9 dicembre forconi: 04/05/19

venerdì 5 aprile 2019

IL KILLER DEI MURAZZI ERA GIÀ STATO ARRESTATO DUE VOLTE, CONDANNATO PER AVER PERCOSSO E MINACCIATO LA FIDANZATA.

ERA LIBERO IN ATTESA DELL'APPELLO, PUR ESSENDO ''UN VIOLENTO, UNO CHE AVEVA RIDOTTO LA EX COMPAGNA IN UNO STATO DI SUCCUBANZA''. 

MA QUEL PROCEDIMENTO ERA FERMO DA DUE ANNI E MEZZO. 

NELL'ATTESA, HA UCCISO UN INNOCENTE

Giuseppe Legato per ''La Stampa''
SAID MACHAOUATSAID MACHAOUAT

Violenza fisica psicologica, ingiurie, minacce, danneggiamenti. In una sola parola: maltrattamenti in famiglia. E lesioni aggravate. La condanna di primo grado - a 1 anno e 6 mesi di carcere senza sospensione condizionale della pena - è firmata dal giudice Giulia Casalegno. Data: 20 giugno 2016. In 10 pagine c' è il volto oscuro di Said Mechaquat, 27 anni, l' assassino dei Murazzi, l' uomo che ha ucciso Stefano Leo il 23 febbraio scorso. Che non è solo un' anima in pena perché non vede il figlio da tempo.

Ma è «un violento», uno «che aveva ridotto la ex compagna in uno stato di succubanza, costretta a subire percosse e minacce «con frequenza costante. Per sua stessa ammissione almeno tre volte al mese». Calci, pugni, nasi sanguinanti, fughe da casa e temporanee riappacificazioni. Poi di nuovo, daccapo.
Un inferno.

Quel procedimento penale che nel caso di pronuncia definitiva avrebbe condotto dritto in carcere Said - nonostante la condanna inferiore ai due anni - è fermo da due anni e mezzo.
Said MachaouatSAID MACHAOUAT
Pende l' appello e - si apprende dal legale di parte civile - non è stata ancora fissata la data.

E pensare che in aula, la prima volta, la ex compagna Ambra B. vittima di violenze e soprusi costanti, ci era entrata il 19 febbraio 2015. Fu un dibattimento relativamente veloce: un anno e 2 mesi di condanna per l' uomo. Nelle motivazioni della sentenza c' è l' indole fin qui nascosta dell' assassino dei Murazzi. Della convivenza con la donna che gli ha dato un figlio e poi lo ha lasciato. Oggi si capisce perché.

Per 3 anni Said e Ambra hanno abitato in via Principessa Clotilde a Torino. Si erano conosciuti a novembre del 2011 ai corsi professionali dell' istituto professionale Boselli: «Eravamo innamorati, ma tantissimo» ha detto in aula. «Siamo partiti per Ibiza dove lui aveva trovato un lavoro. Quando siamo tornati, nel 2012, abbiamo deciso di andare a vivere insieme in un appartamento in affitto. La mia famiglia ci aveva aiutato a metter su casa.

Lui lavorava e pagava il canone. Ci amavamo molto anche se litigavamo spesso. Le prime volte che è capitato mi aveva dato uno spintone, poi..». Poi lui diventa ancora più aggressivo. La colpisce con schiaffi e pugni. E calci. Anche mentre è incinta. Lei che tace. I vicini di casa sentono tutto. Chiamano la polizia.
Said MachaouatSAID MACHAOUAT

In 3 anni e mezzo le volanti faranno visita sei volte a quell' alloggio ormai ostaggio della violenza di un uomo fuori controllo. Said viene arrestato in due occasioni: a novembre 2013 Ambra viene trovata dai poliziotti in strada. E' seminuda e ha il piccolo figlio in braccio. Lui intanto sta sfasciando i mobili. «Era in lacrime e veniva soccorsa dai passanti» scrive il giudice. Verrà accompagnata all' ospedale: «Distorsioni multiple». Prognosi: 10 giorni.

Torna a casa, lui viene scarcerato. E lei lo perdona. Ricapita: di nuovo violenze inaccettabili. A Said viene imposto il divieto di avvicinamento. Lei lo accoglie di nuovo a casa.
Non cambia nulla. «Cerca anche di convincerlo a rivolgersi a una psicologa. Ma l ui non conclude il percorso».

Emerge sempre di più il profilo dell' uomo che non governa le sue pulsioni aggressive. Altre botte a fine 2013: «Ambra aveva visto in un carabiniere una figura paterna e lui l' aveva spronata a denunciare» si legge in sentenza. Non segue querela in caserma. Il giudice motiva: «Ambra, al tempo era una giovanissima donna diventata mamma inaspettatamente non capace di affrontare una situazione del genere. Di certo non era in grado per costituzione e per carattere di fronteggiare l' aggressività di Said che prevedeva sistematicamente la risoluzione delle discussioni attraverso l' uso della violenza a senso unico».
Said Machaouat stefano leoSAID MACHAOUAT STEFANO LEO

E poi «si è innamorata e in uno stato di succubanza che si manifesta attraverso l' assenza totale di denunce». Si lasciano nel 2014. La condanna arriva un anno dopo. Quaranta giorni fa il terribile omicidio di Stefano Leo. Ambra è sullo sfondo, si è rifatta una vita con un altro uomo. E forse Said voleva uccidere lui.

