9 dicembre forconi: 07/07/18

sabato 7 luglio 2018

ECCO IL "PIANO B" PER L'ITALIA DI MACRON

BELPIETRO: IL PRESIDENTE FRANCESE(EX ROTHSCHILD), SCONFITTO AL TAVOLO UE, PUNTA SULL’EX PREMIER ENRICO LETTA PER FAR RISORGERE IL PD E RIBALTARE L’ALLEANZA PENTALEGHISTA 

NEL PD MOLTI, PUR DI LIBERARSI DI RENZI, LO AIUTEREBBERO…

Maurizio Belpietro per la Verità
EMMANUEL MACRONEMMANUEL MACRON
Come diceva il vecchio Giulio Andreotti, a pensare male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca. Per questo vi racconto alcune indiscrezioni raccolte nei giorni scorsi e che riguardano il Pd e un suo futuro alla francese.

Tutti si domandano che cosa pensino di fare i capi corrente per rianimare il morente partito della sinistra. Ieri ha provato a interrogarsi sul punto anche Paolo Mieli, che dalle pagine del Corriere della Sera ha tratteggiato le mosse dei compagni in vista delle europee del prossimo anno. In realtà non esiste alcun piano strategico, ma tante manovre messe a punto dai capi bastone del Nazareno nella speranza di resistere all' ondata turboleghista che li sta travolgendo. Il disegno più avanzato è riconducibile al solito Matteo Renzi il quale, nonostante le batoste, non si dà per vinto e sogna un ritorno in grande spolvero. L'ex presidente del Consiglio non si candida a ricostruire il Pd, ma a fondare il partito anti populista italiano, ovvero un movimento che si contrapponga alla Lega di Salvini.

Pur usando un nome diverso, il senatore semplice di Scandicci ha in testa il partito della Nazione, ovvero un qualche cosa che vada oltre il Pd e riesca a inglobare Forza Italia. Con declinazioni leggermente diverse rispetto a quello di qualche anno fa, il piano è lo stesso vagheggiato ai tempi del patto del Nazareno: indurre Silvio Berlusconi a un' intesa e poi papparsi ciò che resta degli azzurri, mettendosi al centro della scena politica. Ovviamente il fronte a cui contrapporsi è il governo gialloblù e per raggiungere l' obiettivo Renzi è pronto a cercare alleati anche fuori dall' Italia.

enrico lettaENRICO LETTA
Non so se si tratti di una sua illusione, al momento non confortata da riscontri, o se ci siano stati incontri e incoraggiamenti, ma l' ex segretario mira a farsi sponsorizzare dal presidente francese. Per Renzi, Emmanuel Macron non è solo l' uomo che dalla sera alla mattina si è fatto un partito su misura per scalare l' Eliseo in barba ai vecchi schieramenti gollisti e socialisti (e dunque un esempio da imitare), ma è soprattutto l' arcinemico di Salvini e dunque da lui l' ex premier spera di trovare una sponda che lo aiuti a risalire sulla barca da cui gli italiani lo hanno cacciato il 4 dicembre di due anni fa, con il referendum costituzionale.

conte macronCONTE MACRON
Tuttavia, ciò che Renzi non sa è che anche altri dentro il Pd si stanno muovendo e pure loro guardano a Parigi, nella convinzione che la riscossa non parta né da Firenze né da Bologna (già, perché ultimamente è segnalato un Romano Prodi in grande agitazione per ripiantare l' Ulivo), ma dalla capitale francese. L' uomo che dovrebbe far risorgere il Pd e segare l' albero su cui è seduta l' alleanza pentaleghista si chiama Enrico Letta, il quale da giorni sfoglia la margherita per decidere se scendere in pista o godersi i molteplici incarichi conquistati sulle rive della Senna.

letta gentiloniLETTA GENTILONI
L' ex presidente del Consiglio, da quando è stato disarcionato e ha dovuto cedere la campanella a Renzi, è riparato in Francia, dove siede sulla poltrona di direttore dell' École des affaires internationales oltre a ricoprire l' incarico di presidente dell' Istituto Jacques Delors, un think tank fondato 20 anni fa dall' ex presidente europeo. Il nipotissimo (soprannome dovuto al fatto che il padre Giorgio è fratello del braccio destro di Silvio Berlusconi) a Parigi è di casa e ha rapporti eccellenti con la nomenklatura francese, tanto eccellenti che oltre a essere stato insignito della Legion d' onore, la più alta onorificenza concessa dalla République, è stato nominato nel Comité d' action publique 2022, una commissione governativa voluta dall' Eliseo per riformare lo stato e la pubblica amministrazione di Francia. 
Per non dire poi dell' incarico di consigliere di amministrazione di Amundi, la società di Crédit Agricole e Sociéte Générale per la gestione del risparmio (recentemente si è mangiata il ramo risparmi di Unicredit).

GIUSEPPE CONTE - MASSIMO MORALE DELLA CASINA VALADIER - EMMANUEL MACRONGIUSEPPE CONTE - MASSIMO MORALE DELLA CASINA VALADIER - EMMANUEL MACRON
Insomma, se c' è un politico che a Parigi piace, questo è Letta, che zitto zitto negli anni ha coltivato con scrupolo le sue relazioni, in particolare quelle francesi.

letta gentiloni renziLETTA GENTILONI RENZI











Dunque, altro che Renzi: è proprio sul nipotissimo che Macron ha puntato le sue fiche. Alla roulette della politica italiana il presidente francese conta di vincere la posta più grossa, ossia far cadere il governo Conte e soprattutto Salvini, per poi sostituirli con un esecutivo guidato da un più affidabile Letta.

giuseppe conte emmanuel macronGIUSEPPE CONTE EMMANUEL MACRON
Che, se fosse stato a Palazzo Chigi, certo mai avrebbe replicato colpo su colpo all' Eliseo come ha fatto il ministro dell' Interno nei giorni caldi della chiusura dei porti alle Ong. Né avrebbe costretto il toy boy di Brigitte a digerire il boccone amaro della Aquarius dirottata a Marsiglia e, quel che conta, dei profughi della Lifeline trasferiti in blocco da Malta a Parigi. No, certo: Letta sarebbe stato molto più accomodante di Salvini. È per questo che a Monsieur le président piace l' idea di un ritorno a Roma del Cincinnato pisano. Riuscirà a convincerlo?

