9 dicembre forconi: 06/13/18

mercoledì 13 giugno 2018

Roma, nove arresti per il nuovo stadio: ci sono Parnasi, Lanzalone (Acea), Civita (Pd), Palozzi (Fi). Indagati Ferrara (M5s) e Bordoni (FI)

Roma, nove arresti per il nuovo stadio: ci sono Parnasi, Lanzalone (Acea), Civita (Pd), Palozzi (Fi). Indagati Ferrara (M5s) e Bordoni (FI)

Il costruttore in carcere, ai domiciliari il presidente di Acea e i politici di Pd e Fi. Ipotizzata una associazione a delinquere finalizzata alla corruzione nell'ambito del progetto per l'impianto a Tor di Valle

Nove arresti dei carabinieri nell’ambito di un’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo su un'associazione a delinquere finalizzata alla commissione di condotte corruttive e di una serie di reati contro la Pubblica amministrazione nell'ambito delle procedure connesse alla realizzazione del nuovo stadio della Roma.

Arrestati l’imprenditore Luca Parnasi, proprietario della società Eurnova che sta realizzando il progetto dello Stadio, e cinque suoi collaboratori mentre ai domiciliari ci sono Luca Lanzalone, l'attuale presidente Acea (di cui il Comune detiene il 51%) che ha seguito, in veste di consulente per la giunta cinquestelle, il dossier sulla struttura che dovrebbe sorgere nella zona di Tor di Valle, il vicepresidente del Consiglio Regionale, Adriano Palozzi di Forza Italia, l'ex assessore regionale all'Urbanistica Michele Civita (Pd). Indagati il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Campidoglio, Paolo Ferrara, Davide Bordoni, capogruppo di Forza Italia al Campidoglio ed ex presidente del municipio X, che comprende anche Ostia e Mauro Vagliopresidente dell'ordine degli avvocati di Roma e candidato (non eletto) per il M5S alle scorse elezioni politiche al Senato. 
L'As Roma, come precisato dal procuratore aggiunto Paolo Ielo "non c'entra nulla con l'inchiesta". "La Roma non fatto nulla di male, siamo stati trasparenti: non vedo perchè il progetto stadio si debba fermare, tutti lo vogliono e si deve andare avanti. Risolveremo tutto", ha detto il presidente della Roma James Pallotta, dopo la notizia degli arresti. "Se ho sentito Parnasi? Non credo che in cella si possano usare i telefonini".

In totale le persone coinvolte nell'indagine sono sedici: nove arrestati - di cui tre ai domiciliari - e sette indagati. Nell'ambito dell'indagine, oltre alla contestazione dell'associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, ci sarebbero due contestazioni per traffico di influenze, quattro contestazioni per emissione di fatture per operazioni inesistenti, cinque episodi di corruzione, due contestazioni per finanziamento illecito ai partiti. Le tangenti sarebbero state date in tre diverse modalità: in contanti, tramite le assunzioni di amici e parenti e tramite l'assegnazione di consulenze
LE REAZIONI Salvini: "Costruttore persona perbene". Fraccaro: "Lanzalone? Se ha sbagliato, ne risponda"

Secondo gli inquirenti il presidente Acea Luca Lanzalone avrebbe ottenuto dal gruppo Parnasi la promessa di consulenze per un valore di circa 100.000 euro mentre il vicepresidente del consiglio regionale di FI Adriano Palozzi avrebbe ottenuto 25 mila euro tramite l'emissione di fatture per operazioni inesistenti. L'ex assessore regionale pd Michele Civita avrebbe invece ottenuto una promessa di assunzione del figlio da parte del gruppo Parnasi.

Davide Bordoni, capogruppo di FI in Campidoglio, avrebbe ricevuto una somma in contanti mentre il capogruppo cinquestelle in Comune Paolo Ferrara avrebbe ottenuto da parte del gruppo Parnasi una promessa di realizzazione di un progetto di restyling per il municipio di Ostia.

IL RITRATTO Parnasi, il costruttore figlio d'arte e quell'azzardo sullo stadio

Lanzalone, tra il gennaio e il febbraio del 2017, nelle vesti di consulente per gli M5S portò avanti, sul fronte del progetto stadio, una mediazione con l'amministrazione comunale e la Eurnova, la società di Parnasi, che acquistò i terreni dell'ippodromo di Tor di Valle, dove dovrebbe sorgere la nuova struttura, dalla società Sais della famiglia Papalia. La mediazione ha portato ad una modifica del primo progetto con una riduzione delle cubature degli immobili "extra stadio" e la cancellazione delle due torri del grattacielo che sarebbero dovute sorgere in prossimità del'impianto.

