9 dicembre forconi: 11/04/16

venerdì 4 novembre 2016

Hillary incriminata? Sì, ora è possibile. Intanto Trump vola..

Attenzione! Mentre la maggior parte dei media europei si limita a una copertura standard della campagna elettorale, sui siti americani si leggono notizie molto interessanti. E catastrofiche per Hillary Clinton.

Le inchieste dell’Fbi sul suo operato sono ben due. Una è nota: trattasi del cosiddetto “emailgate” generato dal fatto che l’ex fiat lady, quando era segretario di Stato, abbia usato un’email privata e su un server privato, anziché quelli del governo americano, violando gli standard di sicurezza e molto probabilmente anche la legge: il sospetto è che sull’email privata siano transitati anche documenti Top Secret che mai sarebbero dovuti uscire dal governo. Il lettore dirà: si sapeva! Certo, la notizia è di alcuni mesi fa ma in un primo momento il capo dell’Fbi aveva dichiarato che dalle indagini svolte non emergevano irregolarità, benché Hillary abbia cancellato migliaia di email. 

Qualche giorno fa, però, il caso è stato riaperto perché alcune email della Clinton sono state trovate sui computer della sua assistente Huma Abedin e di suo marito Anthony Weiner.

Ma la notizia bomba è un’altra: l’Fbi sta indagando anche sulle donazioni faraoniche di uomini d’affari e governi stranieri alla Fondazione Clinton, in quella che ha tutta l’aria di essere una corruzione mascherata.

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L’inchiesta è stata avviata un anno fa, dopo le denunce contenute nel libro “Clinton Cash: The Untold Story of How and Why Foreign Governments and Businesses Helped Make Bill and Hillary Rich” di Peter Schweizer e che stanno trovando ampi riscontri nell’altra vicenda che sta perseguitando l’ex segretario di Stato, quella di Wikileaks, che ha intercettato le email del capo della campagna presidenziale John Podesta e di membri della stessa Fondazione Clinton, da cui emergono, oltre a un quadro moralmente devastante sul magico mondo di Hillary, anche riscontri di donazioni in cambio di favori; forse anche politici quando l’attuale candidata democratica guidava la diplomazia americana.


Qualche esempio?

Eccoli:
– Sei milioni di dollari a Bill Clinton da parte di un milionario etilico-saudita per partecipare a una conferenza sull’Aids in Etiopia.

-Dodici milioni dollari dal Marocco per partecipare a un’altra conferenza, donazioni che ammonterebbero a 28 milioni di dollari.

– Pioggia di milioni dall’area del Golfo Persico: governo del Qatar ha donato tra 1 e 5 milioni di dollari, quello del Kuwait tra 5 e 10 milioni, quello dell’Arabia Saudita circa 25 milioni

Fox News ha rivelato che l’inchiesta sta subendo un’enorme accelerazione e ha massima priorità nell’Fbi e che l’incriminazione è probabile.



L’incriminazione non è una condanna ma sommate i due scandali e chiedetevi: l’America può permettersi un presidente che rischia l’impeachment e forse anche l’arresto nei primi mesi di presidenza?

Intanto Trump vola nei sondaggi… Non a caso.

Mancano pochi giorni al voto e tutto è possibile.
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Fonte: qui

IN SETTE ANNI SONO FALLITE CENTOMILA AZIENDE IN ITALIA.

OGNI GIORNO 57 IMPRESE VANNO A GAMBE ALL'ARIA: UN DATO CHE NON HA PARAGONI CON LE GRANDI ECONOMIE OCSE. PER TUTTI GLI ALTRI, DAL 2009 A OGGI, LE COSE SONO MIGLIORATE

UNA PRESSIONE FISCALE ABNORME, CHE OBBLIGA IMPRENDITORI E ARTIGIANI A VERSARE ALLO STATO ALMENO 55 CENT PER OGNI EURO INCASSATO (FINO A 68 CON ALTRI ONERI O IMPOSTE)

MA C'È ANCHE UNA LUNGA SERIE DI TASSE OCCULTE. SCARTOFFIE, CORSI OBBLIGATORI, CERTIFICAZIONI. DAL PRIMO SOCCORSO AL RUMORE, LO STRESS, LA VALUTAZIONE DEI RISCHI

NEGLI INDICI GLOBALI L'EFFICIENZA DEL MERCATO DEL LAVORO È AL 119° POSTO SU 138. L' EFFICIENZA DELLE ISTITUZIONI? 103. E LA TRASPARENZA DEL MERCATO FINANZIARIO: 122


Claudio Antonelli per La Verità

TRIBUNALI FALLIMENTARITRIBUNALI FALLIMENTARI
Nell' arco delle 24 ore in cui questa edizione sarà valida, in Italia avranno chiuso per insolvenza 57 aziende. È la media aritmetica dei fallimenti registrati. 

