9 dicembre forconi: 06/13/15

sabato 13 giugno 2015

DEUTSCHE BANK E' LA PROSSIMA LEHMAN???

Grafico perDAX (^GDAXI)

In settimana vi abbiamo ricordato che la capitalizzazione di Deutsche bank è di circa 39 miliardi, ovvero la stessa di UNICREDIT e ben lontana dalla capitalizzazione di BANCA INTESA..
Oggi vi mostriamo due grafici interessanti...negli ultimi due anni la banca tedesca ha nettamente sottoperformato l'indice tedesco (quasi un 60%) e se il grafico fosse a 5 anni..la situazione sarebbe ben piu' grave (oltre il 120%) 
Il secondo grafico mostra la sottoperformance di DEUTSCHE BANK nei confronti di Banca Intesa..anche in questo caso il grafico parla da solo...la differenza è di oltre 160%..eppure l'italia è malata, le industrie italiane sono in difficolta, l'immobiliare è in difficolta'...e i crediti incagliati non parliamone...
Grafico perIntesa Sanpaolo (ISP.MI)
E' MOLTO EVIDENTE CHE QUALCOSA NON VA IN DEUTSCHE BANK...QUESTA BANCA VIVE NELLA ZONA PIU' RICCA DELL'EUROPA, E' CIRCONDATA DA AZIENDE SANE E IN FORMA...EPPURE NON RIESCE A FARE PROFITTI....L'ESPOSIZIONE DELLA BANCA E' INCREDIBILE E SEMBRA PROPRIO ESSERE IL CANCRO DELLA GERMANIA..IL TALLONE DI ACHILLE.....CHE PER IL BENE DELL'ITALIA...SAREBBE IL CASO CHE QUALCUNO PRIMA O DOPO LO COLPISCA....
LEGGETE LE STRANE COSE CAPITATE NEGLI ULTIMI 13 MESI ALLA BANCA PRINCIPALE TEDESCA...
    Not good.
  • In April of 2014,  Deutsche Bank was forced to raise an additional 1.5 Billion of Tier 1 capital to support it’s capital structure.  Why?
  • 1 month later in May of 2014, the scramble for liquidity continued as DB announced the selling of8 billion euros worth of stock – at up to a 30% discount.   Why again?  It was a move which raised eyebrows across the financial media.  The calm outward image of Deutsche Bank did not seem to reflect their rushed efforts to raise liquidity.  Something was decidedly rotten behind the curtain.
  • Fast forwarding to March of this year:   Deutsche Bank fails the banking industry’s “stress tests” and is given a stern warning to shore up it’s capital structure.
  • In April,  Deutsche Bank confirms it’s agreement to a joint settlement with the US and UK regarding the manipulation of LIBOR.   The bank is saddled with a massive $2.1 billion payment to the DOJ.  (Still, a small fraction of their winnings from the crime). 
  • In May,  one of Deutsche Bank’s CEOs, Anshu Jain is given an enormous amount of new authorityby the board of directors.  We guess that this is a “crisis move”.  In times of crisis the power of the executive is often increased.
  • June 5:  Greece misses it’s payment to the IMF.   The risk of default across all of it’s debt is now considered acute.   This has massive implications for Deutsche Bank.
  • June 6/7:  (A Saturday/Sunday, and immediately following Greece’s missed payment to the IMF) Deutsche Bank’s two CEO’s announce their surprise departure from the company.  (Just one month after Jain is given his new expanded powers).   Anshu Jain will step down first at the end of June.  Jürgen Fitschen will step down next May.
  • June 9: S&P lowers the rating of Deutsche Bank to BBB+  Just three notches above “junk”.  (Incidentally,  BBB+ is even lower than Lehman’s downgrade – which preceded it’s collapse by just 3 months)
The trouble for Deutsche Bank is that it’s conventional retail banking operations are not a significant profit center.  To maintain margins, Deutsche Bank has been forced into riskier asset classes than it’s peers.
Deutsche Bank is sitting on more than $75 Trillion in derivatives bets — an amount that is twenty times greater than German GDP.    Their derivatives exposure dwarfs even JP Morgan’s exposure – by a staggering $5 trillion.
With that kind of exposure, relatively small moves can precipitate catastrophic losses.   Again, we must note that Greece just missed it’s payment to the IMF – and further defaults are most certainly not beyond the realm of possibility.
Fonte: qui






Riprende la guerra nel Donbass, i media occidentali tacciono

di Eric Draitser

I recenti bombardamenti su Donetsk e le aree confinanti, compiuti dalle forze militari di Kiev, hanno di fatto messo fine al cessate il fuoco e a qualsiasi illusione fosse rimasta riguardo agli accordi Minsk 2. Se è vero che si erano verificati atti violenti anche prima, l’intensità del bagno di sangue è però senza dubbio aumentata.

Sebbene l’esercito ucraino e le milizie paramilitari mirino ai civili (il che è un flagrante crimine di guerra), da parte dei media occidentali c’è un quasi completo blackout. Nel frattempo gli Stati Uniti continuano a sostenere che “la stragrande maggioranza delle violazioni del cessate il fuoco” è dovuta all’attività dei ribelli anti-Kiev, senza fornire alcuna prova di quest’affermazione completamente falsa. Nel mezzo di una guerra sanguinaria mossa da Kiev contro il popolo del Donbass, Washington continua a presentare il presidente Poroshenko e il suo governo di oligarchi come una forza per la pace.

Kiev intensifica la guerra, i ribelli rispondono

Nonostante la continua propaganda contraria, la realtà è che le forze di Kiev hanno posto fine al cessate il fuoco e ripreso il bombardamento di obiettivi civili e militari. Ci sono dozzine di testimonianze di come Kiev stia attaccando la città di Donetsk e le cittadine vicine alla “linea di contatto” (la zona di separazione concordata durante i negoziati di Minsk). Il punto importante è che questi attacchi sono stati continui e non sono soltanto la ripresa delle ostilità nella scorsa settimana.