LEGGI Lanzalone, superconsulente dei 5Stelle: chi è il presidente Acea, vicinissimo a Di Maio

Una donna che lavora nel team del presidente della muncipalizzata, Giada Giraldi, è stata fermata al termine dell'incontro della procura con i giornalisti. La donna si è presentata come cronista dell'Inchiesta. La procura, al termine dell'incontro, ha deciso di sentirla a sommarie informazioni per capire a che titolo la donna si sia presentata all'incontro con la stampa.

L'INTERVISTA La dissidente: "Avvertii Raggi e fui espulsa dal M5s"

Progetto verso lo stop Intanto, dopo il blitz, il progetto dello Stadio della Roma, un investimento da almeno un miliardo di euro, veleggia verso lo stop. Così si apprende da fonti comunali. Oggi era prevista una riunione tra i proponenti e il Campidoglio, vertice che con tutta probabilità salterà a causa degli arresti.

DALL'ARCHIVIO Le tribune dell'ippodromo sacrificate alla viabilità

Sul futuro dell'impianto di Tor di Valle, a fronte dei comunicati delle ultime settimane in cui si prometteva un'accelerazione sull'iter, ora è dubbiosa anche la sindaca Virginia Raggi: "Se è tutto regolare, spero che il progetto andrà avanti. Chi ha sbagliato pagherà, noi stiamo dalla parte della legalità". Sulla stessa linea anche il presidente dell'assemblea capitolina Marcello De Vito (M5S): "Anche Ferrara tra gli indagati? È ancora presto per commentare, dobbiamo vedere le carte", ha spiegato.

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CHE FINE FARA’ IL NUOVO STADIO DELLA ROMA? 

L’INCHIESTA POTREBBE PORTARE ALLO STOP DEL PROGETTO: A META’ LUGLIO SAREBBE PREVISTA LA DELIBERA… 

INDAGATO ANCHE IL CAPOGRUPPO M5S IN CAMPIDOGLIO 

IL RUOLO DI LANZALONE E QUEL TAGLIO DI CUBATURE RISPETTO AL PROGETTO ORIGINARIO 

LA PROCURA: "LA AS ROMA NON C'ENTRA NULLA CON L'INCHIESTA"

(ANSA)  "L'As Roma non c'entra nulla con l'inchiesta". E' quanto ha precisato il procuratore aggiunto Paolo Ielo nel corso di un incontro con la stampa dopo i nove arresti legati al nuovo stadio della Roma.

(ANSA)- C'è anche il capogruppo degli M5S in campidoglio, Paolo Ferrara, tra i 27 indagati della inchiesta sul nuovo stadio della Roma. Nei primi mesi del 2017 Ferrara aveva partecipato alla trattativa con il gruppo Parnasi per la modifica della prima stesura del progetto sulla struttura che dovrebbe sorgere a Tor di Valle.

paolo ferraraPAOLO FERRARA
(ANSA) - L'inchiesta sullo Stadio della Roma che oggi ha portato a 9 arresti e che vede 27 indagati potrebbe portare allo stop dell'intero progetto modificato. Proprio ieri era scaduto il termine per presentare le osservazioni al progetto e si era fissata la scadenza per le controdeduzioni per le quali è stato dato un tempo di 30 giorni. A metà luglio sarebbe prevista la delibera col progetto variato da inviare alla Regione Lazio per l'ok definitivo. Ma ora arresti e indagini potrebbero imporre lo stop al progetto.
stadio della romaSTADIO DELLA ROMA

(ANSA) - L'inchiesta sullo stadio della Roma, che ha portato all'arresto di nove persone, riguarda il progetto modificato e approdato poi in conferenza dei servizi con l'abbattimento delle cubature rispetto al progetto originario. Lanzalone tra il gennaio e il febbraio del 2017 fu consulente per il Campidoglio e si occupò di una mediazione con la società di Parnasi che acquistò i terreni dell'ippodromo di Tor di Valle, che dovrebbe ospitare lo stadio, dalla società Sais.

stadio olimpico romaSTADIO OLIMPICO ROMA
La mediazione portò appunto ad un taglio delle cubature: furono soppresse le due torri ma anche le infrastrutture a servizio come il prolungamento della Metro B e il ponte sul Tevere. Per la Regione si occupò del progetto Michele Civita, allora assessore all'urbanistica.

