9 dicembre forconi: 12/06/18

giovedì 6 dicembre 2018

La supercazzola di Di Maio: il "Navigator" del lavoro

Di Maio si inventa una figura che aiuterà i disoccupati a trovare un impiego. Ed è caos

Navigator. Mettetevi bene in testa questa parola e memorizzatela. Perché Navigator sarà la parola dell'anno.

Non quello che sta finendo, ma quello che sta per iniziare, s'intende. Anzi il «mestiere» dell'anno.
Navigator
Riavvolgiamo il nastro: martedì sera Luigi Di Maio, ministro dello Sviluppo economico e vicepremier, è ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta. Sfoggia il solito sorriso immoto e srotola la solita prosopopea elettorale. Il giornalista lo incalza sul reddito di cittadinanza: si farà? Quante persone riguarderà? Chi lo erogherà? Di Maio come sempre, dice e non dice, ripete lo stesso canovaccio: 5 milioni di persone, 780 euro, la povertà sarà sconfitta per sempre, finalmente l'Italia uscirà dal tunnel ed altre amenità varie. Fino a qui nulla di nuovo. Fino a qui. Perché poi Luigino, con grande disinvoltura, aggiunge una novità: ogni richiedente reddito verrà seguito da vicino da un navigator. Navigator. Cala il gelo in studio. Le iridi di Bruno Vespa assumono la forma di due sbalorditi punti interrogativi. Massimo Franco, anche lui ospite della trasmissione, uno che ha visto scorrere intere e turbolente stagioni politiche, trasecola. Il pubblico da casa inizia immediatamente - via social - a ironizzare su questa nuova figura lavorativa. Il navigator diventa subito una barzelletta. Sarà un nuovo tipo di navigatore satellitare per raccapezzarsi nel caos delle promesse del governo? Di Maio prosegue imperterrito: «Il Navigator fa parte del programma di assunzioni che faremo. Li selezioniamo con un colloquio per trovare altre persone con alto profilo per seguire i giovani che hanno perso il lavoro. L'importante è che la persona che orienta il disoccupato venga pagato in base al numero delle persone orientate». Ora siamo disorientati anche noi, però.
Navigator
Ricapitoliamo: per dare uno stipendio (senza lavoro) a (forse) 5 milioni di italiani Di Maio propone, nel frattempo, di assumere qualche migliaio di persone che formino i sopracitati disoccupati per trovare un impiego. Tecnicamente una supercazzola. Praticamente dei badanti 2.0. Certo, effettivamente, per diventare Navigator ci vuole una certa perizia, essendo una figura professionale ai più sconosciuta. Forse anche allo stesso Di Maio che, pensando di essere più chiaro, precisa: un Mississippi Navigator. Sempre più esoterico. Il vicepremier allude probabilmente a Mimmo Parisi, il professore che negli Usa ha creato un sistema di ricollocamento dei disoccupati attraverso una app. Strada affascinante, peccato che, al momento, in molti centri per l'impiego del nostro Paese non ci sia nemmeno la connessione a internet. E quindi per distribuire soldi, il reddito di cittadinanza, serve una montagna di altri soldi, per mettere insieme una struttura adeguata e pagare il personale che gestisca questi giganteschi rubinetti di pubblico danaro. Il solito cane che si morde la coda.
Ma possiamo stare tranquilli, tutto il gran caos del reddito di cittadinanza finirà sulle spalle di questi misteriosi Navigator. Figura già mitologica, metà uomo e metà app, che dovrebbe traghettarci attraverso i marosi di un sistema ultra assistenzialista che rischia di dissanguare le già anemiche casse dello Stato.
P.s. Come, argutamente, è stato notato in rete «Navigator» è anche il titolo di un film prodotto dalla Disney nel 1986. È la storia fantascientifica di un dodicenne che viene rapito per quattro ore dagli alieni, ma quando torna tra di noi scopre che in realtà sono passati otto anni terrestri, a causa di un complicato calcolo scientifico (il Paradosso dei Gemelli). Ecco, in molti, dopo aver visto Porta a Porta devono aver sperato che, come nel film, la legislatura finisca non in quattro anni ma in due ore. Terrestri, ovviamente.
Fonte: qui

UNA CORSA CLANDESTINA TRA DUE VENTENNI FINISCE IN TRAGEDIA A NAPOLI: UN NETTURBINO RIMANE UCCISO


ALFONSO CAMPOCHIARO VIAGGIAVA IN SCOOTER PER ANDARE A LAVORARE QUANDO È STATO TRAVOLTO DALLA 500 DI UNO DEI DUE RAGAZZI. IL GIOVANE PROVA A DIFENDERSI: L’AUTO È SLITTATA, MA LE TELECAMERE LO INCASTRANO


