9 dicembre forconi: 07/28/18

sabato 28 luglio 2018

VINCE LA LINEA DI SALVINI E RAGGI SULL’EUROPA, CHE AVEVA STOPPATO LO SGOMBERO DEI ROM DEL “CAMPING RIVER” MA HA DOVUTO CEDERE DI FRONTE ALL’EMERGENZA IGIENICA

LA RABBIA DEGLI OCCUPANTI: PIETRE CONTRO I VIGILI E AGENTI FERITI 

BORSE LOUIS VUITTON E AUTO DI LUSSO, ECCO COME SI VIVEVA ALL’INTERNO DEL CAMPO ROM PIÙ GRANDE DI ROMA



ROM, LO STRAPPO DI SALVINI HA IL VIA LIBERA DALL' EUROPA
Lorenzo De Cicco per “il Messaggero”

sgombero rom camping river 6SGOMBERO ROM CAMPING RIVER
Le famose ruspe in realtà arriveranno solo oggi, per sbaraccare i container di cartonato e metallo, ma già ieri, prima di mezzogiorno, Matteo Salvini ha potuto cinguettare su Twitter: «Legalità, ordine e rispetto prima di tutto».

Duecento uomini della Municipale, affiancati da poliziotti e carabinieri arrivati con camionette e blindati in questa stradina di Roma Nord, via della Tenuta Piccirilli, avevano appena portato a termine lo sgombero del Camping River, il più grande insediamento abusivo della Capitale.

sgombero rom camping river 5SGOMBERO ROM CAMPING RIVER







E in serata il numero uno del Viminale ha potuto festeggiare doppio, perché anche la Corte europea dei diritti dell' uomo, che martedì aveva sospeso lo sfratto su ricorso di tre occupanti, ha dato il suo avallo all' operazione.

IL VERDETTO DELLE TOGHE
Le toghe di Strasburgo hanno spiegato che la decisione di ieri è «frutto delle informazioni ricevute dal governo e dal legale dei tre ricorrenti circa l' offerta di alloggio presso le strutture della Croce Rossa, offerta che è stata accettata».

matteo salvini e virginia raggi 4MATTEO SALVINI E VIRGINIA RAGGI
Va detto che la stessa Corte ha precisato all' Ansa che il caso resta aperto perché «non si può escludere che i tre nomadi possano proseguire la loro azione legale e chiedere di condannare l' Italia».

Ma è una postilla che sull' asse Viminale-Campidoglio non ha destato particolare preoccupazione. Del resto il blitz di ieri mattina è scattato prima che i giudici ritirassero la sospensiva, motivato dal rischio di una «emergenza igienico-sanitaria».

Anche la sindaca Virginia Raggi, che l' altro ieri ha incontrato Salvini al Viminale per mettere a punto l' operazione, ha cantato vittoria: «La Corte Europea ci dà ragione, lo sgombero al River è corretto».
SGOMBERO CAMPING RIVERSGOMBERO CAMPING RIVER

La «terza via» del M5S, dice Raggi, «è quella giusta per superare i campi rom».
E l' altro vicepremier, il leader grillino Luigi Di Maio le fa eco parlando di «uno sgombero pacifico e legittimo».

L' AGGUATO SOTTO LA PIOGGIA
Pacifico, in effetti, lo sfratto è sembrato fino a sera. Poi quando le luci si sono smorzate e sulla Città eterna ha cominciato a piovere, è montata la rabbia degli sgomberati. Un gruppo di romeni e bosniaci che si era accampato fuori dal River ha preso a scagliare pietre contro i vigili rimasti di guardia all' ingresso. Il cancello, serrato con un lucchetto, è stato divelto e buttato giù.

matteo salvini e virginia raggi 8MATTEO SALVINI E VIRGINIA RAGGI
Un agente della Polizia locale è stato ferito in pieno volto e trasportato in ospedale con l' ambulanza. Un rigurgito rissoso che ha convinto il Campidoglio ha sposare la linea dura. Come a dire: ora serve la forza.

«I violenti devono essere allontanati», ha detto ieri notte il comandante della Polizia locale, Antonio Di Maggio, esprimendo solidarietà all' agente colpito. Dopo l' agguato è intervenuta la Polizia, che ha ricacciato fuori gli occupanti e tutti i presidi intorno alla baraccopoli sono stati rafforzati.