Bombardeo de Gorlokova
Sebbene non sia disposta a riconoscere e condannare pubblicamente le violenze, l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) ha di fatto documentato un numero sconcertante di violazioni del cessate il fuoco da parte delle forze di Kiev. Ad esempio, secondo la tavola riassuntiva della Missione di Monitoraggio Speciale (SMM) dell’OSCE, il 23 aprile gli osservatori hanno documentato che il fuoco di artiglieria pesante proveniva soprattutto dal territorio controllato da Kiev, e che tutti i colpi provenienti da parte ribelle erano di risposta. L’esame attento della tempistica rivela che quasi tutto il bombardamento del primo mattino proveniva dal territorio controllato da Kiev, indicando che l’attacco era partito dall’esercito ucraino, bombardato solo successivamente dai ribelli.

Ovviamente bisogna stare attenti a non tirare troppe conclusioni dai dati incompleti dell’OSCE, perché il loro ambito è limitato e la SMM è stata reticente nell’assegnare la responsabilità alle forze di Kiev, perfino quando la loro aggressione era palese. In aprile, l’esercito ucraino e/o le forze paramilitari hanno bombardato l’ospedale 21 della città di Donetsk, senza fortunamente provocare feriti perché l’edificio colpito non era in uso. Come riportato da Roger Annis dopo essere tornato da Donetsk in aprile: (newcoldwar.org/from-the-war-zone-of-eastern-ukraine/)

“A causa dell’intensificazione dei bombardamenti nelle scorse settimane, adulti e bambini stanno ancora una volta passando le notti sotto terra in rifugi malsani e sovraffollati. Abbiamo girato per un quartiere vicino alle rovine dell’aeroporto di Donetsk mentre le granate stavano cadendo a pochi chilometri di distanza. La ripresa dei bombardamenti giornalieri è una novità.”

[…] Vi sono resoconti sparsi di notevoli vittime in tutta la regione di Donetsk, mentre l’esercito ucraino e le milizie paramilitari hanno entrambi ripreso a bombardare e avanzare oltre la linea di contatto. La settimana scorsa il bombardamento di Donetsk è avvenuto diverse volte, compreso il 3 giugno, quando almeno 5 civili sono stati uccisi e altri 24 feriti. In seguito al bombardamento, il primario dell’ospedale del distretto Petrovsky, Igor Rutchenko, ha affermato che i pazienti erano stati evacuati a causa del persistente bombardamento delle forze ucraine, mentre i feriti venivano portati in fretta nella struttura.

Secondo un testimone oculare nella città di Maryinka (Hunternews.ru), nel mattino del 5 giugno “un uomo di 52 anni era a casa… quando un gruppo di soldati ucraini, circa 8, è entrato nel cortile… I soldati hanno cominciato a ispezionare i documenti [passaporto] e poi [l’uomo] è salito dalla cantina. Gli ucraini gli hanno puntato contro i mitragliatori e hanno aperto il fuoco… E’ morto sul colpo.” Tali flagranti crimini di guerra (esecuzioni sommarie) vengono totalmente ignorati dai media occidentali.

Negli ultimi giorni è arrivato da Donetsk un video di potente impatto che mostra il risultato dei bombardamenti sulle case e le imprese (Vedi:  Youtube.com/watch).
Secondo Eduard Basurin, portavoce della Repubblica Popolare di Donetsk, “L’attacco più intenso delle forze ucraine è stato al villaggio di Shirokino. Sono stati sparate più di 150 granate da 82mm e 120mm.” Il fatto che un simile bombardamento sia stato iniziato e portato avanti indica che l’aggressione dell’esercito di Kiev è salita di livello.
Ma a tale proposito bisogna notare un punto importante. Mentre da parte anti-Kiev si continua a riportare di civili uccisi con i bombardamenti e in altro modo, non ci sono resoconti equivalenti da parte dell’esercito ucraino. Di fatto, come notato da Reuters, il portavoce dell’esercito di Kiev, Andriy Lysenko, ha dichiarato che “Nelle ultime 24 ore 3 soldati ucraini sono stati uccisi, e altri 4 feriti negli attacchi dei separatisti filo-russi nell’est.” Notate la differenza. Mentre a Donetsk l’esercito ucraino uccide i civili, Kiev non può riportare un simile massacro. Sembra davvero che tutte le vittime nella parte controllata da Kiev siano militari, mentre da parte ribelle sono sia militari che civili. Questo semplice fatto, interamente omesso dalla narrativa occidentale, è indicativo della natura del conflitto. La falsa equivalenza presentata da quei media è a dir poco ingenua.

La narrativa di guerra e pace

La copertura mediatica del conflitto in Ucraina orientale è stata cattiva fin dall’inizio. Tuttavia, negli ultimi giorni l’omissione di fatti e le evidenti storture hanno raggiunto un nuovo livello di insidiosità e disonestà. Perfino quando l’intensificazione dell’offensiva di Kiev guadagna una minima attenzione dai media occidentali, essa non viene chiamata per quello che è: aggressione dell’esercito ucraino.

Prendiamo ad esempio l’articolo dell’8 giugno 2015 del propagandistico Voice of America, intitolato: “A Donetsk, i frequenti bombardamenti alimentano la sfiducia”. Già dal titolo si viene colpiti da un chiaro offuscamento dei fatti, ovvero che il bombardamento provoca “sfiducia”, ma nessun accenno a chi stia bombardando o chi sia sfiduciato.