Fonte: qui

AVETE CAPITO PERCHÉ BEPPE GRILLO NON È PIÙ GARANTE DEL M5S?

PERCHÉ' FIOCCANO LE CAUSE DEGLI ESPULSI DAL MOVIMENTO E LUI NON LE VUOLE PAGARE: GIÀ 75MILA EURO SONO STATI RICONOSCIUTI A VARI EPURATI, CI SONO PROCEDIMENTI DI ALTRI 30 EX GRILLINI 

POVERO CASALEGGIO: LA NUOVA MULTA DEL GARANTE ARRIVA NEL GIORNO DELLE EURO-PRIMARIE E ALLA VIGILIA DEL MEETING DI IVREA DOVE CI SPIEGA IL FUTURO. LUI CHE NON SA GESTIRE NEMMENO I DATI DEGLI ISCRITTI

Mauro Suttora per ''Libero Quotidiano''

BEPPE GRILLO E DAVIDE CASALEGGIOBEPPE GRILLO E DAVIDE CASALEGGIO
Che sfortunato Davide Casaleggio. Proprio nel giorno delle primarie online per scegliere i candidati alle europee del 26 maggio, la sua piattaforma Rousseau è stata dichiarata fuorilegge dal Garante della Privacy. «Non garantisce gli standard minimi di segretezza e sicurezza del voto, che è manipolabile dagli organizzatori in qualsiasi momento, senza lasciar traccia». La sanzione è salata: 50mila euro. Da sempre i dissidenti grillini denunciavano l' assurdità di far votare gli iscritti del primo partito italiano sul server privato della società commerciale milanese Casaleggio & Associati. E senza alcuna certificazione esterna, tranne in due casi (le presidenziali 2013 e il voto per un nuovo statuto).

Il Garante avvertiva già da due anni della fragilità di Rousseau. Il rampollo Casaleggio, succeduto dinasticamente al padre Gianroberto dopo la sua morte tre anni fa, aveva assicurato di avere riparato le falle del sistema. Che però qualche burlone hackera allegramente in varie votazioni. E che ora viene giudicato irregolare alla radice.
sum2019 1SUM2019 1

La tegola sul Movimento 5 stelle (M5s) arriva proprio alla vigilia di Sum 2019, che si apre domani a Ivrea: il convegno annuale in cui Casaleggio junior si autoproclama «guru del futuro», giurando però di non essere il capo del M5s con Luigi Di Maio, ma un semplice «tecnico al servizio del movimento».

A Ivrea in livrea arriveranno domani, fra gli altri, Franco Bernabé (ex ad Eni e Telecom, dirigente del club Bilderberg, una volta odiato dai grillini complottisti), Marco Travaglio e l' allenatore Zeman. Sarà dura, questa volta, magnificare le doti di Rousseau («piattaforma per la democrazia unica al mondo«), ma rivelatasi una ciofeca.

beppe grillo davide casaleggioBEPPE GRILLO DAVIDE CASALEGGIO
Qualche grillino ora per disperazione sosterrà che si tratta di una vendetta in extremis del presidente della authority Garante della Privacy, Antonello Soro, ex deputato Pd, in scadenza quest' anno. Ma la multa di 50mila euro rischia di essere nulla in confronto ai 75mila euro di risarcimento danni cui è già stato condannato finora il M5s nelle cause intentate dai numerosi grillini radiati ingiustamente in questi anni. 

Cifra che aumenterà di molto, perché riguarda solo i primi espulsi: Roberto Motta e Antonio Caracciolo a Roma hanno ottenuto 30mila euro nel 2018, Mario Canino sempre a Roma 22mila euro a gennaio, più sei attivisti napoletani.

NOVE PROCEDIMENTI
Ma sono pendenti altre nove cause con una trentina di "vittime" in tutta Italia: due a Palermo con l' ex deputato Riccardo Nuti, una a Genova con Marika Cassimatis, cacciata da Grillo dopo aver vinto le primarie per sindaco, altre due a Napoli con ben 23 attivisti, e altre quattro a Roma.
Cassimatis grilloCASSIMATIS GRILLO

I soldi dovranno tirarli fuori Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Ed è questo il principale motivo per cui il comico genovese si è allontanato dalla sua creatura: per non essere travolto finanziariamente dalla gestione autoritaria del movimento fondato nel 2009.
Intanto ieri i Cinquestelle sono stati messi sotto scrutinio in un convegno all' Umanitaria di Milano dall' associazione di giuristi Italiastatodidiritto, presieduta dall' avvocato Simona Viola. Il tema era: «Il M5s crede veramente alla democrazia, o si regge su princìpi non democratici riducendo i suoi 330 parlamentari a semplici portavoce?»

