9 dicembre forconi: 06/10/18

domenica 10 giugno 2018

PORTI ITALIANI CHIUSI SE MALTA NON PRESTERÀ SOCCORSO ALLA NAVE CARICA DI MIGRANTI APPENA RACCOLTI DALLE ACQUE NORDAFRICANE

LA DECISIONE SENZA PRECEDENTI È STATA ADOTTATA DAI MINISTRI DELL'INTERNO E DELLE INFRASTRUTTURE (TONINELLI), DUNQUE IN ACCORDO CON L'M5S. 

NEGLI ULTIMI DUE GIORNI SONO PARTITE OLTRE MILLE PERSONE


GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINIGIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI
Porti italiani chiusi. È la svolta senza precedenti imposta in queste ore da Matteo Salvini. La nave Aquarius, che batte bandiera di Gibilterra, è in navigazione con 600 naufraghi a bordo provenienti dal Nordafrica. Tra poche ore transiterà per le acque di Malta. Se l’isola-Stato non accetterà di prestare soccorso, come spesso avvenuto in questi ultimi anni, ebbene i porti italiani chiuderanno i battenti e la nave (in questo momento a 40 miglia dalle coste più vicine) non verrà fatta attraccare nei porti italiani. Lo stesso Salvini ha avvertito le autorità maltesi con una lettera: è loro il porto più sicuro e Roma non offrirà approdi alternativi.
toninelli grilloTONINELLI GRILLO

La decisione è stata adottata d’intesa dai ministri dell’Interno e delle Infrastrutture Danilo Toninelli. Ma è il segnale che il nuovo governo Conte-Salvini-Di Maio intende lanciare all’Europa: l’Italia non può essere lasciata da sola a gestire l’emergenza.

Gli ultimi due giorni sono stati segnati dalla partenza di oltre mille migranti verso le coste europee. Nel primo weekend da ministro dell'Interno di Salvini, nei porti di Reggio Calabria e di Pozzallo sono state tre le navi approdate con a bordo circa 500 profughi. Nella notte altre 600 persone sono state soccorse e trasbordate sulla nave Aquarius, quella oggetto appunto dello scontro con Malta. Aquarius è l'unica ong al momento presente nel Mediterraneo: a bordo ha ora, esattamente, 629 rifugiati, tra cui 123 minori non accompagnati, 11 bambini e 7 donne incinte.

Fonte: qui

Referendum Svizzera su rivoluzione moneta sovrana, ecco cosa cambierebbe

Oggi, Domenica 10 giugno, la Svizzera vota sulla proposta di modifica al sistema monetario dopo l’iniziativa pubblica che ha richiesto un referendum nazionale sull’introduzione della cosiddetta “Vollgeld”, ossia moneta sovrana, sostenuta dalla destra libertaria così come dalla sinistra anti-bancaria. Le probabilità che la proposta passi non sono alte, ma nel caso prevalesse il sì l’impatto sull’intero sistema bancario svizzero è potenzialmente enorme.

I dettagli della proposta


La proposta prevede che la Banca nazionale svizzera (BNS) diventi l’unico creatore di denaro, proibendo alle banche commerciali di creare moneta elettronica. Attualmente nei sistemi bancari di tutto il mondo, le banche possono creare moneta elettronica prestando a clienti e accreditando questo importo sui conti.

La proposta quindi da un lato mira a togliere al sistema bancario la capacità di creare moneta scritturale, attribuendo alla banca centrale il diretto controllo della quantità di moneta; dall’altro vuole superare l’interpretazione della moneta come passività della banca centrale, permettendo a quest’ultima di distribuire liquidità direttamente sia al Tesoro che alle famiglie. “La prima parte della proposta ha importanti implicazioni, mentre la seconda ricorda confusamente il meccanismo noto come helicopter money“, sottolinea Marco Maffezzoli, Professore Associato di Economia presso l’Università Bocconi, che aggiunge come la prima parte della riforma rischia di avere “un effetto depressivo, difficilmente quantificabile, sull’offerta di credito bancario – e quindi sull’economia reale – senza portare vantaggi dal punto di vista della stabilità finanziaria”.
Dopo una fase di transizione, è previsto che tutti i depositi a vista diventino passività della banca centrale ed escano dai bilanci delle banche, le quali assumeranno semplicemente il ruolo di gestori. Il sistema bancario non potrà più erogare prestiti che non siano già garantiti da riserve presso la banca centrale.

Obiettivi della proposta

Gli obiettivi della riforma sono molteplici: aumentare la stabilità finanziaria, ridurre i profitti del sistema bancario, eliminare la necessità di costosi interventi di salvataggio liberando lo stato dalla sua condizione di ostaggio delle banche, aumentare la trasparenza del sistema orientandone l’attività al servizio dell’economia reale.

Ripercussioni su economia e franco svizzero


In Svizzera, rimarca un recente studio di Standard & Poor’s (S&P), circa l’85% del ristretto aggregato monetario M1 della BNS (misura di l’offerta di moneta) è denaro elettronico sotto forma di depositi a vista. Solo circa il 15% di M1 sono monete e banconote emesse dalla BNS. “Se passerà il sì – rimarca S&P – si andrebbe a impedire alle banche di creare moneta elettronica. Invece, la BNS sarebbe l’unico creatore di mezzi di pagamento legali. S&P ritiene poco probabile che passi il sì, ma anche in tal caso prefigura uno scenario in cui parlamento svizzero e BNS facciano procedere la riforma con cautela per ridurre al minimo l’impatto economico e finanziario sul sistema elvetico.