Di fatto in tutto l’articolo non c’è una sola menzione al fatto che sono le forze di Kiev a bombardare.
Si leggono invece frasi del tipo: “molti tendono ad incolpare le autorità di Kiev”: chiara evasione della frase molto più diretta, semplice e accurata: “Kiev ha la colpa” o: “il bombardamento da parte delle forze di Kiev”. Ma ovviamente lo scopo non è di informare, piuttosto di assolvere l’esercito ucraino dalla diretta responsabilità per crimini di guerra, e di dipingere invece la Russia come l’aggressore, nonostante i fatti.

Leggendo attentamente questo articolo si viene colpiti dalle numerose immagini di donne e bambini che si rifugiano nei seminterrati, supplicando i media di raccontare le loro storie, implorando il governo ucraino di fermare i bombardamenti. Il pezzo mette in evidenza le numerose donne e famiglie ridotte senza casa e vittime degli attacchi militari, eppure non c’è la minima traccia di frasi come: “gli attacchi dell’esercito ucraino” o simili. Si potrebbe ben pensare che il bombardamento delle case di queste donne sia stato un atto di Dio, anziché un deliberato bombardamento di civili.
Perfino quando vengono citate frasi delle vittime che incolpano le autorità di Kiev, l’articolo le definisce come loro “opinioni”. Voice of America però si prodiga a dedicare tutta l’ultima sezione dell’articolo a un residente di Kramatorsk che afferma di aver visto “un paio di soldati russi quando è cominciato tutto”, così da suggerire che il resoconto di un testimone oculare non verificato, risalente a più di un anno fa, giustifichi in qualche modo l’aggressione alle donne evidenziata nella sezione precedente.

Questa è deliberata propaganda di VoA, per legittimare e giustificare indirettamente l’aggressione presentandola come difesa dai “soldati russi”.
Una breve scorsa ad altri media, alcuni non direttamente legati al governo USA come Voice of America, rivela la faziosità esplicita e implicita dei resoconti. Prendiamo ad esempio il titolo di International Business Times: “Notiziari russi affermano: l’esercito ucraino spara 150 colpi di mortaio ai ribelli di Donetsk”, titolo chiaramente fuorviante. La frase “Notiziari russi affermano” è pensata per screditare il fatto riportato, sfruttando la radicata sfiducia per qualsiasi informazione venga riportata dai media russi: sfiducia coltivata scrupolosamente e promossa dai media occidentali.
Ciò che viene, guarda caso, omesso è il fatto che solo i media russi stanno riportando i bombardamenti effettuati da Kiev. Ne segue che qualsiasi resoconto dovrebbe essere per forza di cose “affermato dai media russi”. L’idea è allo stesso tempo di riportare quanto sta accadendo e di screditarlo.

La narrativa di guerra è colma di simili resoconti disonesti. Purtroppo, però, la disonestà e l’insensibilità si spingono molto oltre, allo stesso linguaggio usato e alle campagne di pubbliche relazioni utilizzate per annacquare i crimini di Kiev. A settembre 2014, mentre le forze militari ucraine stavano attaccando Donetsk e Lugansk, il presidente Poroshenko era a Washington a parlare al Congresso USA e ricevere le lodi del presidente Obama.Come dichiarò Obama:
“Voglio congratularmi con il presidente Poroshenko per aver aiutato non solo a mediare un cessate il fuoco, ma anche a far passare una legislazione molto difficile che darà all’Ucraina orientale la percezione di essere pienamente rappresentata e capace di decidere su molte delle sue questioni locali con sicurezza. E quelle che il presidente Poroshenko ha fatto passare non erano leggi facili, ma credo indicassero il suo impegno per un’Ucraina inclusiva, il suo impegno per un’Ucraina decentrata che dà potere alle comunità locali… Ho molta fiducia che il presidente Poroshenko stia trovando l’equilibrio tra molte variabili diverse in una situazione molto difficile. Del resto è l’uomo giusto per il lavoro… E quindi, presidente Poroshenko, congratulazioni per l’eccellente lavoro svolto. Ha un grande amico non solo in me personalmente, ma, credo, come ha visto oggi al Congresso, ha un forte appoggio bipartisan qui negli Stati Uniti.”

Nessun accenno, ovviamente, ai vergognosi crimini di guerra di Poroshenko, nemmeno quelli riconosciuti dallo stesso colonnello generale del Corpo Ufficiali Ucraino, Vladimir Ruban, che due appena settimane prima aveva non solo ammesso il deliberato bombardamento di civili a Donetsk da parte dell’esercito ucraino, ma l’aveva anche giustificato suggerendo: “Forse se lo meritavano… Capiscono di essere bombardati. Una cosa è quando qualche gruppo col mortaio mobile guida per la città bombardando, nel qual caso si può dire che è la provocazione di una terza parte; un’altra cosa è quando viene colpito l’aeroporto da sistemi di artiglieria: nessuno dirà che sono i separatisti che si bombardano da soli.” Quindi, il presidente Obama loda Poroshenko come “l’uomo giusto per il lavoro”, mentre i suoi comandanti ammettono apertamente di commettere orribili crimini di guerra.

In questa luce le recenti voci che circolano online, secondo cui gli Stati Uniti vorrebbero usare la loro influenza per far assegnare il premio Nobel per la pace 2015 a Poroshenko, sono davvero preoccupanti, se non ridicole. Se è vero che le prove addotte, compresa la lettera attribuita a Volodymyr Groysman, presidente del parlamento ucraino, non possono essere verificate come autentiche, nondimeno sono certamente credibili, vista sia la lode che Poroshenko ha ricevuto da Washington, sia il completo disinteresse per la pace effettiva mostrato in passato dal comitato per il Nobel.

