9 dicembre forconi: 06/14/15

domenica 14 giugno 2015

La Germania si prepara a sganciarsi dall'Unione Europea


La Germania si prepara a sganciarsi dall'Unione Europea

Le regole che non funzionano si cambiano. Questa semplice considerazione è stata rifiutata per oltre cinque anni dai vertici dell'Unione Europea e soprattutto dal suo nucleo centrale, la Germania guidata dal duo Merkel-Schaeuble. Ora, davanti alla sempre più concreta possibilità che la trattativa con la Grecia di Syriza si chiuda con un pessimo compromesso (pessimo per entrambe le controparti) oppure con un default (che implicherebbe comunque perdite considerevoli per “i creditori”, ossia Ue, Bce e Fmi), l'inamovible inflessibilità teutonica sta per partorire un cambiamento delle regole.Naturalmente a proprio esclusivo vantaggio.
Ci dice infatti un giornale molto attento ai meccanismi finanziari europei come IlSole24Ore, che
Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha incaricato esperti di elaborare un piano che consenta in futuro a un paese dell’Eurozona di avviare una procedura di ristrutturazione ordinaria del debito, in caso di default, che gli consenta di evitare l’uscita dall’euro. Lo rivela il giornale tedesco Der Spiegel senza citare fonti.
Meglio tardi che mai, potrebbe pensare un ottimista disinformato.
In realtà sulla scorta dell’esperienza greca, il nuovo meccanismo limiterebbe gli aiuti di stato e farebbe ricadere gli oneri del fallimento sulle spalle degli investitori e dei detentori di bond governativi. L’idea di Schaeuble, secondo Der Spiegel, è quella di evitare che «paesi con finanze pubbliche sane siano vulnerabili ai ricatti dei paesi bisognosi». Al nuovo meccanismo lavorano sui tecnici del ministero delle Finanze che esperti esterni. L’ipotesi Schaueble consisterebbe quindi in una modalità per limitare gli aiuti da parte degli Stati, gettando il peso sui detentori di obbligazioni del Paese in questione.
Dov'è la novita?

Nel rovesciamento del meccanismo adottato proprio con l'esplosione della crisi greca. Allora Atene aveva debiti con soggetti in massima parte privati (banche, assicurazioni, fondi di investimento, ecc), principalmente con sede in Germania, Francia, Gran Bretagna. La Germania e la Francia imposero la “soluzione”: trasformare quei crediti privati in crediti pubblici (a carico per l'appunto di Ue, Bce e Fimi). In pratica, in quel modo, venivano salvati gli istituti finanziari privati che avevano troppo allegramente concesso crediti ai greci, evitando loro perdite e magari anche qualche fallimento,
Quei delinquenti, truffatori dei tedeschi hanno imposto una vera e propria socializzazione delle perdite (facendo si che paesi come l'Italia, attraverso i fondi salva-stati europei, pagassero le follie delle gestioni bancarie private francesi e tedesche), una cura di austerità fondata sul taglio della spesa pubblica, del welfare, del mercato del lavoro per restituire quei debiti cumulati nella fase dell'”euforia irrazionale” pre-crisi.
Purtroppo per gli ordoliberisti teutonici, le loro teorie macroeconomiche si sono rivelate disastrose, e quindi le loro previsioni – nonostante il sangue materialmente versato dai greci e non solo – non si sono verificate. Quel debito greco è di fatti impagabile (con la “cura” della Troika è passato addirittura dal 128 al 180% del Pil!), qualsiasi altra imposizione possa essere accettata da Atene. Quindi si deve correre ai ripari e cambiare le regole del gioco per evitare che la situazione possa ripetersi con paesi ben più “pesanti”, come Italia e Spagna, o magari anche la Francia. Per avere una dimensione monetaria, basti pensare che l'”insostenibile” debito greco ammontava cinque anni fa a poco più di 200 miliardi di euro, mentre quello italiano ha superato da tempo i 2.000, grazie anche ai 60 miliardi buttati nei fondi europei salva-stati, che invece sono salva banche del nord-Europa).
Il piano tedesco è dunque concettualmente semplice: torniamo alla regola precedente, e siano i prestatori a sobbarcarsi il rischio. Basta che “noi” (i governi dei paesi forti) non si debba più intervenire in soccorso. Qualcosa del genere è stato del resto già fatto con Cipro, dove non c'è stato alcun bail out (salvataggio esterno a carico della Ue) ma soltanto un bail in a carico di investitori e correntisti con più di 100.000 euro depositati (il limite che viene garantito dagli stati).
Un rovesciamento di posizione così radicale salvaguarda certamente i conti tedeschi (olandesi, finlandesi, ecc) ma ha due conseguenze pesantissime strettamente intrecciate. Di fatto, si dichiara che l'Unione Europea tutto è meno che una comunità di stati solidale al proprio interno, capace di garantire i propri membri Di conseguenza, i “mercati finanziari internazionali” dovranno registrare questa novità (ancor prima che si realizzi) nei propri piani di investimento.
E cosa faranno mai questi “mercati”? Semplice: ritireranno progressivamente i propri investimenti dai paesi “rischiosi” (sempre gli stessi, i Piigs), chiederanno tassi di interesse molto superiori agli attuali (nonostante il quantitative easing della Bce), si guarderanno bene dal concedere nuovi crediti. In pratica, verranno a mancare i liquidi per nuovi investimenti proprio nei paesi che più ne hanno bisogno per risollevarsi, salirà lo spread e la Germania comincerà a costruirsi il suo fortilizio insieme a una manciata di paesi del Nord (e dell'Est) europeo. Di Più: crescendo il peso del "servizio del debito" (gli interessi da pagare con le cedole) i conti dei paesi più deboli, aggiustati molto relativamente a costo di lacrime e sangue, verranno nuovamente squinternati. Innescando inevitabilmente nuove ondate del austerità genocida.
Un passo avanti verso la rottura dell'Inione Europea e dell'euro, ma messa in atto dall'alto.

Fonte: qui

Orrore a Milano: donna decapitata, testa in cortile. Arrestato un trans

Orrore a Milano donna decapitata  testa in cortile Arrestato un trans





(AGI) - Roma, 14 giu. - Una donna e' stata uccisa e decapitata a Milano. L'autore dell'orrendo delitto sarebbe un giovane transessuale originario dell'Ecuador.

I carabinieri hanno ritrovato i resti della donna la scorsa notte dopo una telefonata al 112.

Il corpo, senza testa, era in un appartamento di via Giovanni Antonio Amedeo, nella zona di Lambrate. La testa e' stata rinvenuta invece nel cortile di una palazzina di alloggi popolari.
Le prime informazioni avevano indicato che la vittima era un transessuale, ma e' stato successivamente precisato che si tratta di una donna di 52 anni.

