9 dicembre forconi: 05/01/18

martedì 1 maggio 2018

L'avvoltoio del debito, Parte #2


Nella Prima Parte abbiamo postulato che il grafico qui sotto incarna l'incubo che presto fagociterà Wall Street: si può cavalcare la tigre finanziaria per un po' di tempo, ma alla fine è generalmente impossibile uscirne vivi.

Ciò che ha guidato l'economia americana negli ultimi tre decenni è stata l'espansione del debito, privato e pubblico, a ritmi molto più rapidi della crescita del PIL. Ma ciò ha comportato un costante aumento del rapporto della leva nazionale fino a quando non ha raggiunto ciò che equivale al Picco del Debito: 3.5X il reddito nazionale.

Come abbiamo dimostrato anche nella Prima Parte, il fulcro di quest'evento è stato l'abbandono dell'ancoraggio dollaro/oro nell'agosto del 1971. Successivamente la FED ha espanso il suo bilancio a piacimento, iniettando credito fiat nel sistema finanziario ad un ritmo folle; e ha anche aperto la strada per il popolamento del FOMC da parte di accademici e burocrati keynesiani al posto dei banchieri conservatori che avevano gestito la FED prima del 1970.

Infine il bilancio della FED è cresciuto di 82 volte nei 48 anni successivi al giugno 1970, scoppiando da $55 miliardi a $4,500 miliardi al recente picco dopo il QE3. L'effetto è stata una drastica e duratura repressione finanziaria che ha spinto i rendimenti dei titoli obbligazionari molto al di sotto di quelli che sarebbero prevalsi in un libero mercato basato sull'offerta di risparmi reali.

Detto in modo diverso, la massiccia eruzione del bilancio della FED ha forzato la reciprocità della stampa monetaria tra tutte le banche centrali del mondo a causa del timore di un aumento dei tassi di cambio; una sindrome che affligge politici e policymaker ovunque. Quindi i bilanci modesti delle banche centrali che nel giugno 1970 ammontavano a circa $80 miliardi, ammontano oggi a più di $22,000 miliardi.

Cioè, capeggiato dalla banca centrale americana, il convoglio delle banche centrali globali si è evoluto in un gigantesco compratore di obbligazioni sovrane. Hanno gestito collettivamente l'equivalente monetario di un motel da quattro soldi: le obbligazioni, come gli scarafaggi, sono entrate nei loro bilanci e non ne sono più uscite.

Questo massiccio sequestro del debito sovrano finanziato attraverso il credito fiat che le banche centrali hanno creato dal nulla, ha avuto due effetti: innanzitutto sopprimerne i rendimenti ben al di sotto dei livelli di compensazione di un mercato onesto. Questa è solo l'ABC della legge della domanda e dell'offerta.

Il secondo effetto, alimentato dai carry trade degli speculatori, ha spinto i prezzi delle obbligazioni ancora più in alto, spingendo così i rendimenti ancora più in basso. Ciò, a sua volta, ha fatto sì che il costo del debito relativo al reddito diminuisse costantemente, incentivando i settori pubblico e privato ad incrementare i rapporti di leva finanziaria a livelli che erano inauditi prima del 1970.

Alla fine il debito a basso costo è stato incorporato nella trama dei settori pubblico e privato. In tal modo, l'aumento dei rapporti di leva ha causato l'avanzamento delle attività economiche future, il che significa che il PIL interno e mondiale sono molto più alti di quanto sarebbero stati se la crescita fosse stata finanziata da risparmi reali provenienti dalla produzione, non alimentata dal debito finanziato e stimolato dalle banche centrali.

Ad esempio, la spesa per gli asset a reddito fisso finanziata al margine grazie agli acquisti di obbligazioni da parte delle banche centrali – direttamente o indirettamente tramite lo spostamento dell'arbitraggio – ha fatto salire il PIL più rapidamente rispetto a quanto avrebbero fatto gli investimenti basati sui risparmi. Anche così, l'eruzione dei bilanci delle banche centrali globali è proseguita a ritmi drammaticamente più rapidi rispetto alla crescita del PIL gonfiato dal debito.

