9 dicembre forconi: 11/05/16

sabato 5 novembre 2016

Flotta russa schierata nel Mediterraneo, i raid potrebbero iniziare entro 48 ore

Putin invia anche la fregata lanciamissili capofila della classe Admiral Grigorovich che, entro domani, sarà in posizione di lancio nel Mediterraneo

La fregata lanciamissili capofila della classe Admiral Grigorovich ha lasciato Sebastopoli giovedì scorso ed entro domani sarà in posizione di lancio nel Mediterraneo. 

E’ l’ultima unità di superficie russa che si unirà al gruppo da battaglia della portaerei Admiral Kuznetsov, schierata al largo della Siria. Il gruppo di volo della portaerei russa si coordinerà con la forza aerea di stanza nella base siriana di Hmeimim. Le attività proseguiranno fino al prossimo mese di gennaio. Considerando le rotazioni delle unità russe, i primi raid potrebbero iniziare entro le prossime 24/48 ore.

L’attuale capacità russa nel Mediterraneo

Sono quindici i velivoli ad ala fissa imbarcati, tra Su-33 e MiG-29K/KUB, e dieci gli elicotteri Ka-52K, Ka-27 e Ka-31 sulla portaerei russa Admiral Kuznetsov. Dopo il pattugliamento nel Mediterraneo, la Kuznetsov ritornerà in cantiere per lavori di rifacimento dell’intero ponte di volo, con sostituzione del rivestimento e del sistema di decollo ed atterraggio. Tali interventi, fissati per l’inizio del 2017, dureranno tre anni. La Kuznetsov è scortata dall’incrociatore lanciamissili pesante a propulsione nucleare Pyotr Veliky, ammiraglia della Flotta del Nord e dalle cacciatorpediniere classe Udaloy I, Severomorsk e Vice-Admiral Kulakov. È la prima missione operativa per il Pyotr Veliky e la Admiral Kuznetsov.

Il Pyotr Veliky è la più grande nave da guerra a propulsione nucleare del mondo, equipaggiata con missili antinave Granit e di difesa Fort, versione navale dell’S-300. 

Gli incrociatori missilistici da battaglia a propulsione nucleare classe Kirov, costruite in quattro esemplari, rappresentano la massima espressione sovietica delle navi da battaglia di prima linea. 

Il loro armamento è cosi pesante che non esiste un loro equivalente occidentale. 

Come dotazione principale, le Kirov sono armate con venti missili SS-N-19 Shipwreck. 

Parliamo di un missile antinave corazzato, dal peso di sette tonnellate, lungo dieci metri e con un raggio d’azione di 700 km. Se lanciati a sciame, i missili sono in grado di interagire tra di loro stabilendo la priorità.


Fanno parte della flottiglia anche un rimorchiatore ed una nave di sorveglianza. Il Cremlino ha ordinato a tre navi cisterna, provenienti dai porti russi nel Mar Nero, di rifornire in rotazione la flottiglia per l’intera durata della sua permanenza nel Mediterraneo orientale.

Al gruppo da battaglia della Kuznetsov si sono unite anche due unità classe Buyan-M, la Serpukhov e la Zelyony Dol, che hanno attraversato il Bosforo il 5 ottobre scorso. Le corvette lanciamissili sono in posizione di lancio dal Mediterraneo orientale. Con un’autonomia di circa 2.000 km, il supersonico 3M-54 Kalibr può essere imbarcato sui sottomarini e sulle unità da battaglia di piccole dimensioni. 

La Serpukhov e la Zelyony Dol hanno già lanciato missili Kalibr contro obiettivi di Jabhat Fatah Al-Sham (ex al-Nusra), identificati nell’area di Dar-Taaza e nella provincia di Aleppo, in Siria. Nel Mediterraneo orientale i russi hanno in attività come unità combattenti anche la fregata missilistica classe Krivak II, Pytlivyj e la dragamine Ivan Golubets.

La classe Admiral Grigorovich

Sei unità del progetto 11356 sono attualmente in costruzione. Le Admiral Grigorovich si basano sulla tecnologia utilizzata per le fregate indiane costruite in Russia, classe Talwar. Da queste ultime ereditano le caratteristiche stealth dello scafo per ridurre la rcs. Saranno dotate anche dei nuovi sistemi modulari di difesa aerea Shtil, ritenuti in grado di intercettare tutti i velivoli, pilotati e non, esistenti e futuri. Una delle principali caratteristiche del sistema è la sua elevata velocità di fuoco standardizzata a due secondi per lancio.

Gli Akula hanno raggiunto il Mediterraneo

Tre sottomarini russi, due dei quali a propulsione nucleare, sono già nel Mar Mediterraneo. I primi due sottomarini d’attacco a propulsione nucleare classe Akula, equipaggiati con missili da crociera Kalibr, hanno lasciato Severmorsk, nei pressi di Murmansk, una settimana fa. Il terzo sottomarino russo a propulsione diesel elettrica rilevato appartiene alla classe Kilo. Proprio i sottomarini d'attacco Akula potrebbero rappresentare la vera forza d'attacco, mentre la flotta di superficie potrebbe essere solo una potenziale distrazione.

Il reale contributo della Kuznetsov in Siria

Il vettore costruito presso il Cantiere Mykolaiv Sud a metà degli anni ‘80, è divenuto pienamente operativo solo nel 1995, a causa dei drastici tagli al bilancio della Difesa russo a seguito del crollo dell'Unione Sovietica.

