9 dicembre forconi: 11/26/17

domenica 26 novembre 2017

In Italia non governano più gli italiani, ma l'Europa. E non fa il nostro interesse



In un Paese come l' Italia, anestetizzato e abbindolato dalla propaganda e dalla disinformazione, non si è ancora capito in quale baratro ci hanno portato. E - per quanto possa sembrare incredibile - non lo hanno capito nemmeno quelli che ci hanno trascinato quaggiù. 

Intendo la classe politica.


Infatti, alla vigilia della corsa elettorale, sui giornali si leggono annunci di programmi mirabolanti che stanno per essere sfornati dai diversi schieramenti: dal taglio delle tasse alle pensioni, dal reddito di cittadinanza ai finanziamenti allo stato sociale, dai fondi per la scuola a quelli per lottare contro la disoccupazione fino al ritorno del famoso Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Bene. 


C' è solo un problema: 

le chiavi e il portafoglio di casa nostra sono ormai in mano ad altri. 

In Italia non governano più gli italiani.

In maniera molto chiara - quasi brutale - lo ha fatto presente ieri Sergio Fabbrini in un inciso del suo editoriale pubblicato dal Sole 24 ore, dove si legge: «I politici italiani continuano a pensare come se fossero all' interno di uno stato sovrano indipendente».
Attenzione, non sono parole pronunciate da un "pericoloso" sovranista, ma da un commentatore che - come il suo giornale - aderisce all' ideologia dell' Unione Europea. Rileggete quelle parole perché sono vere e drammatiche, sebbene quel commentatore - come la gran parte degli editorialisti dei giornali - ritenga tutto questo un gran progresso.

Bisognerebbe domandare agli italiani: a voi è mai stato detto che non siamo più «uno stato sovrano indipendente»? 

Vi è mai stata chiesta una chiara autorizzazione a disfarsi della nostra sovranità? 

Vi sono mai state spiegate le conseguenze?

Ci rendiamo conto che siamo praticamente sudditi della "Grande Germania" chiamata Unione Europea?

Per la verità alcune voci inascoltate lo hanno gridato ai quattro venti, ma sono state fulminate sui giornali con continue accuse di sovranismo, di populismo e di nazionalismo.


Oggi, in questa Italia, un Enrico Mattei verrebbe considerato un pericolo sovranista e nazionalista. Perché costruì l' Eni avendo come bussola il nostro interesse nazionale. Nel 2017 gli sarebbe impossibile. Il giornale della Confindustria ieri c' informava del «radicale cambiamento» che si è verificato ovvero che «lo stato nazionale non esiste più in Europa» (sic!). Ripeto: non sono parole di Salvini o della Meloni, ma degli stessi europeisti. È la realtà dei fatti.



Certo, in teoria è ancora in vigore l' articolo 1 della Costituzione secondo cui «la sovranità appartiene al popolo» italiano. 

Ma nella realtà non è più così. 

Lo abbiamo visto nel 2011 quando è stato rovesciato l' ultimo governo scelto dagli italiani e lo vediamo continuamente con la sottomissione alla Ue.



Quelli del centrosinistra sono stati così zelanti da andare perfino oltre ciò che l' Europa (o meglio: la Germania) chiedeva, attribuendo alle norme europee valore costituzionale. Giulio Tremonti in una intervista a Libero ha spiegato che «la sinistra italiana, tra il 2000 e il 2001» ha introdotto «non richiesta, nell' articolo 117 della Costituzione la formula della nostra sottomissione quando si afferma che il potere legislativo dello Stato è subordinato "ai vincoli derivanti dall' ordinamento comunitario", intendendo per ordinamento comunitario non solo i trattati, ma anche i regolamenti e le direttive europee».



È un' idea così geniale che ovviamente gli altri Stati d' Europa si sono ben guardati dal farsela venire. 

I volenterosi governanti italiani sono i soli ad averla escogitata.



Così siamo obbligati a recepire tutto, bail-in compreso e non importa se contraddice l' art. 47 della nostra Costituzione sulla tutela del risparmio. 



Ovviamente la decisiva perdita di sovranità c' è stata anzitutto quando abbiamo rinunciato alla nostra moneta, errore che paghiamo salatamente.