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IL PARTITO DEL PIANO B – DOPO LE DICHIARAZIONI DI TRIA, COMINCIANO A MANIFESTARSI LE DIVERGENZE NEL GOVERNO SUL PIANO DELLA POLITICA ECONOMICA

I LEGHISTI BORGHI E BAGNAI SONO PRONTI A DARE BATTAGLIA E LA DELEGA DI PAOLO SAVONA È PIÙ FORTE DI QUELLO CHE SEMBRA. TANTO CHE ALL’ECOFIN POTREBBE ACCOMPAGNARE TRIA AL POSTO DEL DIRETTORE GENERALE (CHE NON C’È), GIUSTO PER SPAVENTARE I TEDESCHI

Estratto dell’articolo di Roberto Petrini per “la Repubblica

PAOLO SAVONAPAOLO SAVONA
C' è attesa per il primo vertice di Palazzo Chigi tra il premier Conte e i ministri economici di oggi. Un test sulle intenzioni del governo sulle misure, dalle pensioni d' oro, all' Iva, al Def.

Ma soprattutto sarà il terreno di confronto tra la linea del ministro del Tesoro Giovanni Tria, tutto teso a rassicurare i mercati e a frenare su spese e condono e la frangia oltranzista, il cosiddetto partito del Piano B, capeggiato dal ministro degli Affari europei Paolo Savona.

Al summit governativo si arriva dopo la reazione positiva della Borsa e dello spread all' impegno di Tria a far scendere il debito e a non provocare condizioni di uscita dall' euro. (…)
giovanni tria e claudio borghiGIOVANNI TRIA E CLAUDIO BORGHI

Quello che è certo che sul piano della politica economica le divergenze nell' esecutivo cominciano a manifestarsi: ad esempio con le parole del leghista Armando Siri che ha detto a Repubblica che il tetto del 3 per cento del deficit-Pil «non è un tabù».

Come pure non sono sfuggite le dichiarazioni, post intervista di Tria, di Luigi Di Maio in tivù: «Non stanno bene i parametri come stanno oggi - ha detto - , per contrastarli abbiamo messo su una squadra che conosce quegli ambienti, sa dove andare a mettere le mani e iniziare a contrattare».

enzo moavero milanesi, paolo savonaENZO MOAVERO MILANESI, PAOLO SAVONA
Il partito del Piano B, che identifica ormai le posizioni più dure sull' Europa, non ha ancora tirato i remi in barca e promette, nonostante Tria, di continuare la battaglia dietro i due leghisti radicali Borghi e Bagnai.

Così gli occhi sono puntati su Paolo Savona, grande vecchio degli euroscettici governativi, al quale non sono state spuntate tutte le unghie destinandolo al ministero degli Affari europei.

La sua delega resta quella "forte" prevista dalla cosiddetta legge Moavero (la 234 del 2012): all' alto funzionario europeo, oggi ministro degli Esteri, Monti diede un ampio mandato che Savona mantiene integralmente.
paolo savonaPAOLO SAVONA

Non dovrà solo amministrare «intra urbe» il recepimento delle direttive comunitarie come avveniva in passato, ma Savona parteciperà alle riunioni dei ministri per gli "Affari generali" che preparano il Consiglio europeo, alle riunioni dei ministri dello Sviluppo economico, potrà proporre le candidature italiane per le agenzie e le istituzioni europee, inoltre coordinerà il Ciae, il comitato interministeriale che definisce la posizione italiana in vista degli atti dell' Unione.

(…) Cruciale anche la direzione del Tesoro: favorito sarebbe Antonio Guglielmi, analista Mediobanca autore del celebre piano (…) sulla ristrutturazione controllata del debito pubblico italiano. (…) Nelle more c' è chi suggerisce a Savona di accelerare i tempi e di partecipare al posto del direttore generale al prossimo Ecofin del 21-22 giugno accanto a Tria. Tanto per spaventare i tedeschi.