Fulvio Bufi per il “Corriere della Sera”
corsa clandestina finisce in tragedia a napoli 2CORSA CLANDESTINA FINISCE IN TRAGEDIA A NAPOLI

Alle 3 del mattino di sabato scorso, Alfonso Campochiaro è come ogni notte già in piedi, lavato, vestito e pronto per uscire e andare a lavorare. Come ogni notte si muove in silenzio per non svegliare nessuno, si chiude lentamente alle spalle la porta della sua casa nei Quartieri Spagnoli di Napoli e si avvia verso lo scooter parcheggiato giù in strada.

corsa clandestina finisce in tragedia a napoli 3CORSA CLANDESTINA FINISCE IN TRAGEDIA A NAPOLI
Alle 3 del mattino di sabato scorso è sveglio anche Carmine D' Aniello, ma lui è «ancora» sveglio, e insieme alla fidanzata e altri amici ha appena finito di bere l' ultimo drink in un locale vicino al mare di Pozzuoli e si sta avviando verso la 500 tutta accessoriata che lo fa sentire come Driver l' Imprendibile, con la ragazza accanto. Poco distante dalla sua, è parcheggiata anche la macchina dell' amico, una Fiesta, un po' più acciaccata, ma anche quella capace di correre veloce, lungo le strade deserte dell' ultimo scorcio della notte.
corsa clandestina finisce in tragedia a napoli 1CORSA CLANDESTINA FINISCE IN TRAGEDIA A NAPOLI

Alfonso Campochiaro non sa nemmeno chi siano Carmine D' Aniello, la sua fidanzata e il suo amico. Lui ha in testa soltanto la solita strada per andare al lavoro: dal centro di Napoli a Fuorigrotta, e poi fino a Pozzuoli, al porto, per imbarcarsi sul traghetto delle 4,10 per Procida e alle 5 cominciare il turno di netturbino per le strade dell' isola. Da una vita sempre lo stesso percorso e sempre gli stessi orari, che ora, a 62 anni, cominciano a pesare davvero.
corsa clandestina finisce in tragedia a napoli 4CORSA CLANDESTINA FINISCE IN TRAGEDIA A NAPOLI

Lui sarà più o meno all' altezza dello stadio San Paolo, quando, a nemmeno dieci chilometri di distanza, nelle stradine strette del centro storico di Pozzuoli, due macchine lasciano sull' asfalto i segni neri delle sgommate. Sono la 500 di Carmine e la Fiesta del suo amico, i ragazzi hanno trovato il modo per concludere la nottata, una gara per stabilire chi al volante è più bravo: nessuno dei due. O più incosciente: entrambi.

Correndo come pazzi - tra l' altro con l' esperienza di due ventunenni, quindi mica tanta - possono solo schiantarsi. Certo, possono finire contro un muro o un albero, ma non va così. Perché pure se ormai anche le tre sono passate da un po', in strada c' è sempre qualcuno. Un' auto che se li ritrova di fronte sul lungomare tra Pozzuoli e Napoli, mentre quello dietro sta cercando di superare e quindi ha invaso la corsia opposta. Il guidatore lampeggia, frena, accosta più che può: le due auto gli passano accanto senza rallentare, una lo sfiora, ma poi va oltre.
È alle spalle, pericolo scampato.

corsa clandestina finisce in tragedia a napoli 5CORSA CLANDESTINA FINISCE IN TRAGEDIA A NAPOLI
Ma la corsa continua. A cento all' ora, e proprio sulla strada dove, in senso opposto, Alfonso Campochiaro sta andando con lo scooter verso il suo turno di lavoro. Probabilmente Carmine nemmeno lo vede, si accorge di lui quando lo ha già preso in pieno.

corsa clandestina finisce in tragedia a napoli 6CORSA CLANDESTINA FINISCE IN TRAGEDIA A NAPOLI
Alfonso Campochiaro muore lì, prima dell' alba dell' ennesima giornata di fatica. Carmine D' Aniello è costretto a fermarsi, quello della Fiesta invece prosegue, ma dopo un po' torna indietro. Resta in disparte, mentre il suo amico parla con i carabinieri e prova a convincerli di aver perso il controllo perché l' auto è slittata, senza fare cenno alla gara.

Non gli credono, e per fortuna che esistono le telecamere. Quindi ci mettono poco i carabinieri per ricostruire la follia di quella gara e per identificare anche l' altro automobilista. E per accusare entrambi di omicidio stradale. Il gip convalida e Carmine viene arrestato, va ai domiciliari ma potrà uscire per andare al bar dove lavora. L' altro è solo indagato. Per ora.