Si dovrebbe ricordare che lo stesso Obama ha vinto il premio Nobel per la pace, nonostante abbia iniziato o allargato numerose guerre separate (Libia, Afghanistan, Ucraina, Siria, ecc.), usi una lista di obiettivi da assassinare con i droni in luoghi come Pakistan e Somalia (http://www.nytimes.com/2012/05/29/world/obamas-leadership-in-war-on-al-qaeda.html?_r=0 ), e supporti tacitamente o apertamente molte altre guerre (Yemen, Gaza, ecc.). Quindi non è impensabile che gli USA facciano pressione per l’assegnazione del premio per la pace a un criminale di guerra.
Parafrasando Marx: “la storia si ripete, prima come tragedia, poi come farsa”. Seppure sia senza dubbio così, la guerra nel Donbass è allo stesso tempo una tragedia e una farsa. Mentre è in corso una tragedia umanitaria a Donetsk, Maryinka e altre città e villaggi, la copertura dei media resta una farsa. Questa è forse la tragedia più grande della regione. Perché mentre uomini, donne e bambini soffrono e vengono distrutte le famiglie, i media occidentali continuano a distorcere apertamente la realtà, trasformandola in farsa. Purtroppo, nessuno con un minimo di umanità può ridere.

Fonte: qui

Traduzione: Anacronista
Nella foto in alto: effetti del bombardamento dell’Esercito di Kiev sul mercato nella città di Kuybyshevsky, Donetsk
Nella foto al centro: incendi a Gorlovka a seguito dei bombardamenti (vedi video: Youtube.com/watch/)

Come il Rublo fluttuante ha salvato la Russia


Lasciando fluttuare il rublo la Russia ora ha un deficit di bilancio più piccolo, dopo la recessione, rispetto a Regno Unito e Stati Uniti in ripresa
Alexander Mercouris Russia Insider 12 giugno 2015

Belarus50RubleUna dato economico più di ogni altro espone l’assurdità dell’isteria sul crollo imminente dell’economia russa sentita alla fine dello scorso anno. Il governo ha appena annunciato che il deficit di bilancio in percentuale sul PIL era del 3,7% nel gennaio-maggio di quest’anno. Ecco il deficit di bilancio della Russia sofferto durante la recessione. Che la Russia sia in recessione non c’è dubbio (vedasi Stop Sugarcoating Russia’s Economic Situation, Russia Insider, 30 maggio 2015). Si paragoni il deficit di bilancio del 3,7% del PIL della Russia in recessione, con il deficit di bilancio del 5,7% del PIL del Regno Unito dopo due anni di “ripresa” economica. In Gran Bretagna i conservatori hanno appena vinto le elezioni grazie alla pretesa di aver ridotto il deficit. Il deficit inglese infatti s’è ridotto. Nel 2010 e 2011, il periodo di più profonda recessione, fu dell’11,4% e del 10% del PIL rispettivamente. Negli Stati Uniti? Il deficit di bilancio è attualmente il 2,7% del PIL, meno della Russia, ma non poi tanto. Tuttavia ciò avviene dopo anni di presunta “ripresa” economica. Al picco della recessione negli Stati Uniti, il deficit di bilancioera il 12,10% del PIL nel 2010, il 10,7% nel 2011 e il 10,1% nel 2012. Nel 2014, al culmine del “recupero”, era del 4,1%.

In altre parole, la Russia “al collasso” ha un deficit più piccolo rispetto a Regno Unito e Stati Uniti nel pieno della “ripresa”. L’economista Paul Krugman sostiene che il deficit di UK e USA non conta perché prendono in prestito proprie valute. C’è un senso qui. Tuttavia, nel caso della Russia sarebbe più corretto dire che il governo non prende prestiti. La ragione è che a differenza di Regno Unito e Stati Uniti, la Russia abitualmente non bilancia il budget o gestisce surplus, ma nei periodi buoni risparmia il denaro nel fondo di riserva (attualmente circa 75 miliardi dollari) per coprire il deficit durante le recessioni. Ciò non significa, naturalmente, che il governo può continuare a finanziare il deficit così a tempo indeterminato. Quest’anno il governo trarrà circa 50 miliardi dollari dal fondo di riserva per coprire il deficit. Il Ministro delle Finanze Siluanov ha avvertito che se il disavanzo resta al 3,7% nel prossimo anno, il fondo di riserva si esaurirà intorno alla metà del 2016.

Tuttavia, anche questo difficilmente comporterebbe una crisi.

Lo scarso debito del governo e le ridotte dimensioni del disavanzo significano che il governo avrà poche difficoltà nel raccogliere fondi o nei tagli necessari per coprirlo, anche se vengono imposte altre sanzioni occidentali. Come spesso accade, con l’economia che mostra crescenti segnali di ripresa, tale prospettiva sembra improbabile. La ragione per cui il deficit della Russia è così piccolo, nonostante la recessione, è perché la dimensione delle entrate petrolifere del governo sono in gran parte conservate dalla svalutazione del rublo. Anche se i prezzi del petrolio sono scesi di oltre il 40% dall’estate 2014, anche il rublo è stato svalutato in modo simile, quindi la stessa quantità di petrolio produce circa la stessa quantità di rubli, come avveniva alla fine dell’anno scorso. Dato che il bilancio russo è in rubli ciò significa che il deficit è molto più piccolo di quello che sarebbe stato se il rublo fosse rimasto invariato dall’anno scorso. Lo stesso vale per il surplus commerciale della Russia. Nonostante il crollo del prezzo del petrolio, la Russia continua ad avere un avanzo commerciale sano perché la diminuzione del valore del rublo ha reso le importazioni più costose, apprezzando le importazioni del mercato russo. Lungi dall’essere un disastro, il rublo fluttuante e in calo è una risposta intelligente al crollo del prezzo del petrolio dell’anno scorso, mettendo la Russia in una posizione assai migliore di quello che avrebbe avuto se avesse cercato di difendere il rublo a un livello economicamente ingiustificato. Il rublo flottante e gli interventi necessari per stabilizzarlo, quando ha toccato il fondo, tuttavia hanno colpito la popolazione provocando inflazione e recessione di cui la Russia attualmente soffre (vedasi Russia’s Recession: A Necessary Re-Balancing, Russia Insider, 5 giugno 2015). Tuttavia hanno aperto la strada alla ripresa economica probabilmente a fine anno (vedasi Russian Central Bank Forecasts End of Recession in Final Quarter, Russia Insider 8 giugno 2015).
Lungi dal “distruggere l’economia della Russia” Putin e il governo hanno fatto la cosa giusta per salvarla dalle conseguenze del calo dei prezzi del petrolio, in parte spiegando perché, nonostante tutte le difficoltà, rimangono così popolari.