Eppure eravamo stati avvertiti anche da premi Nobel per l' economia, come Paul Krugman, che nel 1999, sul New York Times, scriveva: «Adottando l' Euro, l' Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera con tutti i danni che ciò implica».

Ecco la vera questionenon siamo più uno stato sovrano e indipendente, non abbiamo più una moneta e ci vengono imposte delle politiche e delle norme che fanno l' interesse nazionale altrui, non il nostro. 


Ci hanno ridotto a un fake Stato. Una colonia

La classe politica che ci ha portato a questo punto, e che adesso fischietta distrattamente facendo finta che esista ancora uno stato italiano sovrano e indipendente, deve rendere ragione di questa follia, alla luce dei risultati devastanti di questi anni.

Se le elezioni non affrontano questo problema saranno soltanto un altro modo per prendere in giro un popolo che è stato impoverito, ingannato, tradito ed espropriato perfino della sua sovranità.


di Antonio Socci



TREMONTI: “I BANCHIERI FARANNO LA FINE DEI DINOSAURI”

Dall’età dei poteri forti stiamo passando a quella dei poteri fortissimi: è questa la profezia di Giulio Tremonti, che prevede il trasferimento del potere della finanza dalle banche alle nuove e più sofisticate entità virtuali.
«Attraverso la Rete la ricchezza ha superato i confini nazionali e i confini naturali. È diventata una cosa astratta e assoluta. Il volume della ricchezza che circola sulla Rete è enormemente superiore al valore reale».
Lo afferma l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ospite della quinta puntata del programma di Tv2000 Benedetta economia!, in onda domani alle 19.
«Entriamo in un mondo – prosegue Tremonti – nel quale si è inventata via via una nuova religione pagana, a fianco della religione cristiana, che trova la sua cattedrale nella Rete, le sue filiali in Europa o Wall Street».
«Dobbiamo mettere molta attenzione – sottolinea Tremonti – a quello che sta succedendo. Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google: sono entità che stanno andando oltre la loro dimensione economica e commerciale e ti si presentano, e te lo dicono, come le nuove  repubbliche digitali».
Per l’ex ministro dell’Economia, «anche i banchieri faranno la fine dei dinosauri. Perché sta cambiando tutto in un modo drammatico. Quando tu metti sulla Rete chi compra e chi ha i soldi, automaticamente hai spiazzato sia il mercante che il banchiere».
Fonte: qui

NUOVA SPARATORIA A OSTIA: AGGUATO NEL CUORE DEL POTERE DEGLI SPADA DOPO LA GAMBIZZAZIONE DEL NIPOTE DI FASCIANI

SUL LITORALE È INIZIATA LA SECONDA STAGIONE DI ‘SUBURRA’, QUELLA VERA. LA GUERRA DEI CLAN SI ALLARGA DALLE PERIFERIE ALLE ZONE BORGHESI DI OSTIA 

‘VIVIAMO COME NEL BRONX, QUESTA GENTE DEVE SPARIRE’

1. NUOVA SPARATORIA A OSTIA: AGGUATO NEL CUORE DEL POTERE DEGLI SPADA

Federica Angeli e Salvatore Giuffrida per www.repubblica.it

Ancora una sparatoria a Ostia. A meno di tre giorni dalla gambizzazione del nipote di Fasciani in una pizzeria del centro, intorno alle 22 di ieri sono stati esplosi almeno cinque colpi di pistola in via Forni, quartier generale del clan Spada, dove il fratello del boss, Roberto (ora nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo dopo la testata al cronista di Nemo) gestiva una palestra. Non risultano comunque feriti.
ostia far westOSTIA FAR WEST

Gli spari sono stati esplosi contro la porta dell'abitazione di un membro della famiglia Spada, Silvano, che abita nei pressi del bar dove nel novembre del 2011 furono uccisi due pregiudicati della zona, Giovanni Galleoni e Francesco Antonini, conosciuti negli ambienti della mala come Baficchio e Sorcanera, entrati in conflitto con la famiglia Spada. Poco dopo è stata presa a calci e pugni anche la porta di casa di un altro membro della famiglia che abita poco distante, in via Baffigo.