Fonte: qui

BLITZ DEL GENERALE HAFTAR A ROMA: SPONDA USA ALLA LINEA ITALIANA


L' UOMO FORTE DI TOBRUK VEDRÀ ROBINSON L' AMBASCIATORE AMERICANO IN TUNISIA  

INTANTO LA POSIZIONE DEL PRESIDENTE IN CARICA, FAYEZ AL SERRAJ, SI FA OGNI GIORNO PIÙ DEBOLE

Cristiana Mangani per “il Messaggero”
conte haftarCONTE HAFTAR

Il generale Khalifa Haftar è a Roma. Dopo venti giorni dalla Conferenza di Palermo sulla Libia, dove il feldmaresciallo ha avuto un ruolo da protagonista, ieri sera è arrivato nella Capitale per due visite molto riservate.

Oggi incontrerà David Robinson, ambasciatore americano a Tunisi con delega sul dossier libico. E domani(oggi) dovrebbe andare dal premier Giuseppe Conte, con il quale, quasi certamente, discuterà anche della questione migranti. Il suo ritorno in Italia conferma quanto importante sia in questo momento la posizione del nostro paese rispetto alla stabilizzazione della Libia, soprattutto mentre la Francia, altro contendente in territorio africano, deve fare i conti con una situazione interna molto difficile.

CONTE TRUMPCONTE TRUMP
IL CAMBIAMENTO 

La scelta di incontrare l' ambasciatore Robinson a Roma non sembra casuale. Segue a una continua attività che la diplomazia e il governo stanno attuando. Senza considerare che proprio due giorni fa, qualche anticipazione su quello che potrebbe essere il nuovo ruolo di Haftar, è stata data dal Wall street journal. «Sotto un nuovo governo populista, l' Italia ha mostrato una spinta a impegnarsi nei confronti del comandante - è il passaggio di un articolo a lui dedicato - Questo è un cambiamento rispetto agli ultimi anni in cui Roma ha favorito il governo rivale di Tripoli, che riconosce».

Il giornale fa anche riferimento alle dichiarazioni di un esponente dell' amministrazione Trump. «Certamente vedremmo un ruolo per il generale Haftar in qualsiasi futuro della Libia - sono le dichiarazioni della fonte - Haftar potrebbe guidare il paese? «Questo riguarda il popolo libico».
conte haftarCONTE HAFTAR

Senza voler andare così oltre, è comunque certo che qualcosa stia realmente accadendo. La posizione del presidente in carica, Fayez al Serraj, si fa ogni giorno più debole, e il suo ruolo potrebbe non avere più senso. Circa due settimane fa, Sebastiano Cardi, direttore degli Affari politici e di sicurezza per l' Italia, insieme con il capo dell' Ufficio politico militare nel Gabinetto del ministro della Difesa, contrammiraglio Gianfranco Annunziata, hanno co-presieduto la sessione di due giorni che si è svolta a Washington, alla quale hanno partecipato rappresentanti delle agenzie tra Stati Uniti e Italia. Ed è stato confermato l' impegno a migliorare gli sforzi di sicurezza e stabilizzazione nella regione mediterranea.

Tutto questo mentre ieri è stato ufficialmente comunicato che non ci sarà l' incontro tanto atteso tra Serraj e Haftar, che avrebbe dovuto svolgersi a fine settimana ad Amman, in Giordania.
al serraj haftar giuseppe conteAL SERRAJ HAFTAR GIUSEPPE CONTE

Secondo quanto spiegato ad Agenzia Nova da Talal Abdullah al Mayhoub, presidente della commissione per la Difesa e la Sicurezza nazionale della Camera dei rappresentanti libica di Tobruk, il vertice «non è avvenuto, in quanto Haftar, in Giordania già dall' inizio della scorsa settimana per partecipare a una serie di incontri con i militari locali, ha lasciato la capitale del regno hashemita poco prima dell' arrivo di Serraj». La speranza degli osservatori libici era che, dopo le aperture durante il vertice italiano, il re Abdullah II - che da tempo ospita i libici feriti e li cura - potesse fare da mediatore e arrivare a un accordo tra le parti.

conte haftarCONTE HAFTAR
PRESSIONI INTERNAZIONALI 

Il quotidiano qatariota edito a Londra al Arabi al Jadid ha anche dato notizia dell' arrivo ad Amman di Serraj alla testa di una folta delegazione. Sebbene l' attesa fosse per l' incontro con il comandante di Tobruk che, secondo il giornale, era stato organizzato su pressioni internazionali allo scopo di arrivare a un accordo sul ruolo delle istituzioni militari rispetto a quelle civili in Libia.

La base di partenza era la frase attribuita ad Haftar a margine della Conferenza di Palermo: «Non è utile cambiare il cavallo finché non si è attraversato il fiume», avrebbe detto l' uomo forte della Cirenaica al presidente del Consiglio presidenziale. Ora la situazione potrebbe essere cambiata.