Dicono che in molti siano all' opera per fargli dire di sì, ma le pressioni più importanti siano proprio quelle di Macron, che così potrebbe fare il gallo in Europa. Vedremo.

Fonte: qui

SHOKO ASAHARA, FONDATORE E LEADER DEL CULTO 'AIM SHINRIKYO' È STATO IMPICCATO

SHOKO ASAHARA ERA RESPONSABILE DEGLI ATTACCHI COL GAS SARIN NELLA METROPOLITANA DI TOKYO NEL 1995 

É IL PRIMO DI 13 PERSONE A ESSERE GIUSTIZIATO: TUTTI LEGATI ALLA SETTA CHE IDEALIZZAVA LA FINE DEL MONDO



shoko asahara 1SHOKO ASAHARA
Shoko Asahara, fondatore e leader del culto Aim Shinrikyo, responsabile degli attacchi compiuti nella metropolitana di Tokyo nel 1995 col gas sarin, è stato giustiziato lo scorso venerdì, tramite impiccagione.

Il 63enne Asahara, il cui vero nome era Chizuo Matsumoto, è il primo ad essere giustiziato di 13 persone, legate a una serie di crimini commessi dal culto della «Verità suprema» che idealizzava la fine del mondo. Oltre al fondatore Shoko Asahara, sono stati oggi giustiziati venerdì altri 6 componenti del culto Aum Shinrikyo, responsabili dell’attacco.  

l'attacco 2L'ATTACCO

Asahara era stato arrestato nel maggio del 1995, due mesi dopo l’attacco del 20 marzo compiuto nella metropolitana di Tokyo, che aveva provocato 13 morti e coinvolto almeno 6.200 persone.

Inizialmente Asahara aveva negato di aver architettato l’operazione, ma durante il processo del 2004 ha ammesso di meritare la condanna per aver pianificato l’esecuzione dell’attacco. 
shoko asahara 2SHOKO ASAHARA 






La sua condanna a morte era stata decisa definitivamente nel 2006. Le udienze dei membri del culto Aum Shinrikyo sono andate avanti per oltre 20 anni nelle aule dei tribunali giapponesi, con quasi 200 incriminazioni e 12 condanne a morte. 