Pochi giorni prima del ballottaggio a Ostia di domenica scorsa, che ha visto la vittoria dei 5Stelle, Silvano Spada si era guadagnato gli onori della cronaca per una foto pubblicata su Facebook che lo ritrae con il leader di Fdi Giorgia Meloni e la candidata del centrodestra Monica Picca. Immediata la ridda di polemiche con il 5stelle ma lo stesso Silvano aveva poi chiarito che “erano sotto casa mia e ho chiesto di fare un foto”.

ostia far westOSTIA FAR WEST
Gli agenti del Commissariato Lido sono intervenuti subito con una grossa operazione che si è protratta almeno fino alle 24 con numerose volanti: le sirene sono state sentite anche dai residenti di via Costanzo Casana e via Stiepovich e corso Duca di Genova, le principali direttrici che portano a Ostia Nuova, che ora deve fare i conti con una sparatoria i cui motivi rimangono tutti da chiarire ma che assume contorni e scenari inquietanti visto la distanza ravvicinata, meno di tre giorni, con la gambizzazione di Alessio Ferreri, nipote di Fasciani, avvenuta nella pizzeria di via delle Canarie intorno alle 22, proprio nello stesso orario degli spari di questa notte.

Una cosa è certa: la geografia della mala sul litorale romano si sta ridisegnando in queste ore. In una sfida sfrontata allo Stato come nelle terre mafia negli anni caldi.


2. LA NUOVA FAIDA DI OSTIA I PM: UNA GUERRA TRA CLAN
Mauro Evangelisti per il ‘Messaggero

OSTIA SUBURRAOSTIA SUBURRA
A Ostia è cominciata la seconda stagione di Suburra. Si torna a sparare quattro giorni dopo il voto del ballottaggio in cui il X Municipio sperava di avere scritto la parola fine all'epoca buia del commissariamento per mafia e il giorno dopo l'addio di Domenico Vulpiani (il commissario che aveva previsto «i clan sono pronti a riprendersi il territorio»). E a indagare per tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso sono, non a caso, i pm della direzione distrettuale antimafia della procura di Roma (Ilaria Calò e Barbara Zuin, coordinati dal procuratore aggiunto Michele Prestipino).

A finire in ospedale, in gravi condizioni, è il nipote di una delle famiglie criminali che nella geopolitica di Ostia viene indicata come la più potente, i Fasciani. Non solo: il fratello dell'uomo fu arrestato per una storia di un grande traffico di droga proveniente dalla Catalogna. In questo dedalo di supposizioni, per capire perché a Ostia si spara di nuovo, emerge anche la suggestione di una banda emergente di cileni che vorrebbe mettere le mani sullo spaccio.

OSTIA SUBURRAOSTIA SUBURRA
ALLARME

Ce ne è abbastanza per fare dire ad Alessio, un ingegnere che passeggia in centro: «Gli agenti mandati durante le elezioni devono restare qua. Ormai le forze dell'ordine non controllano più il territorio». Un dipendente del Municipio scuote la testa: «Sembra che abbiano aspettato, anche simbolicamente, la fine del commissariamento per dire che qui continuano a comandare loro».

Torna la guerra dei clan, ripetono a Ostia. Sì, ma quali clan? Riavvolgiamo indietro il nastro a giovedì sera, alle 21.50, poche ore dopo l'accensione delle luminarie di Natale nella centralissima piazza Anco Marzio, salotto buono, dove i commercianti si sono auto tassati per dimostrare che c'è un'altra Ostia, elegante e tranquilla. A due chilometri circa, in via delle Canarie, uno scooter si ferma davanti a una pizzeria, Nuova Discogiro.

Da sapere: è un quartiere residenziale, con bei palazzi, dimenticate certe brutte periferie romane. Vicino c'è una pineta dove vanno a giocare i bambini. Chi guida lo scooter resta lì, il passeggero scende. E' ben vestito, entra nel lato in cui c'è la cucina della pizzeria. Indossa il casco, ma alza la visiera, vuole farsi riconoscere.
OSTIA SUBURRAOSTIA SUBURRA

Tutto plateale, ormai non sai più se le fiction seguono la realtà o è la realtà che si adatta al linguaggio delle fiction. L'uomo ha una pistola e la punta contro il proprietario, Alessandro Bruno, 50 anni, e il pizzaiolo, Alessio Ferreri, 41. Spara un primo colpo verso il pavimento, quasi per sfregio, poi un secondo, che raggiunge Bruno al polpaccio; infine altri due, diretti a Ferreri, ferito al gluteo e a una coscia.

ostia fascistaOSTIA FASCISTA
L'uomo esce, risale sullo scooter guidato dal complice, e si allontana. Poco dopo, in via delle Baleniere, i due scompaiono, resta solo la moto, a cui viene dato fuoco.

