9 dicembre forconi: 08/10/18

venerdì 10 agosto 2018

''MI SONO FATTA ROMPERE LE OSSA PER 500 EURO, MI SERVIVANO PER I MIEI FIGLI''

I RACCONTI DI CHI SI FACEVA FRANTUMARE GLI ARTI CON DISCHI DI GHISA PER TRUFFARE LE ASSICURAZIONI. INDAGATI ANCHE INFERMIERI E AVVOCATI 

A TOSSICI, BARBONI E DISPERATI PROMETTEVANO DECINE DI MIGLIAIA DI EURO, IN REALTÀ GLIENE DAVANO POCHE CENTINAIA MENTRE LORO INCASSAVANO 10 MILIONI DI EURO. ''DAMMI UN PORCELLINO D'INDIA E IO LO ROMPO TUTTO''

«MI SONO FATTA ROMPERE LE OSSA PER 500 EURO, MI SERVIVANO PER I MIEI FIGLI»

fratturaFRATTURA
«Mi sono fatta rompere le ossa, per mio figlio di due anni e la sua sorellina. Perché voglio uscire da qua e dare una casa a loro. Mia figlia il tribunale già me l’ha tolta». È il drammatico racconto (in un’intervista a Repubblica di Romina Farceca) di Francesca Calvaruso, 27 anni, una delle vittime consenzienti dell’organizzazione che a Palermo mutilava braccia e gambe per simulare incidenti stradali e truffare le assicurazioni. La ragazza, che risulta indagata, ha denunciato la sua terribile esperienza poco dopo aver subito due gravi fratture.

Francesca, che vive in comunità e lavora in un panificio, giura di essersi fatta rompere le ossa «per bisogno». «Mi hanno spiegato – è la ricostruzione della giovane – che se mi facevo procurare delle fratture mi avrebbero dato subito 800 euro, e poi altri 34mila con il risarcimento dell’assicurazione. Un sogno per me che sono sola e rischio di non vedere più i miei figli. Alla fine ne ho avuti subito 500».

La 27enne descrive anche il momento del dolore fisico. Dice di essere stata accompagnata in un capannone a Bagheria. Lì è stata fatta distendere e ha ricevuto iniezione di anestetici. Un uomo le ha tappato la bocca. Un altro le ha messo una mano sugli occhi. «Mi dicevano di stare tranquilla, io tremavo – racconta la ragazza – . Mi hanno fratturato prima il piede perché dicevano che era più doloroso. E infatti così è stato. Ma non dovevo urlare perché c’era il pericolo che qualcuno sentisse. Dopo è stata la volta del braccio».

palermoPALERMO
Le fratture venivano procurate con alcuni dischi di ghisa, quelli utilizzati in palestra per il body building, «di almeno 50 chili». «Mi scendevano le lacrime dagli occhi – ha continuato Francesca – ma ho resistito per i miei bambini». Dopo le fratture la ragazza è stata caricata in auto e portata in una strada di Bagheria. Dove c’era il falso investitore del falso incidente.





ARTI SPEZZATI PER INCASSARE ASSICURAZIONI - `PALERMO, 11 FERMATI: INDAGATI ANCHE INFERMIERI E AVVOCATI
Sara Menafra per ''Il Messaggero''

IL CASO
Raccattavano le vittime negli strati più bassi della società: tossicodipendenti, giovani con problemi psichiatrici, immigrati che vivono di lavoretti. E a loro proponevano di far parte di una truffa dell' orrore alle principali compagnie assicurative, simulando gravi incidenti stradali: 500 euro per una gamba rotta, 300 per il braccio, 1000 per chi si rompeva tutto con la promessa di un 30% sul premio da centinaia di migliaia di euro che, però, le vittime non ricevevano mai. Ieri la Polizia di Palermo ha deciso di fermare undici persone per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, una ricercata. Ma il giro d' affari, ha spiegato il questore Renato Cortese, era molto più ampio.