Russia Creates Its Own Payment System_2Traduzione di Alessandro Lattanzio – sitoaurora

Italia: costo del debito pubblico ai minimi storici, ma la festa sta per finire

Il costo medio della raccolta del Tesoro è ai minimi di sempre, ma in futuro i tassi potrebbero risalire con forza. Vediamo perché

Uno dei più gravi problemi che da anni attanaglia l’Italia, condizionando tra l’altro le mosse politiche sulle riforme economico-finanziarie, è senza dubbio l’ammontare monstre del debito pubblico. Il Belpaese deve fare i conti con un indebitamento vicino ai 2.200 miliardi di euro, che porta il rapportodebito/pil sopra il 130% (uno dei più alti al mondo). Tuttavia negli ultimi anni il costo del debito sta via via diminuendo, grazie alla forte discesa dei tassi di mercato.
Nel 2011 il costo medio delle emissioni dei titoli di stato italianiera balzato al picco del 3,61%, spaventando il Tesoro sulla sostenibilità del debito nel lungo periodo. Eravamo quasi all’apice della crisi dei debiti sovrani europei, poi trascinatasi fino all’estate del 2012. Da allora il costo del debito è sempre più diminuito, tanto che lo scorso anno è arrivato a scendere all’1,34%. Quest’anno le cose sono andate ancora meglio, anche grazie alle mosse di politica monetaria della BCE.
L’Eurotower, dopo aver portato il costo del denaro praticamente a zero e il tasso sui depositi su valori negativi, ha lanciato un massiccio programma di acquisto di titoli di stato che ha fatto scendere i rendimenti su tutte le scadenze (quelle più brevi addirittura su valori negativi). Ad aprile il costo del debito è sceso al minimo storico dello 0,77%, ma il mese scorso si è riusciti addirittura a fare meglio: 0,74%. Il Tesoro gongola, ma forse la festa potrebbe presto finire.
Le prime avvisaglie sono avvenute a inizio mese, con la prima tornata di aste che ha visto salire i tassi sia sui BoT a 12 mesi sia sui BTp a 30 anni. Il mercato sta cominciando a chiedersi se il valore dei titoli di stato europei non sia aumentato troppo rispetto al fair value, tanto che anche il solido Bund tedesco ha dovuto sopportare eccezionali oscillazioni e un clamoroso boom dei tassi (dal minimo storico dello 0,07% a oltre l’1%). Il rendimento del BTp decennale è ora ben al di sopra del 2% e lo spread Btp-Bund sfiora i 140 punti base.
Il rischio Grexit, il possibile contagio ai paesi periferici europei, la volatilità dell’euro, l’incertezza sulla ripresa economica e le aspettative di ripresa dell’inflazione sono soltanto alcuni dei fattori macroeconomici potenzialmente in grado di deprimere i bond pubblici e di far risalire con decisione i tassi. Le prossime emissioni potrebbero così evidenziare un deciso rialzo dei rendimenti e dare vita a un’inversione della tendenza sul mercato (forse ormai eccessivamente gonfio) del fixed income.

Fonte: qui

I DUE VENTENNI ARRESTATI PER L’AGGRESSIONE CON IL MACHETE AL CAPOTRENO SONO MEMBRI DELLA GANG “MARA SALVATRUCHA”, DETTA “MS-13”


1. I RAGAZZI DELLE BANDE LATINE SI FANNO LE OSSA CON PESTAGGI, RAPINE IN METRÒ, LITI E SPEDIZIONI PUNITIVE NELLE ARENE DELLO SCONTRO CONTINUO: PARCHI E DISCOTECHE
2. LE “PANDILLAS”, LE BANDE CRIMINALI, SONO STRUTTURATE COME ASSOCIAZIONI MAFIOSE MA "TRAPIANTATE" IN ITALIA DIVENTANO FLUIDE, NON HANNO CONTROLLO DEL TERRITORIO, SI NUTRONO DI VIOLENZA DI BRANCO E SCONTRO DI STRADA. E MOLTI RAGAZZI, SPESSO CON PROBLEMI DI INSERIMENTO IN ITALIA, SI COSTRUISCONO IL LORO MONDO NELLE BABY GANG

3. QUELLO DEL CAPOTRENO AGGREDITO NON E' UN CASO ISOLATO: NEI PRIMI 5 MESI DI QUEST’ANNO IL PERSONALE DI TRENORD HA SUBITO 44 AGGRESSIONI, 18 DELLE QUALI “FISICHE”

1 - MILANO, ARRESTATI I LATINOS DELL’AGGRESSIONE SUL TRENO MARONI: “SPARARE SE SERVE”
Massimo Pisa per “la Repubblica”

Guarda fisso, mentre racconta agli investigatori della Squadra mobile, al pm Lucia Minutella e all’aggiunto Alberto Nobili. Come fosse anestetizzato. «Quello stava strattonando “Peligro”, dovevo difenderlo». José Emilio Rosa Martinez ha 19 anni, un figlio di 10 mesi e un viso da bimbone come il suo amico Jackson Jahir Lopez Trivino, di un anno più grande e già arrestato nel 2013 dalla Mobile insieme ad altri 24 affiliati alla “Ms13”.