“Il referendum è rimasto in gran parte sotto il radar al di fuori della Svizzera – commentano gli esperti di Ing – . Ciò potrebbe tuttavia essere un errore. Sondaggi recenti indicano che la vittoria del No non è un affare fatto. Un Sì dovrebbe preannunciare un periodo di grande incertezza, in cui il franco svizzero potrebbe soffrire. A più lungo termine, il credito più costoso e scarso danneggiare l’economia, ma il franco potrebbe beneficiare di politiche deflazionistiche”.

Fonte: qui

Svizzera, bocciata al referendum la "moneta sovrana"

Netta bocciatura in Svizzera per la "Moneta sovrana" che oggi passava il test del referendum.
REUTERS-FILE PHOTO: MEMBERS OF THE SOVEREIGN MONEY INITIATIVE, A REFERENDUM CAMPAIGN THAT WOULD ABOLISH TRADITIONAL BANK LENDING AND ALLOW ONLY MONEY CREATED BY THE CENTRAL BANK, CLEAN UP AFTER SPRAYING A SLO
© Fornito da La Repubblica REUTERS-FILE PHOTO: MEMBERS OF THE SOVEREIGN MONEY INITIATIVE, A REFERENDUM CAMPAIGN THAT WOULD ABOLISH TRADITIONAL BANK LENDING AND ALLOW ONLY MONEY CREATED BY THE CENTRAL BANK, CLEAN UP AFTER SPRAYING A SLO
L'iniziativa popolare "Per soldi a prova di crisi: emissione di moneta riservata alla Banca nazionale! (Iniziativa Moneta intera)" è ufficialmente stata respinta. Anche se lo spoglio non è concluso, la maggioranza dei 26 Cantoni ha bocciato il testo. Secondo una seconda proiezione realizzata dall'istituto gfs.bern su incarico di Srg Ssr, pubblicata poco fa, il 75% degli elettori ha detto no alla proposta di dissociare la creazione monetaria dal credito.
Isostenitori di Moneta intera proponevano che, oltre al denaro contante, anche la moneta scritturale dei conti bancari venisse emessa esclusivamente dalla Banca nazionale svizzera (Bns). Le normali banche non potrebbero insomma più emettere moneta attraverso la concessione di crediti. Alla Banca centrale sarebbe spettato il compito di mettere in circolazione denaro "non gravato da debito", quindi senza alcuna contropartita, fornendolo direttamente alla Confederazione, ai Cantoni oppure alla popolazione.
Gli obiettivi dichiarati dei sostenitori di Moneta intera erano quelli di rendere più sicuro il denaro della clientela delle banche e di prevenire crisi finanziarie.
Di moneta scritturale aveva parlato circa un anno fa la Banca d'Italia. Allora via Nazionale aveva chiarito che "la moneta legale è la moneta dotata del potere di estinguere le obbligazioni in denaro, riconosciuta come tale dall'ordinamento giuridico. L'unica forma di moneta legale è la moneta contante emessa da una banca centrale - per l'euro la Banca Centrale Europea (BCE) - in quanto la sua creazione si basa su rigorose procedure che garantiscono la fiducia generale nella moneta e la stabilità del suo valore nel tempo". Parlando invece di "moneta cosiddetta bancaria o scritturale si indica l'insieme degli strumenti gestiti e organizzati dalle banche e dagli altri intermediari abilitati a prestare servizi di pagamento: gli assegni, i bonifici, gli addebiti diretti, le carte di pagamento. Solo alle banche e agli altri intermediari abilitati alla prestazione di servizi di pagamento - che sono sottoposti per legge alla vigilanza della Banca d'Italia - è consentito prestare questo tipo di servizi utilizzando moneta scritturale con valore legale. La Banca d'Italia ha ricevuto alcune segnalazioni di cittadini che pretendono di utilizzare una forma di moneta scritturale che essi stessi avrebbero creato, replicando il meccanismo della moneta bancaria. Questa presunta moneta non ha alcun valore legale e il suo utilizzo può esporre a conseguenze negative e rischi", diceva Banca d'Italia. Fonte: qui

UN NUOVO SISTEMA RADAR STUDIATO DA PECHINO PREOCCUPA IL PENTAGONO: TRA I SUOI IMPIEGHI C’È ANCHE LA POSSIBILITÀ(?) DI CAUSARE DISASTRI NATURALI

IL DISPOSITIVO SAREBBE IN GRADO DI INFLUENZARE IL FLUSSO DI PARTICELLE SUBATOMICHE FINO A SINGAPORE E…


radar cina 2RADAR CINA 
La Cina sta costruendo un nuovo sistema radar a Sanya, sul Mar Cinese Meridionale, che preoccupa Stati e scienziati. Il motivo della preoccupazione è che, tra i vari possibili impieghi, sia civili che militari, potrebbe esserci anche la manipolazione del clima e la capacità di causare disastri naturali. 

