“CON IL MOSE CI HANNO MANGIATO TUTTI: DA POLITICI FINO AL PATRIARCATO”
FELICE CASSON
Felice Casson, ex magistrato e politico, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.
Sul Mose. “La magistratura è intervenuta di fronte a conclamati gravissimi fatti di corruzione ad altissimo livello –ha affermato Casson-. Da subito la magistratura ha lasciato mano libera di continuare i lavori al Consorzio Venezia nuova anche quando è stato commissariato. E’ infondato quindi dire che i ritardi dell’opera siano dovuti all’inchiesta della magistratura, che non ha sequestrato alcunchè. Chi ha mangiato? La situazione è chiara, ci sono stati processi e condanne a ministri della Repubblica, governatore della Regione.
MOSE VENEZIA N
Han preso soldi dal Mose praticamente quasi tutti i responsabili delle forze politiche della zona, le associazioni, comprese il Patriarcato. Un po’ è un delirio di onnipotenza, un po’ è chi più ha cerca di avere sempre di più. Durante le mie legislature al Senato ripetutamente ho presentato interrogazioni sullo scandalo Mose, era una cosa conclamata. Le tre scimmiette non volevano vedere, sentire, tantomeno parlare. Quando scoppia il bubbone è normale che intervenga la magistratura.
FOTO AEREA MOSE VENEZIA
Se il Mose va completato? Fino a poco tempo fa io stesso mi ero chiesto se valesse la pena concludere questa opera, buttando ancora soldi per finirla e almeno 100 milioni l’anno per la manutenzione, che peraltro non si sa chi le metterebbe. E’ ora che qualcuno da un punto di vista scientifico e oggettivo dica se funzionerà o no. C’erano alternative al Mose ma sono state scartate perché costavano molto meno e ci avrebbero mangiato meno. A questo punto finiamo, verifichiamo se funziona, ma con criteri scientifici. C’è anche un problema del ruolo della scienza, dei ricercatori, degli esperti che dovrebbero davvero essere indipendenti rispetto al potere economico e politico”.
VENEZIA CANTIERI DEL MOSE
Sull’ex Ilva. “Quando si arriva a questo punto, la politica ha fallito, qualsiasi cosa faccia da oggi in poi. Quando c’è un morto, quando c’è un ammalato, quando ci sono bambini che presentano malattie con eccessi statistici, è un segnale fortissimo per la politica che in quel caso non è intervenuta. Scudo penale? Sono contro qualsiasi forma di scudo penale, perché credo che di fronte alla Costituzione e alla legge ordinaria tutti debbano essere uguale. Nel caso dell’Ilva lo scudo penale è una semplice scusa, quando l’industriale decide di andare via molla tutto e se ne va oppure ancora una volta va a mungere le casse dello Stato, ma sempre per interessi economici”. Fonte: qui
IL MOSE, TRA PROGETTO E LAVORI DI CONTORNO, È COSTATO QUASI IL TRIPLO DEL COSTO DELL'INTERA AUTOSTRADA DEL SOLE, ALLA FACCIA DEL SUD SPRECONE
PERIZIE, VARIANTI, TANGENTI E GLI INTERESSI DI BOTTEGA CHE HANNO PESATO PIÙ DELL'OBIETTIVO FINALE
GIAN ANTONIO STELLA: “E SE NON L'AVESSERO ANCORA PROVATO, IL MOSE, PERCHÉ NON SONO CERTISSIMI CHE POSSA FUNZIONARE DAVVERO E CHE QUELLE CERNIERE SIANO ALL'ALTEZZA DI UNO SFORZO TITANICO?”
GIAN ANTONIO STELLA
«E mai nessuno che alzasse la mano per dire no, così non va». Mette i brividi, a rileggerlo oggi, lo sfogo di Lorenzo Fellin, ingegnere padovano docente di impiantistica, dopo essere stato costretto a sbattere la porta per avere espresso dubbi pesantissimi sulle cerniere che il Consorzio Venezia Nuova aveva deciso di far costruire per il Mose.
Sia chiaro: la barriera di paratoie sommerse alle bocche di porto della laguna, al di là dei ritardi, degli imbrogli, degli arresti, dei dubbi dello stesso Raffaele Cantone che proprio a quelle cerniere e a un possibile conflitto di interessi ha dedicato la sua ultima relazione da commissario dell' anticorruzione, non può essere indicata come l' unica responsabile di tutto.