MARA SALVATRUCHA A MILANOMARA SALVATRUCHA A MILANO
La violenza la cantano nell’inno («Siamo le bestie che ammazziamo tutti quegli animali, machete in mano»), la ammette Martinez come se fosse normale tirare fuori quei 50 centimetri di lama dalla cinta e tirare un fendente al controllore di un treno, per una storia di biglietti non pagati. Erano le 21.50 di giovedì e se il 32enne capotreno Carlo Di Napoli non avesse tirato su d’istinto il braccio sinistro, quasi tranciato in due dalla violenza del colpo, sarebbe morto.

CAPOTRENO AGGREDITO CON IL MACHETECAPOTRENO AGGREDITO CON IL MACHETE
Invece riescono a ricucirglielo, l’arto, dopo sette ore di microchirurgia a Niguarda, mentre il collega 31enne Riccardo M. se la cava con un taglio in fronte. Martinez e “Peligro” fanno due chilometri a piedi, quel territorio — la periferia Nord tra la stazione Villapizzone, Affori e la Bovisa — lo conoscono bene. Ma si fanno trovare per strada insanguinati da una volante del commissariato Comasina, Martinez ha ancora l’arma nella cinta, e finiscono in carcere dopo l’interrogatorio per tentato omicidio.

CAPOTRENO AGGREDITO CON IL MACHETECAPOTRENO AGGREDITO CON IL MACHETE
Il resto del gruppo, mezza dozzina di 20enni pieni di vodka e pronti a scatenarsi contro Di Napoli sul trenino metropolitano Rho—Rogoredo, si dilegua ma è già stato identificato grazie alle telecamere interne del convoglio Trenord. C’è anche almeno una ragazza. La Mobile li cerca porta a porta nel quartiere. L’aggressione dà alle destre il pretesto per attaccare esecutivo Renzi e giunta Pisapia sulla sicurezza.

Da Berlusconi («Sono sotto shock, ci vuole l’esercito, ma il governo dov’è?») a Maroni («Mettiamo militari e polizia sui treni, se è necessario sparare, si spari»), da Meloni («la Milano di Expo è fuori controllo») all’assessore regionale Beccalossi («Penso alla legge del taglione»), da Bergamini («Milano come il Bronx») a Salvini («Sembra di essere a Calcutta»). Ribatte Emanuele Fiano del Pd: «Nessuno si improvvisi sceriffo». E il presidente del Senato Piero Grasso: «Aggressione folle, ma non facciamo confusione».
CARLO DI NAPOLI IL CAPOTRENO COLPITO CON IL MACHETECARLO DI NAPOLI IL CAPOTRENO COLPITO CON IL MACHETE

2 - “BOTTE, SPUTI E INSULTI: SU QUEI VAGONI NOI CONTROLLORI RISCHIAMO LA VITA OGNI GIORNO”
Piero Colaprico per “la Repubblica”

Tra i ferrovieri c’è un detto: “Il treno è come la strada, può salire di tutto”. E come negli ultimi anni “la strada” è cambiata, così, di pari passo, è cambiata, abbassandosi, anche la qualità della vita sui treni: «Il ferroviere ferito a colpi di machete se l’è vista brutta, ma un mese fa ha rischiato la pelle un carabiniere, su un regionale da Venezia per Milano». «Devi sapere – spiega l’agente della polizia ferroviaria, con la garanzia dell’anonimato – che noi delle forze dell’ordine se andiamo dal capotreno e ci mettiamo a sua disposizione, proprio per offrire maggiore sicurezza, viaggiamo gratis.

CAPOTRENO AGGREDITO CON IL MACHETECAPOTRENO AGGREDITO CON IL MACHETE
A bordo ci sono tre, che non hanno il biglietto e si mettono a spintonare il controllore, che va a chiamare il carabiniere. Appena arriva, gli saltano addosso. Uno l’ha preso a calci in faccia quando stava a terra, l’ha devastato, ed è finito all’ospedale. So che i colleghi della Stazione Centrale li hanno acchiappati e consegnati ai carabinieri, i tre dovrebbero essere sotto processo».
CAPOTRENO AGGREDITO A MILANOCAPOTRENO AGGREDITO A MILANO

Nessuno, però, ne ha saputo nulla, fuori dal mondo dei detective e dei ferrovieri. Le security aziendali custodiscono il monopolio dei dati “ufficiali” – per esempio si sostiene che nei primi 5 mesi di quest’anno il personale di Trenord ha subito 44 aggressioni, 18 delle quali “fisiche” – ma spunta il più veriterio passaparola delle stazioni e dei treni. E gronda paura. O, se non paura, l’ansia continua, l’angoscia dell’incontro sbagliato.

MARA SALVATRUCHA A MILANOMARA SALVATRUCHA A MILANO
Una giovane donna con la divisa da controllore, seduta sulla sua valigia al binario 4, è in attesa della partenza: «Sono diventata molto più guardinga di qualche anno fa. Qui in Lombardia fatti gravi come quello del collega di Trenord ferito col machete non ne erano accaduti, che io sappia, ma quattro mesi fa un mio amico controllore era sulla Milano-Domodossola, solito gruppo senza biglietto, lui ha detto che andava a chiamare i poliziotti e appena s’è girato è stato colpito alla nuca dal lancio di una lattina di birra. So di una mia collega, con la divisa, appena uscita dalla stazione per andare al parcheggio, che è stata inseguita e aggredita».
La Mara Salvatrucha sono centroamericaniLA MARA SALVATRUCHA SONO CENTROAMERICANI

Anche a lei sono capitati faccia a faccia con soggetti pericolosi: «Dopo anni, impari a conoscerli. Non esiste più il rispetto, né per il controllore, né per il biglietto da pagare. Ti guardano e fingono di non capire l’italiano. Finché ti rispondono “Non m’interessa”, o “Non pago un cazzo”, se ti va bene. Se no t’insultano, e io chiamo la Polfer».

