IL NARCOTRAFFICANTE NIGERIANO, TRAVESTITO DA SACERDOTE, VIENE FERMATO DAGLI AGENTI ALL'AEROPORTO. QUANDO GLI CHIEDONO DI APRIRE LA BORSA, LUI ALZA IL CROCIFISSO E...
Marco Carta per ''Il Messaggero''
L' INCHIESTA
L' abito talare con tanto di collarino ecclesiastico. Il sorriso carismatico da predicatore, il crocifisso al collo e tre chili di eroina nella borsa. Si era imbarcato verso l' Italia vestendosi da prete. Ma, una volta scoperto dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma, invece di arrendersi, è entrato ancora di più nel ruolo, brandendo il crocifisso sacro come fosse un' arma e lanciando anatemi apocalittici: «Vi scomunico, Dio vi punirà». Credeva che la tonaca lo potesse mettere al riparo dai controlli: «Vengo da un lungo viaggio missionario. Sono molto stanco».
Ma alle prime domande dei doganieri, l' uomo, ha subito perso una delle qualità ritenute indispensabili nel buon cristiano, la pazienza, facendo calare presto la maschera: dietro quell' insospettabile prete si nascondeva, infatti, un corriere appartenente ad un' organizzazione criminale dedita all' introduzione di sostanze stupefacenti nel territorio nazionale.
SCALI A RISCHIO
A scoprire il narcotrafficante, un 39enne di origine nigeriana, lo scorso giovedì presso lo scalo aeroportuale Leonardo da Vinci, sono stati i finanzieri del Comando Provinciale di Roma, in collaborazione con i funzionari dell' Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Gli inquirenti erano stati allertati dalla rotta aerea dell' uomo, che interessava alcuni scali considerati a rischio: da Maputo in Mozambico, infatti, il nigeriano, si era imbarcato verso Lisbona per poi approdare a Roma.
Il travestimento da religioso gli aveva permesso di superare ben due distinti controlli. Per questo quando il prete fake sbarca a Roma è sicuro di farcela. Alla dogana, in un perfetto inglese, dice di essere un cittadino americano. Ma alla richiesta di mostrare un documento che attesti le sue generalità, esibisce una richiesta di cittadinanza statunitense. Una domanda, però, mai accolta. La carta non trae in inganno i finanzieri che decidono di andare a fondo. Ma il finto prete non si perde d' animo. E prosegue la sua commedia anche nei successivi controlli.
Quando gli agenti gli chiedono di consegnare la borsa che contiene il laptop, il finto missionario tenta il tutto per tutto: mette la mano al collo, afferra la croce e la punta in maniera minacciosa contro gli operatori aeroportuali: «Quello che state facendo è un sacrilegio!» grida il prete prima di proferire una vera e propria «scomunica» nei loro confronti.
La minaccia, però, non scoraggia i finanzieri. Che poco dopo, dentro l' imbottitura della borsa porta computer, scoprono in appositi doppiofondi tre chilogrammi di eroina purissima, destinata ad alimentare il mercato del litorale romano. La droga, proveniente dal Mozambico, avrebbe consentito all' organizzazione criminale di immettere sul mercato circa 25.000 dosi che avrebbero garantito ai trafficanti guadagni per oltre 1 milione di euro. Ma gli inquirenti, ad oggi, non sono stati in grado di rintracciare i complici in Italia del finto prete, ora in carcere a Civitavecchia. L' uomo, infatti, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
I PRECEDENTI
Il ricorso alla religione è uno dei tanti escamotage tentato dalle organizzazioni criminali per eludere le ispezioni aeroportuali.
Nell' ottobre del 2017, un 22enne del Nicaragua, proveniente da Madrid, venne fermato a Bologna con un chilo e mezzo di cocaina occultata dentro tre quadri in legno raffiguranti immagini sacre, tra cui la rappresentazione dell' Ultima Cena. Nel marzo dello stesso anno, invece, nell' ambito dell' Operazione Huarango, venne sgominata una banda accusata di aver importato dal Perù oltre 25 chili di cocaina. Parte della droga era contenuta dentro statuette sacre e santini. Ma questo non impedì ai finanzieri di scovare gli stupefacenti. Per superare i controlli la fede spesso non basta.
Fonte: qui
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