PORTO DI MALAMOCCO MOSE
Basti leggere, nel suo libro SoS laguna , l' invettiva dell' ingegnere idraulico Luigi D' Alpaos contro la sola ipotesi di un ampliamento del Canale dei petroli e altri canali per favorire le Grandi Navi: «Preoccupano al riguardo recenti prese di posizione dell' Autorità portuale, che punta i piedi per intervenire sul canale navigabile dragando e allargando qualche tratto a proprio piacimento, mai ma proprio mai pensando che si debbano in primo luogo attuare con precedenza assoluta gli interventi da tempo richiesti per neutralizzare gli effetti morfodinamici sulla laguna del più devastante misfatto idraulico del Novecento».
Così è definito, per i danni alla morfologia del delicatissimo ambiente lagunare, quel largo e profondo canyon scavato per far passare le petroliere perfino dopo l' alluvione del '66: il «più devastante misfatto idraulico del Novecento».
Guai, se il Mose diventasse il capro espiatorio, unico, di tutti gli errori commessi. Parallelamente alle cose da fare e da non fare per non causare altri disastri, però, il problema del Mose resta comunque, oggi, il nodo centrale: ma come l' hanno costruito? Con quali scelte tecniche? Quali materiali? Quali risorse umane?
CANTIERE DEL MOSE
Da chi ha speso complessivamente per il progetto e i lavori di contorno quasi il triplo del costo dell' intera Autostrada del Sole, i cittadini hanno diritto di pretendere una certezza: che per salvare con quella massa enorme di denaro la più bella e delicata città del pianeta siano stati usati i migliori ingegneri del mondo, i migliori idraulici del mondo, i migliori scienziati del mondo, le migliori maestranze del mondo, i migliori materiali del mondo.
Ma non è andata così.
Dice tutto, appunto, quello sfogo che Lorenzo Fellin affidò sei anni fa (quando la data di consegna era stata già spostata in avanti per l' ennesima volta fino al 2015: campa cavallo!) ad Alberto Vitucci de La Nuova Venezia : «In tutte le riunioni a cui ho partecipato non ci sono mai stati interventi critici, qualcuno che alzasse la mano per dire no così non va. In fondo era quello il nostro compito, controllare. Molti avevano anche progetti che andavano in discussione. O erano consulenti delle imprese del Mose o di imprese ad esse collegate».
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Prendiamo le cerniere alle quali sono agganciate le paratoie. «Le cerniere sono l' oggetto in assoluto più importante del Mose. Se fallisce quello, fallisce il progetto», spiegherà il docente di impiantistica, già prorettore all' Edilizia all' Università di Padova, al processo nell' aprile 2017 per le tangenti sui «cassoni». Denunciando che la scelta di quelle cerniere era stata cambiata in corsa «non» per motivazioni scientifiche: all' inizio era previsto che dovessero essere cerniere con la «fusione di ghisa», poi con «la lamiera saldata».
Il Consorzio Venezia Nuova, stando alla deposizione del docente, «sosteneva che il "saldato" era un passo avanti rispetto alla "ghisa"».
Ma la sua sensazione era diversa. Dubbi? Tanti. Soprattutto dopo una telefonata ricevuta dall' ingegner Scotti della società di progettazione: «Mi avvertì che aveva avuto ordine dal Consorzio di presentare una perizia di variante che prevedeva appunto l' alternativa del "saldato". Disse anche che si voleva assegnare il lavoro a un' azienda del Consorzio che non aveva la tecnologia per fare la fusione». Ma come: con tutti quei soldi in ballo venivano prima gli interessi di bottega?
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Sì, rispondeva Lorenzo Fellin nell' intervista già citata: «Io ero l' unico esperto di impianti, chiamato a far parte del Comitato dalla presidente Piva. Dopo lunghi studi ero arrivato alla conclusione che non fosse opportuno costruire le cerniere saldando i due pezzi. La letteratura scientifica internazionale lo dice». Invece? «Avevano già scelto di farle saldate, affidandole alla Fip di Padova, acquistata dalla Mantovani specializzata in quel tipo di lavorazione». Come finì lo potete immaginare: «Uscii sbattendo la porta dopo una tesissima riunione del Precomitato».