6 Luglio 2018

Fonte: qui

Sos Disruption: entro 15 anni sparirà un mestiere su due

Il lavoro di oggi? Sparirà. E quello di domani sarà diverso, gestito in tandem con le macchine. Sta cambiando tutto alla velocità della luce, ma nessuno ce lo sta dicendo: né la politica, né i media, né tantomeno la scuola. Lo afferma Paolo Barnard, il reporter che – per primo, nel saggio “Il più grande crimine” – ricostruì la genesi dell’Ue e dell’Eurozona in termini di criminalità politica da parte dell’élite finanziaria neo-feudale, orientata al “genocidio economico” nel quale si dibatte l’Europa, Italia in primis. Riletto oggi, alla luce della rivoluzione copernicana già in atto nel mondo del lavoro, persino un abominio “golpista” come l’imposizione dell’euro fa quasi sorridere. Motivo: il futuro ci sta venendo addosso con una rapidità inimmaginabile. Più della metà dei mestieri attualmente svolti in Occidente diverranno obsoleti perché antieconomici: al posto di operai, funzionari e ingegneri ci saranno robot evolutissimi, macchine auto-apprendenti forgiate dal Machine Learning garantito da computer “quantistici”. Si chiama Tecnological Disruption, e secondo Barnard è un cambiamento «così potente da trasformare in breve tempo la vita umana sul pianeta Terra». Precedenti nella storia: «La scoperta del fuoco e quella dell’agricoltura, la matematica, la stampa, le macchine a vapore, l’elettricità».
Le nuove tecnologie digitali potenziate dall’Artificial Intelligence stanno cambiando davvero tutto: sarà la fine del mondo, così come l’abbiamo conosciuto. E nessuno, a quanto pare, se ne sta accorgendo. Parlano i numeri, già drammatici secondo tutte le Paolo Barnardproiezioni ufficiali: a livello globale, da 1 a 2 miliardi di lavoratori perderanno il posto entro il 2030, la maggioranza in Occidente. A farne le spese saranno impiegati contabili e amministrativi, aziende manifatturiere e manodopera produttiva, insieme a costruzioni ed estrazioni minerarie, ma anche avvocatura e giudici, lavori di installazione e manutenzione, operatori di gru e trattoristi, meccanici e riparatori. Spariranno posti di lavoro nelle arti e nel design, nell’intrattenimento, nello sport e nei media, insieme a molte mansioni nel settore turistico. In compenso, dalla rivoluzione tecnologica usciranno rafforzati businessfinanza, manager, informatica e matematica, architettura e ingegneria, ma anche rappresentanti, camerieri, specialisti in istruzione e formazione, pensatori creativi e manager per la Disruption – nonché farmacisti, infermieri e operatori socio-sanitari.
«Entro il 2030 si stima che fino a 375 milioni di posti di lavoro, globalmente, dovranno essere “reskilled”, cioè riqualificati», scrive Barnard nel suo blog. Ad esempio: nel settore manifatturiero, dicono gli esperti, cadranno mansioni nelle mani dell’Artificial Intelligence e della robotica, ma il lavoratore potrà essere re-impiegato in fasi diverse del lavoro, aumentando la produttività: gli servirà però un “reskilling”. Alibaba, colosso cinese dell’e-commerce, ha calcolato che i suoi robot da magazzino risparmiano a ogni magazziniere almeno 50.000 mosse fisiche al giorno, riducendone molto lo stress fisico ma soprattutto liberandogli tempo per aumentarne la produttività ma senza prolungare l’orario di lavoro. Naturalmente, scrive Barnard, Alibaba i suoi dipendenti li ha “reskilled”. Quindi, «l’impresa del “reskilling” di milioni di italiani non è un optional, è l’aria da respirare, e ogni singolo analista al mondo oggi lo dice chiaro: i governi giocano qui il ruolo principale con un Sapelliintervento generoso nei bilanci». 
Ma una nazione con vincoli di budget «al limite del sadismo sociale», per citare l’economista Giulio Sapelli, come diavolo farà a riqualificare sul lavoro due o tre milioni di persone?
Oltretutto, il “reskilling” è ormai un ordine di scuderia a tappe forzate: «Lasciar languire nella terra di nessuno i lavoratori in transito significa perderli per strada, con danni economici enormi». Si domanda Barnard: «Come farà l’Italia, soffocata nei bilanci dall’Eurozona, quando tutti gli esperti mondiali invocano chiaramente interventi di governo?». Già ora la Disruption, nelle parole di 20.000 imprenditori europei di tutti i settori, «sta imponendo un aumento vertiginoso nella richiesta di alcune professioni, che si prestano per assorbire sia una quota di futuri licenziati (“reskilled”), che i giovani post-laurea». La rivoluzione in arrivo, dice Barnard, avrà bisogno di nuovissime figure professionali, come i rappresentanti di ultima generazione: «Occorrono disperatamente venditori che siano formati prima di tutto a spiegare quei prodotti, poi a venderli a privati e governi, ma anche per raggiungere nuove fasce di clienti». Poi gli analisti dei dati: «Non occorre un dottorato per questa mansione, ma di certo un buon “reskilling” anche in assenza di laurea». Le aziende, aggiunge Barnard, oggi sanno che Big Data è la scoperta “nucleare” del commercio di prodotti e servizi: bisogna quindi «saper analizzare e trarre conclusioni intelligenti dall’immane massa di dati che la Disruption mette a disposizione».