La nave, progettata per colpire grandi bersagli di superficie e proteggere le rotte marittime dagli attacchi nemici, è in grado di trasportare un massimo di 52 velivoli ad ala fissa e rotante ed l'unica al mondo a poter operare anche alle latitudini polari. La Admiral Kuznetsov non sarà determinante per cambiare gli equilibri di potere nell’area siriana, considerando che i russi detengono già la superiorità aerea nel paese. Sebbene ottimizzato per le operazioni sulle portaerei, il gruppo aereo imbarcato possiede una limitata autonomia e capacità di carico. Il gruppo da battaglia russo è inferiore per potenza e tecnologia al corrispettivo americano. Sia il vettore che il personale sono alla prima operazione a lungo termine lontano dalle proprie basi. Le portaerei, però, rappresentano asset strategici delle maggiori potenze. Non necessariamente devono avere un uso pratico, ma riflettono una capacità militare che solo poche nazioni detengono. Un gruppo da battaglia rappresenta gli interessi strategici di una potenza globale ed è una manifestazione tangibile del concetto di proiezione.

Fonte: qui

Crisi Venezuela: crollo bolivar. Ecco come muore la valuta di un paese

La crisi del Venezuela continua inarrestabile e a farne le spese è il bolivar. Ecco come sta morendo la valuta del paese latinoamericano.

Crisi Venezuela: il bolivar sta morendo - La crisi del Venezuela continua inarrestabile il suo cammino e nessun cenno di ripresa pare scorgersi nell’economia del paese latinoamericano.
Più di tutto a risentire della crisi del Venezuela è la valuta del paese, il bolivar, che si appresta a morire lentamente. Se da una parte l’andamento del bolivar non ha subito bruschi cambiamenti di rotta, dall’altro ha tracciato la via di un declino inesorabile.
A causa della crisi del Venezuela, che da recessione economica si è presto trasformata in emergenza umanitaria, il bolivar è scivolato nel baratro ed è passato dall’essere una valuta che vale poco ad essere una valuta che non vale nulla.
La crisi del Venezuela, che oggi si ripercuote più che mai sul bolivar, non lascia scampo a nessuno. Quello che era inizialmente sembrato solo un periodo di stagnazione economica si è poi tramutato in emergenza umanitaria. Il cibo ormai scarseggia nel paese, così come scarseggiano i medicinali e tutti gli altri beni di prima necessità, mentre i neonati negli ospedali sono tenuti in scatole di cartone. Anche un ginocchio sbucciato può mettere in pericolo una vita oggi in Venezuela.
Il crollo del bolivar rappresenta solo uno dei tanti effetti che la crisi del Venezuela sta avendo sull’intero paese. Ecco l’analisi di una valuta che è ormai prossima alla morte.

Crisi Venezuela: quanto ha perso il bolivar?


Durante la crisi del Venezuela, che negli ultimi mesi ha assunto dimensioni sempre più imponenti, il bolivar ha perso notevole valore di mercato.
Attualmente l’inflazione del Venezuela si assesta al 500% e le stime per il prossimo anno parlano di un indice dei prezzi al consumo che salirà ancora inesorabilmente con ovvie ripercussioni sul bolivar. Tutto ciò è stato determinato dal fatto che il governo ha speso più di quanto ottenuto in prestito, ma non solo. Il Venezuela in crisi ha infatti chiesto ai suoi creditori più soldi di quanti potesse restituire. La Cina, il più grande creditore del Venezuela ha così deciso di tagliare i fondi al paese latinoamericano.
Il Venezuela in crisi è seduto sulle più grandi riserve petrolifere del mondo ma nonostante questo la sua economia è la peggiore del pianeta e neanche quando i prezzi del greggio si sono rialzati il paese è stato in grado di guadagnare e di ridare linfa al bolivar. Il regime chavista, insomma, ha pasticciato così tanto con la compagnia petrolifera statale che essa non è stata in grado di garantire introiti durante il rialzo del greggio, figuriamoci ora.
L’inflazione alle stelle, determinata dalla crisi del Venezuela, ha portato il Bolivar a perdere più del 99% del suo valore dal 2012 fino ad oggi. In altre parole, a causa della crisi del Venezuela, ci vogliono così tanti bolivar per comprare anche il bene meno costoso, che i commercianti hanno iniziato a pesare le monete piuttosto che a contarle.

Crisi Venezuela fa crollare bolivar. L’aspetto politico

A peggiorare una già galoppante crisi del Venezuela ci pensa poi anche l’aspetto politico. Nel mezzo di una situazione senza precedenti una delle ultime trovate del presidente Maduro è stata quella di dar vita ad un nuovo programma radiofonico dal nome “L’ora della salsa”, mentre il bolivar balla sull’orlo del baratro.
Il referendum pensato per destituire il presidente, considerato da molti la causa della crisi del Venezuela, è stato congelato dallo stesso governo il che ha scatenato le ire dell’opposizione la quale ha così pensato di scendere il piazza il 3 novembre.
La manifestazione è stata tuttavia bloccata grazie agli sforzi di intermediazione della Santa Sede e ora i colloqui tra il governo di Maduro e l’opposizione riprenderanno il prossimo 11 novembre.
Fonte: qui