Gli studi sulle cerniere del resto, studi affidati al professor Gian Mario Paolucci, già docente di Metallurgia all' ateneo di Padova, non sono mai stati rassicuranti. Spiegava una relazione riservata del 20 ottobre 2016, pubblicata su L'Espresso dallo stesso Vitucci e da Gianfrancesco Turano (querelati dalla Mantovani ma assolti giorni fa da una sentenza del gip romano Nicolò Marino: fecero solo il loro mestiere di giornalisti) che «la natura metallica non inossidabile del materiale prescelto con cui è stata realizzata la maggior parte dei componenti immersi rende quest' ultimo particolarmente vulnerabile alla corrosione elettrochimica provocata dall' ambiente marino».
VENEZIA CANTIERI DEL MOSE
Di più: «Abbiamo l' assoluta convinzione che la protezione offerta dalla vernice non sia totale né duratura, causa le abrasioni prodotte da sabbia e detriti». Insomma, un degrado sùbito preoccupante. Tanto più che la manutenzione era prevista soltanto dopo cento anni. Una scadenza che, anche alla luce di quanto è successo l' altra notte con l' acqua alta fino a 187 centimetri e il vento che infuriava, appare oggi ancora più strabiliante. Nella realtà, come è noto, la spesa per la manutenzione è già stata aggiornata più volte fino alla previsione di 60 e poi addirittura 80 milioni di euro l' anno. Una tombola. D' altra parte, insisteva Paolucci, in questa situazione «c' è la seria probabilità che la corrosione provochi danni strutturali e dunque il cedimento della paratoia».
Il nodo fondamentale, a leggere quella relazione di nove pagine ripresa anche da inGENIO-web.it , una rivista del settore gestita da ingegneri ed architetti, erano le «differenze sostanziali tra l' acciaio utilizzato per i test e quello poi utilizzato nella costruzione delle 158 cerniere. Il primo, scrive Paolucci, era acciaio inox superduplex prodotto dalle Acciaierie Valbruna di Vicenza. Il secondo invece - che proviene con ogni probabilità dall' Est - era di lega diversa e di costo ovviamente inferiore».
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Risultato: «Questa difformità della lega lascia qualche margine di dubbio sulla tenuta strutturale e anticorrosione nel tempo di questo importantissimo elemento strutturale». Per non dire di altri dubbi: «Viene da domandarsi se nel documento sulla manutenzione delle cerniere sia stata inserita l' ispezione subacquea periodica degli elementi femmina, anche se dubitiamo che una tale azione possa risultare sufficientemente accurata e minuziosa per finalità preventive».
Sono passati, da quella relazione, tre anni abbondanti. Con due acque alte violentissime nel novembre 2018 e tre giorni fa. E si fa strada, per quanto lo si voglia scacciare, un rovello angosciante: e se non l' avessero ancora provato, il Mose, perché non sono certissimi che possa funzionare davvero e che quelle cerniere siano all' altezza di uno sforzo titanico?
BERLUSCONI, BRUNETTA, ZAIA E GALAN INVOCANO LA CONCLUSIONE DELL’OPERA E DANNO LA COLPA AD ALTRI DI QUELLO CHE IN REALTÀ È UN DISASTRO CHE HANNO CREATO (ANCHE) LORO
BASTA RIAVVOLGERE IL NASTRO AL 2003, QUANDO TAGLIARONO IL NASTRO A QUELLO CHE SI È DIMOSTRATO ESSERE UN MONUMENTALE ALTARE ALL’INCAPACITÀ E ALLA CORRUZIONE DELLA POLITICA ITALIANA…
ALTERO MATTEOLI GIANCARLO GALAN SILVIO BERLUSCONI LUCA ZAIA RENATO BRUNETTA
La fotografia definitiva sul Mose porta la data del 14 maggio 2003. È stata scattata a Venezia dopo la posa simbolica della prima pietra. I soggetti stringono tra le mani un pezzo di nastro tricolore che è appena stato tagliato: sulla sinistra in cappotto scuro c' è Altero Matteoli, ministro dell' Ambiente ex Msi; alla sua destra c' è un sorridente Giancarlo Galan presidente della Regione Veneto di Forza Italia; al centro l' uomo con le forbici in mano, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi; alla sua destra c' è il leghista Luca Zaia, si distingue per il fazzoletto verde appuntato sulla giacca nera (all' epoca era presidente della provincia di Treviso, due anni dopo sarebbe diventato vice di Galan in Regione e nel 2010 avrebbe preso il suo posto); sulla destra con un vistoso foulard rosso gonfiato dal vento c' è Renato Brunetta, veneziano, ai tempi eurodeputato di Forza Italia, il futuro gli avrebbe regalato vari incarichi, tra cui quello di ministro.