Il trans dell'ecuador, fermato dai carabibieri, era ferito a una mano e in stato confusionale. Era stato trovato dai militari sul luogo del delitto, un condominio di edilizia popolare in via Amadeo, nella zona di Lambrate.

(Repubblica) L'ha uccisa a coltellate, almeno dieci, una mortale al torace. Poi le ha tagliato la testa e l'ha gettata dalla finestra, dopo una lite furibonda forse per motivi di droga o prostituzione. Notte di orrore a Milano, in una palazzina di edilizia popolare di via Amedeo, in zona Lambrate, dove una donna napoletana di 52 anni Antonietta Gisonna, è stata barbaramente uccisa intorno alle 2 da una transessuale dell'Ecuador, Carlos Julio Torres Velesaca, 20 anni, da anni in Italia, con permesso di soggiorno dal 2010.

I carabinieri allertati dai vicini si sono trovati davanti una scena raccapricciante. La testa scaraventata in cortile, il corpo decapitato sul pavimento e l'appartamento dove viveva la vittima completamente a soqquadro: mobili rotti, specchi in frantumi e tracce di polvere bianca. La giovane transessuale aveva appena ucciso. L'hanno vista barricarsi in casa. I militari hanno sfondato la porta e sono riusciti a bloccarla. Era in evidente stato di alterazione, con diverse ferite da taglio alle mani. L'hanno immobilizzata e portata in ospedale, al Policlinico, dove è stata medicata prima del trasferimento a San Vittore.

Determinante la collaborazione dei vicini. Uno di loro avrebbe assistito alla scena, vista dalla finestra. Al telefono alla polizia ha descritto la scena della donna che si accaniva sul corpo dell'altra fino ad ucciderla. La transessuale avrebbe infierito sul corpo di Gisonna con diversi coltelli da cucina, di quelli che la vittima teneva nei cassetti di casa. Altri hanno raccontato di una signora sudamericana vista in compagnia della vicina nel pomeriggio. In tanti hanno parlato dello strano via vai in casa della donna, indagata nel 2013 per fatti di droga legati all'inchiesta che ha portato all'arresto del suo compagno di allora. Si tratta di un cittadino marocchino con cui viveva in via Cilea trovato con un chilo e mezzo di hashish.

Droga o prostituzione. Queste le due piste che seguono gli inquirenti alla ricerca di un movente per un omicidio tanto efferato. Determinanti saranno gli esami tossicologici disposti dal pm Elio Ramondini, che ha deciso l'autopsia sul corpo della vittima. Droga in casa non ne è stata trovata, se non le tracce di polvere bianca che saranno analizzate. Al vaglio degli inquirenti anche i contatti telefonici tra le due per capire il tipo di frequentazione.

IL TERZO RAGAZZO FERMATO PER L’AGGRESSIONE CON IL MACHETE AL CONTROLLORE!


1. IL TERZO RAGAZZO FERMATO SI CHIAMA ERNESTO ALEXIS GARCIA ROJAS, HA VENTI ANNI, E SI FA CHIAMARE “CIGARRITO”

2. IL RAGAZZO È STATO GIA’ ARRESTATO NEL 2013 PER VIOLENZE MA FINÌ IN UNA COMUNITÀ PERCHÉ ALL’EPOCA ERA MINORENNE. “CIGARRITO” ERA IN CONTATTO DIRETTO CON IL CAPO DELLA BANDA DEGLI “MS-13” A MILANO, JOSUE GERARDO FLORES SOTO, DETTO “KAMIKAZE”

3. IN UNA TELEFONATA, ERA STATO LO STESSO CAPO DEI LATINOS A MINACCIARE IL GIOVANE CHE AVEVA SPIFFERATO ALLA CUGINA D’ESSER STATO VITTIMA, PER PUNIZIONE, DI TRE PESTAGGI DA PARTE DELLA GANG. POI NEI MESI, SI E' FATTO UN NOME E HA SCALATO LE GERARCHIE. LE SUE PAROLE DOPO UN RAID CONTRO UN RIVALE: “GLI HO APERTO LA MANO COL MACHETE”

Andrea Galli e Cesare Giuzzi per il“Corriere della Sera”

Cigarrito indossa una maglietta bianca con una grande scritta nera: «Non esistono ragazzi cattivi». La fotografia è stata scattata nella comunità di Segrate, hinterland milanese. E a Segrate, dopo l’arresto del 2013, Ernesto Alexis Garcia Rojas era stato affidato con una misura alternativa al carcere. All’epoca dell’indagine era minorenne. Oggi ha 20 anni.
ALEXIS GARCIA ROJAS DETTO CIGARRITOALEXIS GARCIA ROJAS DETTO CIGARRITO

Sotto il mento c’è il tatuaggio di un diamante racchiuso tra due ali. Intorno al collo il disegno di un rosario. Sulla spalla destra il volto di un pagliaccio che fuma e, sotto, il nome guadagnato quand’era entrato nei «Mara Salvatrucha», la banda dei salvadoregni: Cigarrito.

Garcia Rojas è il terzo sudamericano arrestato dalla polizia per l’aggressione a colpi di machete al controllore Carlo Di Napoli. Erano quasi le dieci di giovedì sera, binario 2, stazione ferroviaria di Villapizzone, nordovest della città, degrado, disagio e criminalità. Gli agenti l’hanno catturato l’altra notte. Meno di 48 ore dopo l’agguato. Cigarrito era in strada nella zona di Porta Genova, sui Navigli.
JACKSON LOPEZ TRIVINO DETTO PELIGROJACKSON LOPEZ TRIVINO DETTO PELIGRO

Ha visto i poliziotti armi in pugno, ha capito, non ha fiatato, s’è arreso. Il pm Lucia Minutella e l’aggiunto Alberto Nobili hanno firmato un fermo per tentato omicidio in concorso. Gli amici Jackson Jahir Lopez Trivino (ecuadoriano di 20 anni) e il 19enne salvadoregno Emilio Josè Rosa Martinez, il ragazzo che ha impugnato il machete, erano stati arrestati in quasi flagranza 40 minuti dopo l’aggressione.

Li avevano braccati le «volanti» innescate dalla polizia ferroviaria. La coppia scappava verso Affori. Convinta di riuscire a trovar rifugio da amici, numerosi nel quartiere di periferia. Portati in questura, uno ha ceduto e parlato. È stata proprio la confessione di Rosa Martinez a incastrare Cigarrito . Gli agenti della Mobile l’hanno individuato nei filmati di sorveglianza delle telecamere della stazione.