«Il successo si gioca qui, nel terzo millennio: la richiesta di analisti dei dati è destinata a esplodere fra pochissimi anni». Per i laureati brillanti «c’è già ora spazio per ricoprire un ruolo dirigente richiestissimo nei maggiori settori di commercio e servizi, cioè il Manager della Disruption: è colui che si specializza nel guidare l’azienda (piccola, media, grande) ma anche il settore pubblico, nella tempesta di cambiamenti che l’era digitale porta ogni minuto». In generale, proprio grazie alla Disruption, entro il 2030 sono previste globalmente 130 milioni di nuove assunzioni in sanità generale e assistenza agli anziani, nonché 50 milioni nelle tecnologie e altri 20 milioni nel settore energetico. Le professioni del tutto nuove che si prevede nascano grazie alla Disruption, spiega Barnard, sono «gli specialisti intra-umani, cioè intelligenza emotiva, capacità di persuasione, gestori delle emozioni umane nel sociale, e i creatori di motivazione; i pensatori creativi in ogni settore, sia scientifico che industriale che amministrativo, poiché essere super-specializzati ma ottuse ‘scatole di dati’ non innova nulla in azienda». E ancora: serviranno «gli ottimizzatori delle energie rinnovabili e gli operatori nella lotta al cambiamento climatico».
Ogni singolo esperto in “occupazione & Disruption”, aggiunge Barnard, “grida” sempre la medesima cosa, che la Consultancy McKinsey & Co. ha espresso nel dicembre 2017 con una frase lapidaria: «La moltiplicazione dei lavori potrebbe più che compensare le perdite a causa dell’automazione. Ma nulla accadrà per magia – richiederà che i governi e il business sappiano creare le opportunità». E qui esplode il problema-Italia: chi si farà carico della formazione permanente imposta dalla Disruption, dati gli attuali limiti drammatici imposti alla spesa pubblica? La scuola, scrive Barnard, deve avere una conoscenza avanzatissima della Disruption in continuo aggiornamento, perché è molto probabile che una parte delle competenze insegnate oggi saranno obsolete per il mondo del lavoro nel giro di 5-8 anni, in media. Con un ritardo di questo genere, nelle scuole e università, cosa farà l’Italia? Ha qualche idea in proposito, il governo gialloverde? Il Miur, ministero dell’istruzione, università e ricerca, ammette di essere in emergenza: i dati Ocse dicono che ogni quindicenne italiano usa il computer in classe molto al di sotto della media europea (molto meno dei greci, e quasi un terzo del tempo di un australiano).
Sempre per l’Ocse, i docenti italiani sono in assoluto i meno preparati, in Europa, all’era digitale. Ancora: nel Digital Economy Index, l’Italia languisce al 25mo posto su 28 paesi, ha lacune dappertutto. E nella velocità di connessione alla Rete è in fondo alla classifica europea con un umiliante 9.2 Mbps, davanti solo a Grecia e Cipro. Nelle aule si soffre moltissimo, di questo:«Il processo di diffusione della scuola digitale negli ultimi anni è stato piuttosto lento», confessa il Miur, che denuncia «azioni spesso non incisive e non complessive». Aggiunge Barnard: «Sapere è lavoro, ma un buon lavoro – oggi, nella Disruption – significa sapere molto. E con una situazione del genere c’è da mettersi le mani nei capelli». Nessuna area italiana è inclusa tra gli “Innovator leaders” europei. Solo il Piemonte figura tra gli “Strong innovators”, mentre il resto della penisola è in terza posizione, tra i “Moderate innovators”, mentre la Sardegna è relegata tra i “Modest innovators” come Croazia, l’Estremadura, l’Est Europa più povero e arretrato. Una mappa impetosa: «L’Italia non solo sprofonda nell’economia tradizionale (a causa soprattutto dell’Eurozona), ma colpevolmente i suoi governi degli ultimi 15 anni l’hanno tenuta fuori dalla realtà, cioè dalla Computer a scuolaDisruption, e infatti siamo “gialli”, cioè quasi ultimi nell’innovazione, e dunque fra gli ultimi nelle prospettive di lavoro dei nostri figli».
Generalmente, aggiunge Barnard, un paese moderno ospita oltre 900 mestieri. E dato che «una buona parte delle nuove tecnologie della Disruption stanno sbocciando in queste ore o sbocceranno appena domani», è impossibile essere precisi. Ma una cosa è più che evidente: a dettare legge sarà la tecnologia dell’intelligenza artificiale di Machine Learning, «perfetta per sostituire i lavori ripetitivi d’ufficio, per far funzionare la logistica aziendale, per far “pensare” i robot nelle industrie, ma anche per sostituirsi all’umano in compiti complessi all’interno di molti mestieri sofisticati». Giusto per dare al pubblico un’idea del grado di penetrazione del Machine Learning, cioè del fatto che davvero saranno pochissimi i lavori di domani che non avranno almeno in qualche segmento un’intelligenza artificiale a sostituire qualcosa o qualcuno, la Mit Initiative sull’economia digitale «afferma che il mestiere in assoluto più “blidato” contro la Disruption è il… massaggiatore». All’altro estremo, invece, figurano «le mansioni che sembrano davvero destinate a essere falcidiate», ovvero «gli impiegati, i contabili, gli amministrativi in generale».