Pertanto il PIL globale è aumentato da circa $3,000 miliardi a $80,000 miliardi dal 1970, o del 26X. Per contro, i bilanci delle banche centrali sono esplosi di circa 275 volte.

Eppure, come fece notare l'economista Herb Stein, le cose che sono insostenibili tendono a fermarsi. E soprattutto al momento attuale, con un'esplosione di debito totale alimentata dal settore bancario centrale.




Infatti lo stato attuale dell'economia statunitense e il suo debito pubblico/privato totale incarnano esattamente la Legge di Stein. Per ribadire: nel giugno 1970 il PIL era di $1,100 miliardi e da allora è cresciuto del 18X a $19,600 miliardi. Al contrario, il debito pubblico e privato totale era di $1,580 miliardi e da allora è aumentato del 42X a $67,000 miliardi.

Infatti la legge del capitalismo alla fine prevarrà. Questo perché estendere queste tendenze, insostenibilmente divergenti, anche per un altro decennio porterebbe ad una totale assurdità. Come abbiamo anche sottolineato nella Prima Parte, tra dieci anni il PIL nominale ammonterà a $35,000 miliardi e il debito pubblico e privato totale raggiungerà i $150,000 miliardi.

PAZZIA!

Anche la FED la pensa così. E questa è la vera ragione della sua normalizzazione e del QT (quantitative tightening).

Sfortunatamente i nostri pianificatori monetari centrali non riescono a rendersi conto che la linea blu (debito) nel grafico qui sotto ha ferito gravemente l'economia di Main Street, e mentre "rimuove l'allentamento monetario" e riduce il suo bilancio il danno non farà altro che aggravarsi

In secondo luogo, durante le fasi finali di questa bolla del debito durata 50 anni, il debito a basso costo è tornato sempre più nei canyon di Wall Street tramite acquisti di azioni societarie, operazioni di fusione/acquisizione e altre manovre di ingegneria finanziaria. Qui ha alimentato un'enorme inflazione dei valori degli asset finanziari e uno tsunami di speculazioni selvagge e di scommesse pericolose.

Per esempio non ci sarebbe mai stato un ETF sul VIX in un sistema con denaro onesto e disciplina finanziaria; e nemmeno ci sarebbero stati i titoli spazzatura europei scambiati a rendimenti dei decennali USA, o le patch di scisto finanziate con obbligazioni spazzatura, o la "volatilità" scambiata come una "asset class". In un mercato libero, quest'ultima non avrebbe alcuna tendenza e sarebbe quindi non redditizia per il trading.

In una parola, il sistema bancario centrale keynesiano è la causa dei $300,000 miliardi di titoli di debito ($220,000 miliardi) e titoli di equity ($80,000 miliardi).

Pertanto, mentre la FED avanza verso la terra sconosciuta del QT e il massiccio drenaggio di liquidità dai canyon di Wall Street, spingendo quindi il resto del convoglio delle banche centrali mondiali a fare lo stesso, il suo impatto sarà quello di esporre le falsificazioni, le distorsioni, le deformazioni e gli investimenti improduttivi accumulati nel corso dei vari decenni.

Inutile dire che tutto ciò scatenerà reazioni a catena, o ciò che i banchieri centrali chiamano "contagi", negli interstizi del vasto sistema finanziario mondiale. Il mispricing era piacevole ed arrivava lentamente, silenziosamente e in modo incrementale; l'esposizione di tutte queste falsificazioni, non così tanto.

Infatti ciò che ci attende è simile a quello che Keynes scrisse una volta circa l'insidioso funzionamento dell'inflazione: si insinua così profondamente nel tessuto della finanza e della vita economica che diventa virtualmente invisibile.

Sostituite "finanziarizzazione" e "inflazione degli asset" alimentata dal debito nella citazione più famosa del Grande Pensatore, ed avrete esattamente ciò che ha prodotto nel mondo attuale l'era della Finanza delle Bolle.


Con un continuo processo di inflazione, i governi possono confiscare, segretamente e inosservati, una parte importante della ricchezza dei loro cittadini. Non vi è alcun mezzo più subdolo e sicuro per rovesciare le basi esistenti della società: la svalutazione della valuta. Tale processo coinvolge tutte le forze nascoste del diritto economico dalla parte della distruzione, e lo fa in un modo che solo un uomo su un milione sia in grado di capirlo.