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L' OMBRA DELLA MAFIA
Gli indagati dell' operazione «Tatalo» sono in tutto 60 tra cui l' infermiera Antonia Conte, 51 anni, e l' avvocato Graziano D' Agostino, 42 anni. A capo di ben due organizzazioni parallele, secondo le accuse, c' era Michele Caltabellotta, 43 anni, titolare dello studio di infortunistica Mce, capace di mettere a disposizione tutto, dai testimoni finti al personale sanitario compiacente. Ma le verifiche coordinate dalla procura dicono che nell' affare sarebbe coinvolta anche Cosa nostra: i boss locali, in particolare quelli del mandamento di Brancaccio, come vere e proprie strutture finanziarie, proponevano al gruppo un «derivato». Avrebbero rilevato i debiti con le compagnie assicurative in cambio di un pagamento in tempi rapidi e in contanti.

LA MORTE DI HADRI
L' inchiesta parte, a gennaio del 2017, dalla morte del tunisino Yacoub Hadri. L' immigrato si era prestato al gioco e si era fatto spezzare tibia e perone, ma poi era morto per un arresto cardiaco seguito alle fratture. Un decesso apparso subito sospetto agli investigatori che hanno incaricato un esperto: le fratture non erano compatibili con la modalità dell' incidente che, secondo i testimoni, era stato provocato da uno scontro tra un' auto e lo scooter guidato dalla vittima. Sul cruscotto e a terra, però, solo segni blandi. «Hanno le prove ma... mi hanno fatto vedere la fotografia hanno le prove ma...», diceva uno della banda, Francesco Faija, terrorizzato, avendo capito di essere indagato per la morte di Hadri.

Ora è accusato, insieme a due complici, anche di omicidio preterintenzionale. Dopo il decesso i tre contattarono la compagna dell' uomo proponendo, in cambio dell' avvio delle pratiche di risarcimento, il 50% dell' incasso.
Alle vittime le due bande promettevano significative quote dei risarcimenti, ma dei soldi garantiti gli invalidi vedevano ben poco.

studente mano fratturataSTUDENTE MANO FRATTURATA
La gestione del sinistro veniva curata dai criminali che dovevano ricostruire la scena del sinistro (a volte piazzando fisicamente i mezzi sui luoghi, a volte attraverso testimoni compiacenti). Nelle intercettazioni il gruppo parla anche della possibilità di «mandare ambulanze» con infermieri giusti sui luoghi dei finti scontri. Ricostruito il falso incidente, le «vittime» venivano portate in luoghi nella disponibilità dei malviventi, per essere affidati alle «cure» dei più violenti e pericolosi che spezzavano loro braccia e gambe. Ai finti incidentati promettevano anestetici, procurati dall' infermiera Conte.

I pm, nel provvedimento di fermo, hanno descritto accuratamente quel che avveniva: «Gli arti venivano appoggiati in sospensione tra due blocchi di pietra o cemento e con violenza, sulla parte dell' arto sospesa, veniva gettata una borsa piena di pesi in ghisa o di grosse pietre, in modo da provocare fratture nette, e possibilmente scomposte (perché davano risarcimenti maggiori)». In preda a lancinanti dolori, le vittime venivano trasportate in ospedale e lì entravano in gioco altri membri della banda incaricati di vigilare sui ricoverati per provvedere alle loro necessità, ma soprattutto per evitare denunce. La gestione delle pratiche veniva assunta dai vertici dell' associazione che curavano la presentazione delle richieste di risarcimento e la successiva suddivisione delle «quote».

«CERCHIAMO UN PORCELLINO D' INDIA SE MI DICONO CHI È, LO ROMPO TUTTO»
Sara Menafra per ''Il Messaggero''

LE CARTE
Non uomini ma «porcellini d' India» da fare a pezzi rapidamente, pur di incassare i soldi delle compagnie assicurative che solo in pochi casi si accorgevano della messinscena e avviavano accertamenti. Nelle intercettazioni raccolte dalla polizia di Palermo, gli «spaccaossa», come scrive il pm «mostrano una natura brutale e spietata» e non si fermano mai: ieri mattina, il blitz è scattato mentre l' organizzazione stava rompendo il braccio ad un uomo.