Se è scontato che fra i “colletti blu” (diplomati, ma senza laurea) tanto dovrà cambiare, «molti genitori e studenti ancora non comprendono purtroppo cosa accadrà alle professioni dei “colletti bianchi”, degli specializzati, che siano medici, avvocati, commercialisti, o persino ingegneri informatici (esempio estremo, ma anche fra loro cadranno teste con l’Artrificial Intelligence)». Parla da solo il caso americano: nei primi 15 anni di digitalizzazione dell’economia Usa, ricorda Barnard, le disparità di redditi fra “colletti blu” (licenza liceale) e “colletti bianchi” (lauree) schizzò in alto, perché i secondi – grazie alla formazione digitale universitaria – poterono approfittare dei nuovi lavori ben pagati, gli altri no e subirono in pieno l’impatto devastante del crash bancario del 2008. Addirittura, il fenomeno ha raggiunto un tale livello di gravità che fra i “colletti blu” in America c’è un’epidemia di suicidi per disperazione, descritti in uno studio del 2014 firmato da Anne Case insieme ad Angus Angus DeatonDeaton, Premio Nobel per l’Economia. «Vero è che gli Stati Uniti sono un incubo d’abbandono sociale dei deboli, dove il welfare quasi non esiste», ammette Barnard. In compenso, l’Europa si sta auto-sabotando con i tagli sanguinosi al suo welfare.
«I criminosi limiti di spesa pubblica che l’Ue impone agli Stati membri – dice Barnard – escludono in via categorica che i vari schemi di Reddito di Cittadinanza abbiano un potere di fuoco sufficiente a evitare al nostro paese un’apartheid fra inclusi ed esclusi nella Disruption». In altre parole: «Finché Eurozona sarà – insiste il giornalista, rivolto ai lettori – il realismo mi costringe a dirvi che l’unica arma che rimane ai vostri figli per difendersi dal destino denunciato da Angus Deaton e Anne Case è una formazione solidissima ai nuovi lavori della Disruption (che non sono solo tecnologia)». Dunque il messaggio per genitori e ragazzi è chiarissimo: «La seconda ondata di digitalizzazione in corso oggi con la Disruption porta soprattutto con sé il pericolo di un enorme divario nei redditi, oltre a una sostanziale dose di lavori perduti». Per mettere al riparo i nostri figli, e i giovani già oggi al lavoro, secondo Barnard c’è una sola arma concreta: per i giovanissimi una formazione scolastica e universitaria più aggiornata possibile, che li presenti al mondo del lavoro come appetibili, e per i già impiegati l’impegno di Stato e aziende nella riqualificazione “a vita”. Il rischio fatale, per l’Italia del lavoro, è di rimanere tragicamente indietro: «Significherebbe un prossimo secolo di arretratezza e bassa economia per tutti i nostri giovani e per i loro figli». Nel 2016 il World Economic Forum lo disse senza mezzi termini: «Chi non si prepara affronterà costi sociali ed economici enormi».
Attenzione: qualcosa di analogo a quanto sta per accadere (e di cui nessuno parla) è già avvenuto, nella storia. Per dare un’idea della dimensione planetaria del problema, Barnard cita lo scozzese James Watt: «Nel 1775 diede vita alla più dirompente Disruption della storia con l’invenzione della macchina a vapore». Fece morire di colpo i vecchi mestieri, ma al tempo stesso fece esplodere lo sviluppo sociale umano, il che significa benessere e quindi possibilità democratiche. Per 9.700 anni filati, scrive Barnard, le condizioni di vita del popolo comune «rimasero sostanzialmente identiche, a un livello abominevole, spesso peggio degli animali selvatici». Poi arrivò la Disruption di Watt – e delle scienze post-Galileo con l’elettromagnetismo di Faraday e di Maxwell – e in Occidente tutto cambiò di colpo, perché cambiò il lavoro, aumentarono i redditi e con essi la rivendicazione dei diritti. «E’ vero che la Disruption di allora si portò dietro una buona dose di lacrime e sangue prima di darci la modernità del benessere, che tuttavia furono nulla in confronto a 9.700 anni di standard di vita abietti oltre l’immaginabile. Treno a vaporeMa l’altra faccia, gloriosa, di quell’esplosione tecnologica fu di fornire alle lotte sociali mezzi tecnologici di diffusione, e quindi di successo, impensabili prima, fino appunto alla moderna civiltà».
Oggi, sottolinea Barnard, la Disruption delle nuove tecnologie digitali potenziate dall’Artificial Intelligence «sta scatenando un’altra storica impennata dell’umanità, che è però di molto superiore a quella di Watt per l’enorme potere tecnologico odierno. E di nuovo, tutto si gioca su come cambierà il lavoro: non chissà quando, ma entro il 2030». Demis Hassabis, Ceo di Google DeepMind (azienda che sta al centro della galassia “Ai”), ha detto: «Il nostro goal è di conquistare l’intelligenza, poi di usarla per risolvere tutti gli altri problemi». Macchine intelligenti, al posto di esseri umani. Ed enorme disparità tra chi resterà al passo e chi sarà tagliato fuori. Lo confermano gli studi delle maggiori “Consultancies” del mondo: Pwc Uk, Deloitte, McKinsey, Accenture. Tutti d’accordo, insieme agli accademici: almeno nella prima fase, la Disruption fondata sull’intelligenza artificiale (robotica, nuove tecnologie), falcerà milioni di posti di lavoro. Ma la stessa Disruption, spiega Barnard, offre Demis Hassabispossibilità di recupero nella riqualificazione, nell’aumento di richiesta per certe professioni e nel fatto che nasceranno lavori che oggi non esistono.
Tutto dipende da due fattori decisivi: la velocità dei governi nel legiferare misure per cavalcare la Disruption, favorendo la nascita dei nuovi lavori, e l’intelligenza dei datori di lavoro «nel capire che l’epoca dell’egoismo del profitto è morta, gli porterà solo fallimenti certi». 