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Mutui, il giallo dei tassi truccati. Fermi i ricorsi sul caso Euribor

A volte anche la direzione generale Concorrenza della Commissione europea dormicchia. È molto probabilmente la maggiore e più efficace autorità al mondo a tutela della trasparenza e correttezza del mercato e dell’interesse dei cittadini, eppure in certi momenti fatica a imporre i propri criteri. Prendete per esempio la decisione del dicembre 2016, un anno e mezzo fa, con la quale multa Crédit Agricole, Hsbc e Jp Morgan Chase per aver formato un cartello allo scopo di manipolare certi derivati che concorrono alla formazione dei tassi di mercato in euro. In particolare, quella intesa illecita avrebbe avuto come effetto ultimo quello di manipolare l’Euribor: il tasso dei prestiti interbancari in Europa, che rappresenta la base di tutti gli interessi applicati poi dalle banche su mutui e prestiti indicizzati alla clientela. Quella vicenda contiene ancora alcuni lati non completamente chiariti e riguarda più o meno indirettamente un numero enorme di contraenti di mutui e finanziamenti in Europa e in Italia. Perché sono loro che potrebbero essere stati penalizzati dalle mosse illegittime di quelle banche, che furono condannate dalla Commissione europea per aver formato un cartello. È per questo che oggi nei tribunati italiani si trovano centinaia di ricorsi di consumatori con la richiesta di rimborsi degli interessi passivi in più versati indebitamente.
La condanna
Ma andiamo con ordine. Nel caso di quella condanna del 2016, in gioco c’è la maggiore banca americana, la maggiore banca britannica e una delle tre grandi banche francesi. Quel caso chiuso a dicembre 2016 è solo la coda di un’indagine iniziata con un’ispezione dell’Antitrust Ue nelle sedi di una decina di grandi istituti nel 2011. Quindi la prima svolta era arrivata nel 2013. All’epoca altre quattro fra le banche coinvolte nel procedimento avviato da Bruxelles — Barclays, Deutsche Bank, Société Générale e Royal Bank of Scotland — rinunciarono a difendersi e decisero di accettare una transazione che riduceva loro le loro condanne. Barclays, il gruppo britannico, godette di uno sconto totale anche se aveva partecipato al cartello per ben 32 mesi, perché aveva denunciato l’intesa illecita. Deutsche Bank ebbe invece 465 milioni di multa e le altre qualcosa di meno.

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Il cartello segreto
Quei due passaggi del 2013 e del 2016 sembravano la fine di una vicenda pur clamorosa, un cartello segreto fra esponenti dei colossi bancari per manipolare l’Euribor e di riflesso anche i tassi ai quali centinaia di milioni di europei si finanziano in banca. Quel passaggio sembrava la fine della vicenda, ma non sarebbe stato così. Il primo segnale lo si ebbe all’annuncio della decisione di Bruxelles del 2016, quella che condannava Crédit Agricole, Hsbc e Jp Morgan Chase. Fu lì che la Commissione Ue dormicchiò: non pubblicò il dispositivo giuridico della sua decisione. Al suo posto comparve uno strano annuncio sul sito della DgComp di Bruxelles: «Finché la Dg Comp e le aziende coinvolte sono impegnate nel processo di stabilire una versione della decisione che non contenga segreti industriali o altre informazioni confidenziali - si leggeva - non sarà disponibile alcuna versione pubblica di questo testo». E l’avvertimento continuava, sempre nel dicembre del 2016: «La Dg Comp sta cercando di risolvere questa questione al più presto, con l’obiettivo di arrivare a una rapida pubblicazione. Siete dunque invitati a controllare l’attuale sezione del sito della Dg Comp regolarmente, per restare al corrente di ulteriori sviluppi».
I consumatori
Le decine di milioni di consumatori europei che si sentissero danneggiati dagli effetti di quel cartello per la manipolazione dei tassi - famiglie e imprese indebitate i cui interessi passivi erano agganciati all’Euribor - possono aver continuato a controllare il sito della Commissione Ue. Ma nulla è cambiato. Appunto, anche l’Antitrust europeo a volte dormicchia. Dopo trenta mesi, il testo di quella decisione storica non è stato pubblicato. Non c’è. Quel documento è una base giuridica di enorme importanza, perché su di esso potrebbero basarsi i ricorsi dei consumatori che ritengono di aver pagato mutui troppo cari a causa di quella manipolazione. Ma, appunto, dopo ben due anni e mezzo il testo non è mai stato pubblicato: caso più unico che raro in un’amministrazione efficiente come la Dg Comp.
I ricorsi
E dire che i ricorsi ci sono davvero: in Italia, centinaia. Ovviamente non sono contro Barclays, Jp Morgan, Deutsche Bank o le altre grandi banche protagoniste del cartello. Quelle sono solo alcune delle più rilevanti nel gruppo fra i 20 e i 44 istituti che abitualmente definiscono il livello dell’Euribor tramite le loro transazioni. I circa duecento ricorsi esistenti in Italia (concentrati a Milano, Roma, in Sardegna, a Bergamo e a Brescia) sono animati dall’associazione Sos Utenti e sono rivolti alle banche nazionali che hanno praticato ai clienti tassi basati su un Euribor «manipolato» fra il 2005 e il 2008. Ovviamente gli sportelli italiani non potevano saperlo, ma era così. Ora i clienti chiedono di essere rimborsati, e spetterebbe poi agli istituti italiani rivalersi sulle grandi banche europee protagoniste del cartello. Il caso poi potrebbe allargarsi a migliaia di altri clienti o agli enti locali danneggiati dall’effetto tassi sui derivati. Ma per vincere, questi consumatori devono dimostrare che davvero il cartello ha prodotto tassi distorti a loro sfavore. E per farlo occorre, come minimo, che la decisione di Bruxelles sia resa pubblica. E per ora non lo è.
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Il suicidio politico del M5s in tre sole mosse