In ogni caso, sepolto nel grafico qui sotto c'è l'enorme danno inferto a Main Street ed a Wall Street.

Ma non più. Il QT sta per innescare l'altrettanto famoso aforisma di Warren Buffett: ci si sta accorgendo che i nuotatori nudi sono effettivamente nudi.




Per quanto riguarda Main Street, è stato a lungo evidente che il cosiddetto LBO della nazione post-1970 abbia frenato la crescita tendenziale del PIL reale facendolo calare costantemente. Come in tutte le economie legate al debito, l'impatto iniziale è stato piacevole perché l'attività incrementale portata avanti nel tempo ha più che compensato l'aumento del costo di carry del debito.

Ma quegli effetti apparentemente salutari erano temporanei. Pertanto il primo riquadro nel grafico qui sotto rappresenta lo status quo pre-Camp David. Durante il 1953-1971, l'età d'oro della prosperità degli Stati Uniti, il PIL reale è cresciuto ad un tasso del 3.8% all'anno, mentre il rapporto storico di leva dell'economia americana si avvicinava strettamente alla media dell'1.5X. La crescita era organica, sostenibile ed era nata dal genio del capitalismo privato, relativamente libero da un pesante intervento dello stato.

Come dimostrato dalla linea rossa nel secondo riquadro, 1971-2000, il rapporto di leva ha iniziato la sua ascesa incessante accelerando bruscamente dopo che Alan Greenspan arrivò alla FED nel 1987 ed inaugurò esplicitamente l'era della Finanza delle Bolle. Durante quel periodo, la spinta alla crescita mediante una maggiore leva finanziaria è stata solo parzialmente compensata dal crescente onere dei costi di carry del debito.

Il terzo riquadro, il periodo 2000-2007, coglie l'ultima fase maniacale del cosiddetto LBO nazionale quando il boom immobiliare di Greenspan ha portato il debito ipotecario nella stratosfera finanziaria. Durante quell'intervallo di sette anni di follia, il rapporto di leva nazionale è salito da un 2.8X il reddito nazionale a 3.8X al picco della crisi finanziaria.

Ma nonostante la più grande ondata di pompaggi del debito, compresi oltre $3,000 miliardi di mortgage equity withdrawal (MEW), che sono confluiti nel flusso della spesa per i consumi, il pedaggio pagato dalla crescita economica è diventato palesemente ovvio. Su base picco/picco, la crescita del PIL reale è rallentata a solo il 2.4% annuo.

L'ultimo riquadro copre i dieci anni trascorsi dal picco pre-crisi e parla da sé: nonostante il più grande stimolo monetario e fiscale nella storia registrata, il rapporto di leva ha smesso di crescere e così anche Main Street.

La linea rossa si è spostata a malapena perché le famiglie erano arrivate già al Picco del Debito nel 2007 e il debito delle imprese era cresciuto solo modestamente, anche se era stato quasi interamente riciclato a Wall Street attraverso l'ingegneria finanziaria.

La morale della favola lascia poco all'immaginazione: il costo di carry di un debito pubblico/privato ora a $67,000 miliardi e l'immolazione dei flussi di cassa aziendali e dei bilanci per finanziare l'ingegneria finanziaria, hanno causato una discesa del tasso tendenziale di crescita del PIL reale a solo l'1.2%. Questo è appena un terzo delle cifre durante l'epoca d'oro prima della follia di Camp David.

Inutile dire che le persone che popolano la FED e Wall Street non hanno idea della triste realtà rappresentata nel grafico qui sotto. Sono così concentrate sui "flussi" di breve termine e sui "dati in entrata" ad alta frequenza che non riconoscono né il fatto del cosiddetto LBO nazionale, evidente nella linea rossa, né la scomparsa della crescita economica storica, inequivocabilmente evidente nelle barre grigie.

Inoltre l'affermazione di una ripresa tiepida dovuta alla Grande Recessione ha esaurito il suo uso. Al contrario, se lo shock per Main Street fosse stato semplicemente ciclico, come sostenuto dai nostri banchieri centrali keynesiani, il PIL perso sarebbe stato più che recuperato dopo 9 anni.