Possibile dunque che fosse un'azione ben organizzata, con qualcuno pronto a dare un passaggio in macchina alla coppia che ha agito e un altro che ha incendiato la moto. Subito dopo scatta la caccia all'uomo, cinque o sei pattuglie si dirigono a Nuova Ostia (un paio di chilometri dalla pizzeria): case popolari, la maggioranza dei cittadini è onesta, qui prima delle elezioni Casapound distribuiva pacchi di generi alimentari; qui c'è la palestra di Roberto Spada, arrestato per avere colpito con una testata un giornalista della Rai, attirando così l'attenzione dei media di tutta Italia sul «mare di Roma», che pure già due anni fa aveva subito una umiliazione ben più grave, l'arresto del presidente e lo scioglimento del X Municipio per infiltrazioni mafiose.

REGOLE

enrico spada 2ENRICO SPADA 2
Ecco, ieri gli investigatori della Dda stavano cercando di ricostruire la trama di questa nuova storia di sangue a Ostia, che un tempo non sarebbe finita sui tg nazionali, ma che sorprende perché di solito la grande criminalità per garantirsi il business non ama i riflettori. Sparare pochi giorni dopo le elezioni, con il Viminale che si è occupato di Ostia, può volere dire solo due cose: o i clan si sentono talmente potenti da colpire anche guardando (metaforicamente) in camera, o al contrario stanno agendo sbandati che non seguono le regole.

Gli investigatori del commissariato di Ostia, della squadra mobile e della Dda stanno valutando la biografia dei due feriti. La figlia del titolare, Sara Bruno, 21 anni, ripete: «Avrebbero dovuto lasciarci un bigliettino di spiegazioni, proprio non si capisce perché siano venuti a sparare nella nostra pizzeria». A differenza di quanto si pensava all'inizio, il vero obiettivo sembra essere Ferreri, il pizzaiolo: è nipote di Carmine Fasciani e cognato di Ottavio Spada. 

Il fratello di Ferreri è stato arrestato nel corso di una indagine sul traffico internazionale di cocaina.

spadaSPADA
Può essere un regolamento di conti all'interno dello stesso clan, può essere invece che la pace Fasciani-Spada stia vacillando. Altre tracce: già in passato era stata lanciata una molotov contro la serranda del locale; poco tempo fa, invece, qualcuno ha bruciato la macchina della madre di Ferreri. Ora c'è chi come il parlamentare di Fdi, Fabio Rampelli, propone addirittura di «mandare al confino i capi clan».

Ripassiamo in piazza Anco Marzio, sotto le luminarie di Natale. Giorgio Gastaldi, dell'associazione dei commercianti, sorride amaro: «Mi chiamano i miei fornitori da Torre del Greco e chiedono ma che cosa sta succedendo a Ostia? Questa è una cittadina bella e tranquilla, ma si parla solo di fatti negativi. Commercianti e ristoratori che investono, rischiano di pagare caro l'immagine deformata, perché ormai da Roma vengono sempre meno qui nel Litorale».
roberto spada di silvio triassiROBERTO SPADA DI SILVIO TRIASSI


3. «VIVIAMO COME NEL BRONX QUESTA GENTE DEVE SPARIRE»
Mirko Polisano per il ‘Messaggero

«Ormai qui è davvero il Bronx proprio come lo descrivono». I residenti di via delle Canarie, zona residenziale di Ostia, stentano a crederci. Eppure i colpi di pistola si sono sentiti. Uno dietro l'altro. «Finché si sparano tra di loro va bene - dice Giorgio R., un abitante della vicina e più nota via delle Baleniere - Questa gente deve sparire da qui».

«Non abbiamo udito nulla - dice Maria Grazia C., insegnante di lettere in pensione che abita proprio davanti il locale dove giovedì sera si è consumato l'agguato - stavamo ancora cenando. Ho visto però la gente uscire dal locale senza pantaloni e con il sangue che scorreva lungo le gambe. Sembrava una fiction. Una volta queste cose succedevano solo a piazza Gasparri a Nuova Ostia».