E' un grandioso paradosso come il Movimento 5 Stelle, giunto al potere, stia seguendo le orme e perfino lo stile dell'odiato nemico, il Pd di Renzi. Una strategia nota come "suicidio politico in tre sole mosse". Prima mossa, raccogliere un enorme consenso popolare sbandierando temi sociali, la rottamazione delle classi dirigenti, la giustizia sociale, la lotta alla povertà. Seconda mossa, conquistato il potere ecco la Grande Svolta a Destra, dalla solidarietà al darwinismo sociale: recupero di vecchi arnesi di classe dirigente di destra (Savona, Moavero Milanesi, Tria e così via), un premier che pare la versione provinciale di Mario Monti, politiche securitarie, la riverenza per i nuovi oligarchi, da Trump a Macron, la lotta alla povertà riconvertita in guerra ai poveri. Il tutto benedetto e rivendicato con orgoglio da un giovane leader affamato di potere, Luigi Di Maio, per il quale l'importante è andare a comandare, presto, comunque e con chiunque, rinunciando da subito a qualsiasi velleità progressista. Poi si potrà sempre rivendersi come cambiamento uno spregiudicato e famelico spoil system. Anche qui, ci ricorda qualcuno?
La terza mossa sarà il suicidio elettorale, che s'intravvede già ora, in piena luna di miele con l'elettorato, nel tracollo di voti a destra in favore dell'originale (Salvini) e a sinistra verso l'astensionismo, almeno per ora.
Quello che colpisce i commentatori di Huffington, da Lucia Annunziata e Tomaso Montanari, è il silenzio improvviso e assoluto dell'area movimentista. "Il 5 Stelle è come un'automobile con una carrozzeria di destra populista e un motore di sinistra ecologista", ha scritto Marco Morosini, ghostwrighter di Beppe Grillo dal 1992 e autore delle principali campagne grilline per un quarto di secolo, prima di allontanarsi. Senza il motore di sinistra il Movimento può continuare a governare, ma da fermo, destinato a contare sempre meno.
Il potere è un collante formidabile e pare difficile, per non dire impossibile, ipotizzare oggi che il Movimento possa tornare alle battaglie progressiste delle origini, l'ambiente e l'orario di lavoro, l'anticonsumismo e la critica della finanza globale. La resa culturale al nazional liberismo della Lega è stata immediata e totale. Quasi che i vertici non vedessero l'ora di sbarazzarsi della zavorra della questione sociale, utile soltanto ad abbindolare un largo elettorato di giovani precari, operai sindacalizzati e ceti medi impoveriti delusi dalla finta sinistra, per poter entrare finalmente nel salotto ricco delle nuove oligarchie, dove poi è di rigore l'abito scuro. Il Movimento che non era "né di sinistra né di destra" ha agito da progressista all'opposizione e ora che è al potere identifica, come il Pd di Renzi, l'ideologia di destra con la cultura di governo. Se anche volesse tornare alle origini ribelli, il grillismo non potrebbe più. Di Maio l'ha ficcato in una trappola. Qualunque cosa chieda o imponga Salvini, l'altro deve accettare. Pena la caduta del governo e nuove elezioni, dove il Movimento uscirebbe a pezzi. La governabilità è l'unico valore.
L'alleanza fra 5 Stelle e Lega, con guida a destra, è così destinata a durare nel tempo. Di Maio non potrà mai sottrarsi all'egemonia leghista. Salvini invece potrebbe rompere l'alleanza in qualsiasi momento, ma per ora non gli conviene.
Si è formato così un nuovo centrodestra. Al momento, senza alcuna opposizione in Parlamento. L'inutile Pd vedovo Renzi ha come unico tema la nostalgia per un'immaginaria era felice che il popolo stupido e ingrato non ha saputo meritare e comprendere, ma prima o poi rimpiangerà. Un discorso demenziale che ricorda le fantasie di rinascita della DC e del Psi nel biennio '93-'94 o di Forza Italia dopo il 2011.
La Terza Repubblica, come la Seconda, è nata prima a destra. Con un'alleanza inedita e all'apparenza fragile, esattamente come fu considerata al principio l'asse Berlusconi-Fini-Bossi, ma destinata a diventare permanente. Abbiamo un governo autenticamente reazionario, dove la componente progressista dei 5 Stelle è stata già tacitata e sarà a breve espulsa. Si formerà un'opposizione sociale autentica anche in Italia, come già accaduto in Francia, Spagna e Portogallo. Il vuoto in politica non dura a lungo.
Fonte: qui