GIANCARLO GALAN SILVIO BERLUSCONI E LUCA ZAIA TAGLIANO IL NASTRO DEL MOSE
È una foto a suo modo incredibile, come tutte quelle che precedono un disastro. I cinque politici sorridenti e ben vestiti inauguravano quello che sarebbe diventato un monumentale altare all' incapacità e alla corruzione della politica italiana.
Eppure ancora oggi hanno la faccia - invecchiata in modo più o meno inclemente - per correre a Venezia a parlare di Mose, cercando - altrove - i colpevoli della catastrofe. Tranne il povero Matteoli, morto in un incidente stradale nel 2017 (pochi mesi dopo la condanna a 4 anni per corruzione), in questi giorni hanno parlato tutti.
'IL FATTO' CONTRO ZAIA, BERLUSCONI, BRUNETTA E BRUGNARO
Persino Giancarlo Galan , il personaggio simbolo dell' inchiesta sulle tangenti del Mose, per la quale ha conosciuto il carcere di Opera e poi patteggiato una pena di due anni e 10 mesi (e la restituzione di 2,5 milioni di euro). Ieri Galan è tornato metaforicamente sul luogo del (suo) delitto. Senza arretrare di un millimetro: "Il Mose funzionerà, sarà la più grande opera idraulica della storia dell' umanità dopo il Canale di Panama", ha detto ai microfoni di Radio Cafè. Di chi è la colpa, quindi? "Doveva essere pronto nel 2012, andate a verificare. È in ritardo? Chiedete a Roma. La Regione non c' entra niente".
RENATO BRUNETTA SILVIO BERLUSCONI E LUIGI BRUGNARO A VENEZIA
Galan chiama in causa i governi (anche quello in cui ha fatto il ministro?). A Roma, per lustri, a Palazzo Chigi c' è stato lui. Silvio Berlusconi ieri è corso a Venezia ad abbracciare il sindaco Luigi Brugnaro (e si è pure commosso). L' ex premier non si dà pace: "È uno scandalo che il Mose non sia ancora in funzione. C' era una prova il 4 novembre che non è stata fatta, quindi si potrebbe già provare a usarlo".
SILVIO BERLUSCONI A VENEZIA CON RENATO BRUNETTA E LUIGI BRUGNARO
È lo stesso Berlusconi che dal 2003 a oggi è stato presidente del Consiglio in due diversi mandati, lo stesso Berlusconi che è stato leader della maggioranza di centrodestra che ha governato ininterrottamente il Veneto negli ultimi 18 anni, lo stesso Berlusconi che ha fatto eleggere governatore per tre volte il pregiudicato Galan, lo stesso Berlusconi che nel 1999 dichiarava: "Il Mose sarà pronto presto". Vent' anni fa. Oggi dà la colpa al grillino Toninelli, rimasto ai Trasporti per 15 mesi: "Era contrario a tutte le opere pubbliche".
LUCA ZAIA GIANCARLO GALAN
In stivaloni accanto all' ex premier, durante la visita alla città sommersa, c' è Renato Brunetta . Anche lui straordinario sostenitore di quest' opera disastrosa, pure lui tra i protagonisti della lunga stagione del centrodestra di governo, e particolarmente coinvolto nelle decisioni sulla sua Venezia. Oggi ovviamente non sa a chi dare la colpa: "Con il Mose - dice - l' acqua alta non avrebbe travolto tutto. Soltanto che l' opera è stata fermata in ragione degli scandali succedutisi dal 2014 in poi". Eh già.