È l' agosto 2016, prima che l' indagine, con la morte di Yacoub Hadri, arrivi ad una svolta, ma i numeri di una delle organizzazioni guidate da Michele Caltabellotta, titolare di una società antinfortunistica, sono già sotto intercettazione. Ad aver accettato di farsi rompere il piede è un uomo di trent' anni. Salvatore «Totò», La Piana, uno dei presunti organizzatori dei finti incidenti, lo accompagna in ospedale dandogli istruzioni di dire che è stato investito a piedi sulle strisce.
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La promessa, per lui, è del 30% di un premio assicurativo di almeno 200mila euro, anche se già sanno che gli daranno al massimo 500 euro. Poi tra loro commentano: «Il piede perso ce l' ha», dice La Piana e l' altro:«Come l' aveva, forse tre pezzi ha, tibia, perone e malleolo». In ogni caso, pochi rimorsi: «A me mi devono dire solo: rompi ad un altro, io te lo rompo tutto».

10 MILIONI DI UTILI
Secondo le verifiche della Polizia, nel corso dei soli ultimi due anni, le due organizzazioni avrebbero raccolto almeno 10milioni di euro. Le vittime convinte a farsi rompere le ossa sono state decine, molte delle quali ancora non identificate. Il meccanismo, che al telefono con le moglie gli autori definivano «lavoro», era sempre lo stesso. Cercare finti incidentati ai margini della società. E' solo il 2 luglio scorso, quando La Porta manda uno dei suoi alla stazione centrale di Palermo e poi si informa: «Ne abbiamo porcellini d' India?».

La rottura delle ossa, l'«allisciatura» la chiamano nelle intercettazioni, procede poi con modalità estremamente violente. Come si legge nelle 269 pagine di decreto di fermo, sono i racconti delle vittime che hanno accettato di raccontare i fatti a far venire i brividi: «Rosario mi diceva che mi avrebbero rotto entrambe le braccia, ma che non avrei sentito alcun dolore poiché mi avrebbero messo del ghiaccio per addormentare le parti da colpire.

IL PESO DA PALESTRA DOPO L INTERVENTO DEI VIGILI DEL FUOCOIL PESO DA PALESTRA DOPO L INTERVENTO DEI VIGILI DEL FUOCO
Dopo aver messo il ghiaccio mi ha fatto mettere in ginocchio ed ho riposto prima braccio sinistro tra due mattoni e dopo avermi fatto girare la faccia per non guardare mi ha colpito con un corpo contundente che io non ho guardato, subito dopo mi faceva poggiare anche l' altro braccio e dopo avermi fatto girare nuovamente lo sguardo mi colpiva violentemente in quest' altro arto. In quei momenti ho sentito un fortissimo dolore al punto che ho perso quasi i sensi». In cambio di questa tortura, il 30% del premio non è mai arrivato.

Una vittima donna, ha raccontato che prima di agire, «mi hanno precisato che avrebbero fratturato prima il piede, che era più doloroso. Hanno sollevato un peso da palestra e me lo hanno lanciato sul piede, subito dopo con la medesima operazione mi hanno fratturato il braccio».

I CASI DI MILANO E TORINO
Una delle vittime ha anche raccontato che la truffa non si limitava a Palermo: «Anche che io sappia a Milano, Torino ed in Sicilia anche in altre città in provincia». Fonte: qui

''MI HA STUPRATO PER ORE'', A TORINO UNA DONNA DI 50 ANNI HA DENUNCIATO IL FIGLIO 30ENNE, TOSSICODIPENDENTE, PER AVERLA AGGREDITA E VIOLENTATA

“ERA IN PREDA ALLE ALLUCINAZIONI. NON ERA LUI, CONTINUAVA A FARSI DI CRACK E MI HA STUPRATA DIVERSE VOLTE” 

QUANDO È RIUSCITA A CHIAMARE LA POLIZIA, L’HANNO TROVATA…


stuproSTUPRO
Aggredita e abusata dal figlio caduto in preda ad allucinazioni provocate dal crack. È la denuncia di una donna torinese 50enne: “Mio figlio mi ha violentata per ore”, ha detto alla polizia che lei stessa ha chiamato non appena il suo presunto aggressore si è placato.