In realtà il tasso di crescita del PIL reale all'1.2% nell'ultimo riquadro rappresenta la condizione dell'economia di Main Street e mostra la verità sulla bolla quarantennale del debito. Per intenderci, l'economia americana ha solo guadagnato tempo. Questo è il prezzo reale di $67,000 miliardi di debito ed una leva dell'economia degli Stati Uniti fino alla sua massima tolleranza, a 3.5 volte il reddito nazionale.




Anche così, però, le barre grigie nel grafico qui sopra sottostimano la gravità del danno inferto all'economia di Main Street che è il risultato dell'esplosione del debito post-1970. Ciò è dovuto al fatto che una parte significativa della crescita tendenziale sin dal 2007 è dovuta all'orrenda reflazione del mercato azionario e agli effetti sulla ricchezza (reversibili) che ne derivano.

Ciò che intendiamo è che il 10-20% delle famiglie americane ha beneficiato, sia finanziariamente sia psicologicamente, del rialzo del 4X dell'indice S&P 500 (da 670 a marzo 2009 a circa 2750).

Di conseguenza hanno acquisito sufficienti aumenti salariali e plusvalenze per finanziare robusti livelli di spesa al consumo. Tale spesa ha aumentato gli aggregati che prendono in considerazione anche il restante 80% delle famiglie americane, le quali possiedono poche azioni e hanno sperimentato deboli aumenti dei salari.

Il grafico qui sotto è una prova sorprendente. Il tasso di tendenza della linea rossa, che riflette i lavoratori nella produzione e non nella supervisione, è in realtà diminuito sin dalla crisi del 2008. Al tasso attuale di crescita del 2.3% a/a, la crescita dei salari nominali è appena al passo con l'inflazione dell'IPC, che a sua volta sottostima l'aumento del costo della vita di tutti i giorni.

Al contrario, la parte superiore della scala del lavoro è composta da cosiddetti lavoratori nella supervisione. I loro salari sono saliti sin dal fondo post-crisi e sono ora nella zona di crescita del 4%. Ciò è in parte dovuto al fatto che il 20% di questi posti di lavoro è stato meno esposto all'off-shoring, e anche perché la categoria di supervisione cattura la quota maggiore dei bonus e degli incentivi.

Di conseguenza, il 20% dei titolari di posti di lavoro ha contribuito in modo sproporzionato al modesto rimbalzo della spesa per consumi e alla crescita del PIL sin dal 2009.




Infatti, come mostreremo nella Parte 3, sin dal 2008 la maggior parte dell'economia di Main Street ha percorso la linea piatta nel migliore dei casi. Ad esempio, la produzione industriale è ancora al suo livello pre-recessione ed i salari reali settimanali non sono affatto aumentati

Di conseguenza il massiccio stimolo monetario dal settembre 2008 non ha mai lasciato i canyon di Wall Street; il massiccio afflusso di credito della banca centrale ha semplicemente esteso ed aumentato le distorsioni finanziarie.

Quindi la bolla finanziaria della banca centrale colpirà molto più Wall Street che Main Street, che ha molto meno da perdere.

E crediamo che il successo di Wall Street sia dovuto principalmente ai piani alti delle grandi aziende americane. Avendo accumulato debiti su debiti nell'ultimo decennio per finanziare $15,000 miliardi in manovre d'ingegneria finanziaria, lo "shock dei rendimenti" bloccherà il flusso di liquidità aziendale in operazioni di riacquisto di azioni proprie e fusione/acquisizione.

Ancora più importante, la reazione a catena innescata dai riacquisti di azioni proprie sarà praticamente incontrollabile. Il grande muro dei veicoli d'investimento passivi, ETF e fondi indicizzati, scaricherà automaticamente le azioni quando gli smart money si accorgeranno che la festa è finita e che i costi di carry ed i rischi della speculazione sono improvvisamente aumentati.

Abbiamo definito questa prospettiva il peggior incubo di Wall Street. Nella Parte 3 esamineremo ulteriormente i particolari delle bombe ad orologeria finanziaria che sono in agguato nel sistema finanziario.