I PARENTI
post di armando spada su facebookPOST DI ARMANDO SPADA SU FACEBOOK
La gente è quella che ha sparato ma è anche quella che lavora e fa affari con i Fasciani. C'è anche l'indignazione di un intero quartiere dietro gli spari di giovedì notte nella pizzeria di Ostia. «Noi non abbiamo paura di nessuno». Sara ha appena 20 anni ed è la figlia di Alessandro Bruno, il 50enne gestore della pizzeria di Ostia raggiunto dai colpi di pistola. È lei la titolare del locale dove è stato aperto il fuoco. Anche se i suoi sogni da 20enne la vorrebbero modella a sfilare sui red carpet dell'alta moda. Il suo profilo Instagram è scandito da pose e sorrisi ammiccanti. «Come quelle di tutti i ragazzi della mia età», afferma mentre fuori dall'ospedale Grassi attende di vedere il papà ferito da un proiettile a una gamba.

«Se questa cosa fosse accaduta al Tufello - dice - nessuno ne avrebbe parlato. E invece è avvenuta a Ostia e in questo momento. Ed eccoci la solita storia della mafia. La pizzeria è il mio futuro e adesso che sarà di noi? Chi ci ripaga dei danni?».
palestra roberto spadaPALESTRA ROBERTO SPADA

LA PUBBLICITÀ

«Tutta questa pubblicità ci fa solo male. Io ieri sera neanche c'ero - prosegue - non so come siano andate le cose. Ma di sicuro non è come è stato scritto. L'attività è frutto di tanti sacrifici. Per noi queste non sono cose all'ordine del giorno, ci inorridiscono e ci fanno male. Un fulmine a ciel sereno, bizzarro e inspiegabile». Ma tra i tanti dubbi apparenti, c'è una certezza. Quella di Alessio Ferreri, 41enne pizzaiolo raggiunto anche lui dai proiettili.

«È il nipote di Fasciani e allora? - ribatte Miriam Negri, mamma di Sara e moglie di Sandro Bruno- Non so se era lui l'obiettivo, ma ha sempre lavorato onestamente. Mai un problema. Mio marito lo conosce da quando aveva 15 anni. Per noi è Alessietto, facevano i fornai insieme, poi Sandro si è messo in proprio e lo ha chiamato. Alessio era il piccoletto del forno. Avrà fatto qualche errore in passato, ma forse a causa delle persone che aveva intorno, chissà».

Miriam lavora come collaboratrice scolastica in un istituto superiore di Ostia. E ancora non si spiega perché la loro pizzeria si è macchiata di sangue. «Quello non ha detto nulla prima di sparare - racconta la donna - io ero lì».

FASCIANIFASCIANI
«Quando questo è entrato - prova a ricostruire - mi ha fatto una buona impressione: un ragazzo distinto, vestito bene. Alessio stava preparando la pancetta, mio marito stava decidendo cosa prendere dal fornitore. Poi abbiamo sentito la porta, il campanello e gli spari. Prima uno verso il basso, Alessio e Alessandro si sono accasciati, poi il sangue. Ma che ci hanno preso?, ha detto mio marito, non se ne erano neanche accorti. Noi siamo le vittime, non i carnefici. Io non ho avuto paura e stanotte ho dormito tranquillamente».


FASCIANI OSTIAFASCIANI OSTIA
Fonte: qui
CARMINE FASCIANICARMINE FASCIANI

Ecco i 100 nomi del crac Mps: l'elenco dei "grandi" debitori

Aziende, enti pubblici, fondi: c'è intera economia italiana


Ci sono i big dell’industria italiana, enti locali e fondi immobiliari. Sono i clienti che hanno preso soldi dal Monte dei Paschi di Siena, evidenziati nell'elenco (sotto chiave) della commissione d'inchiesta sulle banche che pubblichiamo in questa gallery. Un quadro fedele dei primi 100 debitori di Rocca Salimbeni.