Secondo il racconto della madre, il ragazzo è “tossicodipendente da anni”, “si fa di crack tutto il giorno” e “vive di allucinazioni”. “Adesso sta dormendo nella sua stanza – ha spiegato la donna – Solo adesso sono riuscita a liberarmi e a chiedere aiuto“.

stuproSTUPRO
All’arrivo dei poliziotti, la donna era nell’androne delle scale, accovacciata con ancora i vestiti strappati addosso. La denuncia – anticipata sulle pagine de La Stampa – ha portato all’arresto del 30enne, accusato di violenza sessuale. La vittima, invece, si trova in un centro antiviolenza negli ambulatori del Sant’Anna di Torino.

Le tre ore di violenza, secondo gli investigatori, sono stati ricostruiti in maniera dettagliata nella testimonianza della donna. “Stavo per uscire di casa, per andare a lavorare – ha detto la vittima, come riporta il quotidiano torinese – quando lui mi ha aggredito in cucina.
stupro 1STUPRO 

Ho cercato di fermarlo”, invano. “Mi ha minacciata. Sembrava un altro, non era mio figlio. Era fuori di sé”, ha aggiunto. “Mi ha immobilizzata e abusata. Più di una volta si è fatto di crack mentre ero sua prigioniera – ha concluso – Solo quando si è addormentato sono riuscita a fuggire. Ho preso il telefonino dalla borsa ed ho chiamato la polizia”.

Poi il soccorso, il ricovero, il prelievo dei campioni biologici. E proprio l’analisi del Dna, del materiale ritrovato sui suoi vestiti e su quelli del figlio, servirà a fissare le prove. Nel corso dell’udienza preliminare il 30enne si è detto innocente. 


Seguito dal suo avvocato Roberto Franco, ha respinto ogni accusa. Le indagini, coordinate dal pm Roberto Sparagna, sono in attesa degli esiti della polizia scientifica.

Fonte: qui

If This Chart Doesn't Scare You Out Of Stocks, Nothing Will

A lot has changed since the stock market crash of 2000. Apple Inc. has gone from being just another computer brand to becoming the most valuable company in the world, Amazon.com Inc. went from being an e-book retailer to a byword for online shopping and Tesla’s Elon Musk has risen from obscurity to Twitter stardom.
Too scary for words
Yet some things never change and Doug Ramsey, chief investment officer at Leuthold Group, has been on a mini-campaign highlighting the parallels between 2000 and 2018.
Among the numerous similarities is the elevated valuation of the S&P 500 then and now, which Ramsey illustrates in a chart that he has dubbed as the “scariest chart in our database.”
Leuthold Group
“Recall that the initial visit to present levels was followed by the S&P 500’s first-ever negative total return decade,” he said in a recent blog post.
Price-to-sales ratio is one measure of a stocks value. It isn’t as popular as the price-to-earnings ratio, or P/E, but is viewed as less susceptible to manipulation since it is based on revenue.
He also shared a chart which he claims is “unfit for a family-friendly publication” that shows how in terms of median price to sales ratio, the S&P 500 is twice as expensive as it was in 2000.
Leuthold Group
“Overvaluation in 2000 was highly concentrated; today it is pervasive, with the median S&P 500 Price/Sales ratio of 2.63 times more than double the 1.23 times prevailing in February 2000.
In a follow-up post, he then reiterates how 2018 is starting to increasingly look like 2000.
“The statistical similarities between the two bulls are on the rise, and the wonderment surrounding the disruptive technology of today’s market leaders seems to have swelled to maybe 1998-ish levels,” he writes.
That upward trajectory of the market isn’t sustainable, he warns. Ramsey admits that history isn’t the best guide for the future but the S&P 500’s performance since it touched its peak on Jan. 26 is closely mirroring what happened 18 years ago.
“In the earlier case, a volatile five-month upswing that began in mid-April ultimately fell just a half-percent short of the March 24th high by early September. This year, a similarly choppy, six-month rebound has taken the S&P 500 to within 1% of its January 26th high,” Ramsey said.
Leuthold Group
There are other resemblances such as healthy breadth as denoted by the uptrend in the daily NYSE Advance/Decline Line while corporate profits, measured by Leuthold’s internal earnings indicator, are extremely robust, according to Ramsey.
But even without 2018 mimicking 2000, the persistent trade clash between the U.S. and its trading partners that in the worst case scenario could derail global trade looms as a huge threat to stocks.
China is expected to levy tariffs on $60 billion of U.S. goods if the Trump administration proceeds with its plan to impose 25% tariffs on $16 billion in Chinese imports later this month.
On Aug. 22, the market will officially become the longest bull market in history. Coincidentally, the previous titleholder is the decade-long one that gave up the ghost when the tech bubble burst in 2000.