5 dicembre 2018

Fonte: qui


HAFTAR, LA CHIAVE PER ENTRARE IN LIBIA 

LA VISITA DEL GENERALE A GIUSEPPE CONTE PERMETTE ALL’ITALIA DI RIENTRARE NELLA PARTITA LIBICA E DISCUTERE DI CIRENAICA, MIGRANTI E PETROLIO 

CON LA FRANCIA ALLE PRESE CON PROBLEMI INTERNI, E LE ELEZIONI ALL’ORIZZONTE, HAFTAR NON PUÒ FARE A MENO DELL’APPOGGIO DI ROMA 

SU TRIPOLI PENDE LA “MINACCIA” DEL RITORNO DEL FIGLIO DI GHEDDAFI, SAIF

Gabriele Carrer per “la Verità”

HAFTAR E GIUSEPPE CONTEHAFTAR E GIUSEPPE CONTE
L'incontro di ieri a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il comandante dell' autoproclamato Esercito nazionale libico, il generale Khalifa Haftar, ha riavvicinato la Francia alla visione italiana sul dossier che riguarda il Paese del Nord Africa, fondamentale per il controllo delle ondate migratorie sulle coste europee. L'uomo forte della Cirenaica era atterrato in Italia martedì, e nei suoi due giorni a Roma ha incontrato, oltre al premier Conte, anche Daniel Rubinstein, ambasciatore statunitense in Tunisia e uomo di riferimento del presidente Donald Trump per la Libia.

Una nota diffusa di Palazzo Chigi riferisce che al centro dei colloqui ci sono stati i seguiti della conferenza di Palermo del 12 e 13 novembre e il sostegno al lavoro di Ghassan Salamé, invitato delle Nazioni Unite in Libia, nell'ambito del processo di stabilizzazione del Paese.
al serraj haftar giuseppe conteAL SERRAJ HAFTAR GIUSEPPE CONTE

Sull' incontro è intervenuto Mohammed Al Riad, deputato libico di Misurata, intervistato da Agenzia nova. La speranza dei politici libici di Misurata, ha detto, è che il governo italiano convinca Haftar «ad aderire al processo politico» iniziato in Libia con l’accordo di Skhirat del 2015. L'aiuto dell' Italia, «in quanto Paese amico nel trovare una soluzione allo stallo politico è molto importante ed è questo che noi vediamo in questi incontri bilaterali», ha aggiunto.

«Gli sforzi di Roma possono aiutare un riavvicinamento tra Haftar e le altre parti politiche della Tripolitania per unire gli sforzi e andare verso il piano dell' inviato dell' Onu». In poche parole Al Riad ha messo in fila tre temi: il sostegno al piano Onu (appoggiato dall' Italia) che prevede elezioni entro la primavera 2019; la necessità di trovare un' intesa tra Haftar e Fayez Al Serraj, presidente del governo di Tripoli, quello riconosciuto dall' Onu ma in difficoltà negli ultimi mesi vista l'avanzata delle forze della Cirenaica; il riallineamento sull' agenda italiana di Parigi, ben più inserita in quel di Misurata rispetto a Roma.
conte haftarCONTE HAFTAR

I primi segnali di riavvicinamento della Francia all'Italia sul dossier libico erano arrivati durante la conferenza di Palermo. Il ministro degli Esteri di Parigi, Jean-Yves Le Drian, si era allineato alla richiesta di Roma di non premere troppo sul pedale dell'acceleratore del processo di pace nel Paese del Nord Africa dilaniato da due guerre civili dopo il rovesciamento per mano occidentale del regime di Muammar Gheddafi: già allora il numero uno della diplomazia dell' esecutivo di Emmanuel Macron decise di sostenere il governo Conte e il piano dell' inviato Onu Salamé rinunciando al voto entro il 2018 e accettando di posticiparlo a primavera.

conte haftarCONTE HAFTAR
Sul tavolo dell' incontro tra Haftar e Conte anche altri tre temi però: migranti, petrolio e il futuro dell' ambasciatore italiano a Tripoli Giuseppe Perrone, il cui ritorno in Libia oggi è fortemente caldeggiato proprio da Haftar, i cui uomini ad agosto lo definirono un nemico costringendolo al rientro in Italia (poi prolungato dalla Farnesina). Il leader dell' Est della Libia ha in mano due nuove città, Sabrata e Zawiya, a Ovest di Tripoli, che rappresentano importanti porti di partenza per i barconi, e i suoi uomini stanno intensificando le operazioni a Mellita, centro a pochi chilometri dal confine con l' Algeria, dove ha sede l' hub di Eni.