Un numero spaventoso che se viene spalmato dal 2009 a oggi arriva a contare 6 cifre. Se continua così chiuderemo, infatti, l' anno con 100.000 imprese finite a gambe all' aria. I conti li ha fatti il centro studi Impresa Lavoro, presieduto da Massimo Blasoni, e definiscono un Paese in profonda crisi.

TRIBUNALI FALLIMENTARITRIBUNALI FALLIMENTARI
Rielaborando i numeri forniti da Ocse e Cribis, società di servizi per la gestione del credito, appare chiaro come rispetto a sei anni fa i fallimenti in Italia siano cresciuti del 55%, passando dai 9.384 del 2009 ai 14.585 del 2015.

Un dato che non ha paragoni con le altre grandi economie monitorate dall' Ocse: oltre all' Italia, infatti, solo la Francia (+13,81%) presenta oggi un numero di crac superiore rispetto al 2009 e con proporzioni del fenomeno decisamente più limitate rispetto alle nostre.
Tutti le altre nazioni segnalano, invece, un numero di aziende fallite inferiore a quello di sei anni fa. Le imprese costrette a chiudere per insolvenza sono infatti in calo in Spagna (-4,45%), Germania (-22,90%) e Olanda (-30,25%). Idem per la Finlandia, il Belgio e la Svezia.

FALLIMENTOFALLIMENTO
Lo stupore di fronte a tale mortalità dovrebbe però lasciare spazio alla consapevolezza che la nazione che ci ospita è fondamentalmente avversa all' imprenditoria privata. Statalisti nel Dna, i politici che guidano il Paese sono molto restii a ridurre il perimetro della burocrazia e dello Stato. 

Qui sta il male originario di tutti i problemi e i gravami che cadono sulla testa di chi investe i propri capitali.

Lo straripamento della spesa pubblica non genera solo una pressione fiscale abnorme, che obbliga un' azienda a versare allo Stato non meno di 55 centesimi per ogni euro incassato (arrivano a essere 68 se si aggiungono altri oneri o imposte), ma produce una lunga serie aggiuntiva di tasse occulte. Sono scartoffie, corsi obbligatori per il personale, certificazioni vissute non come una tutela, ma una vera e propria vessazione.

FALLIMENTOFALLIMENTO
Un artigiano che lavora l' intera settimana senza pause può essere costretto a sborsare 160 euro + Iva per un certificato contro lo stress da lavoro correlato. Chi si occupa di autotrasporto sa che le norme nazionali o regionali sono un labirinto che finisce immancabilmente con un prelievo dal portafogli.

Un' azienda che si occupa di impianti termoidraulici e magari ha 5 dipendenti nell' arco di cinque anni avrà finito con lo spendere 4.000 euro per la formazione professionale e oltre 250 ore sottratte alla produttività. In molti si chiedono a che servano i corsi di primo soccorso, se poi nessuno si azzarda a intervenire per timore che arrivi una denuncia penale e si finisca con l' essere processati. Così si chiama sempre il 118. Eppure se il titolare non si mette in regola (serve almeno un dipendente formato) scattano le sanzioni e persino le multe.

Da tenere nel cassetto ci sono anche le certificazioni sul rumore (300 euro + Iva) e il documento per la valutazione dei rischi che ovviamente passa per le mani di un professionista e non costa meno di 380 euro, sempre Iva esclusa. E questa è solo una veloce carrellata che rende l' idea di come la burocrazia appesantisca un' impresa quasi più della pressione fiscale. Certo, un giovane che si mette a fare l' imprenditore capisce subito che dovrebbe trasferirsi altrove.