La dignità a tempo determinato degli Industriali

Il Decreto Dignità di Di Maio non è piaciuto a nessuno. Mi sembra evidente.
Non è piaciuto a Confindustria che ha fatto sapere per voce del suo Direttore Generale Marcella Panucci, “così si disincentivano gli investimenti e si limita la crescita” senza però spiegarci in che modo un lavoratore che da 2 anni è confermato attraverso proroghe “flessibili” non abbia tutte le carte in regola per essere assunto regolarmente. Né tantomeno ci spiega per quale motivo – proprio lei che è a capo del più grande Centro di Divulgazione Comunicativa di Industria 4.0 e dintorni (più “dintorni”, direi) attraverso centinaia di Convegni autopromossi negli ultimi due anni – assimili ad una logica propedeutica i necessari investimenti di un’azienda per essere competitiva sui mercati di tutto il mondo con le altrettanto necessarie assunzioni di personale selezionato per rendere operativa tale competitività.
Non è piaciuto ad Assolavoro, l’Associazione delle Agenzie per il Lavoro presieduta dal Direttore di un’Agenzia per il Lavoro che, dopo anni di tavolate con tutti i Governi possibili, hanno goduto prima dell’abbrutimento della Legge Treu sul lavoro interinale abolendo a loro favore le 3 condizioni necessarie alla somministrazione (che permettevano sì un beneficio della flessibilità aziendale ma anche la tutela dei lavoratori), poi sono riusciti ad ottenere benefici straordinari (come l’assegno di ricollocazione nell’ordine dei 30.000 euro da spendere nelle APL) permettendo alle ex Agenzie interinali, divenute dei Centri di Consulenza a tutto tondo, di incrementare notevolmente la propria presenza nonché i fatturati.
Giusto per ricordarlo, queste erano le condizioni della prima legge sul lavoro interinale:
  • sostituzione di lavoratori assenti per qualsiasi ragione (compresa malattia o ferie) con l’esclusione dei lavoratori in sciopero, sospesi o con orario ridotto che hanno diritto al trattamento di integrazione salariale;
  • temporanea utilizzazione in qualifiche particolari non previste dai normali assetti produttivi dell’azienda;
  • motivazioni previste dal CCNL della categoria di appartenenza dell’impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati maggiormente rappresentativi.
Vietando l’abuso dell’utilizzo della flessibilità nelle aziende:
  • che sono state interessate, nei 12 mesi precedenti, da licenziamenti collettivi che abbiano interessato lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce la fornitura, salvo che la stessa non avvenga per sostituire lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto;
  • nelle quali sono in corso sospensioni dal lavoro o riduzioni d’orario con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce la fornitura;
  • che svolgono lavorazioni che richiedono una sorveglianza medica speciale o lavori particolarmente pericolosi in quanto comportano un rischio di grave infortunio (es.: manipolazione di materie esplodenti in attività di produzione, deposito e trasporto) o di tecnopatia grave derivante dall’esposizione ad agenti cancerogeni (amianto, cloruro di vinile monomero, ecc.).
Il Decreto Dignità non è piaciuto all’Associazione dei Direttori del Personale che, sebbene sempre attivi sul fronte del cambiamento, del welfare e dell’equilibrio fra vita professionale e lavoro, vedono di cattivo occhio questo cambiamento che prevede un sicuro miglioramento delle condizioni psicologiche dei loro dipendenti a tempo che avrebbero un sicuro impatto sull’equilibrio fra vita personale (non dovendo fare due o anche tre lavori per sbarcare il lunario) e professionale.