JOSE EMILIO ROSA MARTINEZ - IL RAGAZZO CHE HA AGGREDITO IL CAPOTRENO COL MACHETEJOSE EMILIO ROSA MARTINEZ - IL RAGAZZO CHE HA AGGREDITO IL CAPOTRENO COL MACHETE
Il 20enne era stato coinvolto nell’inchiesta Mareros. Era in contatto diretto con il ranflero (capo) della banda degli Ms-13 a Milano, Josue Gerardo Flores Soto, detto Kamikaze. In una telefonata, era stato lo stesso capo dei latinos a minacciare il giovane «indisciplinato» Cigarrito che aveva spifferato alla cugina d’esser stato vittima di tre pestaggi. A muovere le mani e farlo sanguinare era stata la gang. Una punizione.

Per non aver rispettato la «regola» del silenzio. Parlava troppo. Pochi mesi più tardi, il ragazzo fu invece pronto ad ascoltare senza fiatare gli ordini di Kamikaze e a colpire insieme ad altri mareros un rivale nel cortile di un centro sportivo al Gratosoglio. Attacco e vanterie: «Gli ho aperto una mano con il machete». Nel frattempo, nonostante l’arresto ma anzi forse proprio in «virtù» di quell’inchiesta, Cigarrito è salito di grado. Ha scalato i vertici di questa giovane, feroce gang. Fino all’assalto di giovedì.

MARA SALVATRUCHA A MILANOMARA SALVATRUCHA A MILANO
La caccia non è finita. Mancano altri due giovani. La loro partecipazione all’agguato è stata raccontata nella confessione dell’esecutore materiale del ferimento. I ragazzi catturati saranno interrogati dal gip Gennaro Mastrangelo. Non appena si ristabilirà (è all’ospedale Niguarda in terapia intensiva, le sue condizioni sono in lieve miglioramento, fuori dal reparto attende la moglie Anna Maria) verrà ascoltato Carlo Di Napoli, originario di Foggia e papà di una bimba di cinque mesi. A casa e a riposo è il collega, Riccardo M.; erano insieme nel vagone ed è stato lui che sulla banchina del binario, così ha raccontato agli amici, ha fermato per primo l’emorragia di Carlo con cravatta e cintura.

Fonte: qui

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“GREXIT”, ORE CONTATE - SERVE UN’INTESA DA PORTARE ALL’EUROGRUPPO DI GIOVEDÌ OPPURE CI SARÀ IL CRAC!


DALL’ACCORDO AL “DEFAULT CONTROLLATO” FINO ALL’USCITA DI ATENE DALL’EURO, ECCO TUTTI I POSSIBILI SCENARI

Lo scenario a cui lavorano Bce, Ue e Fmi parte dal presupposto che Atene e i creditori non troveranno un accordo

La Grecia va in default. Ue, Bce e Fondo non sbloccano i prestiti e la Bce resta l’unica fonte per l’economia nazionale

Partono proteste di piazza e si acuisce la crisi sociale. A quel punto Tsipras fa dietrofront e vara un governo di unità nazionale pur di rimanere nell’euro…


Ettore Livini per “la Repubblica”

«La Grecia è pronta a un compromesso difficile. Ma se l’Europa vuole ancora sottomissione, noi rifiuteremo». Alexis Tsipras lancia un doppio messaggio a Syriza e alla Ue. Preparando il partito a un’intesa che non rispetterà tutte le promesse elettorali ma ricordando ai creditori di non essere disposto a una resa in bianco.

TSIPRAS MERKEL HOLLANDETSIPRAS MERKEL HOLLANDE
I negoziati sono ripresi ieri a Bruxelles. Il governo ellenico ha messo sul tavolo una nuova proposta e gli incontri tecnici proseguiranno oggi. La speranza è arrivare all’Eurogruppo di giovedì con una bozza d’accordo da approvare entro il 30 giugno, quando la Grecia dovrà rimborsare 1,6 miliardi al Fondo. «La nostra uscita dall’euro costerebbe al continente mille miliardi», ha calcolato il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis.

 «Una Grexit sarebbe devastante», ha confermato il presidente della Commissione Ue Juncker, che ha aggunto: «I negoziati di questo week-end sono un estremo tentativo. Bisogna arrivare a un’intesa prima dell’apertura dei mercati lunedì». Le parti restano lontane su pensioni e lavoro. E Atene pretende un’intesa che metta in conto pure una ristrutturazione del debito. Tutto è ancora possibile. E la partita ha almeno 4 finali. Eccoli.
tsipras merkelTSIPRAS MERKEL

ACCORDO E OK IN AULA
Grecia e creditori raggiungono un’intesa su tutti i punti. Ue, Bce e Fmi accettano di ridiscutere da subito una ristrutturazione del debito legata a un nuovo piano di aiuti da 30-40 miliardi. Tsipras ottiene qualche concessione sul fronte del lavoro, cede in parte sulle pensioni e accetta un compromesso sull’Iva per mantenere il Paese nell’euro.

Syriza, per non far saltare il primo governo della sinistra, vota unanime l’intesa che passa anche nei Parlamenti dei falchi Ue. A fine giugno l’ex Troika sblocca i fondi che consentono ad Atene di ripagare Fmi e Bce e sedersi al tavolo per ridiscutere il rilancio dell’economia. La soluzione di parte dei problemi verrà così rinviata all’autunno.

TSIPRAS E A DESTRA NIKOS VOUTSISTSIPRAS E A DESTRA NIKOS VOUTSIS
ACCORDO CONTESTATO
Atene e l’ex Troika arrivano a un faticoso compromesso. L’ala più radicale di Syriza si mette di traverso e minaccia di silurarlo in Parlamento. 
Tsipras ha tre alternative:
la prima è il referendum - “Volete o no l’intesa?” che vincoli il partito (più del 50% dei greci vuole rimanere nell’euro a tutti i costi).
La seconda sono nuove elezioni che rafforzino il suo mandato – Syriza ha il 36% nei sondaggi - anche perché in caso di voto anticipato può scegliere lui i candidati e spuntare le ali all’opposizione interna.
La terza è cercare in Parlamento i voti per approvare l’intesa.

YANNIS DRAGASAKIS E TSIPRASYANNIS DRAGASAKIS E TSIPRAS
Li otterrebbe – To Potami, Pasok e Nea Demokratia sono pronti ad appoggiarlo – ma pagherebbe un costo politico pensatissimo, spezzando il suo partito e gettando le basi per un governo di salvezza pubblica e elezioni in tempi rapidi. Tutti e tre gli scenari comportano l’introduzione di controlli di capitali per evitare che un’emorragia di liquidità delle banche mandi Atene in default prima ancora che i greci abbiano avuto il tempo di decidere da soli il loro futuro.