Più espliciti di lei, alcuni colleghi a stazione Garibaldi: «Ogni giorno trovi chi ti sputa in faccia, chi spinge, chi fa capire che se non te ne vai pigli le botte». «Qualche volta – dice un controllore tarchiato - mi sono guardato intorno, tutti i viaggiatori tenevano gli occhi bassi per evitare casini, e li capisco pure».

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Un altro collega: «Sarebbe bene sapere che non in tutte le fermate c’è la polizia ferroviaria. Perciò, se mi serve aiuto, e lo chiedo in una stazione dove i poliziotti stanno effettuando un altro intervento, devo aspettare, magari dieci minuti. Ma Trenord al personale dice che non si possono perdere 10 minuti per uno che rompe le scatole, insomma i pezzi grossi scaricano i casini addosso a noi che siamo in trincea, finché quasi quasi ci scappava il morto».

Battesimo per entrare nella gang Mara SalvatruchaBATTESIMO PER ENTRARE NELLA GANG MARA SALVATRUCHA
Come solo dopo la strage di Claudio Giardiello dentro il palazzo di Giustizia di Milano si è messo rimedio alle falle nella sicurezza, così sinora ogni allarme sui treni è stato silenziato. Anche se le rubriche delle lettere dei quotidiani sono da anni prodighe degli allarmati resoconti di lettori-viaggiatori: parlano di ragazzi che saltano i tornelli, che provocano i viaggiatori, specie le ragazze. «Ci sentiamo abbandonati, non è difficile vedere gruppi di ragazzi con i coltelli sventrare tutti i sedili e scappare», dice un pendolare. I vandalismi solo sui vagoni Trenord ammontano per il 2014 a otto milioni di euro di danni, il costo di due treni nuovi.

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«La conosci la storia del sangue? E’ tipica degli arabi. Quando vengono presi – racconta un ispettore Polfer con migliaia di interventi alle spalle e “non razzista”, come si autodefinisce – alcuni si tagliano con la lametta. Per dimostrare che non gliene frega di soffrire, che sono forti. Più d’una volta abbiamo avuto le camere di sicurezza della stazione che sembravano un mattatoio.

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Qualche settimana fa un collega giovane ferma uno senza biglietto, che aveva fatto casino, e s’era assicurato che non nascondesse le lamette. Allora questo arabo lo chiama nella cella e là si sloga la caviglia, che diventa come un melone. Vuole il medico e quando arriva gli dice che è stato il poliziotto a fargli male. Per fortuna non sapeva che nelle celle c’è la telecamera e s’è visto bene che era stato autolesionismo. Ma è già fuori, questi hanno capito che non ci sono regole, che non rischiano niente, e così sono sempre sui treni, o nelle stazioni: “Vedi che sono libero?”.

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Gli stessi senza-casa ormai vivono nel terrore d’incontrare uno di questi, cercano di venire a dormire accanto ai nostri uffici, figurati le persone normali che lavorano ». La politica di centrodestra oggi soffia più che mai su questa paura. Ma sono dieci anni che il machete è comparso nelle risse di periferia. È da una vita che poliziotti e ferrovieri si sentono abbandonati con i viaggiatori in una prima linea che dicono - i «pezzi grossi fingono sempre di non conoscere».

3 - DA EL SALVADOR A MILANO L’EDUCAZIONE ALLE ARMI DEI BABY-CRIMINALI LATINOS
Gianni Santucci per il “Corriere della Sera”

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Era un giovane soldato. Rispondeva agli ordini del capo, detto «Kamikaze», e del suo vice, «Maniaco». All’alba dell’8 ottobre 2013, i poliziotti della Squadra mobile andarono ad arrestare anche Jackson Jahir Lopez Trivino. All’epoca aveva 17 anni e nessun nomignolo. Oggi s’è guadagnato il titolo di «Peligro» ed è stato fermato giovedì notte per l’aggressione al controllore.

«Peligro» si è «formato» in Italia, a Milano. E l’ordine di carcerazione del 2013 racconta l’ambiente della sua educazione criminale dentro la pandilla (banda di strada) Ms-13. Molte aggressioni del gruppo avvennero proprio nelle strade tra i quartieri MacMahon e Bovisa, intorno alla stazione di Villapizzone, quella in cui «Peligro» e il suo compagno Josè Emilio Rosa Martinez si sono scatenati contro il ferroviere
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Eccola,
la catena di violenza di quella banda: 20 maggio 2010, lesioni aggravate contro «Vampirin» (punizione interna alla stessa pandilla ); 23 agosto 2010, tentato omicidio di «Drupin» (dei rivali Ms-18); 12 settembre 2010, tentato omicidio di «Tito» e «Caramelo» (degli altri rivali, i Chicago); 9 gennaio 2011, rapina e tentato omicidio di «Muerto» (dei Neta).