[*] traduzione di Francesco Simoncelli https://francescosimoncelli.blogspot.it/






=> Potete leggere la Parte 5 a questo indirizzo:

=> Potete leggere la Parte 6 a questo indirizzo:

Quello del 14 Aprile non sarà l’ultimo attacco USA sulla Siria

I recenti avvenimenti in Siria chiariscono che il ritiro dei neocon dalla guerra non è proprio dietro l’angolo.
Mentre le previsioni del giorno del giudizio si sono dimostrate troppo pessimiste, i recenti bombardamenti in Siria dimostrano che un ritiro degli Stati Uniti non accadrà in tempi brevi. I bombardamenti sono stati limitati per portata ed efficacia, il che significa che le conseguenze immediate sono solo minori. Tuttavia, avendo lanciato oltre 100 missili su una nazione sovrana, non si tratta semplicemente di un fatto marginale: il bombardamento rappresenta un netto aumento del coinvolgimento occidentale in un conflitto regionale instabile che ha il potenziale per sfuggire al controllo.
L’élite guerrafondaia dei neocon USA ha dimostrato di essere completamente sfacciata e di non avere problemi a spingere per la guerra ancora e sempre di più, indipendentemente da un ragionevole casus belli. Ogni volta che Trump si arrende a loro, questi diventano più audaci. Un pericoloso precedente è stato impostato. Gli attori anti-Assad (islamisti e israeliani) sanno che storie non confermate di attacchi di armi chimiche porteranno Trump a lanciare missili per loro conto. In un momento in cui gli Stati Uniti dovrebbero essere ridimensionati e ritirarsi dal Medio Oriente, Washington sta riaffermando il suo ruolo di protettore di Israele e dei gruppi islamici sunniti/salafiti.
E loro non si fermeranno qui. Ogni volta che a Trump verrà chiesto di fare di più, come l’azione precedente, dichiareranno, che lui non ha fatto nulla per contrastare “l’animale assassino” del gas Bashar al- Assad. Cercheranno anche di ampliare il pretesto per i bombardamenti degli Stati Uniti. Subito dopo i bombardamenti, i media mainstream hanno iniziato a chiedersi perché gli Stati Uniti intervengano solo dopo attacchi chimici e non anche contro gli attacchi convenzionali. Dopotutto, donne e bambini muoiono anche per effetto di bombe e proiettili. Mentre è vero che è arbitrario tracciare una distinzione tra attacchi chimici e non chimici, le persone che utilizzano questo argomento sono gli stessi che hanno sostenuto che ci dovrebbe essere una risposta al presunto uso di armi chimiche da parte di Assad l’anno scorso. Il fatto è che l’argomento delle armi chimiche era solo un pretesto per mettere il piede nella porta; queste persone vogliono solo un cambiamento di Governo in Siria ed utilizzeranno qualsiasi scusa per ottenerlo.
Il pericolo non si ferma qui. I molti potenti attori del conflitto  rendono questo imprevedibile e significa che potrebbe far scatenare una guerra più ampia. Il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton e molti altri che sono all’orecchio del presidente cercano non solo di coinvolgere gli USA in Siria, ma anche di provocare una guerra con l’Iran, uno dei due maggiori sostenitori di Assad. Trump stesso ha usato la retorica aggressiva nei confronti dell’Iran, e questa ultima azione è solo un altro passo in quella direzione.
Forze spaciali iraniane
Il bombardamento ha anche suscitato dure reazioni dalla Russia, la seconda potenza militare più potente al mondo. Questa è solo l’ultima di una lunga serie di provocazioni nei confronti della Russia. Sebbene l’intera struttura di potere di Washington sembri pilotare per questo, un conflitto diretto con la Russia sarebbe una catastrofe. Anche se finora Mosca ha esercitato l’arte della pazienza, ci si chiede quanto possa ancora durare la Russia prima di ricorrere a una seria azione di rappresaglia. L’ambasciata russa negli Stati Uniti ha intensificato la sua retorica dopo l’attacco, dsostenendo in una dichiarazione: “Insultare il presidente della Russia è inaccettabile e inammissibile. Gli Stati Uniti – il possessore del più grande arsenale di armi chimiche – non hanno il diritto morale di incolpare altri paesi. “L’ambasciatore della Russia negli Stati Uniti, Anatoly Antonov, ha avvertito che” tali azioni non saranno lasciate senza conseguenze “.
Ma il pericolo in Siria va ben oltre le recenti azioni degli Stati Uniti. Il bombardamento risulta effettuato da una coalizione che includeva Francia e Gran Bretagna. Sebbene il loro contributo militare non sia stato significativo, il loro sostegno politico ai bombardamenti mostra un desiderio più ampio in Occidente che la guerra in Siria continui. Ciò sarà significativo in caso di una seria considerazione di una guerra più ampia sul terreno .
L‘attore più pericoloso del conflitto, tuttavia, è Israele. Israele e il lobbismo ebraico/sionista sono le ragioni principali per la partecipazione degli Stati Uniti al conflitto siriano. Ogni altra giustificazione è solo rumore per distrarre dal fatto che le azioni americane in questo conflitto, e la totalità della politica estera degli Stati Uniti in Medio Oriente, è dettata da una nazione che è costantemente in guerra con i suoi vicini.
Mappa forze in Siria
Una Siria nel caos o una senza Assad sono soluzione ideale per Israele in quanto questa cerca di estendere i suoi confini e ridurre gli alleati e l’influenza iraniana nella regione. L’Iran, da parte sua, sta espandendo aggressivamente l’influenza a ovest e ora ha una grande presenza militare in Siria, Iraq e in molti altri posti nella regione. Le forze iraniane vicino al confine Israele-Siria sono state recentemente coinvolte in diversi scontri con gli israeliani. I due paesi hanno ingaggiato un conflitto su piccola scala, tra cui un attacco missilistico israeliano che ha ucciso sette soldati della al- Quds iraniani due settimane fa. Già insoddisfatto degli sviluppi della guerra, Israele ha ora il suo più grande nemico imbaldanzito ed alle sue porte. Con le due maggiori potenze militari nel mondo che sostengono ogni parte di questo conflitto, le conseguenze dell’escalation potrebbero essere devastanti.
I bombardamenti di Trump sulla Siria non sono così pericolosi presi come caso isolato. Tuttavia, quando si adotta una visione a lungo termine, questi rappresentano milioni in più in risorse dilapidate e il potenziale per essere risucchiati in un altro conflitto di terra lungo e su larga scala in Medio Oriente, o peggio. Le paure di guerra per ora sono diminuite, ma il futuro è al meglio incerto perché la politica estera americana è attualmente dettata da gruppi di interesse stranieri e dalle azioni imprevedibili di altre nazioni.
di Jay Lorenz
Traduzione: Luciano Lago