Governo, nominati sei viceministri e 39 sottosegretari. A Conte delega ai Servizi

"Il Consiglio dei ministri ha nominato sei viceministri e trentanove sottosegretari". Lo ha affermato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro. "Non abbiamo parlato di deleghe, le faremo in settimana, entro giovedì", ha detto Fraccaro aggiungendo che la cerimonia di giuramento è prevista per mercoledì alle 13 a Palazzo Chigi. Il ministro degli Interni Salvini però ha preannunciato la delega ai Servizi segreti direttamente a Giuseppe Conte.
Il Consiglio dei Ministri si è riunito sotto la presidenza di Conte e con la presenza del sottosegretario alla Presidenza dei ministri Giancarlo Giorgetti. A comunicare l'ufficialità a fine riunione, appunto, Fraccaro (nella foto).
Alla presidenza del Consiglio i nomi indicati sono quelli di Guido Guidesi (Lega), i pentatellati Vincenzo Santangelo e Simone Valente (Rapporti con il Parlamento e democrazia diretta), Mattia Fantinati (M5s)(Pubblica amministrazione), Stefano Buffagni (M5s) (Affari regionali e autonomie), Giuseppina Castiello (Lega) (Sud), Vincenzo Zoccano (M5s) (Famiglia e disabilità), Luciano Barra Caracciolo (magistrato costituzionalista) (Affari europei), Vito Crimi (M5s) (Editoria) e Vincenzo Spadafora (M5s) (Pari opportunità e giovani).Agli Esteri sono stati incaricati Emanuela Del Re (M5s), Manlio Di Stefano (M5s), Ricardo Merlo (fondatore del Movimento Associativo Italiani all'Estero) e Guglielmo Picchi (Lega). Per quanto riguarda l'Interno ecco Stefano Candiani (Lega), Luigi Gaetti (M5s), Nicola Molteni (Lega) e Carlo Sibilia (M5s).
All'Agricoltura saranno impegnati Franco Manzato (Lega) e Alessandra Pesce (M5s), mentre dell'Ambiente si occuperanno Vannia Gava (Lega) e Salvatore Micillo (M5s). Alle Infrastrutture e Trasporti Michele Dell'Orto (M5s), Edoardo Rizzi e Armando Siri (entrambi Lega); al Lavoro Claudio Cominardi e Claudio Durigon (entrambi Lega), alla Giustizia Vittorio Ferraresi (M5s) e Jacopo Morrone (Lega), all'Istruzione Lorenzo Fioramonti (M5s) e Salvatore Giuliano.
L'elenco prosegue con Beni Culturali Lucia Borgonzoni della Lega e Gianluca Vacca 5 Stelle, Salute Armando Bartolazzi 5 Stelle e Maurizio Fugatti Lega, Difesa Angelo Tofalo 5 Stelle e Raffaele Volpi Lega, Economia e Finanze Massimo Bitonci Lega, Laura Castelli 5 Stelle, Massimo Garavaglia Lega e Alessio Villarosa M5s e Sviluppo economico Andrea Ciotti 5 Stelle, Davide Crippa 5 Stelle, Dario Galli e Michele Geraci entrambi Lega.

Per quanto riguarda le deleghe, l'ufficialità dovrebbe arrivare nei prossimi giorni. Il ministro degli Interni Matteo Salvini ha preannunciato che quella ai Servizi segreti sarà affidata direttamente a Conte, mentre la Lega dovrebbe invece avere la presidenza del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), con il sottosegretario Giorgetti. Altra delega importante riguarda le Telecomunicazioni, che dovrebbe essere mantenuta dal ministro allo Sviluppo Luigi Di Maio. Fonte: qui