Non entro nel merito della proposta politica permettendomi un giudizio di merito sulla evidente impreparazione tecnica di Di Maio e Company (a loro sfavore), ma anche sulla evidente impreparazione politica (a loro favore) che in situazioni come queste li tiene lontani (a nostro favore) da lobby e tavoli di lavoro già apparecchiati per scambi di favore e opportunità che sono tali unilateralmente. Perché l’abolizione dell’Art 18, la legge Fornero, i contratti a tutele crescenti, i voucher utilizzati in un certo modo, Garanzia Giovani e altre meravigliose invenzioni la cui ingenuità applicativa non mi ha mai convinto, non sono stati di certo ideati a favore dei lavoratori.
Vorrei evitare di ripetere le dichiarazioni di Di Maio con cui non condivido alcuna appartenenza politica (se non per un’evidente delusione d’amore con l’area politica che una volta faceva leva su etica e valori. Una volta…), ma mi sembra evidente che ci sia un divario logico ed etico nelle velate minacce della DG di Confindustria nel dichiarare che le aziende non investiranno più, non comprendendo quale sia per un’azienda la differenza fra “usare un collaboratore in forma flessibile” e “assumere un dipendente in pianta stabile” se stiamo parlando della stessa persona che in quell’azienda sta lavorando ormai da un tempo troppo lungo per essere definito “di prova”, se sta ricoprendo un ruolo preciso all’interno di un organigramma aziendale e se in questa relazione sta vincendo solo una parte: la possibilità di lasciare a casa le persone con più leggerezza, non avendo vincoli contrattuali.
Non vorremmo pensare che il ruolo del Direttore delle Risorse Umane si sia trasformato da quella che dovrebbe essere la figura che in azienda garantisce continuità, crescita delle persone, sviluppo organizzativo ad un mero burocrate amministrativo che si misura con i suoi colleghi sui tagli del personale e sulle relazioni con i sindacati, eppure è allarmante se questi ritengono i vincoli ai contratti a tempo “non più attuali“, dando ad intendere che l’attualità coincida oggi con la necessità di contrattare a tempo in qualsiasi momento, per qualsiasi occasione e a favore di UNA SOLA DELLE PARTI.
Peggio ancora si giustifica la necessità di contratti a termine per “fronteggiare l’impossibilità di pianificare azioni a causa dell’imprevedibilità dei mercati” e in totale accordo con il tono di voce di Confindustria anche qui si paventano non ben precisate “ricadute su aziende e lavoratori” ma soprattutto “il favoreggiamento dell’emersione del lavoro nero“.
Se riguardo ai primi due oracoli può rispondere solo il tempo (alla faccia del cambiamento, dell’evoluzione e della trasformazione delle imprese!), riguardo alla terza ipotesi non mi è sembrato vedere dichiarazioni altrettanto sanguigne quando emerse il numero spropositato di voucher utilizzati in seguito alle modifiche di ben tre Governi (Sacconi, Fornero, Poletti). Governi abitualmente accondiscendenti nei confronti delle Associazioni di Categoria a fronte di dati che in maniera incontestabile dimostrarono l’emersione del lavoro nero a sei zeri.
In definitiva mi sembra che sotto certi aspetti si sia concordata da più parti una linea comunicativa che tende a minimizzare una modalità di intervenire che sicuramente è in pieno “stile 5 stelle”, ma dall’altra parte è molto più disruptive (termine che va molto di moda nelle aziende a patto che non le coinvolga direttamente, a quanto pare) di quanto non sembri proprio perché sposta i centri di controllo.
Di certo il Decreto non è perfetto ed è evidente una certa ingenuità nel trattare alcuni argomenti. È evidente, per esempio, che una deroga ai contratti collettivi di riferimento vada fatta (per esempio nel caso di aziende che vivono di flussi come il turismo) e che la reintroduzione dei voucher senza un elemento di controllo non andrà a risolvere quegli abusi che abbiamo già ampiamente visto.