DEFAULT CONTROLLATO
E’ lo scenario “B” cui, in camera caritatis, lavorano Bce, Ue e Fmi. Atene e i creditori non trovano un accordo. La Grecia non paga l’Fmi e va in default. Ue, Bce e Fondo non sbloccano i prestiti e la linea di liquidità d’emergenza della Bce resta l’unica fonte per l’economia nazionale. Partono proteste di piazza, controlli sui capitali e si acuisce la crisi sociale. A quel punto o Tsipras fa dietrofront, piegandosi all’ipotesi di governo di unità nazionale pur di rimanere nell’euro, o coordina con Bruxelles l’emergenza.
renzi tsiprasRENZI TSIPRAS
La Grecia emette una valuta parallela con cui paga stipendi e pensioni, usata per gli acquisti di beni di prima necessità che si svaluta sull’euro. L’Europa garantisce un prestito per evitare il collasso del Paese e ristruttura il debito (l’Italia è esposta per 40 miliardi). Probabile una lunga recessione, ma ad Atene continuano a circolare due valute parallele e una volta trovata stabilità – occorreranno anni - potrà rientrare nella moneta unica.

GREXIT
draghi tsipras putin varoufakisDRAGHI TSIPRAS PUTIN VAROUFAKIS
L’incubo di tutti. Ma lo scenario - ha scritto ieri Le Monde - è giudicato ormai possibile. Creditori e Grecia si separano in malo modo. Atene va in default – senza pagare i 240 miliardi che deve a Bce, Ue e Fmi - esce dall’euro e stampa una nuova valuta. Chiudono le banche, falliscono imprese mentre la Bce prova a evitare l’effetto contagio sul resto d’Europa comprando bond a mani basse.

La svalutazione aiuta il turismo, ma mette ko il Paese che importa buona parte dei beni di cui ha bisogno. L’economia va a picco. Probabili tensioni in piazza e una profondissima crisi sociale mentre non è da escludere a quel punto che Cina e Russia tengano a galla il Paese attraendolo nella loro orbita d’influenza geo-politica, scenario che Washington vive come un incubo.

Fonte: qui

BUFERA CAPITALE ... CHE SI VADA ALLE URNE NEL PEGGIORE DEI MODI?

1. FERMI TUTTI! SI VOCIFERA CHE STIA PER ABBATTERSI SU ROMA LA TERZA TRANCHE DELL’INCHIESTA “MAFIA CAPITALE”, IN GRADO DI FAR SALTARE I CALCOLI DI RENZI, SPAZZANDO VIA LA GIUNTA MARINO E TRASCINANDO LA CITTÀ ALLE URNE NEL PEGGIORE DEI MODI

2. E POI C’È IL TEST VENEZIA: SE CASSON VINCE È UN PUNTO PER LA SINISTRA PD CHE HA VOLUTO L’EX PM E BOCCIATO I CANDIDATI RENZIANI.
SE PERDE, INVECE, SI SCATENA IL PUTIFERIO

3. TUTTI DIRANNO CHE MATTEUCCIO È INCAPACE DI REGGERE LE SPINTE ANTI-SISTEMA, CHE SU MIGRANTI E SICUREZZA HA FLOPPATO, IL FAMOSO 40% DELLE EUROPEE DIVENTA UN RICORDO

4. UNA SCONFITTA A VENEZIA RIMETTEREBBE IL PD IN BILICO IN VISTA DELLE COMUNALI 2016, QUANDO ANDRANNO ALLE URNE PIAZZE BOLLENTI COME MILANO, TORINO E NAPOLI. QUEL VOTO POTREBBE DIVENTARE UN CALVARIO SE ALLE CITTÀ CONTESE DOVESSE AGGIUNGERSI ROMA…

Ugo Magri per “la Stampa”

La fortuna di Renzi è che il candidato sindaco del Pd a Venezia si chiama Casson: un esponente della minoranza interna sempre in conflitto col leader e pronta a rinfacciargli qualunque passo falso. Per cui stasera, casomai la bandiera della sinistra venisse ammainata in Laguna e vincesse il campione del centrodestra Brugnaro, Renzi non faticherà a trovare gli argomenti per rivoltare la frittata.

Dirà di prendersela con quei veneziani che nelle primarie hanno bocciato i suoi candidati. Né gli avversari interni avranno troppa voglia di addossargli la colpa. In questo senso Casson rappresenta per il premier una polizza di assicurazione. Dopodiché, se l’ex pm riuscirà a spuntarla nel ballottaggio, pure Renzi ne ricaverà vantaggi.

L’IMPATTO DEL TEST
IGNAZIO MARINO E MATTEO RENZIIGNAZIO MARINO E MATTEO RENZI
Con il Pd che mantiene Venezia, Renzi potrà sostenere con più argomenti che questa tornata amministrativa è stata (Liguria a parte) un successo. Poco importa che cosa accadrà a Rovigo, o a Chieti, oppure a Matera, insomma negli altri 11 capoluoghi di provincia dove oggi si vota (2 milioni 160 mila gli aventi diritto): Venezia ha ben altro peso. Con tutto quanto sta accadendo sull’immigrazione, con le opposizioni scatenate che ormai si scambiano tra loro gli argomenti, Grillo usa quelli di Salvini e Brunetta gli stessi di Di Maio, una vittoria nella città del Mose avrebbe per il governo un segno rassicurante.
boschi alla biennale con casson e baratta 2BOSCHI ALLA BIENNALE CON CASSON E BARATTA 2

Darebbe la sensazione di un timoniere che nella burrasca tiene la barra dritta. In caso contrario, beh, sai che risate si farebbero i gufi... Direbbero che Renzi non possiede antidoti contro gli anti-sistema, nei migranti e nella sicurezza ha il suo tallone d’Achille, il famoso 40 per cento delle Europee è un ricordo sbiadito e, con esso, pure la capacità di controllare le spinte centrifughe destinate a crescere in Parlamento. Con ansia il Pd comincerebbe a considerare le Comunali 2016, quando andranno alle urne città come Milano, Torino, Napoli: quel voto potrebbe diventare un calvario. Figurarsi poi se alle città contese dovesse aggiungersi Roma, magari sull’onda della questione morale.

SCOMMESSA CAPITALE
Luigi BrugnaroLUIGI BRUGNARO
La soluzione immaginata da Renzi pare al momento funzionare: il sindaco Marino ha sostanzialmente accettato un «tutor» nella figura del prefetto Gabrielli, che cercherà di aiutarlo nel Giubileo («coordinamento istituzionale» lo definisce pudicamente Orfini). L’obiettivo è di spostare per quanto possibile l’attenzione dal primo cittadino, senza arrivare alle maniere forti del commissariamento. Resta tuttavia l’incognita rappresentata da Mafia capitale. Si vocifera di una terza tranche dell’inchiesta, dagli esiti che al momento nessuno è in grado di prevedere. Con il rischio che tutti i calcoli di oggi possano rivelarsi sbagliati. E Roma rotoli verso le urne nel peggiore dei modi.