Si potrebbe pensare a teorie cospirazioniste o a film di fantascienza. Ed in molti casi è vero. Ma, come spiega il South China Morning Post, i rischi non sono pochi. E sono molti i critici del progetto che temono un suo utilizzo che possa creare disagi alle telecomunicazioni così come al clima.

Il clima e i militari
radar cina 3RADAR CINA 
Non è la prima volta che si parla di manipolazione del clima come arma. Molto spesso il confine tra l’informazione e il cospirazionismo è labile. Ma è anche difficile comprendere il limite fra sistema scientifici che studiano la meteorologia e sue applicazioni in campo bellico. Specialmente se la tecnologia e i finanziamenti sono forniti in larghissima parte dalle Difese nazionali.

Gli scienziati tendono a evitare allarmismi. La tecnologia non sembra ancora arrivata a questi livelli. Tuttavia anche le forze armate statunitensi hanno lavorato su tecnologie geo-ingegneristiche simili. E così hanno fatto anche altre potenze militari, tra cui la Russia.

radar cina 5RADAR CINA 
Nel momento in cui si utilizzano queste tecnologie a scopo civili, è difficile capire poi se possano essere sfruttate anche per scopi militari, colpendo gli altri Stati e giocando, in fin dei conti, ad essere Dio.

Il progetto cinese
La Cina possiede già un sistema simile nella provincia sud-occidentale dello Yunnan. Il dispositivo, situato a Qujing, viene utilizzato per studiare la ionosfera e rilevare bersagli estremamente piccoli come satelliti e frammenti di detriti.
radar cinaRADAR CINA

Il nuovo progetto ha una componente sia civile che militare. Ed è importante che la sede sia Sanya, base navale della Cina che ospita una flotta di sottomarini nucleari.

Secondo le fonti del South China Morning Post, il nuovo dispositivo, noto come High-powered Incoherent Scatter Radar, “sarebbe in grado di influenzare il flusso e riflusso di particelle subatomiche fino a Singapore, una distanza di oltre 2mila chilometri“.

radar cina 4RADAR CINA 
Questo fattore, renderebbe il radar il sistema più potente di tutto il Mar Cinese Meridionale. E se anche non andasse a modificare i fenomeni climatici, la sua capacità desta allarme soprattutto per i risvolti in chiave strategica.

Gli Stati Uniti, proprio per questo motivo, sono preoccupati dai disastri naturali, quanto dalla possibilità che questo radar possa creare un vero e proprio “buco nero” atmosferico che colpisca tutta la rete di comunicazioni militari, in particolare per i sottomarini. Dando un vantaggio strategico enorme in un’area del Pacifico che è fondamentale.

radar cina 1RADAR CINA 


La macchina lavora generando impulsi di energia elettromagnetica e li irradia nella ionosfera, uno strato dell’atmosfera che può riflettere le onde radio grazie ad un’alta concentrazione di ioni ed elettroni”, spiegano al quotidiano di Hong Kong.
Analizzando le onde radio che rimbalzano sulle particelle, i ricercatori possono misurare con precisione il disturbo nella ionosfera causato dall’attività cosmica”.

haarp project 2HAARP PROJECT 
In quel caso, le onde potrebbero essere utilizzate per colpire le immagini radar o dei satelliti. Ma soprattutto, spiegano, queste onde potrebbero percorrere distanze lunghissime nelle profondità oceaniche. In questo caso, gli scopi potrebbero essere due.

Il primo, inviare istruzioni ai sottomarini senza bisogno che questi si avvicinino alla superficie dell’acqua. Il secondo, è quello di colpire le istruzioni inviate ai sottomarini nemici.

Il parallelo con il progetto Haarp
haarp projectHAARP PROJECT


L’impianto Haarp (High Frequency Active Auroral Research Program) di Gakona, in Alaska, nasce per uno scopo simile. L’impianto invia onde radio nella ionosfera studiandone le reazioni dopo l’impatto con lo strato dell’atmosfera.

Anche in questo caso, lo scopo principale è quello di studiare metodi per migliorare le prestazioni dei satelliti ma anche la comunicazioni con la flotta di sottomarini.

haarp project 1HAARP PROJECT 
Ma anche per Haarp, le critiche su un possibile utilizzo come “superarma” che potesse influenzare il clima ma anche la salute delle persone sono state molte. 

Alcune di alto profilo scientifico, altre molto più complottiste. Ma la differenza è che, mentre la Difesa Usa ha registrato dei tagli, il ministero della Difesa cinese ha dato un forte impulso finanziario a questo tipo di progetti. E il Pentagono vuole vederci chiaro.

Fonte: qui

FINTO PRETE CON TRE CHILI DI COCAINA SI GIOCA LA CARTA RELIGIOSA CON LA GUARDIA DI FINANZA A FIUMICINO

IL NARCOTRAFFICANTE NIGERIANO, TRAVESTITO DA SACERDOTE, VIENE FERMATO DAGLI AGENTI ALL'AEROPORTO. QUANDO GLI CHIEDONO DI APRIRE LA BORSA, LUI ALZA IL CROCIFISSO E...