DOPO HIROSHIMA E NAGASAKI GLI STATI UNITI CONTINUARONO A FARE ESPERIMENTI SUL “NUCLEO DEL DEMONIO(PLUTONIO)”

L’OBIETTIVO ERA CAPIRE COME CREARE UN ORDIGNO PIÙ STABILE, MA SULL’ALTARE DELL’ATOMICA NEL GIRO DI UN ANNO SI SACRIFICARONO DUE SCIENZIATI: HARRY DAGHLIAN E LOUIS SLOTIN 

LA LORO STORIA È STATA TENUTA SEGRETA…

DAGONEWS

una riproduzione dell'esperimento ddel demon core, che ha ucciso daghlianUNA RIPRODUZIONE DELL'ESPERIMENTO DDEL DEMON CORE, CHE HA UCCISO DAGHLIAN
La scienza ha un costo umano. Specialmente quella bellica, e tra questa in particolare quella nucleare. Non tanto, o non solo, per le vittime sul campo di battaglia, ma anche tra le persone che quella tecnologia hanno contribuito a creare. Negli anni ’40 gli Stati Uniti hanno rapidamente sviluppato la bomba atomica, che poi utilizzarono per colpire e distruggere le due città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. Da allora, per più di 40 anni, l’incubo nucleare è stata una minaccia costante in tutto il mondo.