Forte del sostegno degli Usa, Haftar ha garantito collaborazione al nostro Paese, spiegano fonti della diplomazia italiana, ricordando la forte intesa tra l' amministrazione Trump e il governo Conte. Il generale si è dovuto però scontrare con le resistenze del nostro esecutivo, in particolare dei ministeri degli Esteri (guidato da Enzo Moavero Milanesi) e della Difesa (di Elisabetta Trenta), ben poco disposti ad accettare il rientro dell' ambasciatore Perrone e decisi a forzare la mano su un altro diplomatico, Giuseppe Buccino Grimaldi, già ambasciatore in Libia dal 2011 al 2015, ma poco gradito ad Haftar.
haftarHAFTAR

La due giorni romana è servita al leader della Cirenaica per far pesare i suoi risultati sul campo e mostrarsi come l' interlocutore principale dell' Occidente in Libia. Verso le elezioni però si muove anche, seppur con crescenti difficoltà, Al Serraj. Difficoltà, spiegano fonti libiche, legate anche al flop dei colloqui di martedì con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Il quale, seppur abbia ufficialmente dato il suo appoggio al governo di Tripoli, ora deve fare i conti con le resistenze della Germania e della Francia.

saif al-islam gheddafiSAIF AL-ISLAM GHEDDAFI
Quest'ultima non soltanto si sta riavvicinando ad Haftar ma vuole soprattutto evitare che le milizie di Al Serraj accedano ai programmi di addestramento Nato. Il primo obiettivo sia di Haftar sia di Al Serraj è il riconoscimento delle Nazioni Unite, che significa palcoscenico internazionale ma soprattutto soldi. E in corsa per il malloppo si è inserito Saif Al Islam Gheddafi, che proprio ieri ha inviato una lettera al presidente russo Vladimir Putin per chiedere il sostegno di Mosca nella crisi libica.

In cambio, il secondogenito dell' ex leader (che non appare in pubblico da quando venne rilasciato di prigione nel giugno 2017 e su cui pende un mandato di arresto da parte della Corte penale internazionale dell' Aia) ha garantito il suo appoggio al piano di pace Onu, a patto che la conferenza nazionale prevista per l' inizio del 2019 porti a una vera riconciliazione nazionale. Cioè che ne sia protagonista anche lui.

Fonte: qui

SI CHIAMA LUIGI AMORUSO L’UOMO CHE HA FERITO LA DOTTORESSA FUORI DALL’OSPEDALE A CROTONE. 50 ANNI, L’HA COLPITA CON UN CACCIAVITE PER ''VENDICARE'' LA MORTE DELLA MADRE


IL MEDICO, MARIA CARMELA CALINDRO, NON E' IN PERICOLO DI VITA. NELLA CITTÀ È ALLARME SICUREZZA: NEI MESI SCORSI ALTRI DUE MEDICI SONO STATI MALMENATI E…

Carlo Macrì per il “Corriere della Sera”

ospedale san giovanni di dio crotone 1OSPEDALE SAN GIOVANNI DI DIO CROTONE
Se è viva lo deve a un cittadino extracomunitario che ha immobilizzato il suo aggressore, un disoccupato di 50 anni, che avrebbe voluto ucciderla. La dottoressa Maria Carmela Nuccia Calindro, del reparto di Medicina dell' ospedale San Giovanni di Dio, a Crotone, se la caverà con una prognosi di trenta giorni, nonostante le ferite alla testa, al collo e all' addome che il suo aggressore, Luigi Amoruso, le ha inferto con un cacciavite. L' uomo è stato arrestato con l' accusa di tentato omicidio.

Amoruso ha agito per vendicare la morte di sua madre, deceduta nel 2017 per un male incurabile, dopo essere stata ricoverata proprio nel reparto in cui svolge la sua attività la dottoressa Calindro. «Devi essere punita. Hai fatto morire mia madre», avrebbe detto l' uomo prima di colpire la dottoressa.
maria carmela calindro, la dottoressa aggredita a crotoneMARIA CARMELA CALINDRO, LA DOTTORESSA AGGREDITA A CROTONE

Amoruso ha atteso il medico nel parcheggio del nosocomio: per non farsi riconoscere si è coperto il viso con una sciarpa e il capo con un cappello. Il suo era un piano ben preparato. Quando il medico stava per aprire la portiera della sua automobile, Amoruso le si è avventato contro iniziando a colpirla. Le urla della donna hanno attirato l' attenzione di Mustafa El Aoudi, venditore ambulante che, come ogni giorno, se ne stava seduto vicino al suo bancone in attesa che i parenti di qualche ammalato spendessero qualche euro, acquistando una delle sue cianfrusaglie.