Per Fabrizio Cassella, docente di diritto costituzionale all' università di Torino, la risposta è chiara: «I Cinquestelle violano la Costituzione, che all' articolo 67 esclude il vincolo di mandato. Ogni parlamentare rappresenta la Nazione, e per approvare leggi nell' interesse generale dev' essere libero di argomentare, dibattere e negoziare, arrivando assieme ai suoi colleghi a una sintesi che bilanci i vari interessi particolari».
riccardo nutiRICCARDO NUTI

Ai deputati e senatori grillini, invece, tocca obbedire a una ferrea disciplina di partito.
E chi osa dissentire viene punito con l' espulsione. È capitato a 40 di loro la scorsa legislatura, e ad altri quattro in questa.

Il comandante Gregorio De Falco, in particolare, che un anno fa fu l' acquisto più prestigioso nella nuova compagine parlamentare (noto per aver intimato al capitano Francesco Schettino di non abbandonare la sua nave), è stato cacciato a gennaio. Non aveva votato la fiducia sul decreto sicurezza.
«Mi rendo conto che difendere il divieto di vincolo di mandato in un Paese di trasformisti non è popolare», ammette l' avvocato Guido Camera, «ma in democrazia la forma è tutto. Possiamo avere idee diverse sul contenuto delle leggi, ma sulle regole del gioco per farle dobbiamo essere tutti d' accordo».

gregorio de falco paola nugnesGREGORIO DE FALCO PAOLA NUGNES
E i referendum, caposaldo della democrazia diretta propagandata dai grillini? «Guardiamo alla Svizzera, il loro Paese ideale», ha detto il professor Dino Guido Rinoldi dell' università Cattolica di Milano, «dove lo scorso 25 novembre i cittadini hanno detto no a un quesito che voleva ridurre l' efficacia dei trattati internazionali». Tipico tema sovranista, mentre gli elvetici si sono dichiarati ben felici di sottostare a leggi sovranazionali. «Principio presente nell' articolo 11 della nostra Costituzione: l' Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni».

CHI DECIDE? 

«In realtà nei referendum la risposta è sempre importante quanto la domanda», ha avvertito Valerio Onida, già presidente della Corte Costituzionale. Chi decide quali argomenti sottoporre a un sì e a un no, e in che forma? Nel caso dei grillini, è sempre la srl Casaleggio, dall' alto, a formulare i quesiti online per i suoi iscritti. Non c' è mai stata una votazione su iniziativa della base.

nicola biondo marco canestrari il sistema casaleggioNICOLA BIONDO MARCO CANESTRARI IL SISTEMA CASALEGGIO
In questo senso una testimonianza preziosa è, dall' interno, quella di Nicola Biondo.
Già responsabile della comunicazione dei deputati grillini, Biondo pubblica proprio in questi giorni il suo secondo libro sul M5s: 'Il sistema Casaleggio' (ed. Ponte alle Grazie, con Marco Canestrari): «Il vero padrone del movimento non è mai stato Grillo, ma prima Gianroberto Casaleggio e poi il figlio Davide.

Fonte: qui

IL GENERALE KHALIFA HAFTAR HA DATO L'ORDINE DI ATTACCARE TRIPOLI, DOVE HA SEDE IL GOVERNO DI UNITÀ NAZIONALE DI SERRAJ PATROCINATO DALL’ITALIA


L’AUDIO POSTATO SU FACEBOOK E RILANCIATO DAI MEDIA: “ECCOCI, EROI, L’ORA È SUONATA, È VENUTO IL MOMENTO DEL NOSTRO APPUNTAMENTO CON LA CONQUISTA”

al serraj haftar giuseppe conteAL SERRAJ HAFTAR GIUSEPPE CONTE

Secondo un audio postato sulla pagina Facebook dell’Ufficio stampa del Comando generale del Libyan National Army e riportato da Al Jazeera e dal sito libico Al Wasat, Khalifa Haftar ha dato l’ordine di attaccare Tripoli, sede del governo gudato da Fayez Al Sarraj e patrocinato dall’Italia. “Eccoci, Tripoli. Eccoci, Tripoli. Eroi, l’ora è suonata, è venuto il momento” del “nostro appuntamento con della conquista”, afferma il capo delle truppe fedeli al governo di Tobruk e appoggiato da Francia e Russia nell’audio-messaggio.
haftarHAFTAR

Nell’audio, il generale dice fra l’altro: “Colui che depone le armi è salvo. Colui che resta a casa è sicuro. Colui che sventola bandiera bianca è in sicurezza”. Haftar non pronuncia le parole “Operazione per la liberazione di Tripoli” le quali però sono scritte in giallo su una foto che presenta l’audio e che lo ritrae in divisa mentre fa il saluto militare. La notizia giunge dopo che mercoledì sera le forze di Haftar hanno annunciato che preparavano un’offensiva per “ripulire l’ovest” del Paese, fra cui la capitale Tripoli, “da terroristi e mercenari”.
HAFTAR E GIUSEPPE CONTEHAFTAR E GIUSEPPE CONTE

Il capo delle milizie che difendono Tripoli ha dichiarato a una tv libica che le sue forze sono “pronte” a “respingere qualsiasi attacco” del generale Khalifa Haftar. “Il comandante della zona militare di Tripoli, Abdel Basset Marawan ad Al Ahrar: le nostre forze sono pronte nelle loro postazioni a respingere qualsiasi attacco che arrivi da fuori la città”, riferisce un tweet dell’emittente.

giuseppe conte incontra fayez al serraj 3GIUSEPPE CONTE INCONTRA FAYEZ AL SERRAJ 





La Libia, piombata nel caos con la caduta della dittatura di Muammar Gheddafi nel 2011, è divisa principalmente fra due autorità rivali: il governo libico di unità nazionale (Gna), guidato dal premier Fayez al-Sarraj, stabilito a fine 2015 in virtù di un accordo patrocinato dall’Onu, vicino all’Italia e basato a Tripoli; e un’autorità rivale stabilita nell’est e controllata dall’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) di Haftar.

