate sei persone, vicine ad ambienti dell’ultradestra, mentre altre quattro risultano ancora indagate.

Il legame tra Savoini e una delle persone indagate dalla procura di Genova è stato accertato, ma – secondo la versione fornita dallo stesso Savoini via mail – sarebbe stato sporadico e legato a una singola occasione: «Ho seguito la fase finale della pubblicazione del volume sul filosofo ultranazionalista russo Aleksandr Dugin al quale una di queste persone stava lavorando, ma il tutto si è concluso lì».
salvini a mosca con gianluca savoini e claudio d'amicoSALVINI A MOSCA CON GIANLUCA SAVOINI E CLAUDIO D'AMICO

Savoini è presidente dell’associazione Lombardia-Russia, la cui attività è pubblica. Sugli account Facebook dell’associazione si inneggia all’autodeterminazione dei popoli, al nazionalismo, con toni anche piuttosto battaglieri. Inoltre, Savoini ha accompagnato Matteo Salvini nel suo viaggio in Russia del luglio 2018.

Insomma, BuzzFeed si chiede come questi presunti legami, indicati all’interno delle carte della procura, non sollevino ulteriori dubbi sui rapporti tra l’attuale governo italiano, di cui Matteo Salvini che aveva e ha in Savoini uno stretto collaboratore e un convinto sostenitore, e la Russia e, in generale, sulla politica estera del nostro Paese.

Fonte: qui