L'ENDORSEMENT ALLA PROTESTA FRANCESE PER UNA VOLTA AVEVA MESSO IL M5S AL CENTRO DEL DIBATTITO EUROPEO, COSTRINGENDO SALVINI A INSEGUIRE, MA SI STA RIVELANDO UN BOOMERANG DAL PUNTO DI VISTA DELLA STRATEGIA…
Ilario Lombardo per “la Stampa”
Adieu, monsieur Di Maiò . È successo un po' come quegli innamoramenti che nascevano a distanza, tra un italiano e una francese, prima che ci fossero gli sms. Una lettera, poi un' altra, la dichiarazione d' amore, infine lui le dice: «Ho preso i biglietti dell' aereo, vengo da te».
E lei: «Preferirei di no». Aveva fatto male i suoi calcoli il capo politico del M5S e si è ritrovato al buio senza il giubbotto catarifrangente. I gilet gialli non vogliono cappelli politici e più chiaro di così non potevano dirglielo. In una mitragliata di dichiarazioni, esponenti del movimento di protesta francese di qualsiasi calibro, da quelli identificati come capi alle seconde file, dall' ala più radicale ai moderati, hanno respinto il corteggiamento di Di Maio.
Ieri, il leader nutriva ancora qualche speranza quando ha detto che restava «confermato l'appuntamento con alcuni esponenti dei gilet per capire le loro intenzioni a livello europeo».
Non gli avevano comunicato che anche Patricia Saint-Georges e Yvan Yonnet, non proprio tra i volti più noti, si rifiuteranno di incontrare il vicepremier. Il M5S, tramite l'economista Antonio Rinaldi, li aveva cercati per un incontro nel week-end, a margine del convegno di Roma in cui racconteranno le esperienze di due mesi di lotta, proprio mentre a Parigi andrà in scena l'atto IX della mobilitazione.
Le ragioni di questo rifiuto le spiega Yonnet: «Non abbiamo un mandato. Di Maio è un uomo politico». Impossibile non cogliere il classico contrappasso per un Movimento che è stato fondato su un gigantesco "Vaffanculo" ai partiti tradizionali. I sentimenti che muovono i gilet sono gli stessi e per questo essere snobbato così sa ancora più di beffa.
«Non sono un poliziotto - continua Yonnet - e non posso impedire al cittadino italiano Di Maio di venire a un incontro pubblico». Il vicepremier se vuole può accomodarsi in platea come faranno tutti oggi, ma non ci saranno sponde dai francesi. E così il grillino si trova costretto a ripensare i suoi piani. Non c'è certo la fila per sottoscrivere il Manifesto della democrazia diretta ma almeno Di Maio si può consolare con un effetto collaterale di Brexit, che permetterà di scendere da sette a sei partiti di Paesi diversi necessari per formare un gruppo all'Europarlamento. «Ce ne servono solo altri due» dice Di Maio che, confermano dal M5S, dovrebbe essere lunedì o martedì con Alessandro Di Battista a Strasburgo, dove potrebbe incontrare i Pirati tedeschi.
Alla fine, un'efficace trovata di comunicazione, perché l'endorsement ai gilet gialli per una volta ha centralizzato sul M5S il dibattito europeo, costringendo Matteo Salvini a inseguire, si sta rivelando un boomerang dal punto di vista della strategia. Lo ha intuito lo stesso Di Maio che ora cerca come può di trovare un alibi agli sbarramenti francesi.
Prima la moderata Jacline Mouraud, poi il camionista a capo dei più violenti Eric Drouet, che si è rimangiato un' iniziale apertura verso il leader italiano, infine i due ribelli invitati a Roma. Colpa - secondo Di Maio - della ministra Marlène Schiappa che ha insinuato finanziamenti stranieri. «Giusto che si siano smarcati: lo avrei fatto anch'io. Anche perché in realtà li sta finanziando il governo Macron con tutte le assurdità che sta facendo».
Di Maio si era illuso che potessero bastare le somiglianze tra i 5 Stelle delle origini e il movimento francese. Ma sono proprio quelle ad aver creato una barriera: «Noi abbiamo aperto a una possibilità, sperando fossero più strutturati - spiega Sergio Battelli - Invece, a parte che noi siamo assolutamente non violenti, loro sono come saremmo stati noi senza il collante di Beppe Grillo».
Senza capi, un po' di destra, un po' di sinistra, radicali picchiatori o pacate signore: proprio una di quest' ultime, Mouraud, l'unica a pensare a un partito nato dai gilet, era però stata la prima a respingere Di Maio, considerando la usa «un'ingerenza negli affari interni del nostro Paese». Resta così, un po' malinconica sul profilo Facebook di Di Maio, la foto isolata di Ingrid Levavasseur, presentata come «ex portavoce moderata (una precisazione a cui tengono i 5 Stelle, ndr)», l'unica a oggi convinta che «il messaggio del M5S sia qualcosa di molto potente».
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