Fonte: qui

BOMBE SU HAFTAR: ''HANNO UCCISO 5 DEI NOSTRI''. MA IL GENERALE ANNUNCIA DI ESSERE A 20 KM DA TRIPOLI. L'ONU: ''FERMATE L'ESCALATION O RITERREMO RESPONSABILE CHI HA PRESO L'INIZIATIVA'' 
PER I LEGHISTI, DIETRO L'AGGRESSIONE MILITARE DI HAFTAR C'È LA MANINA DI MACRON, SEMPRE PER I SOLITI MOTIVI (DARE IL PETROLIO ALLE AZIENDE FRANCESI E NON ALL'ENI). 
CONTE E MOAVERO OVVIAMENTE FRENANO

LIBIA: MEDIA,RAID DI TRIPOLI CONTRO LE FORZE DI HAFTAR
haftarHAFTAR
 (ANSA) - Almeno secondo un'emittente libica, negli scontri a sud di Tripoli le forze che appoggiano il premier Fayez al-Sarraj hanno usato anche l'aviazione contro l'esercito nazionale libico di cui il maresciallo di campo Khalifa Haftar é comandante generale. "Una fonte militare a Panorama: l'aviazione del governo di Accordo nazionale ha compiuto oggi un raid aereo che ha preso di mira le forze di Haftar ad al-Hira, a nord di Garian", scrive la pagina Facebook della tv.
SARRAJ HAFTAR MACRONSARRAJ HAFTAR MACRON

LIBIA: PORTAVOCE HAFTAR, UCCISI 5 MILITARI
(ANSA) - Cinque militari dell'Esercito nazionale libico (Lna), di cui il  maresciallo di campo Khalifa Haftar è (RPT: è) comandante generale, sono rimasti uccisi negli scontri per il controllo della zona a sud e a sud-est di Tripoli fra Tarhuna ed el-Azizia.    Lo riferisce il sito Alwasat citando il portavoce dello Lna, Ahmed al-Mismari. Ieri era stata segnalata l'uccisione di almeno un altro militare di Haftar (due, secondo informazioni dell'Associated Press).

LIBIA: PORTAVOCE HAFTAR, SIAMO A 20 KM DAL CENTRO
HAFTAR E GIUSEPPE CONTEHAFTAR E GIUSEPPE CONTE
 (ANSA) - Il portavoce dell'Esercito nazionale libico (Lna) Ahmed al-Mismari ha sostenuto che le forze del generale Kahlifa Haftar sono arrivate a 20 km dal centro di Tripoli. "Al-Mismari: l'esercito é 20 km a sud di Tripoli" si legge in un tweet dell'emittente Al Hadath. In giornata fonti ufficiali del Lna avevano sostenuto che é stato preso il controllo di "Wadi el Rabie", ovvero una strada a 20 km in linea d'aria dal lungomare di Tripoli.

LIBIA: CONSIGLIO SICUREZZA ONU, STOP A AZIONI MILITARI
VINCENZO MOAVERO MILANESI CON IL GENERALE KHALIFA HAFTARVINCENZO MOAVERO MILANESI CON IL GENERALE KHALIFA HAFTAR
(ANSA) - I membri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu hanno espresso "profonda preoccupazione per le attivita' militari a Tripoli, che mettono a rischio la stabilita' del paese, le prospettive per una mediazione dell' Onu e una soluzione politica globale alla crisi". In una dichiarazione chiedono "all'Esercito Nazionale Libico (Lna) del generale Khalifa Haftar di fermare tutte le attivita' militari", e "a tutte le parti una de-escalation militare perché non puo' esserci una soluzione militare al conflitto".

Hanno poi espresso la volontà di ritenere responsabile chi porta avanti il conflitto, lanciando un "appello a tutte le parti perché riprendano il dialogo e attuino l'impegno ad un'azione costruttiva sul processo politico dell'Onu".

SOSPETTI LEGHISTI SULLA FRANCIA MA PREMIER E MOAVERO FRENANO
Alberto Gentili e Cristiana Mangani per ''Il Messaggero''


IL GENERALE HAFTARIL GENERALE HAFTAR
«Sarebbe devastante se qualcuno, per interessi economici e commerciali, stesse invogliando la soluzione armata. Ogni riferimento a chi c' è dietro Haftar è puramente casuale». Matteo Salvini, complice il fatto di avere incontrato il suo omologo francese Christopher Castaner e di essere ospite del G7 a Parigi, non accusa apertamente la Francia. Ma il ministro dell' Interno, anche ufficiosamente, fa capire di nutrire il forte sospetto che dietro l' offensiva del generale Khalifa Haftar ci sia proprio Parigi: l' eterno competitor di Roma sulle questioni libiche.