Fonte: qui

renzi su chi e salvini su oggiMAI LAVORATO IN VITA LORO

CONTRATTI DERIVATI? SIAMO SEDUTI SU UNA POLVERIERA DA 170 MILIARDI DI EURO…

FINANZA ALLEGRA? NO, UNA BOMBA A OROLOGERIA - CON LA CRISI È CONTINUATA LA SPECULAZIONE E I BILANCI DI STATO, ENTI LOCALI, BANCHE, FONDI, ASSICURAZIONI E IMPRESE SONO DI TITOLI SPAZZATURA - 

La massa complessiva di derivati "a rischio" in un anno è salita di 11 miliardi (+40%) - La mina sui conti del Tesoro vale oltre 40 miliardi, quella degli istituti di credito 111,6 miliardi - In salita anche i derivati in perdita delle imprese di 352 milioni (+4,76%) da 7,3 miliardi a 7,7 miliardi…

Bomba derivati E di nuovo allarme h partb

(AdnKronos) - C'è una mina derivati da oltre 40 miliardi di euro sui conti pubblici italiani. A segnalarlo è il Centro studi Unimpresa in un rapporto sull'andamento dei derivati finanziari negli ultimi 12 mesi, da cui emerge come questi titoli presenti nei bilanci dello Stato centrale e degli enti locali ammontano a 40,5 miliardi.

Il dato, registrato a dicembre 2014, è in crescita di 11,2 miliardi (+39,24%) rispetto ai 28,7 miliardi di fine 2013. Nell'ultimo anno i titoli altamente speculativi sono cresciuti in tutti i comparti: nelle banche di 4,4 miliardi, nei fondi di investimento di 167 milioni, nelle imprese di 352 milioni, nelle assicurazioni e nei fondi pensione di 270 milioni. In totale la massa di derivati finanziari presenti in Italia è pari a 170,5 miliardi salita di 17,3 miliardi (+11,34%) rispetto ai 153,1 miliardi di dicembre 2013.

DERIVATIDERIVATI
Secondo il rapporto, basato su dati della Banca d'Italia, la speculazione finanziaria cresce con la crisi. I dati si riferiscono alle passività sui bilanci, vale a dire le operazioni potenzialmente in perdita. Sui bilanci degli istituti di credito, alle fine del 2013 risultavano titoli derivati per 106,9 miliardi; dopo un anno è stata registrata una crescita di 4,7 miliardi (4,44%) e la massa di derivati è arrivata a 111,6 miliardi. Lieve crescita anche per i fondi di investimento di 167 milioni (+3,54%) da 4,7 miliardi a 4,8 miliardi.

In salita anche i derivati in perdita delle imprese di 352 milioni (+4,76%) da 7,3 miliardi a 7,7 miliardi. Per le assicurazioni e i fondi pensione l'aumento sui 12 mesi è stato di 270 milioni (+5,06%) da 5,3 miliardi a 5,6 miliardi.

DERIVATIDERIVATI
Per quanto riguarda il comparto pubblico, sul bilancio dello Stato centrale l'incremento dei derivati potenzialmente in perdita è stato significativo, pari a 11,5 miliardi (+41,64%) da 27,7 miliardi a 39,2 miliardi; i conti di comuni, province e regioni hanno visto salire i derivati di 272 milioni (+26,80%) da 1 a 1,2 miliardi. Complessivamente, in Italia la massa di derivati finanziari "a rischio" ora vale 170,5 miliardi in crescita di 17,3 miliardi (+11,34%) rispetto ai 153,1 miliardi di dicembre 2014.

"Nonostante anni di rigore, austerity e tasse, lo stato di salute della finanza pubblica italiana non è ancora al meglio. E dopo un lunghissimo periodo di sacrifici, come contribuenti siamo costretti a preoccuparci" commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.

VENTI DI GUERRA FREDDA - PER MOSTRARE I MUSCOLI A PUTIN, OBAMA È PRONTO A SCHIERARE CARRI ARMATI E ARTIGLIERIA PESANTE IN ESTONIA, LETTONIA E LITUANIA

CON QUESTO SCHIERAMENTO ARRIVERANNO ANCHE 5 MILA SOLDATI DELLO US ARMY

Le frasi ripetute da Putin e dai suoi media, secondo cui l’Armata del Cremlino potrebbe prendere Polonia e paesi baltici in massimo 15 giorni, adesso hanno trovato una risposta dura, al loro livello…

Andrea Tarquini per “la Repubblica”

barack obama vladimir putinBARACK OBAMA VLADIMIR PUTIN
«Arrivano i nostri(?)», sembra dire Washington, e alza in modo significativo, senza precedenti, il livello della sfida militare a Putin per difendere i tre paesi baltici e il resto dell’Est della Nato. Secondo il New York Times , i piani di cui si parlava da tempo sono pronti: se verrà il via libera della Casa Bianca, il Pentagono è in grado di schierare per la prima volta dalla guerra fredda carri armati pesanti, veicoli corazzati d’attacco, artiglieria pesante e altre armi “sistemiche” in Estonia, Lettonia e Lituania, democrazie prive d’esercito e minacciate da propaganda e minacce russe.
obama e putin in vestito tradizionale cineseOBAMA E PUTIN IN VESTITO TRADIZIONALE CINESE

Con il preschieramento delle armi pesanti, sarà possibile trasportare nel Baltico almeno 5mila soldati delle truppe scelte dello US Army. I piani coinvolgono anche Polonia e Romania, Ungheria e Bulgaria.

«È una svolta significativa», dice al New York Times James Stavridis, ex comandante supremo della Nato. «Rassicurerà in modo ragionevole i nostri alleati laggiù, sebbene la cosa migliore sia sempre stazionare subito truppe sul posto». Per Julianne Smith, ex alto consigliere della Difesa alla Casa Bianca, «per la Nato è come un ritorno al futuro ». Le frasi ripetute dal presidente russo e dai suoi media, secondo cui l’Armata del Cremlino potrebbe prendere Polonia e paesi baltici in massimo 15 giorni, adesso hanno trovato una risposta dura, al loro livello.

G20- PUTIN, OBAMA, DILMAG20- PUTIN, OBAMA, DILMA
Di piani di preposizionamento di forze dei maggiori eserciti Nato nei paesi baltici, in Polonia e in Romania si era già parlato. Ma adesso il piano è preciso. In pochi giorni, il Pentagono è in grado di schierare nel territorio degli alleati orientali almeno 1.200 veicoli da combattimento.