D’altro canto mi viene da fare una riflessione molto critica nell’interpretazione imprenditoriale di questi Gruppi di Potere (nel senso puramente grammaticale del termine. Anche qui non vorrei dare adito a ipotesi errate di conformità politiche da parte dei retropensieristi più tenaci che sono arrivati fin qui e mi avranno già dato del “Grillino” almeno 10 volte).
Il rischio di impresa non può essere delegato a chi non partecipa alle imprese in quote societarie. Lo sanno bene i manager e gli imprenditori che oggi storgono la bocca di fronte ad una richiesta di presa di responsabilità in toto da parte delle aziende. Sono gli stessi manager che nelle lezioni delle business school amano ricordare Olivetti e i grandi imprenditori (fermi giustamente agli anni ’70, poiché di quelli non se n’è più visto nemmeno uno) che condividevano l’impresa ma se ne assumevano rischi e benefici.
La precarietà si combatte con la stabilità. Nonostante certi minestroni che ho visto in giro per la rete nel misero tentativo di fare squadra spostando l’attenzione come sempre su “qualcosa di più urgente” (che è poi l’anticamera dell’immobilismo), fin quando le banche, le istituzioni e le aziende stesse misurano la stabilità economica con un contratto di lavoro a tempo indeterminato per permettere alle Persone di costruirsi un futuro, non si può derogare da questo.
La sostenibilità di un’azienda si misura con l’attenzione alle Persone. Piani di welfare sbandierati a destra e sinistra, belle parole ai convegni, titoli incoerenti di Persone al Centrosulle slide delle convention non rendono un’azienda sostenibile. La sostenibilità inizia quando le Persone si sentono sostenute, non sospese.
La crescita di un’azienda avviene attraverso il senso di appartenenza. Non si può pensare di creare valore se la prima preoccupazione quando si assume una persona è sapere come la si potrà licenziare. Un collaboratore in prestito è un ostaggio che ha famiglia da mantenere e bollette da pagare. È naturale che, il giorno stesso in cui entrerà in azienda, starà già guardando fuori.
Riscuotere gli incentivi statali e poi produrre all’estero è scorretto. E per quanto mi riguarda è giustissimo che tali incentivi siano restituiti con gli interessi.
Gli imprenditori che conoscevano i propri dipendenti per nome e cognome non avevano i dati che abbiamo noi oggi a disposizione, le proiezioni e i sostegni informatici. Eppure riuscivano a pianificare. Quando sbagliavano la pianificazione, ci rimettevano di tasca propria. Appellarsi alla liquidità dei mercati è un’ammissione di incapacità manageriale e la conseguenza di un management impoverito da mancanza di formazione, stimoli e senso di appartenenza. 
Una piccola parentesi voglio aprirla, in merito ad un aspetto che all’interno del Decreto Dignità riguarda le società di gioco d’azzardo. Se siamo arrivati al punto in cui Confindustria ritiene necessario fare fronte all’emorragia di tessere che ormai da qualche anno stanno svuotando le casse dell’Associazione, sostenendo apertamente quella che è una vera e propria piaga sociale ormai conclamata, mi sembra che non ci sia più alcun dubbio che stiamo sostituendo i valori con gli interessi.
Credo sia arrivato il momento di smetterla di giocare con il lavoro e che ognuno si assuma le responsabilità e risponda del ruolo che ricopre al netto di qualsiasi parte politica, se siamo ancora capaci di pensare con la nostra testa e di immaginarci nei panni di chi genera valore per noi e per le nostre imprese.