Ma Salvini è solo nella sua offensiva felpata. Dopo che a febbraio, in seguito all' incontro tra Luigi Di Maio e un leader estremista dei gilet gialli, Emmanuel Macron ha ritirato l' ambasciatore, né Giuseppe Conte, né Sergio Mattarella intendono riaprire le ostilità con i francesi. Soprattutto se, come dicono alla Farnesina, «al massimo si ha qualche sospetto, non suffragato da prove certe». «È vero che la Francia - osserva un' alta fonte diplomatica - ha avuto un rapporto privilegiato con Haftar, ma ora quel rapporto ce l' abbiamo pure noi e a quel che ci risulta Parigi in questa fase non ha interesse a un' escalation militare in Libia».

Di certo, c' è che il governo italiano è stato colto di sorpresa dall' offensiva del generale, avversario del presidente riconosciuto dall' Onu Fayez al Serraj. E che ora, con il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, lavora a un immediato cessate il fuoco. Con la speranza che l' offensiva delle truppe di Haftar si areni e il generale non riesca ad entrare a Tripoli da trionfatore, defenestrando Serraj. «Haftar sta cercando con questa azione militare di aumentare il proprio potere contrattuale», dice un' altra fonte del governo, «ma in realtà appare tecnicamente impossibile che possa uscire vittorioso. Perché non ha forze sufficienti per abbattere Serraj e perché, come dimostrano le notizie che arrivano dalla Libia, i suoi avversari non gli stanno stendendo davanti un tappeto rosso, anzi...».

LIBIA SCONTRI TRIPOLILIBIA SCONTRI TRIPOLI
I RISCHI 

Un ottimismo che deve però fare i conti con la realtà libica, basata su tradimenti, voltafaccia, cambi di schieramento con milizie, ora a fianco di un leader, ora di un altro. E in questo scenario l' Italia, sebbene continui a considerarsi referente privilegiato della Libia, ha pur sempre appoggiato Serraj.
Un leader comunque disarcionato e debole, pressato dai Fratelli musulmani e dai misuratini.

Un' eventuale caduta della Tripolitania potrebbe rappresentare un problema per il nostro paese che ha il 70 per cento degli interessi su quel territorio: dal petrolio al gas dal quale deriva una parte delle nostre forniture. Con l' avanzata di Haftar, che è sostenuto dagli Emirati Arabi, dalla Francia e dalla Russia, il rischio di perdere terreno è evidente. A questo si aggiunge anche la visita recente del premier Conte in Qatar, paese sostenitore delle milizie pro-Serraj e dei Fratelli musulmani. Accordi e amicizie che non aiutano.

eni libiaENI LIBIA
LA SICUREZZA DELLE AZIENDE 

Inoltre sono in cantiere diversi altri lavori. Tanto che, davanti alle tensioni in atto, già qualche settimana fa l' ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Buccino Grimaldi, aveva chiesto un piano che garantisca la sicurezza dell' azienda che realizzerà i lavori di The Alternative Road (Sahili). L' autostrada dell' amicizia che era stata chiesta da Gheddafi al Governo Italiano quale risarcimento finale per i danni subiti dalla colonizzazione italiana. I 1.700 km che avrebbero dovuto congiungere Rass Ajdir a Imsaad, il confine con l' Egitto, a quello con la Tunisia, per una spesa prevista di 3 miliardi di dollari.

Fonte: qui

IL GENERALE HAFTAR GELA L’ONU, TENSIONE ALLE STELLE IN LIBIA: IL GOVERNO DI AL SARRAJ BOMBARDA LE MILIZIE FEDELI ALL'UOMO FORTE DELLA CIRENAICA E ANNUNCIA DI AVER RICONQUISTATO IL "CONTROLLO SULLA TOTALITÀ DELL'AEROPORTO DI TRIPOLI" 
INTANTO, L'ENI EVACUA IL PERSONALE ITALIANO 
IL RUOLO DEGLI USA E DELLA RUSSIA, SPONSOR DI HAFTAR ASSIEME ALL'EGITTO, LA FRANCIA E GLI EMIRATI…


Sale la tensione in Libia. L'Eni ha deciso di evacuare il personale italiano dopo i due giorni di scontri seguiti all'annuncio del generale Khalifa Haftar di voler marciare su Tripoli. È quanto apprende l'Adnkronos da fonti informate, secondo cui si tratta di «una decisione precauzionale», come già avvenuto in altre occasioni.


Il personale italiano dell'Eni in Libia è presente a Tripoli, nel giacimento di Wafa, in Tripolitania, e in quello di El Feel, a sud. L'evacuazione del personale italiano della compagnia petrolifera è avvenuta in raccordo con la Farnesina.

haftar serrajHAFTAR SERRAJ


HAFTAR ALL'ONU: NON MI FERMO QUI».