GIUSEPPE CONTE PAOLA DE MICHELI LUCA ZAIA
E con chi se la prende Luca Zaia ? "Il Mose è uno scandalo nazionale - arringa in queste ore l' uomo che governa il Veneto dal 2010 - perché non è in funzione?". Lui, sia chiaro, non c' entra nulla: "Non è un' opera della Regione, ma un cantiere dello Stato". Eppure uno dei primissimi atti di Zaia da presidente fu una visita trionfale, con stampa al seguito, proprio a quel cantiere "dello Stato": "Questa non sarà un' opera incompiuta", giurava. E firmava con il pennarello uno dei container (sempre dello Stato, sia chiaro) per rendere omaggio agli operai: "Grazie!!!". Ora, con sprezzo del ridicolo, attacca l' attuale ministra delle Infrastrutture, la dem Paola De Micheli: "Abbiamo un' opera da 5 miliardi di euro che resta bloccata sott' acqua", arringa il leghista. Fonte: qui
IL CONSORZIO VENEZIA NUOVA, CHE DOVEVA GESTIRE L’OPERA, È ANDATO IN TILT. ALCUNE GRANDI AZIENDE CHE NE FACEVANO PARTE SONO SALTATE DOPO IL CICLONE GIUDIZIARIO, LASCIANDO SPAZIO ALLE PICCOLE, CHE HANNO CERCATO DI PORTARE AVANTI L'OPERA.
SENZA FARE I CONTI CON UN MOLOCH GESTIONALE NEL QUALE SI SONO ARENATI I SOLDI
MORALE DELLA FAVA: IL CONSORZIO HA CONTINUATO A CHIEDERE SOLDI ALLO STATO, MA LE IMPRESE SOSTENEVANO CHE NON C'ERANO ABBASTANZA SOLDI PER ANDARE AVANTI…
Cinque miliardi e 493 milioni. Più del doppio di quanto destinato in Legge di bilancio al taglio del cuneo fiscale. È il costo finale del Mose, l'opera che dovrebbe salvare Venezia dall'acqua alta e che invece, come si è visto martedì sera, è un fantasma che giace nei fondali tra mare e laguna, buono finora solo per far attecchire cozze e ruggine e per qualche tour di ingegneri idraulici e comitive curiose.
CANTIERE DEL MOSE
Del resto la fauna marina e le magagne dell'usura hanno avuto buon tempo per attecchire: negli ultimi 5 anni. Anziché accelerare verso la conclusione, i lavori per il Mose sono infatti avanzati di una percentuale minima, annaspando e arrancando. Un po' come Dorando Petri alla maratona delle Olimpiadi del 1908. Solo che di epico, in questa vicenda c'è ben poco. Non fosse altro che per quel miliardo (di euro) sparito tra tangenti e creste nello scandalo esploso nel 2014.
POLEMICHE E NOMINE
Tuttavia - concepito, dopo anni di gestazione e polemiche, dalla Legge obiettivo del 2013 - più che da ruggine e cozze il Mose è rimasto prima di tutto ingabbiato da ruberie, polemiche, lungaggini, liti, invidie, burocrazia, cause. Tutti si aspettavano che, fatta piazza pulita del passato, l'opera viaggiasse con il vento in poppa verso la fine, salvando Venezia. Invece si è arenata, malgrado la nomina di commissari ad acta che non hanno saputo, potuto o voluto accelerare verso il traguardo. Cosa è successo?
VENEZIA PROGETTO MOSE CANTIERI X
È successo soprattutto che la struttura incaricata di finire l'opera, vale a dire il Consorzio Venezia Nuova, è andata in tilt. Alcune grandi aziende che ne facevano parte sono saltate dopo il ciclone giudiziario, lasciando spazio alle piccole, che hanno cercato di portare avanti l'opera. Senza fare i conti, però, con un Moloch organizzativo e gestionale (la struttura del Consorzio) nel quale si sono arenati i milioni che lo Stato continuava a elargire attraverso il proprio ente, il Provveditorato alle opere pubbliche, di fatto il controllore e il collettore dei finanziamenti pubblici.
È accaduto quindi che da un lato il Consorzio in questi anni abbia continuato a chiedere soldi allo Stato, ma che dall'altro le imprese abbiano continuamente evidenziato che non c'erano abbastanza soldi per andare avanti. Come se il volano che doveva mettersi in moto con i finanziamenti non sia mai riuscito a ingranare. Un altro dei misteri del fantasma Mose.