Nella lista nera dei grandi debitori morosi, che hanno affossato Mps portandola a cumulare 47 miliardi di prestiti malati, ci sono nomi eccellenti dell’Italia che conta. Dai grandi imprenditori, agli immobiliaristi, al sistema delle coop rosse fino alla giungla delle partecipate pubbliche della Toscana. Incredibile a dirsi ma c’è anche uno sceicco che fa riferimento alla Item Capomulini srl che ha accumulato oltre 14 milioni di euro di debiti insolventi. 


Tra i protagonisti di spicco più emblematici, come ha ricostruito Il Sole24Ore, figura sicuramente la famiglia De Benedetti e la sua Sorgenia.

Emblematica per dimensioni e per quel ruolo innaturale che ha svolto Mps. La Sorgenia si è indebitata per 1,8 miliardi con il sistema bancario. La sola Mps, chissà come, si è caricata di ben un terzo di quel fardello. Seicento milioni erano appannaggio del solo istituto senese che ha fatto lo sforzo più ingente rispetto al pool di 15 istituti che avevano finanziato la società elettrica finita a gambe all’aria. I De Benedetti capita l’antifona della crisi irreversibile non si sono resi disponibili a ricapitalizzare come da richiesta delle banche.
Alla fine il «pacco» Sorgenia è finito tutto in mano alle banche che hanno convertito l’esposizione creditizia in azioni. E Mps si ritrova ora azionista della Nuova Sorgenia con il 17% del capitale. Per rientrare dal credito prima o poi, occorrerà risanare la società e venderla. Oggi Sorgenia è tra gli incagli di Mps. Non solo, nel 2015 la banca ha svalutato i titoli Sorgenia per 36 milioni di euro.


Ma ci sono dentro anche tutti i big dell’industria italiana. Sono i clienti che hanno preso soldi dal Monte dei Paschi di Siena, evidenziati nel tabellone sotto, che restituisce un quadro fedele dei primi 100 debitori del monte dei paschi di Siena, il cui buco è stato ripianato dai cittadini italiani, con il benestare dell’ex governo Renzi/Gentiloni

Soggetti pubblici e privati che in alcuni casi i soldi non li hanno mai restituiti per situazioni di criticità aziendale. Oppure hanno iniziato a saltare le scadenze di pagamento dei fidi e messo a rischio la solidità dell’istituto. In alcuni casi, poi, i crediti sono diventati «sofferenze», ovvero somme quasi impossibili da riscuotere per fallimenti dichiarati, in altri casi la banca senese, seguendola prassi imposte dalle autorità di vigilanza, ha classificato gli importi da ottenere con la sigla Utp (Unlikely To Pay) ovvero i fidi per i quali la banca ritiene improbabile un rimborso integrale.

Il totale degli euro in bilico sono tanti. Il totale arriva a quasi 5 miliardi di euro.Ma tanti altri probabilmente sono quelli che i gestori della banca hanno scaricato nei conti economici anno per anno, visto che nella prassi bancaria, si accantonano fondi in bilancio per tenere conto di chi non pagherà più. Nella lista dopo i soliti noti e De Benedetti e la sua Sorgenia, spiccano enti importanti come la Riscossione Sicilia Spa e Alitalia spa in amministrazione straordinaria. Molti dei quattrini elargiti da Mps sono finiti in Campania: alla Bagnoli Futura spa e alla Vulcano spa della famiglia De Poli. Ma anche a Palermo al gruppo Zamparini, attuale presidente del Palermo calcio, con la holding Gasda Spa. Non manca anche Roma Capitale con la sua Atac.  Qui sul quotidiano il tempo la lista.

Fonte: qui

LE TELEFONATE CHOC DI RIGOPIANO

''QUELLI DELL'HOTEL NON DEVONO ROMPERE IL CAZZO'', DICE IL FUNZIONARIO DELLA PROVINCIA DI PESCARA. MA NON C'ERA ANCORA STATO IL TERREMOTO, NÉ LA VALANGA

ERA SOLO UN UOMO IN MEZZO AL BORDELLO DI UN SISTEMA DI INTERVENTO ORGANIZZATO MALISSIMO CHE TRA DECINE DI TELEFONATE PENSA CHE GLI OSPITI DI UN ALBERGO CHE AVEVA ANCORA LUCE E RISCALDAMENTO NON FOSSERO UNA PRIORITÀ

Paolo Mastri per ''Il Messaggero''
rigopiano 3RIGOPIANO 

«E poi c'è il direttore dell'hotel Rigopiano. Chiede una turbina per far ripartire gli ospiti, bloccati dalla nevicata». Intorno alle 9,30 del 18 gennaio scorso, il funzionario della Provincia di Pescara Mauro Di Blasio termina così il briefing telefonico con il suo capo, Paolo D'Incecco, dirigente del servizio viabilità. Che senza riflettere un attimo taglia corto: «Quello dell'albergo non deve rompere il c... Digli che deve stare calmo».