Cristiana Mangani per www.ilmessaggero.it
Nel gioco delle parti, ora tutti mostrano la volontà di pacificare e si augurano che lo scontro non entri veramente nel vivo. Mentre il generale Khalifa Haftar, insensibile agli appelli dell'Onu, rappresentati dal segretario generale Antonio Guterres che lo ha incontrato ieri a Bengasi, mostra di voler andare dritto per la sua strada puntando alla conquista di Tripoli. Se questo avverrà o no, è difficile dirlo. Il vero obiettivo del leader del governo di Tobruk è quello di rastrellare consensi tra le milizie più o meno fedeli al presidente Fayez al Serraj. Anche perché è solo con uno schieramento massiccio che potrà sperare di riuscire nel suo intento. Con le sole forze militari che possiede, la Capitale potrebbe rimanere un miraggio, vista la presenza del potente esercito di Misurata a fianco del presidente.
 
Questo nelle intenzioni, perché sul campo di battaglia in Libia è difficile anche capire con chi siano schierate realmente le milizie. Ieri il Consiglio sociale, civile e militare della città di Zintan, nell'ovest del paese, ha annunciato di accogliere con favore l'operazione militare lanciata dalle forze del generale della Cirenaica. «Diamo il benvenuto alle forze armate che sono entrate in Tripolitania per combattere il terrorismo», è scritto in un comunicato che sta girando sui social network. Mentre Osama al Juwaili, esponente di Zintan a capo della Zona militare occidentale della Libia, è rimasto schierato dalla parte del Gna (l'esercito del presidente in carica). Il ruolo di Zintan e di quell'area è strategico perché ospita il passaggio delle condotte che collegano i giacimenti nel sud-ovest del paese alla costa.
AL SERRAJAL SERRAJ

Nel frattempo, la manovra di avvicinamento di Haftar continua. E ieri sera, nell'annunciare che 5 suoi comandanti «sono rimasti uccisi in battaglia», il portavoce del Lna ha anche comunicato di essere a 20 chilometri da Tripoli. Le forze del generale stanno procedendo sul fronte sud, e si è fermata per ora quella sul fronte ovest della capitale. La nuova coalizione di milizie Regione occidentale che appoggia Serraj ha però risposto lanciando l'operazione Wadi Doum 2: un nome-monito per Haftar, perché è il luogo dove l'ufficiale è stato sconfitto e catturato dai ciadiani nel 1987, quando all'epoca combatteva per il leader libico Gheddafi. Tripoli, poi, si è fatta sentire con il primo raid aereo di questo scontro ad Al-Hira, a nord di Garian, la città situata 80 km a sud della capitale presa giovedì dal generale senza combattere.
 
Al momento non ci sono informazioni verificabili su morti e feriti ma risultano almeno 128 prigionieri tra le fila di Haftar fatti dalle milizie tripoline dopo un attacco portato in nottata a un posto di blocco circa 30 km a ovest della capitale, sulla strada costiera che arriva in Tunisia. Il generale ha perso anche 40 veicoli militari e Serraj, per sottolineare la presa di controllo della Porta 27 della città, si è fatto riprendere durante un sopralluogo sul posto.

SARRAJ HAFTAR MACRONSARRAJ HAFTAR MACRON
Prima della riunione a porte chiuse del Consiglio di sicurezza dell'Onu, in cui i Quindici hanno espresso «profonda preoccupazione» e chiesto alle parti, e in particolare ad Haftar, di «fermare tutte le attività militari», il segretario generale Antonio Guterres è volato a Bengasi per cercare di fermare il feldmaresciallo, ma ha ricevuto un secco no. Tanto che ha dovuto ammettere di lasciare la Libia «con una profonda preoccupazione e il cuore pesante», anche se spera «ancora che sia possibile evitare uno scontro sanguinoso».


Dal canto suo l'Ue ha ribadito che in Libia si rischia uno «scontro incontrollabile», mentre gli analisti ricordano come contro la conquista di Tripoli - oltre alla forza militare di Misurata - pesi ancora una sorta di veto degli Usa che la Russia, pur sponsor di Haftar assieme all'Egitto, la Francia e gli Emirati, sembra voler rispettare. Forse un modo per presentarsi in posizione di forza alla Conferenza nazionale ancora in programma per il 14-16 aprile a Ghadames. Un appuntamento che, al momento, sembra difficile immaginare. Fonte: qui

“VORREI USCIRNE MA NON POSSO. SAREBBE LA FINE DELLA MIA FAMIGLIA, MIA MOGLIE E MIO FIGLIO SMETTEREBBERO DI PARLARMI” 

LA STORIA DI GRAZIA DI NICOLA, RIPUDIATA DALLA FAMIGLIA PER UNA TRASFUSIONE

GRAZIA DI NICOLA TESTIMONI GEOVAGRAZIA DI NICOLA TESTIMONI GEOVA

RICORDATE LA STORIA DI GRAZIA DI NICOLA, LA TESTIMONE DI GEOVA RIPUDIATA DALLA FAMIGLIA E ALLONTANATA DALLA COMUNITÀ PER AVER ACCETTATO UNA TRASFUSIONE CHE LE SALVÒ LA VITA? ADESSO NON SA DOVE SIANO LE SUE TRE FIGLIE CHE L'AVEVANO RIPUDIATA PER LA SUA SCELTA – GRAMELLINI: “IN NOME DELL' AMORE DIVINO, NEGANO L' ESSENZA DELL' AMORE FILIALE, CHE CONSISTE NELL' ESSERE FELICE CHE TUA MADRE SIA VIVA” –LE TRE FANATICHE
Massimo Gramellini per il “Corriere della Sera”
 
Come in un romanzo di Ian McEwan, c' è un malato grave che può ancora scamparla e una religione che vuole impedirglielo: per i testimoni di Geova le trasfusioni di sangue sono tabù. Fede e scienza si fronteggiano al capezzale di un reparto chirurgico del Salernitano e alla fine vince la scienza, o la sopravvivenza.