demon core 4DEMON CORE 4








La Guerra fredda si è basata sul mantenimento e la protezione di segreti militari da nascondere al nemico. Tra questi c’è la storia del demon core, il nucleo del demonio, una sfera di plutonio impiegata nelle ricerche per migliorare l’efficacia delle bombe nucleari. La storia del demon core, raccontata di recente da Atlas Obscura, è la storia di un fallimento scientifico, sperimentato sulla pelle – letteralmente – delle persone che stavano lavorando per costruire l’arma perfetta.

harry daghlianHARRY DAGHLIAN
Nell’agosto del 1945 gli Stati Uniti decidono di usare la bomba atomica. Lo fanno per sancire definitivamente la fine della Seconda Guerra mondiale. Ma la ricerca nucleare non si fermò con quella devastazione: seppure un ordigno di quella potenza non sarebbe mai più stato utilizzato, gli Stati Uniti continuarono a fare ricerche sulle armi atomiche partendo dal terzo nucleo di plutonio creato durante la guerra, che non era stato utilizzato come arma.

Quelle ricerche furono portate avanti da un gruppo di scienziati, il “Critical assembly group” nei laboratori di Los Alamos e riguardavano appunto il nucleo del demonio. Erano esperimenti pericolosi, il cui obiettivo era quello di rilevare sperimentalmente la massa critica del plutonio. In meno di un anno ci furono due incidenti, a causa della difficile gestione dell’elemento chimico radioattivo. Furono proprio quegli incidenti a originare il soprannome “nucleo del demonio”.

la mano di harry daghlianLA MANO DI HARRY DAGHLIAN
Il demon core era costruito su due piccole semisfere, che si univano per formare una sfera dal diametro di circa 9 centimetri. Gli esperimenti sul nucleo del demonio venivano effettuati nei laboratori di Los Alamos, in New Mexico. Il 21 agosto 1945, quando già il Giappone aveva firmato la resa, il fisico Harry Daghlian stava conducendo delle ricerche sulla riflessione dei neutroni. Era solo, e aveva appena inserito la sfera all’interno di uno scudo costruito da una pila di mattoni riflettenti di carburo di tungsteno. L’aggiunta di ogni mattone portava il nucleo sempre più vicino alla condizione di criticità, quella necessaria per causare l’esplosione

Daghlian stava per aggiungere l’ultimo mattone, che avrebbe portato il peso totale dello scudo a 236 chili, quando si accorse che con quell’aggiunta il nucleo sarebbe passato allo stadio di supercriticità. Se n’era accorto appena in tempo, ma il mattone gli cadde e dal nucleo uscì un fascio di neutroni. Dahglian evitò il peggio, disassemblò lo scudo che aveva costruito, ma 25 giorni dopo morì per le radiazioni ricevute. A fare la guardia al laboratorio c’era un soldato, Robert J. Hemmerly, che non aveva preso parte all’esperimento ma comunque fu colpito da un fascio di neutroni e raggi gamma, che gli provocarono una leucemia mieloide acuta, con cui ha poi convissuto per 33 anni: Hemmerly morì nel 1978.
louis slotinLOUIS SLOTIN

L’incidente e la morte di Daghlian non dissuase però i colleghi – e la Difesa americana – dal continuare a studiare la criticità del plutonio. Così, meno di un anno dopo, il 21 maggio del 1946, ci fu un altro incidente. Louis Slotin era un fisico che stava lavorando con altri sei addetti a un esperimento del cosiddetto Manhattan Project, soprannominato “solleticare la coda del drago”. Già questo soprannome dà il senso e la misura della sua pericolosità. In pratica, un operatore doveva collocare due semisfere di berillio (un metallo che riflette i neutroni) intorno al nucleo. Questa operazione si faceva abbassando quella superiore piano piano. I due livelli non si dovevano chiudere, per evitare che si raggiungesse la condizione di supercriticità. 

Il protocollo con cui questi esperimenti venivano effettuati però non erano approvati e invece di usare degli spessori, utilizzavano un cacciavite. 