Hothouse Earth: Demise of the Planetary Life Support System?

In a key paper titled “Trajectories of the Earth System in the Anthropocene“, published in the Proceedings of the US National Academy of Science (6.8.2018), a group of 17 climate and environment scientists (Will Steffen, Johan Rockström, Katherine Richardson, Timothy M. Lenton, Carl Folke, Diana Liverman, Colin P. Summerhayes, Anthony D. Barnosky, Sarah E. Cornell, Michel Crucifix, Jonathan F. Donges, Ingo Fetzer, Steven J. Lade, Marten Scheffer, Ricarda Winkelmann, and Hans Joachim Schellnhuber) have issued a stern warning to humanity  with regard to the future of advanced life on Earth (See this) 
The paper states:
We explore the risk that self-reinforcing feedbacks could push the Earth System toward a planetary threshold that, if crossed, could prevent stabilization of the climate at intermediate temperature rises and cause continued warming on a “Hothouse Earth” pathway even as human emissions are reduced. Crossing the threshold would lead to a much higher global average temperature than any interglacial in the past 1.2 million years and to sea levels significantly higher than at any time in the Holocene. We examine the evidence that such a threshold might exist and where it might be. If the threshold is crossed, the resulting trajectory would likely cause serious disruptions to ecosystems, society, and economies. Collective human action is required to steer the Earth System away from a potential threshold and stabilize it in a habitable interglacial-like state. Such action entails stewardship of the entire Earth System—biosphere, climate, and societies—and could include de-carbonization of the global economy, enhancement of biosphere carbon sinks, behavioral changes, technological innovations, new governance arrangements, and transformed social values.
In addition an essential requirement for down-draw of atmospheric CO2 is needed if the other methods prove to be insufficient.
Key points reported by the ABC (Elise Pianegonda):
  • The study found the climate is heading for a tipping point that could make the planet uninhabitable
  • It could cause temperatures up to 5oC higher than pre-industrial averages
  • Current global efforts to curb emissions are “unlikely” to prevent the dangerous situation
It found the Earth was heading for a tipping point, known as a “hothouse” climate, which could lead to average temperatures up to 5oC higher than pre-industrial temperatures and rises in sea  level of between 10 and 60 meters. Lead researcher Professor Will Steffen from the Australian National University (ANU) said at that point much of the earth would be uninhabitable. He explained that if human emissions raised global temperatures to 2oC above pre-industrial temperatures it could trigger earth system processes, or feedbacks, that could then cause further  warming.
The real concern is these tipping elements can act like a row of dominoes,” Professor Steffen said. “Once one is pushed over, it pushes Earth towards another.”
Professor Steffen said global average temperatures were currently just over 1oC above pre-industrial temperatures and rising at 0.17C each decade. Current efforts ‘unlikely’ to help avoid tipping point” (See this).
However, according to the Berkeley Earth institute global temperature rise over the continents has reached about 1.5oC.
“The authors of the study examined 10 feedback processes, some of which could cause “the uncontrollable release” of carbon back into the atmosphere, after it had been stored in the earth. Some of the processes also included permafrost thaw, Amazon rainforest dieback, a reduction of northern hemisphere snow cover, a loss of Arctic summer sea ice, and a reduction of Antarctic sea ice and polar ice sheets. The study did not lay down a timeframe for when such events would begin to occur, but theorized — if the threshold was crossed — it could be within a century or two.” (See this).
The time frame may be shorter in view of the extreme rise rate of atmospheric greenhouse gases, including CO2 and methane.
These observations are consistent with those of Professor James Hansen, NASA’s former chief climate scientist, who stated (2012)
Burning all fossil fuels would create a different planet than the one that humanity knows. The palaeoclimate record and ongoing climate change make it clear that the climate system would be pushed beyond tipping points, setting in motion irreversible changes, including ice sheet disintegration with a continually adjusting shoreline, extermination of a substantial fraction of species on the planet, and increasingly devastating regional climate extremes”.
These observations are also consistent with the 2010 statement by the present Prime Minister of Australia:
We are as humans conducting a massive science experiment with this planet. It’s the only planet we’ve got …. We know that the consequences of unchecked global warming would be catastrophic …. We as a human species have a deep and abiding obligation to this planet and to the generations that will come after us”, 
Homo “sapiens” is at an advanced stage of destroying the habitability of planet Earth. 
*
Dr Andrew Glikson, Earth and Paleo-climate science, Australia National University (ANU) School of Anthropology and Archaeology, ANU Planetary Science Institute, ANU Climate Change Institute, Honorary Associate Professor, Geothermal Energy Centre of Excellence, University of Queensland.