Grazia Di Nicola accetta di «contaminarsi» con il sangue di altri esseri umani. Una decisione che le salva la vita, ma gliela cambia per sempre. La sua comunità la scaccia come indegna, effetto collaterale che forse aveva messo nel conto. Ma non basta: le tre figlie grandi, cresciute da lei nel medesimo credo, la ripudiano. Si rifiutano non solo di continuare a vederla, ma di respirare la sua stessa aria.

Prima trovano rifugio in casa di correligionari, poi lasciano il paese natio per un rifugio sconosciuto, dove non debbano scontare ogni giorno la vergogna di sentirsi figlie di chi ha preferito obbedire all' istinto invece che al dogma. 

TESTIMONI GEOVATESTIMONI GEOVA
Qui non si nega il diritto di un club di espellere chi non ne rispetta le regole. Ma si rimane sgomenti ogni volta che i legami di appartenenza ideologica prevalgono su quelli di sangue. Quando un estremista politico consegna i parenti ai boia della rivoluzione. Quando un invasato religioso ammazza una figlia ritenuta infedele (e la fa franca, come è appena successo in Pakistan). Quando, in nome dell' amore divino, tre ragazze negano l' essenza dell' amore filiale, che consiste nell' essere felice che tua madre sia viva.
TRASFUSIONE SANGUETRASFUSIONE SANGUE


ACCETTÒ TRASFUSIONE: GRAZIA, TESTIMONE DI GEOVA, HA PERSO LE TRE FIGLIE: «NON SO DOVE SIANO»

Grazia Di Nicola ha 48 anni e da tre settimane non ha notizia delle sue figlie. La storia viene da Colliano, in provincia di Salerno, e l'incubo di Grazia, testimone di Geova, è iniziato tre anni fa quando dovette sottoporsi ad un intervento chirurgico e accettò, dopo una lunga riflessione, alcune trasfusioni di sangue: una pratica rifiutata dalla sua religione, ma i medici avevano fatto pressione su di lei affinché cambiasse idea, dal momento che rischiava la morte.

russia testimoni di geovaRUSSIA TESTIMONI DI GEOVA
Dopo un travaglio interiore, Grazia accettò di seguire le indicazioni dei medici, ma da quel momento tutta la sua vita cambiò. Il primo trauma fu l'espulsione dai Testimoni di Geova, poi l'allontanamento delle tre figlie, anche loro testimoni di Geova. Accusandola di essere una peccatrice, le tre ragazze di 30, 25 e 21 anni troncarono il rapporto con la famiglia e abbandonarono la casa dei genitori, ospitate da altri testimoni di Geova nella stessa Colliano.

Tre settimane fa l'ultimo choc, le tre figlie hanno lasciato Colliano e ora la famiglia non sa dove siano. «Papà, il vostro fratellino ed io vogliamo solo essere sicuri che stiate bene - dice la donna lanciando un appello alle figlie -. Rispettiamo le vostre decisioni in campo religioso, questo è fuori discussione. Ma voi rendetevi conto del nostro dolore, voi sapete il bene che vi vogliamo, chiamateci». «Questi due orsacchiotti erano delle bambine, ora mi sono rimasti solo loro», le sue parole, guardando con nostalgia i giocattoli delle sue figlie di cui non ha notizie da tre settimane.
TRASFUSIONITRASFUSIONI

La madre sfoglia l'album di famiglia con le foto delle sue ragazze da piccole, si ferma sull'immagine di loro tre sorridenti attorno all'ultimo nato in ospedale, e non riesce a darsi pace. «Io ho vissuto il terremoto dell'Ottanta - racconta amareggiata -, se quella tragedia si ripetesse oggi, se ci fosse una scossa proprio in questo momento, io non saprei in quale casa sono le mie figlie. 
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Questo non riesco ad accettarlo. È già accaduto in passato un incidente e noi siamo rimasti all'oscuro di quello che era successo, scoprendolo solo molto dopo. Non è normale per un genitore che ha cresciuto con sacrifici i propri figli non sapere dove si trovino, non so che cosa fare, spero che riescano a capire quanto stiamo soffrendo per loro e si facciano vive». dagospia.com


“SONO UN TESTIMONE DI GEOVA DA 30 ANNI, VOGLIO USCIRNE, MA SE LO FACCIO SONO FINITO”
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Mirko Bellis per “Fanpage”

“Un testimone di Geova non può esprimere alcuna critica. Se lo fa corre il rischio di essere cacciato. Un’eventualità che ci terrorizza perché significa perdere tutti gli affetti”. Paolo (un nome di fantasia), imprenditore di 58 di Pescara, è da trent'anni un seguace di Geova. “Mia moglie ed io eravamo cattolici – precisa – poi ci siamo convertiti, mentre mio figlio è testimone dalla nascita.