Non c'è stata ancora la grande scossa di terremoto di grado 5, non c'è stata ancora la valanga, non ci sono stati i 29 morti e neanche le altre due telefonate della vergogna. Ma c'è tanta neve, paesi isolati, malati intrasportabili, black out. È questa la frase choc, sconosciuta fino a oggi, che imprime alla storia maledetta del resort sul Gran Sasso la prima virata verso la tragedia.

HOTEL RIGOPIANOHOTEL RIGOPIANO
D'Incecco e Di Blasio, indagati della prima ora, condividono con altre 21 persone la seconda ondata di contestazioni della Procura di Pescara, grazie a questa e ad altre telefonate ritenute centrali dagli inquirenti. Ad avere il telefono sotto controllo, dieci mesi fa, era Paolo D'Incecco, indagato anche in un filone della procura aquilana sugli appalti della Regione Abruzzo.

La squadra mobile ha avuto così la possibilità di conoscere in diretta una modalità di gestione dell'emergenza neve improntata alla più assoluta improvvisazione. Per due motivi fondamentali: l'impreparazione tecnica della Provincia, i cui mezzi spazzaneve sono in gran parte fermi per guasti, e il rifiuto di fare ricorso ad altri enti.

IL GIORNO PRIMA

HOTEL RIGOPIANOHOTEL RIGOPIANO
Il giorno prima della tragedia, 17 gennaio, è sempre Di Blasio a suggerire al dirigente la richiesta delle turbine dell'Anas. «E già - risponde il dirigente -, adesso mi faccio espropriare in casa mia». Le uniche in grado di mobilitare la Provincia, in un quadro di generale marasma, sono le richieste gerarchizzate dalle spinte politiche: «Il presidente chiede che venga aperta la strada per Abbateggio», elenca il funzionario con evidente riferimento al presidente della Provincia Antonio Di Marco, che è anche sindaco del piccolo Comune. «Il presidente vuole la riapertura della strada per Passolanciano», insiste in un'altra telefonata che farebbe riferimento a un intervento del governatore Luciano D'Alfonso. E così via, di raccomandazione in raccomandazione.

hotel rigopiano prima della slavinaHOTEL RIGOPIANO PRIMA DELLA SLAVINA
Impreparazione, impotenza, superficialità. È fatto di tanti tasselli come questo, secondo i Pm di Pescara, il copione di una tragedia annunciata. Purtroppo noti gli altri due: la risposta della funzionaria della Prefettura addetta alla sala operativa di Protezione civile, che bolla malamente come «bufala» la richiesta di soccorso raccolta dal cuoco Quintino Marcella, amico di uno dei sopravvissuti; e la telefonata surreale del responsabile del 118, che induce il direttore dell'hotel, non presente a Rigopiano, a escludere il crollo della struttura.

hotel rigopiano prima della slavina 3HOTEL RIGOPIANO PRIMA DELLA SLAVINA 
Secondo la contestazione cardine della seconda bordata di avvisi di garanzia che ha raggiunto l'ex Prefetto della città, Francesco Provolo, due dirigenti della Prefettura, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e due suoi predecessori, i dirigenti regionali del servizio valanghe, c'è una relazione diretta tra questa catena di decisioni mancate, la morte di 29 tra ospiti e lavoratori dell'albergo e le gravi lesioni riportare da alcuni tra gli 11 sopravvissuti. Omicidio e lesioni colpose le imputazioni attuali, che potrebbero però virare verso la più grave combinazione tra omissione di atti d'ufficio e morte come conseguenza di altro reato. La battaglia con la difesa, orientata a contestare l'utilizzabilità delle intercettazioni, è appena all'inizio.

Fonte: qui