Una metodologia criticata aspramente da Enrico Fermi, che infatti disse che in quel modo Slotin e i suoi collaboratori sarebbero morti entro un anno. E in effetti così accadde, anche se la sorte infausta toccò soltanto al fisico. Mentre stava abbassando la semisfera, il cacciavite gli scivolò verso l’esterno e il riflettore cadde. Il nucleo divenne supercritico e rilasciò una grande quantità di radiazioni. Slotin riuscì a fermare la reazione a catena e a fare da schermo con il suo corpo salvando di fatto la vita agli altri presenti. Lasciò l’edificio in preda ai conati di vomito e morì nove giorni dopo.
demon coreDEMON CORE

A quel punto, gli esperimenti finirono, e gli studi sul “nucleo del demonio” cessarono, insieme alla possibilità di una guerra nucleare, che ormai si era raffreddata insieme al plutonio.

Fonte: qui
louis slotin con una bomba nucleareLOUIS SLOTIN CON UNA BOMBA NUCLEAREdemon core 1DEMON CORE 

demon core 2DEMON CORE demon core 3DEMON CORE 

I cinesi vincono il gran prix del debito privato

Anche questa settimana siamo stati ospiti in radio degli amici di Spazio Economia. Ecco di cosa abbiamo parlato.
India, Cina e la diseguaglianza. L’istituto Bruegel ha svolto un’interessante ricognizione che mostra come l’ingresso della Cina e dell’India nell’economia globale abbia modificato sostanzialmente il livello di diseguaglianza nel mondo.
L’analisi ha misurato il livello di diseguaglianza in 146 paesi, che pesano per il 95% della popolazione, osservando che il miglioramento dei redditi in India e Cina è stato il fattore che ha contribuito maggiormente al notevole calo della diseguaglianza, misurato con l’indice di Gini, che si è registrato fra il 1989 e il 2015. Questa osservazione magari non consolerà chi nota come spesso la diseguaglianza sia aumentata all’interno dei paesi è aumentata, ma rimane un fatto.
Chi trova lavoro nell’eurozona? 
La Banca di Francia ha pubblicato un articolo molto istruttivo che mostra come l’aumento dell’occupazione nell’area euro dal 2008 in poi sia dipeso dagli over 50.
I particolare, si è notato un notevole aumento del tasso di partecipazione al lavoro da parte dei senior, ossia gli over 60 che, spiegano gli autori, hanno prolungato la loro vita lavorativa in gran parte in conseguenza delle riforme pensionistiche, particolarmente efficaci in Germania, meno in Italia e in Francia, dove l’età effettiva di pensionamento rimane più bassa. Altro fattore determinante per questo curioso sviluppo del mercato del lavoro è l’invecchiamento della popolazione. La generazione nata durante il baby boom sta diventando anziana e forse anche in conseguenza del fatto che gode di contratti più stabili, riesce a conservare il proprio posto di lavoro, a differenza di quanto accade ai più giovani, entrati nel lavoro con forme contrattuali diverse. E questo spiega perché le classi under 50 abbiano contribuito praticamente nulla alla crescita dell’occupazione nell’eurozona.
Quanto pesa il commercio con gli Usa per l’Ue. Eurostat ha diffuso un grafico molto eloquente ce mostra quanto sia rilevante per l’UE il commercio con gli Usa, che sono il primo acquirente per i produttori europei e il secondo venditore dopo la Cina.
Questo risultato è certo frutto della lunga consuetudine commerciale che lega i due continenti e che perciò rimane un asset per entrambi che dovrebbe essere valorizzato e non messo in pericolo. Questa affermazione sembra scontata, ma non è affatto in un periodo in cui si parla prepotentemente di dazi che non risparmiano neanche l’Ue. Ricordiamo che gli Usa hanno solo sospeso fino ai primi di maggio i dazi su acciaio e alluminio imposti a tutto il mondo, e che di recente è fallita la trattativa Usa col Giappone che si proponeva di essere esentato. Il grafico Eurostat ci consente di capire da dove partiamo.
La grande crescita del debito privato cinese. Il Fmi ha pubblicato il suo rapporto sulla stabilità finanziaria dove fra le altre cose si osserva la straordinaria crescita dei debiti privati che si è registrata in tutte le economie, che ha contributo a condurre il debito globale a superare i 160 trilioni di dollari. La Cina ha dato un contributo notevole a tale accumulazione.
La Cina è riuscita a strappare tanti primati alle economie avanzate nell’ultimo decennio, forse non dovremmo stupirci più di tanto che primeggi anche per i suoi debiti.
Fonte: qui