MARIA CARMELA CALINDROMARIA CARMELA CALINDRO
L' immigrato non ha perso tempo ed è corso in aiuto del medico. Tra Mustafa e Amoruso è nata una violenta colluttazione: l' extracomunitario, però, ha avuto la meglio riuscendo a disarmare l' aggressore. Ecco il suo racconto: «Ho visto che la colpiva con un cacciavite e l' ho buttato giù, poi è scappato e l' ho inseguito sino al bidone della spazzatura, gli ho fatto lo sgambetto ed è caduto. A quel punto l' ho tenuto fermo sino all' arrivo della polizia». In un breve messaggio dal letto d' ospedale Maria Carmela Nuccia Calindro ha scritto: «Ringrazio il venditore ambulante che è intervenuto in mio soccorso».

l'uomo che ha salvato la dottoressa aggredita a crotoneL'UOMO CHE HA SALVATO LA DOTTORESSA AGGREDITA A CROTONE




La polizia ha ricostruito la vicenda e con il coordinamento della Procura, si è arrivati a risolvere il caso e capire il motivo dell' aggressione. Luigi Amoruso per molti anni ha lavorato all' estero, dove faceva il cameriere. L' aggravarsi delle condizioni di salute della madre l' hanno costretto a rientrare a Crotone. Raccontano che per tutto il periodo in cui la madre è stata ricoverata lui non si era mai staccato dal suo letto. 

ospedale san giovanni di dio crotoneOSPEDALE SAN GIOVANNI DI DIO CROTONE
Il decesso della donna, l' anno scorso, gli avrebbe provocato un inizio di depressione. Ma soprattutto, Amoruso si era convinto che la morte di sua madre fosse un caso di malasanità. In sostanza, che i medici crotonesi non avessero saputo curarla come era necessario. Questo l' ha spinto a presentare una denuncia alla magistratura contro il personale del reparto dov' era stata ricoverata l' anziana donna. 

maria carmela calindro 5MARIA CARMELA CALINDRO




Denuncia che non ha fatto il suo corso, perché lo stesso Amoruso aveva deciso di ritirarla. Tutto pareva finito lì. Gli stessi medici del San Giovanni di Dio sembra non temessero nulla. Nella mente del disoccupato, però, la voglia di vendetta è andata via via aumentando con il trascorrere dei giorni. Fino all' epilogo di ieri. Il legale della dottoressa, Francesco Verri, ha detto che «si è trattato di un gesto di una gravità inaudita che ha colpito l' intera categoria dei medici». C' è un problema di sicurezza all' ospedale di Crotone.
ospedale san giovanni di dio crotone 2OSPEDALE SAN GIOVANNI DI DIO CROTONE 

L' aggressione di ieri sera non è un fatto isolato. Nei mesi scorsi altri due medici sono stati malmenati. In un caso un sanitario ha subito un trauma cranico solo perché non avrebbe ricoverato un parente di un pregiudicato. Nel secondo caso un medico della Rianimazione è stato colpito con pugni e calci perché avrebbe osato offrire ai parenti di un ragazzo di Rosarno, che stava per morire, l' opportunità di vedere per l' ultima volta il proprio congiunto.

Fonte: qui

VUOI VEDERE CHE LE CRITICHE DI CONFINDUSTRIA AL GOVERNO NASCONDONO LA SOLITA RICHIESTA DI SOVVENZIONI, TAGLIO DEL CUNEO FISCALE E DETRAZIONI ALLE IMPRESE?



E POI: NON SARA’ CHE L’ASSOCIAZIONE DEGLI IMPRENDITORI TEME CHE IL GOVERNO FACCIA USCIRE DAL CLUB LE AZIENDE DI STATO (ENI, FINCANTIERI, FERROVIE, RAI, POSTE, LEONARDO)? 

QUANDO CONFINDUSTRIA VATICINO’ LA TRAGEDIA ECONOMICA IN CASO DI BOCCIATURA DEL REFERENDUM DI RENZI…

Giorgio Gandola per “la Verità”

vincenzo bocciaVINCENZO BOCCIA
Dodici caffè pagati. È il prezzo che Confindustria chiede al governo per smettere di tenere il broncio sulla manovra, e che fa dire a un colonnello leghista: «Gira e rigira sempre di sovvenzioni si tratta». Battute a parte, c' è del nervosismo dentro l' associazione degli imprenditori, riunitisi a Torino per alzare la voce sulla necessità delle infrastrutture,
a cominciare dalla Tav.

In una lunga giornata il vicepremier Matteo Salvini e il presidente Vincenzo Boccia hanno occasione per incrociare le parole più volte per polemizzare e per tornare a dialogare. A conferma che il governo non può fare a meno di parlare a tre milioni di imprese e gli industriali italiani non riescono a evitare di appendere i loro destini alle stampelle governative.