Marco Carta per ''Il Messaggero''

L' INCHIESTA

L' abito talare con tanto di collarino ecclesiastico. Il sorriso carismatico da predicatore, il crocifisso al collo e tre chili di eroina nella borsa. Si era imbarcato verso l' Italia vestendosi da prete. Ma, una volta scoperto dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma, invece di arrendersi, è entrato ancora di più nel ruolo, brandendo il crocifisso sacro come fosse un' arma e lanciando anatemi apocalittici: «Vi scomunico, Dio vi punirà». Credeva che la tonaca lo potesse mettere al riparo dai controlli: «Vengo da un lungo viaggio missionario. Sono molto stanco».
finto prete narcotrafficanteFINTO PRETE NARCOTRAFFICANTE

 Ma alle prime domande dei doganieri, l' uomo, ha subito perso una delle qualità ritenute indispensabili nel buon cristiano, la pazienza, facendo calare presto la maschera: dietro quell' insospettabile prete si nascondeva, infatti, un corriere appartenente ad un' organizzazione criminale dedita all' introduzione di sostanze stupefacenti nel territorio nazionale.

SCALI A RISCHIO
A scoprire il narcotrafficante, un 39enne di origine nigeriana, lo scorso giovedì presso lo scalo aeroportuale Leonardo da Vinci, sono stati i finanzieri del Comando Provinciale di Roma, in collaborazione con i funzionari dell' Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Gli inquirenti erano stati allertati dalla rotta aerea dell' uomo, che interessava alcuni scali considerati a rischio: da Maputo in Mozambico, infatti, il nigeriano, si era imbarcato verso Lisbona per poi approdare a Roma.
finto prete narcotrafficanteFINTO PRETE NARCOTRAFFICANTE

Il travestimento da religioso gli aveva permesso di superare ben due distinti controlli. Per questo quando il prete fake sbarca a Roma è sicuro di farcela. Alla dogana, in un perfetto inglese, dice di essere un cittadino americano. Ma alla richiesta di mostrare un documento che attesti le sue generalità, esibisce una richiesta di cittadinanza statunitense. Una domanda, però, mai accolta. La carta non trae in inganno i finanzieri che decidono di andare a fondo. Ma il finto prete non si perde d' animo. E prosegue la sua commedia anche nei successivi controlli.

Quando gli agenti gli chiedono di consegnare la borsa che contiene il laptop, il finto missionario tenta il tutto per tutto: mette la mano al collo, afferra la croce e la punta in maniera minacciosa contro gli operatori aeroportuali: «Quello che state facendo è un sacrilegio!» grida il prete prima di proferire una vera e propria «scomunica» nei loro confronti.

La minaccia, però, non scoraggia i finanzieri. Che poco dopo, dentro l' imbottitura della borsa porta computer, scoprono in appositi doppiofondi tre chilogrammi di eroina purissima, destinata ad alimentare il mercato del litorale romano. La droga, proveniente dal Mozambico, avrebbe consentito all' organizzazione criminale di immettere sul mercato circa 25.000 dosi che avrebbero garantito ai trafficanti guadagni per oltre 1 milione di euro. Ma gli inquirenti, ad oggi, non sono stati in grado di rintracciare i complici in Italia del finto prete, ora in carcere a Civitavecchia. L' uomo, infatti, si è avvalso della facoltà di non rispondere.

I PRECEDENTI

finto prete narcotrafficanteFINTO PRETE NARCOTRAFFICANTE
Il ricorso alla religione è uno dei tanti escamotage tentato dalle organizzazioni criminali per eludere le ispezioni aeroportuali.

Nell' ottobre del 2017, un 22enne del Nicaragua, proveniente da Madrid, venne fermato a Bologna con un chilo e mezzo di cocaina occultata dentro tre quadri in legno raffiguranti immagini sacre, tra cui la rappresentazione dell' Ultima Cena. Nel marzo dello stesso anno, invece, nell' ambito dell' Operazione Huarango, venne sgominata una banda accusata di aver importato dal Perù oltre 25 chili di cocaina. Parte della droga era contenuta dentro statuette sacre e santini. Ma questo non impedì ai finanzieri di scovare gli stupefacenti. Per superare i controlli la fede spesso non basta.

Fonte: qui

Il redde rationem tra Usa e Ue si avvicina

Quanto sta accadendo nelle ultime settimane ci fa capire che fra Usa e Ue qualcuno dovrà pagare il prezzo alla nuova crisi e il conto non tarderà ad arrivare
Lapresse

Mentre il Paese scopre che con la flat tax a guadagnarci sono le fasce di reddito maggiore e assistiamo a un edificante dibattito sulla TAV dai toni tardi ottocenteschi, si muovono molte cose sottotraccia. Ad esempio, scopriamo che negli ultimi tre mesi sono stati 11 i miliardi di dollari fuggiti via dagli Etf azionari europei, con il comparto finanziario a guidare gli outflows: il peggior deflusso di capitali da quando vengono tracciate le serie storiche al riguardo, ovvero il 2008. Gli investitori, insomma, sono nervosi rispetto all'eurozona. E non per il farsesco governo Conte o per il cambio della guardia a Madrid, temono altro. Non siamo ancora nell'ambito del sistemico, ma, in prospettiva, manca poco. Per capire davvero bene in quale contesto ci stiamo muovendo, occorre diventare famigliari con un concetto chiave: la distorsione. Perché viviamo in un mondo distorto dalle politiche ormai strutturali delle Banche centrali e questo grafico ne è la prima conferma: insomma, nulla è come appare. 
 