Quanto basta per far sì che almeno una brigata tra 3mila e 5mila soldati scelti dei migliori reparti Usa possa poi volare nello spazio d’una notte con i C17 Globemaster e i vecchi C5 Galaxy, dagli States al Baltico o a Est di Bucarest e Varsavia, e trovare già sul posto le armi. In altre parole, se sarà necessario i G.I. arriverebbero già combat ready , con l’equipaggiamento sul posto. Un solo altro paese Nato, il Regno Unito, ha la capacità operativa di unirsi in corsa all’operazione.
putin- obamaPUTIN- OBAMA

Sul piano numerico è poco per fronteggiare le forze russe con centinaia di jet, forze navali, migliaia di carri armati e potenti mezzi di guerra elettronica come mostrato dagli attacchi di hacker al Bundestag tedesco e ad altre istituzioni occidentali. Ma è la presenza simbolica che fa la differenza.

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«Se i russi attaccano, una cosa è se cade una nostra guardia, altro è se uccidono un soldato americano», ci ha detto di recente il padre dell’indipendenza lituana, Vytautas Landsbergis. Aggiunge il ministro della Difesa lettone, Raimonds Vejonis. «Per noi il preposizionamento di armi pesanti alleate è vitale, perché se succede qualcosa, ci serviranno armi, munizioni, equipaggiamento, e i nostri piccoli paesi non possono aspettare settimane, non avrebbero che poche ore o pochi giorni per resistere

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Meritarsi di vivere in un garage

Oggi chiacchierando, un mio amico carabiniere mi ha raccontato che ha ricevuto una segnalazione di un furto in un garage, ma la persona che ha chiamato non voleva farsi trovare. Non per omertà. Perchè lei ci vive in un garage.
Il mio amico è napoletano, ha una ha una visione di Torino come una città ricca, del nord. Non ci poteva credere.
Io che a Torino ci sono nato e vissuto mi accorgo sempre più come invece Torino stia diventando la città più americana d’Italia.
Se per America s’intende quel paese dove se non hai i soldi da pagare l’ospedale muori, e dove se nasci povero, vivi povero e muori povero. Per il 99,5% dei casi.
Perchè le elites europee neofeudali, meno potenti (nello scacchiere mondiale) delle elites neoliberiste americane (lo dice la storia e lo dicono i fatti, non serve essere un giornalista d’inchiesta per capirlo) stanno perdendo. Dopo aver avuto grandi successi. Ma ora stanno perdendo.
Il modello americano è vincente. Quello che ha provato a fare Monti in Italia negli Stati Uniti è ordinaria amministrazione.
Gia all’asilo t’insegnano che devi competere, devi conquistarti una posizione sociale se vuoi avere stima e rispetto. Perché sennò finisci a fare le pulizie delle strade e non sei nessuno.
Non sei cioè uno che si merita di avere l’assistenza sanitaria gratuita, che si merita un’istruzione di qualità, che si merita di avere una casa. Sei uno che si merita di vivere in un garage. Perché non sei riuscito a diventare uno squalo di Wall Street o il manager di qualche grande impresa.
La giustificazione ideologica della disuguaglianza. In questo hanno peccato i neofeudali.
Gianni Riotta, profondamente convinto delle tesi neoliberiste, lo dice chiaro e tondo: “La meritocrazia va scoraggiata, «siamo tutti uguali», dall’asilo alla pensione precoce. L’economia globale non è «all’italiana», meglio Slow Economy, chilometro 0 nel lavoro e nella vita.” (Lo diceva in tono sarcastico, l’aricolo è questo: http://blog-voxpopuli.org/prove-tecniche-di-neoliberismo/ *il secondo, il primo è del buon Tommy durezza del vivere).
Negli USA invece, se non sei un VIP sei una caccola. Inutile, che non merita diritti. Lavoro con una ragazza americana, i genitori immigrati filippini, disoccupati per molto dopo la crisi del 2008 e oggi che godono del welfare USA, che però non ti ridà dignità e ti rende egualmente servo emarginandoti dalla società, me lo dice. O meglio, lei non mi dice niente, capisco io da quello che dice che la loro concezione fra VIP e persone normali è la stessa che c’era nel medioevo fra nobili e servi della gleba.
Perchè i neofeudali europei devono essere così diretti? Spietati?
Probabilmente sanno che farlo in un paese dove il partito comunista prendeva un terzo dell’elettorato non è facile come farlo in un paese dove se vedevano delle bandiere con la falce e martello in mezzo alla strada pensavano che fossero dei terroristi (questo è un fatto realmente accaduto qua a Torino ad un ragazzo americano amico di un mio amico, guardando un corteo).
Forse è questa la differenza, la nostra durezza del vivere per loro è la normalità. Dagli anni ’80 in poi l’americano medio (oggi arrivato alla soglia della povertà, 24mila dollari annui per famiglia) ne è profondamente convinto. Tanto che quella vergogna italiana di Gabriele Muccino ci ha fatto un film di successo non troppo tempo fa.
Perchè vincolarci giuridicamente all’economia neoclassica?
Forse perchè non c’era una televisione europea. Impossibile, in che lingua parlerebbe?
Però avrebbero comunque potuto farlo. Ogni paese con i propri mezzi d’informazione, parlando ognuno la propria lingua.
In ogni caso, la povertà fa ancora vergogna qui in Italia. Anche se a Torino si guarda nei cassonetti sempre con più disinvoltura…
Ma ci arriveremo. Un Gianni Riotta, un Fazio, uno Zucconi ci convinceranno presto di questo. Ancora lo fanno in modi pacati. Ma il modello vincente è questo.
L’Unione Europea se vuole sopravvivere lo deve capire il più presto possibile.
Perderanno però. Di nuovo.

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La Grecia sull'orlo dell'abisso


Forse entro breve tempo la Grecia deciderà di uscire dalla moneta unica europea: molti esultano di fronte ad una tale possibilità. Come abbiamo già osservato nell'articolo dalla "DEMOncrazia alla...", la rinuncia all’euro e l’adozione di una divisa nazionale non è ipso facto una panacea: infatti un’eventuale moneta ellenica sarebbe sottoposta ad una spaventosa spirale inflazionistica ed alle spregiudicate speculazioni degli investitori internazionali che traggono immensi profitti dalle bancarotte.

Solo se il governo di Atene optasse per un sistema monetario svincolato dal signoraggio, disconoscendo inoltre un’economia finanziaria incentrata sull’interesse-usura* (si pensi alla lezione di Ezra Pound) per valorizzare le attività produttive reali, potrebbe avviare la Grecia verso una reale ripresa.