Matteo SalviniMATTEO SALVINI
Davanti a 3.000 industriali in rappresentanza di 12 sigle, lunedì sera il presidente Boccia aveva acceso la miccia contro l'esecutivo con una frase atomica: «Se fossi in Giuseppe Conte convocherei i due vicepremier e chiederei loro di togliere due miliardi per uno, visto che per evitare la procedura d'infrazione dell' Europa bastano quattro miliardi. Se qualcuno rifiutasse, mi dimetterei».

Poi ieri, in un'intervista al secondo quotidiano della Confindustria (La Repubblica) - che negli ultimi anni ha abbandonato con entusiasmo le istanze degli afflitti per abbracciare quelle del partito del Pil voltando le spalle perfino a Bob Kennedy - ha aggiunto: «Lanciamo un allarme, senza crescita rischiamo di finire dentro un' altra recessione.
ASSEMBLEA CONFINDUSTRIAASSEMBLEA CONFINDUSTRIA
Il tempo degli alibi è finito, come quello del capitalismo di relazione. Quel mondo non c' è più e noi siamo i primi a saperlo».

Il concetto bolle per tutta la giornata e lo scoop di Boccia, in un sistema industriale nel quale il capitalismo di relazione è ancora l'unico a tenere banco nell'Italia in cui tutti si danno del tu, è da marziani. Salvini decide di sferzare il numero uno di Confindustria e poi di ricucire: «Siamo qui da sei mesi, ascolterò e incontrerò tutti, ma lasciateci lavorare. C' è qualcuno che è stato zitto per anni quando gli italiani, gli imprenditori, gli artigiani venivano massacrati. Ci lasciassero lavorare e vedranno che l'Italia sarà molto meglio di come l'abbiamo ereditata».

maurizio landini coalizione socialeMAURIZIO LANDINI COALIZIONE SOCIALE
Salvini intende la lunga traversata del deserto della crisi, con governi (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni) impegnati a tappare i buchi delle banche, a salvaguardare le rendite finanziarie, ad abbellire le narrazioni fasulle di rinascita industriale mentre le aziende chiudevano, licenziavano, delocalizzavano, si fondevano per incorporazione con marchi esteri avviando operazioni di macelleria sociale nel silenzio dei vertici di Confindustria.

Il vicepremier però tende la mano: «Se incontro Boccia anche domani gli offro un caffè volentieri». Il numero uno degli industriali accetta ma alza metaforicamente il prezzo: «Apprezziamo la disponibilità del ministro che ha detto che le sue porte sono sempre aperte, ma un caffè non basta, questa volta ce ne vogliono 12 perché l' invito deve riguardare tutte le categorie che erano presenti a Torino». Sarebbe finita qui se non ci fosse il numero due di Confindustria, Alessio Rossi, a ruggire neanche fosse Maurizio Landini davanti a Silvio Berlusconi: «Salvini vive in un altro Paese. Noi parliamo, critichiamo e cerchiamo di fare il bene del nostro Paese. Lui fa battute».
MATTEO RENZI IN VISITA DA OBAMA PER FARSI SPONSORIZZARE IL REFERENDUMMATTEO RENZI IN VISITA DA OBAMA PER FARSI SPONSORIZZARE IL REFERENDUM

Non c' è dubbio, il volume della radio è alto. Solo un'altra volta nel recente passato Confindustria aveva evocato la parola recessione: nell'estate 2016 prima del referendum costituzionale, quando il suo Ufficio Studi aveva snocciolato dati da Repubblica di Weimar per giustificare l' appoggio al Sì tanto caro a Matteo Renzi. Allora l' associazione, politicizzata in modo imbarazzante, vaticinò la perdita di 600.000 posti di lavoro, il crollo del Pil (-4%) e il ritorno all' homo faber nel caso in cui avesse vinto il No. Ovviamente nulla di tutto questo accadde.

È legittimo che gli industriali possano lottare per vincere sui mercati internazionali con il supporto del sistema Paese alle spalle. Ma dietro le parole di Boccia - che nella sua salottiera gestione da circolo della caccia ha perso per strada una buona percentuale di piccole e medie imprese - ci sono due realtà impossibili da nascondere.
La prima è quella d' una Confindustria che non chiede di poter essere lasciata libera di correre nelle praterie della competitività, ma pretende ancora una volta sovvenzioni: taglio del cuneo fiscale, finanziamenti per entrare nell' Industria 4.0, conferma di tutte le detrazioni alle imprese.
ENI LOGOENI LOGO

La seconda è la reazione nervosa a un pericolo incombente: un' eventuale decisione del governo di far uscire dal club le aziende di Stato (Eni, Fincantieri, Ferrovie, Rai, Poste, Leonardo) per Confindustria sarebbe un colpo mortale. Senza i contributori più pesanti, in viale dell' Astronomia non riuscirebbero a pagare neppure le bollette della luce.
Poiché l' idea è di Salvini, è possibile che alla fine i 12 caffè li paghi Boccia.