Certo, le Borse sembrano dirci che tutto è a posto, che siamo in piena economia da goldilocks, ma qui di Riccioli d'oro, in realtà, se ne vedono pochi. C'è un problema, però, stiamo comportandoci come in realtà fossimo davvero nell'Eldorado della crescita, dove ogni opzione è comunque vincente: ovvero, i rischi di farci trovare con la guardia abbassata salgono terribilmente. E questi due grafici lo confermano: il primo ci mostra come la cosiddetta smart money, ovvero gli investitori professionali, stiano correndo verso la porta di uscita. E non una corsetta rilassata tipo jogging, se la giocano a chi assomiglia di più a Bolt. Il secondo, invece, conferma con le serie storiche come periodi eccessivamente lunghi di compiacenza della volatilità di mercato portino quasi sempre a picchi improvvisi e molto netti della stessa: forse quegli outflows temono un picco improvviso del Vix che rischia di far restare intrappolato chi non ha seguito l'esempio della smart money
 
Cosa sanno i mercati che noi comuni mortali non sappiamo? Perché l'Europa, sia a livello pubblico che nel privato delle sale trading, è tornata a essere l'elemento di instabilità globale, dopo che per trimestri la Bd3 ci ha confortato con le sue analisi, in base alle quali eravamo in piena ripresa sostenuta e sostenibile? Possibile che tutto sia deragliato in tre mesi, proprio l'arco temporale degli outflows dagli Etf equity? Cos'è successo che il mercato non ha digerito? Di fatto, abbiamo mezzo mondo in ebollizione geopolitica, ma finora nulla pare essere stato in grado di assestare il classico scossone: né la Siria, né la Libia, né la Corea del Nord, né ultimamente l'aumento della tensione dopo il ritiro degli Usa dall'accordo sul nucleare iraniano. Eppure, qualcosa c'è. E qui entra in campo l'elemento qualificante di cui vi parlavo prima: la distorsione. 
C'è che il sistema, ormai, si regge unicamente sulla logica del denaro a costo zero fornito dalla Banche centrali. Punto, non esiste altra dinamica, men che meno una seria prezzatura degli assets. E siccome prima o poi si dovrà tornare a una logica di price discovery e di fair value, ecco che l'approssimarsi della fine del Qe della Bce rimanda tremori: magari, trasformando un'irrituale trattativa di governo in elemento di destabilizzazione, tanto per far spaventare un po' la gente e fargli ricordare il 2011 e il loden di Mario Monti. La Fed, poi, è formalmente nei guai: con la disoccupazione al minimo da 18 anni, come si potrebbe giustificare un rinvio o un rallentamento della politica di normalizzazione del costo del denaro? Insomma, non basta l'inflazione a zig zag per evitare altri tre aumenti dei tassi da qui a fine anno, serve qualcosa di un pochino più serio per evitare che la folla globale scopra la nudità del Re, ovvero che non c'è alcun miracolo economico trumpiano in atto, ma solo la delirante istituzionalizzazione del concetto di mercato centralizzato. Al netto di quello, c'è ben poco da festeggiare, come il grafico relativo alla distorsione pubblicato prima mostra plasticamente. 
L'America, poi, ha anche un altro problema, lo status di valuta benchmark del dollaro a livello di commercio mondiale. Ed esattamente come per la logica dei dazi, il nemico da colpire e rendere il più possibile inoffensivo non è la Cina con il suo yuan a denominare i contratti petroliferi futures, bensì l'Ue con l'euro. In parole povere, occorre destabilizzare l'eurozona. E in fretta. Casualmente, come avrete notato, Washington è particolarmente attiva nella strategia di rendere sempre più dura la vita alla Germania, dalle pressioni sui rapporti di business con l'Iran alla costruzione del gasdotto Nord Stream 2 al trattamento speciale riservato da Fed e fondi a Deutsche Bank fino alla costante attenzione di autorità ambientali e Dipartimento della Giustizia per le emissioni delle automobili made in Germany, ogniqualvolta la loro quota di mercato negli Usa supera il livello di guardia, al netto della ratio scorte/vendite da mani nei capelli innescata dal ciclo di mal-investment made in Fed e della cartolarizzazione di massa del credito al consumo a clientela subprime per l'acquisto di veicoli. Insomma, siamo al 2008 in versione 2.0, forse in omaggio al decennale del crollo Lehman che ricorrerà il prossimo 15 settembre. 
Il problema ulteriore è però rappresentato dalla presenza alla guida della Bce di Mario Draghi, non esattamente l'ultimo arrivato quando si parla di certe dinamiche. Magari non avrà più l'istinto del killer dei bei tempi a Goldman Sachs, ma sa quando muoversi. E come. Mentre infatti la nostra stampa pensava ad altro, ecco che martedì pomeriggio Bloomberg rilanciava un suo servizio, all'interno del quale una "fonte qualificata" dell'Eurotower rendeva noto come la discussione sull'uscita dal programma di Qe era da ritenersi nel vivo durante il meeting del mese di giugno del board. Immediati i commenti di quattro membri, Praet, Hansson, Weidmann e Knot, con soltanto il primo nei panni della colomba rispetto alle tempistiche di uscita, mentre il secondo azzardava addirittura l'ipotesi di un primo rialzo dei tassi nell'eurozona entro metà 2019. Ecco il commento di Lisa Abramowicz di Bloomberg al riguardo: «È stupefacente come la Bce spenda così tanto tempo a decidere addirittura se cominciare a parlare o meno della fine del Qe». Come dire, questi il programma espansivo non lo fermano nei tempi stabiliti nemmeno se nevica rosa in pieno agosto a Tunisi. 
D'altronde, a vostro modo di vedere, a cosa è servito il balzo dello spread fra Btp e Bund della scorsa settimana, davvero pensate che se Draghi avesse voluto far abortire il governo Lega-M5S e portare a Palazzo Chigi il buon Cottarelli si sarebbe fermato a 320 punti base? Davvero pensate che quattro fondi americani, i quali stando alla vulgata complottista avrebbero ricevuto mandato dalla Casa Bianca di sostenere il nostro debito per favorire i "sovranisti", siano così pazzi - stante i bagni che hanno preso negli ultimi tre mesi - da attaccare frontalmente la Bce? No, Mario Draghi aveva bisogno che della stessa trasposizione tragica che serve agli Usa: i primi vogliono spezzare l'eurozona e tramutare la crisi sistemica che stanno per lanciare in crisi sovrana dell'eurozona, mentre a Francoforte serviva mettere nella testa della gente l'idea che un Paese too big to fail come l'Italia fosse in pericolo potenziale, far passare l'idea che siamo in un momento in cui cautela e responsabilità devono essere norma e guida. Della serie, il momento peggiore per uscire dal Qe. E, addirittura, per porre fine ai tassi di deposito negativi nell'eurozona. 
C'è un'ultima variabile da tenere in conto, poi, per decrittare questi tempi nervosi e senza precedenti, dal punto di vista economico: l'America potrebbe entrare in recessione prima del previsto. E, capite da soli che un mercato in perenne rialzo da stimolo monetario già prende male un trimestre non record, come potrebbe reagire al disvelamento della verità? Questi quattro grafici ci spiegano il perché di questa evenienza attraverso una cartina di tornasole poco ortodossa ma rivelatasi molto accurata in passato: il cosiddetto Pds (Prior Domestic Savings), ovvero il denaro che i cittadini americani investono in bond, fondi obbligazionari o prestiti. 
 