Il futuro digitale «impone intelligenza», il che significa «coordinamento fra aziende, e fra di esse e lo Stato». Di fatto, avverte Barnard, con la Disruption «oggi saltano le politiche di creazione di lavoro, in Occidente, che i nostri padri e noi abbiamo conosciuto finora». Problema: «I contemporanei di un fenomeno epocale di cambiamento faticano sempre a svegliarsi di fronte al nuovo, e questo si traduce in drammi». Per dire: «Quanti italiani oggi leggono i giornali al mattino cercando ansiosamente notizie sulle politiche del lavoro del ministro Di Maio per la Disruption? Nessuno. Eppure la leadership mondiale non ha più dubbi sul fatto che essa ribalterà, come mai prima nella storia, proprio l’occupazione di numeri impressionanti nel globo». Certo, i politici «hanno il vincolo del breve mandato e l’ossessione cieca del voto-subito entro il mandato, per cui non s’impegneranno mai in politiche e dibattiti che all’italiano medio sembrano fantascienza». Idem per i media: «Sanno che la Disruption è una news che oggi si può vendere agli italiani solo al 300esimo posto dopo la casta, la corruzione, il politici-ladri, gli immigrati, le polemiche Tv, e trattano il tema principalmente come folklore da futuristi. Risultato: non un singolo organo di stampa italiano sta davvero informando su come sarà stravolta l’economia, la politica e la fabbrica sociale di ogni paese moderno per mano della Disruption».
E così si compie un circolo vizioso devastante per l’Italia, destinata ad arrancare come fanalino di coda «mentre Francia, Germania, Svezia, Svizzera, Gran Bretagna, Russia, Cina, Sud-Est Asiatico e ovviamente gli Usa si saranno già spartiti l’immensa torta del lavoro e del Pil da Disruption». Risultato: «I giovani italiani nel precariato, in preda alla disoccupazione e ancora disperatamente dipendenti da quel rivolo che gli rimane del risparmio di nonni e genitori degli anni 70’-90’», prigionieri di un paese sempre più confinato tra i “Pigs” con Portogallo, Grecia e Spagna – non più Piigs, annota Barnard, «perché invece l’Irlanda sta capendo e cavalcando la Disruption, è ha già preso il volo da quell’acronimo infame». Ma non è destino degli dèi che debba davvero andare così, aggiunge il giornalista: a sta a noi capire la Disruption per sapere come inciderà sul Pil e sull’occupazione. Ma non c’è tempo da perdere: «La velocità di sviluppo delle nuove tecnologie per il lavoro è Machine Learningtalmente forsennata che è già stato calcolato che diversi “skills” – così si chiamano le competenze centrali per la Disruption – che vengono insegnati agli studenti oggi, tempo che gli studenti si presenteranno ai colloqui di lavoro in aziende saranno già obsoleti».
In parole semplici: «Mentre tu studi intensamente un’applicazione di Machine Learning per l’edilizia, Machine Learning ne ha scovata una migliore, tu ti presenti al colloquio di lavoro e il datore se ne fa poco, di te». Scrive il Mit di Boston: le tecnologie cambiano i modelli di business e molto spesso questi si traducono in uno sconvolgimento simultaneo del set di “skills” che le aziende richiedono, e questo già oggi crea difficoltà nell’assumere personale. Velocità: «Sarà un problema enorme proprio sul mercato del lavoro dei giovani, e altrettanto enorme per eventuali programmi di apprendistato, che rischiano di diventare degli autogoal con sprechi di finanziamenti enormi», osserva Barnard. Attenzione, però: le stesse tecnologie di Big Data possono dare al governo «un inimmaginabile potere di efficiente governanace». La stessa “cloud” potrà essere usata da tutto il sistema produttivo italiano di beni e servizi in un dialogo diretto, in tempo reale, col ministero dell’istruzione. Pubblico e privato potrebbero scambiarsi informazioni istantanee su «come sta cambiando la natura degli “skills” dentro le aziende, gli ospedali e le varie istituzioni». Lo stesso Miur, come sollecitano gli esperti internazionali, «dovrà avere l’elasticità e la prontezza di riflessi di trasmettere immediatamente a scuola e università il messaggio dei datori di lavoro», per armonizzare domanda e offerta in base ai nuovi parametri in costante evoluzione.
Fantascienza? Non ci sono alternative, par di capire. «Questo è il tipo di ambizioso progetto che un paese oggi deve essere in grado d’intraprendere se davvero è serio sulla difesa del lavoro», sostiene Barnard, auspucando «un salto innovativo, in linea con gli attori vincenti nella Disruption». Scrive McKinsey Global: «I governi devono totalmente riconsiderare i modelli scolastici odierni. La questione è urgente, e devono mostrare una leadership di grande coraggio nel riscrivere i curricula. E’ un’elasticità che da decenni il mondo del lavoro attende». Oggi, infatti, il “reskilling” è sulla bocca di tutti gli operatori Kevin Sneader, Ceo di McKinseyeconomici. Per Barnard, a salvare il sistema-Italia sarà un “reskilling” (o “upskilling”) dei lavoratori, da condurre a vita, per ogni settore del Pil italiano. «Dovrà essere intelligente, il che significa innanzi tutto che va fatto in partnership con il settore privato dell’Italia, il quale deve saper dimostrare una “vision” ben oltre la sua tradizionale e provinciale parcellizzazione». Soprattutto, le tecnologie di Big Data «dovranno essere usate da governo e datori di lavoro per “better forecasting data and planning metrics”, cioè saper prevedere le svolte e pianificare con largo anticipo la richiesta dei talenti, su cui poi appunto lanciare in tutto il paese programmi di “reskilling” (o di “upskilling”) con chirurgica precisione».
Dunque, secondo Barnard, l’Italia è alla storica sfida dell’occupazione nell’era della Disruption. «Il potere globale di quest’ultima è senza limiti, ma gli Stati possono governarla per tutelare l’impiego nella colossale tempesta dei cambiamenti». In questo sforzo, aggiunge, il governo deve comprendere un aspetto cruciale che distingue le tecnologie della Disruption: si dividono infatti in due rami, quelle di tipo Enabling e quelle di tipo Replacing. «La Disruption porterà sia una richiesta di lavori già esistenti riformulati in nuove versioni, che nuove professioni che oggi non esistono». In questo caso, nella versione Enabling, aprirà vasti bacini di posti di lavoro ma, al tempo stesso, spazzerà via schiere di mestieri perché le macchine “pensanti” li rimpiazzeranno (Replacing, appunto). Ne consegue una scelta politica di orizzonte: «E’ totalmente futile ed economicamente distruttivo continuare a Luigi Di Maiospendere sia fondi pubblici che fondi privati (delle famiglie) per formare giovani, o per incoraggiare lavori, destinati alla categoria dove le tecnologie saranno di tipo Replacing, poiché significa destinare esseri umani a un suicidio lavorativo certo».
Per Barnard, l’Italia dovrà quindi «investire massicciamente nell’adozione del maggior numero di tecnologie Enabling per ovvi motivi di creazione di lavoro», ma dovrà anche «essere scaltra nell’incoraggiare quelle che si adattano meglio alla struttura sociale, alla conformazione territoriale e produttiva del nostro paese». Un esempio concreto? «Siamo uno dei popoli più longevi del mondo, perciò la cura extra-ospedaliera dei nostri anziani arricchita dalle nuove tecnologie Enabling del settore è garanzia di creazione d’innumerevoli mansioni a ogni livello di complessità (settore del Personal Care). Sono mansioni che saranno utili a nuovi impieghi sia per i cittadini meno “skilled” che per gli specialisti. La medesima strategia va applicata alla nostra struttura architettonica, geografica, energetica, sempre per generare ampio impiego». Al problema della Disruption, in questi mesi, Barnard ha dedicato il massimo impegno, lavorando in solitudine, convinto che l’umanità sia ormai di fronte «al più dirompente cambiamento occupazionale dal 1775 a oggi», dai tempi della macchina a vapore. «Continuo a ripeterlo: le soluzioni a problemi sistemici devono essere sistemiche, il resto sono truffe vendute da politici cinici a un pubblico stupido, i cui figli poi piangeranno per generazioni». Fonte: qui