Se si mantiene, però, inalterato l’impianto economico, per giunta affossato da elevate spese militari, inclusa la geoingegneria clandestina, che cosa cambia, se non il nome della moneta? Tsipras e gli altri, però, ci sembrano più che altro dei demagoghi, affetti da statalismo, dei dilettanti che si barcamenano, cercando di blandire una popolazione sempre più scorticata dai poteri mondialisti, senza, però, scontentare i banchieri internazionali. Non riescono ad uscire (non vogliono) dall’ottica del debito: il denaro non si presta, si elargisce gratis et amore Dei; al limite se si presta, non bisogna pretendere la restituzione di alcun interesse(al più restituzione dello stesso potere d'acquisto, altrimenti vi è usura!). Di questo era convinto Dante.

In verità, la crisi ellenica più che la conseguenza di uno scellerato turbocapitalismo, pare l’obiettivo pazientemente perseguito dalla feccia globalizzatrice. Se l’euro dovesse fallire in e con la Grecia, per trascinare nell’abisso, con un effetto domino altri paesi, le sedicenti élites avrebbero il pretesto per dimostrare che i tracolli si risolvono e si evitano con un’unica divisa mondiale, magari elettronica. Si compierebbe un altro passo verso la centralizzazione delle strutture governative.

Non è forse quanto gli apparati ambiscono?

Anche l’immigrazione, che sta straziando specialmente Grecia ed Italia, non è orchestrata affinché il caos sociale porti ad un nuovo, feroce ordine?

Ab chaos ordoè la loro parola d’ordine.

Fonte: qui

*  senza il pagamento di interessi reali

Grecia, Lunedì le Banche Apriranno?