Il primo grafico ci mostra chi finanzia, di fatto, il debito statunitense, la capacità di finanziarsi dello Stato ma anche l'azienda America, ovvero i consumi che la fanno andare avanti, mentre il secondo ci mostra la correlazione fra Pps e cosiddetto risky lending, il prestito rischioso, quello il cui servizio può portare con sé delle criticità (vedi lo spread, nel caso italiano). Il terzo grafico ci mostra dell'altro, ovvero come un calo del Pds sia correlato con un calo della capacità di spesa futura, ma, soprattutto, come la creazione di nuovo credito bancario sia fondamentale per quest'ultima voce, sempre ricordando che il Pil Usa dipende al 70% circa dai consumi. Ed ecco il quarto grafico, quello che fa paura a Washington: guardate a che punto si trova, oggi, il nuovo credito bancario e il suo tasso di creazione. Questo alla faccia della disoccupazione ai minimi da 18 anni (infarcendo il mercato di lavori temporanei, sottopagati, senza tutele e con gli over-55 disperati per aggiungere qualche anno di contributi a fare la parte del leone nell'accettare qualsiasi occupazione, mentre la manifattura continua a perdere unità produttive occupate), della Borsa che fa faville, del governo che presenta Budget per l'anno prossimo completamente a deficit, tanto le coperture le garantirà il taglio delle tasse (mi ricorda qualcuno…), scordando l'effetto collaterale globale del fatto che per finanziare a sua volta la riforma fiscale, il Tesoro emettere debito con il badile, drenando dollari dal mercato di finanziamento mondiale e mettendo a rischio sistemico l'intero casinò. 
È il "fattore Ponzi", l'unico che realmente regola l'economia e la finanza in questi giorni da delirio collettivo. Attenzione, il sistema Usa basato sul debito come modello di sviluppo e stile di vita sta raggiungendo il livello massimo di espansione, tra poco la bolla scoppia. Quindi, occorre correre ai ripari, facendo ad esempio in modo che qualcun altro patisca gli effetti della deflagrazione, per poi godersi la post-schumpeteriana fase di riattivazione della politica espansiva. Il problema è che temo che questa volta il redde rationem non sarà rimandabile, né tantomeno evitabile: fra Usa e Ue qualcuno dovrà pagare il prezzo alla nuova crisi e il conto non tarderà ad arrivare, il 2019 sarà l'anno del grande reset. Mentre qui parleremo della Tav. 
Fonte: qui

Colpo di scena al G7: Trump firma il documento e poi si ritira dopo le parole di Trudeau su dazi Usa

Al termine di due spinose giornate di G7 Donald Trump aderisce al documento conclusivo, poi dall' Air Force One che lo sta portando a Singapore per il vertice con Kim Jong un, posta suTwitter un annuncio shock: gli Stati Uniti non firmeranno le decisioni prese dai sette leader delle potenze industrializzate. 