Per avviare un' impresa servono almeno nove procedure e si può arrivare ad attendere 36 mesi per avere tutte le carte in regola. E ci sarà un motivo se le persone pagano più per timore delle multe che per reale convinzione: perché spesso gli adempimenti servono a giustificare l' esistenza di chi li ha inventati.
negozi chiusiNEGOZI CHIUSI

Ovviamente queste «rogne» riguardano solo le attività che sono in salute. Le altre devono affrontare la rigidità dei finanziamenti, la crisi del credito e alla fine la voragine della giustizia civile.

Il primo motivo per cui gli stranieri sono restii a investire in Italia. Nel complesso, l' ambiente è ostile alle aziende. 

Non è odio. È solo aridità. Come vivere nel deserto se si è una pianta di mele: molto difficile. Non a caso tutte le statistiche internazionali ci dipingono come una nazione del Terzo mondo. 

L' ultimo in ordine di tempo è il Global Competitiveness Index.

L' Italia si è piazzata al 44° posto (43° nel 2015) preceduta, tra gli altri, da Islanda 29°, Malesia, Azerbaigian, Federazione Russa e Spagna (33°).

L' efficienza del mercato del lavoro è al numero 119 su 138 in classifica. 

L' efficienza delle istituzioni è al numero 103 e la trasparenza del mercato finanziario al 122° posto.
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Per innovazione tecnologica ritorniamo nella parte alta della classifica. Come ci riusciamo, con tutte le zavorre, non si sa. 

Deve essere lo stesso mistero che permette all' Italia di svegliarsi ogni mattina. E ripartire dai fallimenti.

Fonte: qui

“LA REPUBBLICA DEI BROCCHI”, ANALISI IMPIETOSA DI UNA CLASSE DIRIGENTE ...

I BROCCHI SONO SCALTRI, SONO INAFFONDABILI E, SOPRATTUTTO, SI SPALLEGGIANO. A VANTAGGIO DI INCAPACI E CORROTTI

Ferruccio De Bortoli per il Corriere della Sera

La Repubblica dei Brocchi di Sergio Rizzo (Feltrinelli) è un tagliente atto d' accusa nei confronti della classe dirigente italiana. Spietato. Non risparmia nessuno. Nemmeno i giornalisti. Nel leggerlo mi è venuto in mente, non solo per assonanza, un pamphlet pubblicato nella Francia d' inizio secolo scorso. La République des Camarades , ovvero dei compari, di Robert de Jouvenel, riproposto in Italia, qualche anno fa, a cura di Emanuele Bruzzone.
de bortoliDE BORTOLI

Quando la democrazia deperisce nella ragnatela delle amicizie compiacenti, gli interessi particolari e le relazioni oscure. Ma il racconto giornalistico di Rizzo è così ricco di episodi di malcostume o di semplice incoerenza o stupidità da ridurre, nel confronto, lo scritto sui mali della Terza Repubblica francese alla mera fisiologia del potere. Nel caso italiano di normale c' è molto, troppo.

La furbizia elevata a dote ostentata della vita sociale, la facilità con cui si violano le norme senza pagarne mai un dazio in termini di minore reputazione, la tendenza a sentirsi sempre vittime, imputando agli altri i mali del Paese. 

Al punto che lo straordinario saggio di Rizzo sul declino della classe dirigente (pubblica e privata, sia ben chiaro) italiana, poteva benissimo avere un altro titolo. I brocchi sono scaltri. Sono inaffondabili. Sono esempi di "suc-cesso" a scapito della distruzione dell'intera società. E a volte abbiamo la netta sensazione che, alla fine, vincano loro.

Rizzo ha la freddezza del giornalista e commentatore d' inchiesta, attento al dettaglio, che non fa sconti, ma non è privo di speranza. Riconosce le tante qualità del Paese, le molte eccellenze, il capitale sociale della solidarietà e termina il suo libro con quelli che lui chiama piccoli consigli. Codici etici, per esempio, che non siano solo foglie di fico stese sul miope corporativismo italiano.
funzionari pubbliciFUNZIONARI PUBBLICI

Quello che fa dire ai tanti che si comportano bene: siamo tutti colleghi, dunque diamoci una mano. E chiudiamo un occhio, non si sa mai, prima o poi potrebbe accadere anche a noi. Un impegno autentico nel moralizzare la politica, magari attuando quell' articolo 49 della Costituzione sulla trasparenza e la democraticità della vita dei partiti. Oppure accogliendo, quando si formano le liste per le elezioni di qualsiasi natura, il «piccolo consiglio» di Gustavo Ghidini, storico fondatore del Movimento consumatori: dichiarare pendenze penali, situazione patrimoniale, interessi in conflitto. Proposta tanto semplice da essere caduta sempre nel vuoto.