ARRIVA ANCHE IN ITALIA LA PHYISALIA, LETALE CELENTERATO MARINO, CHE SEMBRA UNA MEDUSA MA È COMPOSTA DA QUATTRO DIVERSI INDIVIDUI SPECIALIZZATI CHIAMATI ZOOIDI.

È DOTATA DI TENTACOLI CAPACI DI PUNTURE MOLTO DOLOROSE E PERICOLOSE PER L’UOMO. COSA FARE SE LA VEDETE E SE, MALAUGURATAMENTE, VI PUNGE (VIDEO)




caravella portoghese 4CARAVELLA PORTOGHESE
Un animale che somiglia alle meduse ma che appartiene ad una specie tropicale anche più pericolosa. Dalle acque spagnole a quelle italiane in arrivo la “velenosissima Caravella portoghese (Physalia physalis), avvistata pochi giorni fa sui litorali iberici. Come riportano autorevoli testate spagnole, alcuni esemplari sono stati avvistati al largo di San Juan ad Alicante e delle Costa del Sole, quella sulla quale si affacciano le spiagge di Malaga, la stessa Almeria e quelle dove si riversano gli abitanti di Granada, Murcia.

La medusa, ancora poco conosciuta, apparsa improvvisamente, giungerà a breve anche sui litorali italiani”. La dottoressa Così Angela Santucci, biologa marina presso l’Istituto di Scienze Marine del CNR di Lesina (Foggia) fa sapere che negli ultimi 10 anni gli avvistamenti di questi animali (che NON sono meduse) lungo le coste italiane sono aumentati addirittura di dieci volte.

caravella portoghese 3CARAVELLA PORTOGHESE
Per il suo aspetto viene spesso scambiata per una medusa, ma è in realtà un sifonoforo. “Ormai ogni estate siamo a rischio a causa dell’innalzamento delle temperature globali, dei massivi traffici marittimi attraverso i canali che ci collegano con gli oceani, soprattutto quello di Suez, del depauperamento delle popolazioni di grossi pesci predatori, nonché competitori alimentari delle meduse” – spiega la biologa.

caravella portoghese 1CARAVELLA PORTOGHESE


La caravella portoghese (Physalia physalis Linnaeus, 1758) è un celenterato marino, unica specie del genere Physalia e della famiglia Physaliidae. Per il suo aspetto viene spesso scambiata per una medusa, ma è in realtà un sifonoforo. Non si tratta cioè di un singolo organismo pluricellulare, ma dell’aggregazione di quattro diversi individui specializzati chiamati zooidi, collegati e fisiologicamente integrati tra loro al punto da essere reciprocamente dipendenti per la sopravvivenza.

È dotata di tentacoli capaci di punture molto dolorose e pericolose per l’uomo. Le punture di una caravella portoghese possono essere letali per l’uomo. Essendo spesso scambiata per una medusa, si adoperano talvolta rimedi inappropriati: la composizione del veleno differisce infatti da quello delle meduse vere e proprie.

Alcune, arrivate dai tropici, possono essere letali. È il caso della “velenosissima Caravella portoghese (Physalia physalis), avvistata al largo della Sicilia, della Sardegna e recentemente anche a Villa San Giovanni (Reggio Calabria)” – spiega Santucci – “che nei suoi lunghi tentacoli ha tossine che possono causare fortissimi dolori e anche l’arresto cardiaco nell’uomo”. Cosa fare se una medusa ti colpisce? Poche, ma utili “regole d’oro”, suggerisce Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” in caso di contatto con questi animali:
caravella portoghese australiaCARAVELLA PORTOGHESE AUSTRALIA

– Non strofinare bocca e occhi
– Non lavare con acqua dolce la parte colpita: usare acqua di mare e disinfettare con
bicarbonato; non usare acqua fredda o ghiaccio
– Non grattare la zona ustionata (si accelera la sostanza tossica)
– Evitare impacchi con aceto o ammoniaca: è un “rimedio della nonna” del tutto inutile;
anche l’uso di alcool è sconsigliato
– Non rimuovere i frammenti dei tentacoli della medusa con pinzette, ma con le mani
– Il rimedio migliore è un gel astringente al cloruro d’alluminio, utile anche per le punture di zanzara. 

Evitare pomate cortisoniche o antistaminiche.

Fonte: qui

MERKEL A BREVE POTREBBE ESSERE COSTRETTA A CACCIARE SEEHOFER CON UN VOTO INTERNO ALLA COALIZIONE, PRIMA DI VENIRE SCHIACCIATA DAL SUO ''ALLEATO''.

L'ALTERNATIVA C'È: FAR ENTRARE I VERDI E PORTARE A SINISTRA IL GOVERNO 

IN TUTTO QUESTO C'È TRUMP CHE INCALZA LA CANCELLIERA E GODE NEL VEDERE L'EUROPA CORRERE IMPAZZITA COME QUEI POLLI CUI HANNO TAGLIATO LA TESTA

horst seehofer angela merkelHORST SEEHOFER ANGELA MERKEL

Giorni burrascosi per Angela: Salvini con la sua strategia migrante-centrica è riuscito a destabilizzare la Merkel, che si trova ora sotto il fuoco continuo del suo alleato (per mancanza di prove) Horst Seehofer, che mena ogni giorno sulla cancelliera e prepara il campo per le elezioni in Baviera del prossimo settembre. Nel 2014 Alternative fur Deutschland prese oltre il 12%, allora il suo risultato migliore, e Seehofer non intende farsi scavalcare a destra. Ieri l'incontro con l'austriaco Kurz e i messaggi all'Italia, con cui pensa di negoziare il ''rinvio dei profughi'', uno scenario visto come la peste dal governo Salvini.

merkel seehoferMERKEL SEEHOFER
Per ora è riuscita a rintuzzare questo junior partner che spera di farla fuori, ma potrebbe essere costretta a cacciarlo, proponendo un voto interno nell'alleanza CDU/CSU. Tra i parlamentari e i big del partito lei ha ancora la maggioranza e il sostegno del suo ex ministro delle Finanze, l'influente Wolfgang Schaeuble. L'alternativa ci sarebbe: un sostegno del partito dei Verdi con cui sostituire lo storico alleato bavarese. Sarebbe uno scossone per la politica tedesca, ma è anche vero che in Germania non sono pochi quelli che stanno perdendo la pazienza per le salvinate di Seehofer.
conte trumpCONTE TRUMP

In tutto questo si è infilato anche il ciclone Trump, che sta smantellando la fragile Unione Europea: a lui non serve a nulla avere un continente forte e coeso, il futuro degli Stati Uniti passa per la Cina (e questo cambiamento iniziò con il cosiddetto pivot verso l'Asia di Obama) e per un nuovo gioco con la Russia. Il vecchio divide et impera vale sempre, specialmente ora: Trump strizza l'occhio a Conte, si fa corteggiare da Kurz ed è letteralmente adorato dal governo polacco.