Motivo della marcia indietro le parole pronunciate dal premier canadese Justin Trudeau alla conferenza stampa finale, mentre Trump è già in viaggio: le tariffe imposte dalla Casa Bianca su alluminio e acciaio sono "un insulto" per i canadesi, perché motivate dal presidente americano con ragioni di sicurezza nazionale. 

Il tempo di riceverne il resoconto e Trump si dissocia dal documento finale e rilancia i dazi sulle auto. L'Europa prova a smorzare i toni: "Ci atteniamo al comunicato come approvato da tutti i partecipanti al G7", accennano fonti vicini all'Ue.

10 giugno 2018 - "Ho dato istruzioni di non appoggiare il documento finale del G7". Dall'Air Force One, in viaggio verso Singapore per il vertice con Kim Jong un, Donald Trump posta su Twitter un annuncio shock, senza precedenti nella storia: gli Stati Uniti non firmeranno le decisioni prese dai sette leader delle potenze industrializzate. Si tirano indietro dopo aver accettato in un primo momento le conclusioni del vertice. Una rottura con gli alleati dalle conseguenze a questo punto davvero imprevedibili.    

Lo strappo tanto temuto già alla vigilia del summit alla fine si è consumato nel modo più violento e inaspettato. 

Sono oramai le sette di sera a Charlevoix, la dichiarazione di compromesso tanto attesa è stata già diffusa, e tutti i leader - anche il neopremier italiano Giuseppe Conte - hanno lasciato la sede del summit. La maggior parte di loro è già in volo verso i rispettivi Paesi quando la furia di Trump si abbatte sul padrone di casa del vertice, Justin Trudeau, e spazza via due giorni di duro lavoro e di tesissime trattative. 

Bastano due tweet al presidente americano per smontare tutto: si dissocia dal documento finale e definisce il premier canadese "un disonesto e un debole". Poi tira fuori l'artiglieria pesante: quei "dazi sulle auto che invadono il mercato americano" e che il tycoon ha più volte minacciato.    

A far infuriare Trump sono state le parole usate da Trudeau nella conferenza stampa finale del G7, e l'annuncio che dal primo luglio partirà la risposta alle tariffe su alluminio e acciaio volute dalla Casa Bianca anche su Canada, Messico ed Europa. Tariffe che Trudeau non esita a definire "un insulto" per i canadesi, perchè motivate dal presidente americano con ragioni di sicurezza nazionale. Ragioni che alleati storici come il Canada o gli europei non possono accettare.    

"Noi canadesi siamo gentili, siamo ragionevoli, ma non ci faremo maltrattare", ha quindi affermato Trudeu: "Ho detto direttamente al presidente americano che i canadesi non lasceranno facilmente che gli Stati Uniti vadano avanti con tariffe contro la nostra industria dell'acciaio e dell'alluminio. E non lasceranno che questo avvenga per presunti motivi di sicurezza, dopo che i canadesi dalla prima guerra mondiale in poi si sono sempre trovati fianco a fianco con i soldati americani in terre lontane dove ci sono conflitti. Per noi - ha concluso Trudeau - questo è un insulto".    

Evidentemente partito con la convinzione di essere riuscito a bloccare le temute rappresaglie, Trump, leggendo, ha perso completamente le staffe, bollando le parole di Trudeau come "false" e minacciando contromisure durissime se verranno colpiti gli agricoltori, i lavoratori e le aziende americane.    

Colta di sorpresa, l'Europa prova a smorzare i toni: "Ci atteniamo al comunicato come approvato da tutti i partecipanti al G7", è la reazione di Bruxelles secondo quanto fanno trapelare fonti delle istituzioni europee. Ma oggi forse è avvero un altro giorno. E con la rottura consumata da Trump nulla per ora potrà essere più come prima. 

Fonte: rainews.it

TRUMP SGANCIA LA BOMBA NEL G7: VOI PIANGETE PER I DAZI? E IO VI PROPONGO UN'AREA DI LIBERO SCAMBIO. ZERO DAZI. COSÌ SCOPERCHIA L'IPOCRISIA DI FRANCIA E GERMANIA 

KURZ CONFERMA LA POSSIBILITÀ DI UN MEETING PUTIN-TRUMP IN AUSTRIA 

CONTE SI SCHIERA CON DONALD TRUMP E VIENE INVITATO ALLA CASA BIANCA. È L'INIZIO DI NUOVI RAPPORTI INTERNAZIONALI E DI CAMBIAMENTI CHE POTREBBERO ESSERE MOLTO PIÙ VELOCI DI QUANTO OGGI NON SEMBRI AD OSSERVATORI SUPERFICIALI

Maria Giovanna Maglie per Dagospia

Free trade proclamation. Alla faccia del protezionismo. Triplo salto mortale, oplà, diceva sul serio, non era una battuta, e il tavolo accuratamente preparato per uno di questi inutili G7 o 8 che fossero, e a una Merkel furiosa non resta che preannunciare che alla fine il documento comune ci sarà anche se resta la distanza degli Stati Uniti, ovvero che ha dovuto cedere, lei, Macron, e ruota di scorta Juncker.
merkel conte trumpMERKEL CONTE TRUMP

Trump questa mattina, prima di andarsene a Singapore a preparare lo storico vertice con il dittatore della Corea del Nord Kim Jong un, tiene una conferenza stampa da solo mentre gli altri 6 si preparano a parlare di ambiente e clima, e dice che la disputa sulle tariffe è presto risolta senza tanti strani calcoli e risse su cosa conviene a chi se si trasforma l'intero territorio delle Nazioni industrializzate in una zona di Commercio tariff free,niente tariffe ,zero dazi.