MOSE VENEZIA
Dal 2015 il Consorzio è gestito dai commissari: prima 3, oggi 2. Il terzo non è mai stato integrato. L'ex ministro Danilo Toninelli, per semplificare le cose, aveva deciso di metterci il carico da undici nominando un super-commissario (ex carabiniere, peraltro) che scavalcasse i due esistenti. Il predestinato invece è rimasto impigliato nella crisi di governo e nel ribaltone giallo-rosso, finendo quindi negli spogliatoi anzitempo. Uno pensa che un pool di commissari, che siano 3 o 2, abbiano tutti i poteri per portare avanti la loro missione. E invece no. Eppure il loro stipendio viaggia sui 240mila euro l'anno, a testa. Stipendio che, ovviamente, si prolunga a ogni rinvio della fine lavori del Mose.
IL PROVVEDITORE
Mettiamoci poi i rapporti non idilliaci, per non dire pessimi, tra i commissari del Consorzio e il Provveditore Roberto Linetti, andato in pensione il 30 settembre e non ancora sostituito, se non da un vicario. Il risultato è quanto si è visto martedì sera: il Mose non si è alzato per la sua prova e Venezia si è ritrovata, di colpo, proiettata a 53 anni fa. Come se fossero passati invano 53 anni, tante parole spese, tanta indignazione mondiale, tanto impegno, tante promesse, tanto denaro. La data di consegna del Mose è fissata al 31 dicembre 2021: quella di martedì avrebbe dovuto essere la prova generale del funzionamento, che forse avrebbe messo al riparo Venezia.
FOTO AEREA MOSE VENEZIA
Però anche questa scadenza non è stata rispettata. Colpa di problemi tecnici. Ora tutti si attendono risposte. Ieri però sia il Consorzio sia in Provveditorato hanno scelto un silenzio imbarazzante. Al Consorzio, addirittura, un direttiva interna ha stabilito che i dipendenti potessero stare a casa, viste le condizioni meteo. Un paradosso che in una giornata di emergenza come ieri siano stati dispensati dal lavoro coloro che il Mose dovrebbero farlo funzionare.
CACCIARI A "CIRCO MASSIMO": “STIAMO MASSACRANDO UNA DELLE COSE PIÙ IMPORTANTI CHE CI SONO SULLA FACCIA DELLA TERRA. IL MOSE HA DIVORATO TUTTE LE RISORSE PER VENEZIA CON GLI APPLAUSI DI BRUGNARO E ZAIA, CHE È STATO VICEPRESIDENTE DI GALAN PER ANNI. ORA STANNO LÌ A DIRE CHE L’OPERA NON FUNZIONA. E LA DE MICHELI FA L’AGNOSTICA, MA CHE CAZZO DI IPOCRISIA È?”
Otto e mezzo, Massimo Cacciari e il "dettaglio" in bocca: la regia indugia, occhio al cerchio rosso
MASSIMO CACCIARI A OTTO E MEZZO
Le telecamere di Otto e mezzo a volte sembrano indugiare su Massimo Cacciari, magnetico filosofo, ex sindaco di Venezia per il centrosinistra e oggi apprezzatissimo da tutti i talk tv come opinionista per la sua verve scapigliata e polemica. I telespettatori di La7, tra una inquadratura di Lilli Gruber e l'altra, non hanno però potuto fare a meno di notare un dettaglio piuttosto bizzarro: nella bocca di Cacciari spiccava uno spazio nero, un "buco".
MASSIMO CACCIARI A OTTO E MEZZO
Dente mancante? O piuttosto dente curato in attesa degli ultimi ritocchi dal dentista? Potenza dell'immagine: Cacciari in puntata ha detto molte cose interessanti su Mose, Venezia, l'alluvione e le responsabilità della politica. Ma ogni volta l'occhio cadeva lì...
LUIGI BRUGNARO CAMMINA NELL ACQUA ALTA
CACCIARI A CIRCO MASSIMO: "DE MICHELI DICE CHE MOSE COMPLETO AL 93%? È UNA BALLA. ZAIA SA TUTTO, OGGI DICE CHE CI SONO PIU' DI 5 MILIARDI DI EURO SOTT'ACQUA: MA DOV'ERI, TESORO? APPLAUDIVA CON GALAN E BRUGNARO MENTRE MOSE DIVORAVA RISORSE PER VENEZIA, OGGI DICONO CHE NON FUNZIONA: CHE CAZZO DI IPOCRISIA È? HO CONTESTATO MOSE CON DATI CHE NESSUNO HA PRESO IN CONSIDERAZIONE"
LUCA ZAIA GIANCARLO GALAN BASTA CHE SE MAGNA!!!PAOLA DE MICHELI
Il disastro di Venezia mette al centro del dibattito politico il Mose, la grande opera che dovrebbe tutelare la città lagunare ma che, fra rinvii e inchieste, non è stata ancora inaugurata. A Circo Massimo, su Radio Capital, ne parla Massimo Cacciari, tre volte sindaco di Venezia: "Il governo attuale e la ministra Paola De Micheli sono innocenti, ma lei non sa nulla e non si è informata su questa vicenda. Zaia invece sa tutto.