Per 3 anni sono stato anziano in una congregazione; sei mesi fa ho rimesso il mio incarico perché non volevo più continuare ad avere responsabilità nell'organizzazione”. Paolo ha rivelato per la prima volta a Fanpage.it le proprie critiche e perplessità verso il culto a Geova.

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“I seguaci sono così indottrinati che se domani il corpo direttivo gli dicesse di suicidarsi, sarebbero diversi milioni a togliersi la vita. E lo avrei fatto anch'io. Prima non volevo sentire niente che potesse mettere in discussione la mia fede, ma adesso ho finalmente aperto gli occhi”.

Quando ha iniziato a nutrire dei dubbi?
"Cinque anni fa, quando ho scoperto come sono stati trattati i casi di pedofilia. In tutto questo tempo sono cambiate le procedure: adesso è permesso denunciare alle autorità gli abusi ai minori. Ma la regola interna dei due testimoni, che devono confermare le accuse al presunto pedofilo, è rimasta.

Mi chiedo come si possa pensare di trovare due testimoni che abbiano assistito ad un abuso a un bambino. In questo modo, se la denuncia rimane dentro la congregazione, è probabile che per il pedofilo non ci sia alcuna conseguenza. Dopo gli scandali scoppiati in Australia, l’organizzazione è dovuta correre ai ripari però si continua a dare troppa enfasi alla riabilitazione del pedofilo e molta di meno alla protezione del bambino abusato. Insomma, credo esista ancora molta omertà al nostro interno. Se non vengono alla luce i casi di pedofilia è per paura".
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Paura di cosa?
"Di essere cacciati. Nel mio caso, se fossi disassociato sarebbe la fine della mia famiglia. Mia moglie e mio figlio smetterebbero di parlarmi. Dopo aver smesso di essere anziano, sembra che in casa sia entrato il diavolo. Un litigio continuo.

Per mio figlio è stata una tragedia. Non pensavo che questa mia scelta provocasse una reazione simile. No, non posso permettermi di essere mandato via. E comunque, una volta dentro la congregazione, tutti i testimoni di Geova si allontanano dalle amicizie e affetti precedenti. Per cui, se vieni cacciato, non ha più nessuno fuori dall'organizzazione. Sei da solo, “bruciato”".

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Quali altri aspetti non la convincono più?
"Non mi convince per niente come si spendono i soldi raccolti con le offerte. Un altro aspetto è l’ipocrisia rispetto alle trasfusioni di sangue".

Può spiegare meglio questo ultimo punto?
"Conosco bene la storia di una sorella (i testimoni di Geova chiamano l’un l’altro fratello e sorella, ndr) che ha fatto trasfondere il marito. Avremmo dovuto organizzare un comitato per decidere un'eventuale dissociazione. Ma un sorvegliante, cioè un mio superiore in grado, mi ha minacciato di non fare niente. Se vuoi stare tranquillo, mi disse, non parlare. Mentre in altri casi chi ha ricevuto una trasfusione è stato messo all'indice, come Grazia Di Nicola".
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Cosa deve fare quindi un testimone di Geova se l’unica alternativa per sopravvivere è una trasfusione di sangue?
"Deve morire. Con fede, ma deve morire. Prima ci credevo anch'io ma ora ho capito che è sbagliato. Portiamo sempre con noi un documento in cui affermiamo di non volere sangue altrui. Se mi trovassi in ospedale dopo un incidente, e fossi incosciente, qualcun altro deciderebbe per me. Conoscendo mia moglie, sono sicuro mi lascerebbe morire piuttosto di autorizzare una trasfusione".

E per quanto riguarda la gestione dei fondi?
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"La gestione dei fondi è quantomeno opaca perché non sappiamo come vengono spese le offerte che raccogliamo. E ancora: dove vanno a finire i soldi della vendita degli immobili? Ad esempio, la sala delle assemblee di Roseto degli Abruzzi è stata messa in vendita per 14 milioni di euro; quando l’abbiamo costruita è costata tre miliardi di vecchie lire (1,5 milioni di euro). Vorrei tanto sapere a chi andrà la differenza. Ci sono altri anziani che la pensano come me, ma sono terrorizzati di esprimere pubblicamente le loro critiche".
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Cosa avviene se un seguace vuole uscire dalla congregazione?
"Se si allontana volontariamente e rimane comunque un fedele, i parenti e gli altri membri continuano a mantenere i rapporti. Se invece viene disassociato o firma la propria rinuncia, nessuno, persino i familiari più stretti, dovranno più trattare con lui. Diventa un apostata, un malvagio che è tornato a Satana".
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Dopo queste considerazioni, cosa pensa dei fedeli a Geova?
"Penso siano una setta. Fino a quando credi ciecamente in quello che dice l’organizzazione non ci sono problemi. Ma appena esprimi dei dubbi, delle perplessità, finisci tagliato fuori da tutti i tuoi affetti. Non credo che una religione debba permettersi di rovinare le persone in questo modo". Fonte: qui