CONTE PUTIN TRUMPCONTE PUTIN TRUMP

Ha sbaciucchiato Macron per indebolire Merkel, e poi ha suonato pure lui. L'Unione procede come uno di quei polli a cui hanno staccato la testa. Nelle prossime settimane si capirà se Angela resisterà all'attacco che sta subendo da tutti i fronti. Da quello dipende il futuro dell'Europa come la conosciamo.

LA SUPERCAZZOLA SUGLI F35 DELLA MINISTRA GRILLINA

''NON NE COMPREREMO ALTRI, MA PER CHIUDERE IL PROGRAMMA DOVREMMO PAGARE PENALI SALATE. E POI GLI AEREI CREANO INDOTTO E POSTI DI LAVORO IN ITALIA''. QUINDI I 90 AEREI NON SONO MESSI IN DUBBIO. 

PECCATO CHE UN ANNO FA LA BASE DEL M5S AVESSE VOTATO L'ABBANDONO TOTALE DEL PROGRAMMA, E LO STOP DEGLI ACQUISTI PRESENTI E FUTURI...

Giovanni Drogo per www.nextquotidiano.it

Qualche giorno fa si era levato un polverone perché la ministra della Difesa Elisabetta Trenta aveva confermato in un’intervista che l’Italia avrebbe rispettato gli impegni presi sul programma di acquisto degli F-35. Questo significa che anche il governo del cambiamento, nel quale il MoVimento 5 Stelle ha in passato ribadito più volte che gli F-35 erano uno spreco di risorse e di soldi pubblici, avrebbe continuato gli acquisti fino al completamento del programma che prevede che l’Italia si doti di una flotta di 90 caccia F-35.
F35 IN ADDESTRAMENTO COREAF35 IN ADDESTRAMENTO COREA

Elisabetta Trenta conferma che l’Italia acquisterà gli F-35
Oggi la ministra Trenta era ospite a Omnibus su La 7 dove ha chiarito il senso delle sue parole. La ministra ha detto che «sicuramente non compreremo nessun altro F-35», una dichiarazione ambigua che qualcuno potrebbe fraintendere. Questo non significa che l’Italia non acquisterà altri F35 rispetto ai 26 (18 consegnati + 8 ordinati a fine aprile dalla Pinotti) che già sono già stati acquistati. Il punto del contendere infatti è – e lo era anche quando nel 2015 Sibilia accusò la ministra del governo Renzi di “alto tradimento” – è il rispetto degli impegni presi all’interno del programma F35.


elisabetta trentaELISABETTA TRENTA
Inizialmente l’impegno italiano era di acquistare 131 caccia; il governo Monti ridusse il numero dei jet ai 90 attuali. E questo numero non viene messo in discussione nemmeno dal governo Conte. Infatti la Trenta ha detto che «io potrei scoprire dall’analisi che stiamo facendo che tagliare mi costa di più che mantenere» e che «stiamo analizzando tutte le implicazioni del tagliare il programma perché ci sarebbero delle forti penali».

In realtà la Corte dei Conti nella relazione del 2017 sull’adesione italiana al programma Joint Strike Fighter sottolineava come «l’opzione di ridimensionare la partecipazione nazionale al programma, pur non soggetta di per sé a penali contrattuali» determinasse potenzialmente una serie di effetti negativi quali la perdita degli investimenti sostenuti finora, ad esempio quelli sull’impianto di Cameri.
f35 atterraggio verticaleF35 ATTERRAGGIO VERTICALE

Su Facebook ha scritto che non compreremo nuovi caccia «alla luce dei contratti in essere già siglati dal precedente esecutivo». In realtà i contratti sono stati siglati da altri governi e sul fatto che i caccia in arrivo non siano “nuovi” rispetto a quelli che già sono stati comprati si può discutere. I lotti di produzione ridotta, inizialmente previsti in numero di 12, sono ormai 14 e si protrarranno fino al 2021, scriveva la Corte dei Conti.

Semmai la Trenta avrebbe dovuto dire, per essere più trasparente, che l’Italia non comprerà altri F-35 rispetto a quelli che già si è deciso di comprare (ma non tutti sono stati comprati e pagati, anzi). Invece ha dichiarato, in maniera piuttosto ambigua, «sicuramente non ne compreremo nessuno di nuovo».

elisabetta trenta giuseppe conteELISABETTA TRENTA GIUSEPPE CONTE
Ma poco dopo si smentisce dicendo che «sarebbe bene allungare il periodo all’interno del quale noi dovremmo comprare questi F-35». Quindi significa che devono ancora essere comprati. Secondo la ministra questo produrrà un risparmio significativo ma un rallentamento degli acquisti c’è già stato (nel 2016,  a seguito della decisione del Parlamento). A tal proposito la Corte dei Conti scriveva che il rallentamento del profilo di acquisizione fino al 2021 ha prodotto «un risparmio temporaneo pari a 1,2 miliardi di euro nel quinquennio 2015-2019, ma senza effetti di risparmio nel lungo periodo».
elisabetta trenta 2ELISABETTA TRENTA 2

Inoltre la ministra ha spiegato che attorno ai jet militari «si crea un indotto di natura tecnologica, di ricerca e occupazionale che noi a questo punto taglieremmo». Ciliegina sulla torta l’elogio da parte di una ministra del MoVimento 5 Stelle delle spese militari spiegando «la ricaduta che hanno sul settore civile, anche Internet è nato come un’applicazione militare».

Fonte: qui


M5S, programma di governo su Difesa: “Fermare l’acquisto di F35, investire in cyberdifesa e intelligence”

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Il piano è stato votato in rete da 19mila e 747 iscritti. L'attacco del senatore grillino Marton: "Per una vera politica di Difesa bisogna cambiare approccio. Spendiamo 64 milioni di euro al giorno per la Difesa, 5 miliardi solo in strumenti d’arma"