(arriva la cura Greca: solo dobbiamo decidere per chi)
Sono ancora una volta sconcertato per il comportamento ridicolo dei media sussidiati italiani, tutti a fare un inutile e grottesco tifo per un accordo fra Grecia e Creditori, come se le notizie a mezzo stampa in Italia possano avere anche solo una minima influenza sugli eventi. La cosa che mi ha stupito di più in tra Venerdì sera e  questo Sabato è  di non avere letto un rigo della notizia che riguarda il fatto che, Venerdì scorso appunto, il Governatore della Banca Centrale Macedone ha stabilito che le banche greche su territorio Macedone non siano più autorizzate a fornire denaro contante ai propri correntisti.
Per quanto la Macedonia sia piccola, giovane e per molti occhi insignificante (vi prego continuate così, ignoratela) essa confina con la Grecia e a Skopje ci sono decine di sportelli di di Banche Greche. La mossa del governatore centrale con tutta evidenza è stata fatta per preparare il sistema finanziario Macedone all’implosione di quello del vicino GrecoE di certo una decisione così grave non è stata presa sulla base di rumors o notizie lette su un giornale o su un blog.
Magari per Lunedì ci si metterà la classica pezza, magari la pioggia passerà (cioè altri sussidi ai greci). Ma anche no, amici miei.
Ma per intanto è evidente che le probabilità di un salvataggio della Grecia siano sfavorevoli e soprattutto che il collasso sia questione di ore.
Peraltro la Grecia non ha opzioni per fine mese, o ottiene altri sussidi sotto forma di prestiti o dovrà inventarsi una pseudo-valuta (IOU? Dracme fresche di stampa?) per tirare a campare e dare qualche pezzo di carta sensato a pensionati, fornitori e dipendenti pubblici. Tutto sommato a questo punto l’Europa e gli altri creditori potrebbero semplicemente sedersi e aspettare il momento in cui gli elettori di Tsipras sbatteranno la faccia contro il muro: SONO FINITI I SOLDI
Vi lascio con un bel pezzo di Oscar Giannino tratto da Leoni Blog, vi consiglio di leggerlo con attenzione, specie nel primo paragrafo…35 milioni di miliardi di dollari dello Zimbawe per un Dollaro americano questo è l’ultimo cambio ufficiale:
Lo Zimbawbe, paese fallito da 28 anni sotto il regime del presidente Robert Mugabe, ieri si è arreso. Travolto da un’inflazione a 9 cifre cifre, ha deliberato che da lunedì la moneta locale inizierà a sparire, cosa che avverrà definitivamente entro settembre. E sarà trasformata in dollari americani. Al cambio di 1 dollaro USA per 35 quadrilioni della moneta locale. Un quadrilione sono 1 milione di miliardi, 35 quadrilioni sono dunque 35 milioni di miliardi: per un dollaro USA. L’ultima banconota della banca centrale dello Zimbawbe aveva un valore facciale di 100 trilioni, cioè 100mila miliardi. La domanda che si ponevano ieri alcuni giornali europei, annunciando la notizia africana, era scontata: la Grecia come lo Zimbawbe?
La settimana prossima è decisiva, dicono. Ma scappa da ridere a pensarlo, a 6 mesi dalle elezioni greche e di inconcludente balletto tra Alexis Tsipras con i vertici della Ue, della Bce e del Fondo Monetario Internazionale. In ogni caso, lunedì Draghi ha un’audizione al parlamento europeo, martedì si riuniscono gli sherpa che preparano l’eurogruppo di giovedì, e infine venerdì c’è l’Ecofin. Se non si trova l’accordo con Atene, l’ultima istanza è il Consiglio Europeo del 25 e 26 giugno. Dopodiché, senza accordo la Grecia non paga il miliardo e 600 milioni di dollari che deve al FMI, né a luglio e agosto i 6,8 miliardi di euro che deve alla BCE. E la Grecia va in default, fallisce. Detta così significa però poco o nulla: tutto dipende da “come” fallisce. Ma prima di arrivare a quello, verifichiamo le ipotesi.
Washington. Obama non si capacita che gli europei siano così tonti dal non risolvere il problema dell’eccesso di debito di un membro che vale meno del 2% del Pil dell’euroarea. Putin si precipiterebbe a spalancare le braccia a Tsipras (n.d. fk: lo ha gia fatto, è notizia fresca, Putin ha invitato la Grecia a far parte della banca per lo sviluppo dei Brics, ah gli scacchi bello sport…) . Per la Casa Bianca è inaccettabile Indebolire il fianco sud della NATO mentre l’UE nicchia sulle sanzioni a Putin, e il caos mediorientale tra Siria, Iraq ed espansione dell’Isis non è minimamente sotto controllo da parte dell’arrabbattata coalizione “aerea” (nel senso che agisce solo bombardando sporadicamente dal cielo) messa in piedi da Obama. Ma è anche vero che sin qui Washington ha fatto mille appelli, ma non ha tirato fuori in dollaro.
FMI. Si è rotto le scatole dell’inconcludenza della Ue. Da almeno tre mesi ha capito che Atene non cede affatto alle richieste di rigore, e che in queste condizioni è inutile perder tempo: l’istituzione multilaterale guidata da Christine Lagarde altri soldi non li mette. Il messaggio è alla cancelleria tedesca: Berlino si prenda la responsabilità di una scelta.
Merkel. Dicono che vorrebbe un accordo anche, ormai, assai poco rigoroso, per concedere ad Atene una prima tranche di 7,2 miliardi di euro di aiuti. Ma ha tre problemi. Nei sondaggi sui tabloid popolari germanici, ormai i tedeschi che vogliono Atene fuori dall’euro hanno superato il 50%. Il tosto ministro delle Finanze Schaueble è ormai della stessa idea, non è stato coinvolto dalla Merkel negli ultimi incontri con Tsipras, e si è incupito non poco. In più, nella CSU ma ormai anche nella CDU la fronda anti-greca conta una settantina di parlamentari. E in caso di aiuti, il Bundestag dovrebbe pronunciarsi, perché in Germania non si dà un cent in più all’Europa senza voto parlamentare. Ergo la Merkel deve riuscire a piegare Tsipras almeno su qualche punto di fondo, altrimenti rischia schizzi copiosi di fango a casa sua.
Syriza. E’ inchiodata. Quanto più Tsipras è duro nei negoziati, tanto più cresce nei sondaggi. L’ala sinistra del partito ha fatto votare documenti in cui si ribloccano le privatizzazioni, non si toccano le pensioni, si torna alla contrattazione solo nazionale, si riassumono i dipendenti pubblici. Il problema “con quali soldi” pare irrilevante sull’orizzonte politico greco. Ma del resto troppo spesso vale anche nella politica italiana. I greci però vogliono restare nell’euro, oltre il 70% nei sondaggi si esprime così. E ti credo: è grazie all’euro che la Grecia si è permessa di accentuare ulteriormente tutti i suoi squilibri di folle statalismo. E’ un paese con pensioni medie pressoché pari a quelle tedesche, ma in cui in media si va in pensione 6 anni prima che in Germania, e con un PIL pro-capite meno della metà di quello tedesco. Senza manifattura, con export industriale pressoché assente, solo il turismo a tirare, produttività bassissima malgrado il record annuale di ore lavorate a testa, e armatori- oligarchi che non pagano le tasse per Costituzione.
Referendum o elezioni. In caso di mancato accordo, per la Merkel la via d’uscita sarebbe di negoziare in accordo con Draghi un trimestre di dilazione, consentendo a Tsipras di chiedere ai greci che cosa vogliono fare. Tsipras non ne ha alcuna voglia, però. Fino a 6 mesi fa erano i premier greci a minacciare la UE con ipotesi di referendum. Ora è la Ue a fare il contrario: sperando che i greci cambino idea nelle urne, al timore di vedere i propri residui risparmi in fumo.
Default incontrollato. Molti economisti filo euro ormai pensano quel che ha scritto Francesco Giavazzi: la Grecia non vuole modernizzarsi, non possiamo obbligarla, lasciamola andare. E’ la stessa tesi dei rigoristi tedeschi più duri come Hans-Werner Sinn, che da mesi scrive che gli aiuti alla Grecia hanno consentito ai greci stessi di portare in questi mesi nell’euroarea decine di miliardi che rimarranno denominati in euro, al riparo da ogni restituzione ai creditori europei, e scudati dalla mega inflazione del 40-50% – è la stima convergente di molte grandi banche internazionali – che si scatenerebbe in Grecia. Un default incontrollato farebbe molto male ai greci, quantomeno nel breve-medio termine (attenti a dirlo: i guru anti-euro accademici italiani sono pronti a coprirvi di contumelie e a bannarvi con rito social di fronte ai loro adepti, ahah…). Nel senso che i vincoli sui capitali, i fallimenti bancari e delle imprese i cui debiti restassero in euro con attivi in moneta invece svalutata, la svendita di asset deprezzati a compratori internazionali, il valore reale del risparmio abbattuto da svalutazione e inflazione, porterebbero la recessione greca a trimestri durissimi. Con una ripresa, è vero, nell’arco del biennio successivo, se guardiamo a precedenti come l’Argentina del 2002: ma attenti che la Grecia esporta poco, con la svalutazione non è che venda meglio nel mondo automobili o manufatti che non produce. Certo, per la politica greca sarebbe facile puntare sull’orgoglio nazionale, dando la colpa agli europei nuovi nazisti. E russi e cinesi accorrerebbero a far la parte dei salvatori, campioni come sono delle libertà che fondano l’idea stessa della loro sovranità…
Un default controllato. Il punto è che il default incontrollato non farebbe male solo ai greci, ma anche a noi. Alla Ue, che è invece convinta di non averne nulla da temere. Molti economisti e analisti si sono persuasi che la rottura dell’impossibilità dell’uscita dall’euro sarebbe anzi benedetta: deprezzerebbe la moneta comune, che invece da metà marzo ha ripreso a salire sul dollaro, riguadagnando quota 1,15 dalla quasi parità col biglietto verde che aveva raggiunto. E l’euro deprezzato fa bene alla ripresa europea. Padoan è convinto poi che l’ovvio effetto scommessa dei mercati contro l’Italia, uscita la Grecia, sarebbe piegato dalla Bce, costretta a difenderci comprando ancor più nostri titoli pubblici. Chi qui scrive pensa siano illusioni. La storia è piena di banche centrali sconfitte dai mercati. Noi pagheremmo più oneri sul debito pubblico. Già oggi le previsioni del DEF governativo di aprile non stanno in piedi, visto che i rendimenti di mercato dei titoli pubblici decennali si sono alzati da allora di 100 punti base, incorporando quelli del BUND tedesco. Sarebbe dunque molto meglio concordare un default parziale, con procedure condivise, vincolando la Grecia e la sua dracma a una fascia di oscillazione con l’euro anche ampia ma fissa, in cambio di qualche aiuto. Speriamo qualcuno abbia pronto lo schema, a Berlino e a Francoforte. Se la Grecia fa default non rinunciando formalmente all’euro e con IOU in moneta parallela che avrebbe subito nulla, cadrebbe in deflazione devastante prima che in inflazione…. (anche su questo, attenti alle scomuniche degli antieuro…).
L’Italia. Credere che il nostro paese “non abbia vulnerabilità”, come ha detto Padoan, è una rassicurazione vana. Ne abbiamo eccome. Di enormi. E’ meglio che i governi italiano, spagnolo e francese ci pensino bene. Sono anch’io per lasciare liberi i greci, le monete-prigione nella storia non esistono e non reggono. Ma senza tenerli legati in qualche modo all’euro, allora Podemos in Spagna, Grillo e Salvini in Italia, la Le Pen in Francia, avranno una carta oggettivamente potentissima da giocare di fronte ai rispettivi elettorati. E sarà una colpa ulteriore dell’imbelle politica europea, a quel punto.
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