Del resto l' articolo 54 della Costituzione recita: «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore». Sia l' articolo 49 sia il 54 della Costituzione del 1948 sono rimasti largamente inattuati. È giusto riformare, ma forse è anche doveroso attuare. Senza vergogna.

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Ecco il filo conduttore delle tante storie raccontate da Rizzo. A volte si rimane senza parole, potremmo persino dire ammirati, nel costatare l' immensa fantasia giuridica degli italiani. Che cosa non si fa per mantenere un vitalizio, per giustificare un privilegio, e persino per aggirare i risultati di un concorso. Come quello della Asl (oggi si chiamano Ats) di Pavia, vinto da un' unica candidata, evidentemente sgradita, e annullato perché le domande sono state ritenute «troppo difficili».

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Un' eccezione si trova sempre. Per far sì, ad esempio, che i dirigenti statali chiamati a ricoprire incarichi negli organi collegiali delle società pubbliche, siano pagati a dispetto della gratuità inizialmente prevista per legge. O consentire a un prefetto di assumere la carica di sindaco della sua città. La burocrazia è refrattaria a essere giudicata (le resistenze alla pur lieve riforma Madia ne sono una prova). Rizzo ricorda un' indagine del 2014, secondo la quale tutti i dirigenti pubblici di prima fascia hanno avuto una valutazione non inferiore a nove su dieci. 

Tutti geni o tutti, in qualche modo, complici.

Il sindacato non è da meno, specie quello nel pubblico impiego e nelle municipalizzate. All' Azienda trasporti di Roma è prevista la concessione, nel 2016, di 131 mila ore di agibilità sindacale, corrispondenti al lavoro di 82 persone, per un costo di 4,3 milioni. Il dopolavoro, cioè il sindacato, gestisce mense ed altri servizi. A costi d' affezione. 

Chi ha proposto di sostituire la mensa, costosa come un ristorante stellato, con i buoni pasto si è visto tagliare le gomme della sua auto. A proposito di gomme, quelle dei mezzi circolanti in città sono fornite da una società esterna gestita da un funzionario Atac in aspettativa. C' è posto per tutti, parenti e amici, meglio se di sindacalisti importanti. Il servizio, o quello che resta, per gli utenti, può aspettare.

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Non stupisce nessuno che un ex giudice della Corte costituzionale difenda contro lo Stato un condannato per truffa. Né che membri dell' Avvocatura si rivolgano al Tar contro la decisione del governo di mandarli in pensione a 70 (settanta!) anni, o che magistrati si rivolgano alla Corte costituzionale per contestare un taglio in busta paga. Certo, sono cittadini come gli altri. L' esempio, come servitori dello Stato, censurabile.

La classe dirigente privata non è migliore di quella pubblica. Spesso persino peggiore. «Burocrazia, concorrenza inesistente, incarichi affidati sulla base di relazioni personali. Eccole qui - scrive Rizzo - le cause del degrado generale di certe professioni». 

Le vicende dei dopo terremoto sono assai significative per giudicare il ruolo, non sempre professionale, dei tecnici chiamati a fare le perizie. Rizzo ricorda che il cratere del sisma che colpì, nel 2002, il Molise riguardava 14 comuni. Aumentati in seguito a 83, ovvero tutti quelli della provincia di Campobasso. Tranne uno. Guardiaregia, il cui sindaco non aveva denunciato danni. E probabilmente non è passato come un custode della legalità.

ASSEMBLEA CONFINDUSTRIAASSEMBLEA CONFINDUSTRIA - broccopoli
I troppi scandali bancari pongono un interrogativo sulla qualità e la moralità di diversi manager, consiglieri d' amministrazione, sindaci, revisori e sulla loro incapacità di vedere o denunciare pratiche sospette. E aprono uno squarcio - che Rizzo indaga in profondità - su una certa omertà territoriale, sull' orgoglio delle appartenenze che sconfina spesso in complicità. 

Anche la Confindustria, nel suo gigantismo rappresentativo, fa parte della Repubblica dei Brocchi. Emergono le figure dei professionisti delle associazioni, collezionisti d' incarichi. Un mondo che riproduce al proprio interno difetti che denuncia come inaccettabili per la politica e per il resto della società.