PORTO DI MALAMOCCO MOSE
È stato per anni vicepresidente di Galan, ed era stato colui che aveva sponsorizzato la realizzazione del Mose pancia a terra", dice il filosofo, intervistato da Massimo Giannini e Oscar Giannino, "Fin dall'inizio io e altri che, a differenza di me, si intendevano di ingegneria e idraulica, abbiamo contestato tecnicamente la scelta del Mose, che è stata assunta trent'anni fa e poi è proceduta irreversibile, senza che nessuno nelle sedi adeguate prendesse in considerazione le mie critiche, i dati e le analisi che via via negli anni ho fornito, o valutasse soluzioni alternative.
BRUGNARO
Le criticità che poi sono emerse per la realizzazione dell'opera sono tutte contenute nero su bianco in migliaia di pagine depositate presso il comune di Venezia, e chi ha voglia - e la ministra, se ne ha voglia - si informa". Trent'anni in cui, attacca Cacciari, "il Mose ha divorato tutte le risorse che la legge speciale attribuiva a Venezia per la manutenzione pubblica o i restauri dei privati, centinaia di milioni all'anno. Quindi Venezia è rimasta senza la possibilità di continuare opere, come la manutenzione delle fondamenta e del sistema fognario, che avevo cominciato nel '93.
LUCA ZAIA GIANCARLO GALAN
E soprattutto ha impedito che si realizzasse un lavoro di grande complessità, che però sarebbe stato fondamentale per la città, per fare una grande vasca sotto tutta piazza San Marco, così da impedire che la chiesa venga minacciata dall'acqua alta, perché noi stiamo massacrando una delle cose più importanti che ci sono sulla faccia della terra.
PAOLA DE MICHELI
Quella cosa si poteva fare", continua, "ma il Mose ha divorato tutto con gli applausi di Galan, di Zaia che è stato vicepresidente di Galan per anni, di Brugnaro che è stato presidente della Confindustria veneziana. Erano tutti per il Mose, scatenati. E ora stanno lì a dire che l'opera non funziona, e la ministra De Micheli fa l'agnostica. Ma scherziamo? Ma che cazzo di ipocrisia è?"
CANTIERE DEL MOSE
"Nel 2006, nel comitatone, ho portato per l'ultima volta tutti i miei dati e tutte le mie perplessità", ricorda ancora Cacciari, "Prodi, all'epoca premier, aveva evocato a sé tutti i poteri degli altri ministri perché alcuni erano contrari e favorevoli alla mia posizione, non li ha fatti parlare, ha parlato solo lui, viva il Mose e siamo partiti definitivamente. È agli atti la mia dichiarazione di voto contrario, l'unico, in cui però dicevo che avrei fatto il possibile per realizzare il Mose più rapidamente possibile, e speriamo funzioni".
MASSIMO CACCIARI A OTTO E MEZZOVENEZIA PROGETTO MOSE CANTIERI X
Oggi l'opera va completata? "È evidente che va fatto, ma tutte le criticità non sono state risolte. Quando la ministra dice che è pronto al 93%, dice balle", attacca l'ex sindaco, "Non è stata fatta la minima prova. Mi auguro che possa essere finito entro il 2021. Bisogna essere dei pazzi a sperare che siano stati buttati via 6, 7 miliardi. Quello che è successo al Mose", conclude, "è una delle cose più gravi che siano successe in Europa negli ultimi vent'anni. Un'opera pubblica da 7 miliardi che minaccia di essere buttata via è una cosa inaudita. E mi tocca sentire Zaia dire che ci sono cinque miliardi sott'acqua! Zaia! Ma dov'eri, tesoro?"