Il succo e’: noi ci vogliamo bene con gli altri Paesi che sono qui in Quebec riuniti -ed è inutile chiedersi se stia prendendo in giro tutti - non ci sono contenziosi aperti, se dovessi dare un voto al nostro rapporto direi che e’ dieci, usare un linguaggio forte per spiegare le proprie posizioni e’ del tutto normale, e per carità, nessun rancore, hanno fatto gli interessi delle rispettive nazioni, sono stati bravi in passato,è sicuramente colpa delle passate Amministrazioni se hanno stipulato accordi pessimi per gli Stati Uniti. Ora però è finita.

Ora, è possibile che sui giornali e TV dell'Inviato Unico o del Commentatore Unico leggiate che è tutta una manfrina ma semplicemente non è vero. È una proposta rivoluzionaria e mette in seria difficoltà Francia e Germania, le nazioni i cui leader fino a oggi hanno fatto gli indignati. Se un'automobile americana oggi entra a fatica in Europa perché c'è un dazio del 10% addirittura il 22 per i pick-up, e invece per gli autoveicoli europei è in tutto 2,5%, che cosa si risponde se in buona fede ad una proposta di questo tipo?

donald trump giuseppe conteDONALD TRUMP GIUSEPPE CONTE

Trump ha anche ribadito l'invito ad accogliere di nuovo nei vertici dei paesi più industrializzati la Russia di Putin messa fuori 4 anni fa perché si era annessa la Crimea. Anche questa è stata una proposta arrivata a sorpresa al vertice canadese, e che naturalmente scopre molta ipocrisia da parte di chi si oppone. Con la Russia infatti paesi come la Germania ostenta lontananza e disdegno democratici, confermano le sanzioni, ma poi trattano la costruzione del nuovo gasdotto.

La delegazione americana in Quebec conferma anche le voci della vigilia su un prossimo incontro a due tra Trump e Putin, assieme alla possibilità, come Dago-anticipato, che si tenga nella scandalosa Vienna di Sebastian Kurz, leader sovranista e populista inviso alle capitali europee.

 Il portavoce del Cremlino pure ha confermato da Qingdao, in Cina, dove il presidente russo sta partecipando al summit dei Paesi membri della Shanghai Cooperation Organization (Sco), che il vertice e’ in preparazione.

Peskov ha è confermato che la possibilità dell'incontro a Vienna e’ emersa nei colloqui tra Putin ed il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, durante la visita in Austria nei giorni scorsi del presidente russo. Ma, ha ribadito, bisogna prima che Russia e Stati Uniti raggiungano un accordo.

In che senso? Che se il leader del Cremlino è "pronto a sviluppare, approfondire e normalizzare le relazioni con gli Usa"; se è vero che "ci siamo incontrati con il presidente degli Stati Uniti nell’ambito di eventi internazionali. ed è ovviamente insufficiente per affrontare le relazioni Usa-Russia”, il punto è che la situazione politica interna negli Stati Uniti non consente di tenerlo".

L'allusione è chiara alle nuove sanzioni americane, ma anche all'intero clima di sospetto e processo contro la Russia che si fa intorno all'inchiesta di un procuratore speciale sulle possibili ingerenze di Mosca nelle elezioni del 2016.

Certo, se l'incontro dovesse essere davvero fissato per il prossimo luglio, durante il viaggio di Trump a Bruxelles per la Nato, sarebbe per uno scatto di reni del presidente americano, non certo perché l'indagine Russia Gate si possa sperare conclusa in un qualunque modo.

Lanciata la bomba, Trump è partito per Singapore a preparare il Summit del 12, calibrando le parole, spiegando che si tratta di una possibilità che si presenta una volta sola di costruire pace e dicendosi certo che capira’ in un minuto se le intenzioni di Kim jong-un sono serie o sta bluffando. I recenti contatti sono stati positivi tra i negoziatori, si tratta di un territorio inesplorato nel vero senso della parola,” ma io resto fiducioso”’.

JUNCKER GIUSEPPE CONTEJUNCKER GIUSEPPE CONTE
Con il premier italiano Giuseppe Conte Donald Trump ha avuto un colloquio privato di circa un'ora. Ha mostrato cordialità ed entusiasmo verso “il grande vincitore”, come lo ha chiamato, delle elezioni italiane. Con l'eccezione del Giappone, che gli accordi già li va facendo separatamente fin dalla primavera scorsa con gli Stati Uniti, l'Italia del nuovo governo è stato l'unico Paese ad esprimere accordo con Trump sulla questione delle sanzioni alla Russia ed anche sulla prepotenza tedesca nel problema dei dazi.

Conte e’ stato invitato alla Casa Bianca. Anche queste sono notizie che si possono sottovalutare perché cosi’ è l'andazzo delle fake news, oppure percepire come inizio di nuovi rapporti internazionali e di cambiamenti che potrebbero essere molto più veloci di quanto oggi non sembri ad osservatori superficiali.

Fonte: qui