Fonte: qui

ARRESTATO SETTIMO MINEO, L' EREDE DI RIINA CHE AVEVA RICOSTRUITO LA CUPOLA



CON LUI, PRESO INSIEME A 46 MAFIOSI, ERANO TORNATE LE VECCHIE REGOLE: "SI È FATTA UNA COSA MOLTO SERIA CON BELLA GENTE” 

IL NUOVO CAPO DEI CAPI NON USAVA CELLULARI, INCONTRAVA PER STRADA LE PERSONE A CUI DOVEVA PARLARE. DI LUI DICONO: "LO ZIO SETTIMO È DEVOTO"

Valentina Raffa per il Giornale
settimo mineoSETTIMO MINEO

Ottant' anni ben portati, gioielliere, Settimo Mineo, capo mandamento di Pagliarelli, è l' erede di Totò Riina, il capo dei capi. Cosa nostra si era riorganizzata, designando il suo vertice. E lo Stato, attraverso i carabinieri del Comando provinciale di Palermo, coordinati dalla Dda di Palermo, ha mandato tutto per aria, sgominando la neo costituita Commissione provinciale di Cosa nostra palermitana.

Le manette sono scattate per 46 fra boss e gregari ritenuti a vario titolo responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni consumate e tentate, con l' aggravante di avere favorito Cosa nostra, e altri reati risultato di quattro distinti procedimenti penali. Sono usciti uno a uno dalla caserma mandando baci e strizzatine d' occhio ai familiari che in lacrime attendevano il passaggio. Oltre a Mineo, tra gli arrestati figurano tre componenti della Cupola: il rappresentante del mandamento di Porta Nuova, Gregorio Di Giovanni, del mandamento di Misilmeri-Belmonte, Filippo Salvatore Bisconti, e di Villabate, Francesco Colletti, tutti scarcerati di recente, dopo avere scontato condanne per mafia.

settimo mineoSETTIMO MINEO
Il colpo inferto è pesantissimo.
Basti pensare che Cosa nostra non aveva più riunito la Commissione dall' arresto nel 93 di Riina, unico in potere di farlo. Un primo tentativo di riorganizzare il massimo organismo mafioso fondato negli anni '50 e deputato ad assumere le decisioni importanti, era già stato stroncato dai carabinieri, ma la mafia si era rialzata e la Cupola si è riunita lo scorso 29 maggio in un luogo rimasto segreto. «Si è fatta una bella cosa molto seria con bella gente Grande. Gente di paese, gente vecchia, gente di ovunque». Colletti parla al suo autista Filippo Cusimano, uomo d' onore, senza sapere di essere intercettato.

La nuova Cupola aveva ristabilito le vecchie regole di mafia, riportandole in una «cosa scritta» in cui viene sottolineato come i contatti fra i mandamenti debbano essere tenuti solo dai reggenti. «Nessuno è autorizzato a poter parlare dentro la casa degli altri - dice Colletti - Perché là dentro, quando si decide una cosa, io non posso dire di no Siamo tutte persone perbene, tutti saggi, non ce ne deve essere timore quando si deve fare qualcosa cosa». Parole che fanno comprendere come la riunione abbia rappresentato lo spartiacque rispetto a Riina, che aveva bandito la «democrazia» assumendo potere decisionale.
blitz contro nuova cupola - arresto settimo mineo 7BLITZ CONTRO NUOVA CUPOLA - ARRESTO SETTIMO MINEO 7

Altra regola a cui tiene Mineo è che ogni capo mandamento risponde dei suoi uomini. Lui è guardingo, non usa cellulari, incontra per strada le persone a cui deve parlare. «Lo zio Settimo è devoto» dicono di lui. E la sua è stata una vita dedicata a Cosa nostra, guadagnandosi pure la stima di Riina. Nel 1982 subì un agguato, in cui morì il fratello Giuseppe, e sei mesi prima era stato ucciso il fratello Antonino. Fu arrestato grazie alle dichiarazioni di alcuni pentiti e fu condannato a 7 anni nel primo maxi processo, ridotti in appello a 5 anni e 4 mesi. «Cado dalle nuvole» aveva risposto al giudice Giovanni Falcone che lo aveva fatto arrestare nel 1984. Mineo era tornato in cella nel 2006 e aveva scontato una condanna a 11 anni. «Con l' operazione odierna è stata disarticolata la nuova Cupola.

settimo mineoSETTIMO MINEO
Emerge dalle indagini dice il colonnello Di Stasio, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo - come Cosa nostra sia ancora viva, arrivando a ricostituire l' organo collegiale Provinciale e continuando a controllare il territorio e gestire gli innumerevoli business».

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