E poi una serie di pestaggi, rapine in metrò, liti e spedizioni punitive nei luoghi eletti della mitologia deviata dello scontro perpetuo: parchi e discoteche di musica latino-americana. Per quei tre anni di violenza, a fine 2013 la polizia fece 27 arresti, operazione «Mareros»: il giovane «Peligro» aveva responsabilità periferiche e finì in carcere con altri 6 minorenni. La sua storia spiega anche l’evoluzione dei gruppi di strada sudamericani a Milano
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Perché «Peligro» è un giovane ecuadoriano, e non salvadoregno come la maggior parte degli Ms-13. Le pandillas , strutturate come associazioni mafiose nei Paesi d’origine, nelle costole da esportazione in Italia diventano fluide, quasi sfilacciate (anche se spesso hanno contatti con la casa-madre); non hanno controllo del territorio; si nutrono della mitologia dello scontro di strada che domina, fin da quando sono piccoli, l’immaginario di molti ragazzi: perché ci sono cresciuti a contatto. È questa una delle motivazioni principali che spinge gli adolescenti, spesso con problemi di inserimento in Italia, a ricostruire il loro mondo di riferimento nelle bande. «Peligro» era sul treno senza biglietto e senza documenti in regola: ecco perché Josè Emilio Rosa Martinez avrebbe attaccato il controllore. Per aiutare l’amico. 
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Il profilo di questo secondo arrestato, salvadoregno, 19 anni, un figlio di 6 mesi, rappresenta invece l’altro filone che alimenta i gruppi. Non ha precedenti in Italia, ma, a quanto avrebbe ammesso, faceva già parte dell’Ms-13 in Salvador. Sembra un percorso tipico: quando arrivano in Italia (perché scappano, o semplicemente perché cercano fortuna con l’emigrazione) gli uomini già affiliati nei loro Paesi d’origine tendono a riavvicinarsi ai gruppi di Milano.
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Per un motivo banale e drammatico a un tempo: le comunità straniere sono piccole, tutti si conoscono, e anche se qualcuno tenta di star lontano dalle pandillas per un po’, spesso si riavvicina perché percepisce un pericolo. Anche nelle strade italiane ci sono «nemici» della 18, magari arrivati qui da tempo. E anche se non si conoscono, le regole della strada riproducono i meccanismi di difesa e attacco.

Fonte: qui
 
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TUTTI PRONTI PER IL GIUBILEO? CERTO CHE NO!


MANCANO SEI MESI ALL’ANNO SANTO E IL GOVERNO NON HA ANCORA STANZIATO I 480 MILIONI PER RIPULIRE ROMA 

TRA BUCHE, MONNEZZA E CAOS TRASPORTI, IL PELLEGRINO CI RESTA SECCO

I 480 milioni necessari per rendere Roma una capitale capace di accogliere milioni di pellegrini, al momento sono solo virtuali. Fanno parte dei provvedimenti che si sono arenati giovedì in consiglio dei ministri. E nei municipi si freme… -



Alessandra Paolini per “la Repubblica”

La paura adesso è di non fare in tempo. E che la partita su chi si siederà sulla poltrona da regista dell’Anno Santo della Misericordia tra il sindaco di Roma Ignazio Marino e il prefetto Franco Gabrielli, rimandi ancora l’inizio dei cantieri. «Siamo davvero in zona Cesarini, se non si comincia adesso coi lavori, si rischia di non fare in tempo », diceva più d’uno ieri in Campidoglio. Preoccupati anche i presidenti dei municipi. «Siamo in ritardo e c’è anche l’estate di mezzo», si sfoga Andrea Catarci, minisindaco dell’Ostiense e della Garbatella.

monnezza romanaMONNEZZA ROMANA
Perché se è pur vero che questo sarà il Giubileo della spiritualità e le grandi opere non servono, 180 giorni sono davvero pochi per restituire decoro a una città che è ridotta una groviera, con strade piene di buche, marciapiedi dissestati, tombini sporchi e pieni di foglie che a ogni pioggia trasformano la capitale in una laguna.

Ci sono poi i “cammini” da sistemare, cioè le strade che i fedeli dovranno percorrere a piedi, come papa Francesco vorrebbe, «per entrare nella Porta Santa dopo un percorso spirituale». La via Francigena ad esempio, la più antica strada dei pellegrinaggi che dal cuore dell’Europa portava i cristiani a Roma, ancora non ha un accesso alla città .
monnezza a roma dal sito romafaschifoMONDEZZA A ROMA 

Nota ancora più dolente, i fondi, ad oggi, non sono stati stanziati dal Governo. I 480 milioni necessari per rendere Roma una capitale capace di accogliere milioni di pellegrini, al momento sono solo virtuali. Fanno parte dei provvedimenti che si sono arenati giovedì in consiglio dei ministri. E nei municipi si freme.

«Dobbiamo avere chiarezza sui soldi, avere procedure snelle per scavalcare l’iter burocratico per avviare i cantieri che in alcune zone saranno più brevi in altri molto più complicati», spiega Cristina Maltese delegata dei presidenti dei municipi per il Giubileo, una sorta di cabina di regia che si è già più volte incontrata con Marino per discutere su criticità e opere da mettere in campo.

6 monnezza a roma dal sito romafaschifo6 MONDEZZA A ROMA DAL SITO ROMAFASCHIFO
«Noi abbiamo già in testa ciò serve, dove e come bisogna intervenire - continua Maltese - . Abbiamo messo tutto nero su bianco. Occorrono rotatorie, mettere in sicurezza alcune strade vicino agli alberghi, rattoppare l’asfalto. Ma a questo punto, dopo lo stop di giovedì chissà quando potremo avere un nuovo incontro. Ma voglio essere fiduciosa...».

Del resto, anche l’assessore comunale ai Trasporti Guido Improta, non più tardi di un mese fa, aveva manifestato molta perlessità. E tra il serio e l’ironico aveva detto chiaro come la pensa: «Rispetto papa Francesco, ma l’Anno Santo della Misericordia a Roma me lo sarei risparmiato ».

Fonte: qui
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