Oswald Spengler
Oswald Spengler

Ora, per dirla come Marinetti, raggiunto il promontorio estremo dei secoli, ai discendenti di Enea viene chiesto un ultimo sforzo per riscoprire in se stessi la fonte della propria luce che è il Logos. A tal proposito l’esoterista Massimo Scaligero (connesso al Gruppo di Ur) in “La Tradizione Solare” spiega:

L’uomo è invero il “tempio del divino”, ma non può scoprire le forze superiori attive nei processi del percepire, del pensare e del conoscere, finché immedesimato in essi, riguardino essi il mondo fisico o il metafisico, e finché mediante essi cerca tali forze fuori di sé: nei segni del passato, negli impulsi esauriti dell’anima.

Sarà necessario dunque ridestare, in correlazione al possesso di alcune caratteristiche fisiche già ben definite, una forza interiore prettamente spirituale. L’identità di una stirpe infatti è ottenuta grazie al vincolo che lega la formazione fisica ad un’energia virtuosa trasmessa (solo potenzialmente) attraverso l’eredità biofisica. Proprio in questo senso Carl Gustav Jung spiega come gli stessi archetipi riescano ad agire nel solco dell’inconscio collettivo e, così facendo, ci comunicano lo spirito dei nostri ignoti antenati, il loro modo di pensare e di sentire, il loro modo di sperimentare la vita e il mondo, gli uomini e gli dei. Dunque, come il corpo umano rappresenta una sorta di museo della sua storia filogenetica lo stesso avviene per la psiche. L’archetipo quindi rivela la propria presenza attraverso i simboli e i miti che vanno a legarsi indissolubilmente con le stirpi da cui sono fioriti ab origine. L’obiettivo è dunque quello di rigenerare nell’attuale romano una virtù immanente che torni a plasmare la sua forma originaria, così da attuare una norma fondamentale della Tradizione, corporificare lo spirito e spiritualizzare il corpo, in una sorta di superamento eroico di ambedue.
Carl Gustav Jung
Carl Gustav Jung

Appare chiaro che essendo la potenzialità di questo atto immanente all’uomo occidentale stesso, ed avendo quest’ultimo perso la possibilità di appoggiarsi a strumenti esterni per raggiungere la propria luce, egli dovrà riaccordarsi interiormente a quella Tradizione prisca che garantisce di vivere attivamente la vita e non essere passivamente vissuti dalla vita stessa. D’altronde lo stesso Scaligero afferma:
La tradizione vera è la trasmissione imprevedibile: l’accensione non imposta allo spirituale dal basso, dalla formula, dal rito o dall’appartenenza a un determinato organismo tradizionale.

Per questa ragione la crisi spirituale e religiosa che attanaglia il nostro mondo non deve spaventare quella ristretta avanguardia di uomini occidentali (e dunque romani) già protesi verso l’asse verticale della Tradizione, poiché anche in questi momenti di oscurità essi possono ritrovare l’origine della propria luce. Per Scaligero infatti:

Il luogo originario perduto dall’Io come Paradiso Terrestre. E’ invero l’anima: il cui compito terrestre è semplicemente ricordare la propria realtà. Insomma ad un “sovranismo” di natura politica ed esteriore andrebbe affiancato uno slancio individuale interiore tendente al recupero di una Tradizione spirituale: un “sovranismo sacro” che ci renda in primis sovrani di noi stessi. E’ questo il primo passo da compiere per adempire ad una sorta di mandato nazionale che ci lega alla nostra comunità di destino prima ed al mondo intero poi, a tal proposito lo stesso Giuseppe Mazzini asserì: “La Patria è il segno della missione che Dio v’ha dato da compiere nell’Umanità”.
Giuseppe Mazzini
Giuseppe Mazzini

Coloro che riusciranno ad intraprendere questo sentiero di rinascita si troveranno ad affrontare terribili responsabilità, quest’avanguardia occidentale dovrà infatti continuare il suo percorso sul solco della Tradizione Solare nella stessa direzione voluta da Enea prima e dal Cristo poi, cioè da Oriente ad Occidente, al contrario voltarsi di nuovo ad est, alla ricerca di seconde o terze rome sarebbe imperdonabile poiché come ci ricorda Dante nella Divina Commedia, ciò significherebbe porre (come già fece Costantino) l’Aquila “contr’al corso del ciel!“. Dunque l’unica Terza Roma possibile è quell’Urbe già profetizzata da Mazzini nel suo “I doveri dell’uomo”, una Roma universale, sinonimo di civiltà ed ordine, antitesi di ogni globalizzazione forzata; una Roma orgogliosamente italiana in un’Italia orgogliosamente romana che rivendichi con dignità i suoi primati e ricordi ai tecnocrati di Bruxelles che

L’Italia è la sola terra che abbia due volte gettato la grande parola unificatrice alle nazioni disgiunte. La vita d’Italia fu vita di tutti. Due volte Roma fu la Metropoli, il Tempio del mondo Europeo: la prima, quando le nostre aquile percorsero conquistatrici da un punto all’altro le terre cognite e le prepararono all’Unità colle istituzioni civili; la seconda, quando, domati dalla potenza della natura, dalle grandi memorie e dall’ispirazione religiosa, i conquistatori settentrionali, il genio d’Italia s’incarnò nel Papato e adempì da Roma la solenne missione, cessata da quattro secoli, di diffondere la parola Unità nell’anima ai popoli del mondo Cristiano.

Dunque credere oggi in una causa identitaria che rivendichi più italianità e ponga al suo apice Roma città Sacra, non significa essere anti-europei o perorare una causa isolazionista, bensì proporre una Unità europea armonica ed ordinata che anteponga le leggi naturali a quelle del mercato globale ribadendo il primato dell’essere sull’avere. Proprio per questo l’obiettivo di una tale palingenesi rimarrà una irrealizzabile utopia fin quando l’uomo occidentale non avrà spiritualmente rigenerato se stesso. Fonte: qui