RISPUNTA LA TENDOPOLI
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La tensione resta alta in questo spicchio di Roma e non solo. Perché i rom allontanati dal River sono 220 e meno di 50 finora hanno trovato una sistemazione, sparpagliati in qualche casa famiglia gestita dal Comune, oppure spediti in una tendopoli a via Ramazzini, Monteverde, una zona molto più centrale della città.
camping river porscheCAMPING RIVER PORSCHE








Una struttura gestita dalla Croce Rossa che il Campidoglio ha riaperto lunedì ufficialmente per l'«emergenza caldo» e che ora rischia di diventare la tappa finale degli sgomberati, un nuovo accampamento a due passi da un ospedale, il Forlanini, mal tollerato dai residenti che già l' anno scorso avevano protestato per la presenza dei migranti che qui erano stati alloggiati.

Il Comune rassicura: «Sarà una soluzione provvisoria». Chi abita da queste parti si fida poco. E forse ripensa a Flaiano, quando diceva: nulla è più definitivo del provvisorio.


PISTOLE FINTE, MACCHINE DI LUSSO E REFURTIVA NELLE ROULOTTE SCASSATE GLI UFFICI DEI CAPI CLAN
Lorenzo De Cicco per “il Messaggero”

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«Bum... ora bruciamo tutto», si sentono dire gli agenti della Municipale quando alle 7.28 di mattina fanno irruzione tra le baracche del River, il villaggione che sbuca sulla Tiberina, dopo una successione di vivai tutti uguali, pompe di benzina, un magazzino di lapidi all' aperto, neanche un bar nel raggio di chilometri.

Undicimila metri quadri, forse qualcosa di più, a Nord di Roma. Ma alla fine non brucia niente. Spunta una pistola, durante lo sgombero, ma è finta, di quelle che si usano per gioco o per le rapine. Gli schiamazzi ci sono, durante il trasloco forzato, gli spintoni pure. Ma niente di più. Almeno fino a sera.

matteo salvini e virginia raggi 10MATTEO SALVINI E VIRGINIA RAGGI
«Hanno usato gli spray al peperoncino», dice una signora, borsa Louis Vuitton in un braccio e bimba nell' altro, ma neanche una delle cento dirette Facebook che gli occupanti riversano sui social lo dimostra. E anche il capo dei vigili lo dice: «Ma quale spray, non abbiamo usato niente se non le parole per convincerli ad andare via».
Alla fine, in tre ore, escono tutti.
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La resa e il trasloco. E per portare via valigie, poltrone, passeggini, fornelli, tra i container si assiste a una sfilata di auto di gran marca: Bmw, Mercedes, Audi. Manca solo la Porsche che si è vista l' altro giorno, per chi si era portato avanti con gli scatoloni. Alle undici il River è liberato.

DA BOSNIA E ROMANIA
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Finisce così la storia di quello che era diventato il più grande campo abusivo di Roma. I primi rom, della Bosnia e della Romania, erano arrivati nel 2005, col placet del Campidoglio.

Tutti gli altri traslocano quattro anni dopo, nel 2009, quando viene smantellato il Casilino 900, fino a quel momento il villaggio nomadi più popoloso d' Europa. Le due comunità, quella di chi veniva da Bucarest e dintorni e quella degli ex jugoslavi, riescono a trovare un equilibrio per convivere senza gli sgarri che altri accampamenti hanno conosciuto, con tanto di coltellate e sparatorie tra le roulotte.
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Un equilibrio, quello del River, che secondo gli investigatori si è innestato anche sul giro di affari sporchi dei vari clan famigliari.

Furti, fenomeni di spaccio, traffico e incendio di rifiuti.
Come sa bene chi abita da queste parti e che ieri, a ragione, festeggiava per lo sgombero annunciato mille volte e ora finalmente portato a dama. Una festa a bassa voce, però, col timore che nei prossimi giorni possano esserci ritorsioni.

UN ROM SU DIECI
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Al River vivevano in 420, praticamente un rom su dieci di quelli alloggiati nelle grandi baraccopoli della Capitale. Negli ultimi giorni, quando lo sfratto è diventato imminente dopo una batteria di annunci, ritardi e rinvii, metà degli occupanti aveva già levato le tende.

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Erano rimasti in 220 ieri mattina, quando è scattato il blitz. Il Campidoglio del resto era stato chiaro: toccava partire da qui. Nel piano originario del M5S, in realtà, i primi due insediamenti da smobilitare erano quelli della Monachina (115 residenti) e della Barbuta (586 abitanti).

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Ma un pasticcio della burocrazia - una vecchia proroga non più rinnovabile - ha cambiato i piani di Raggi. La prima deadline per la chiusura era fissata per luglio del 2017, poi settembre, poi la settimana scorsa. E si arriva all' ultimatum di pochi giorni fa, con l' ordinanza di sgombero firmata dalla sindaca, poi congelata dalla Corte di Strasburgo.

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Ma con i casotti sfasciati, senza servizi, il River per l' amministrazione era diventato ormai una bomba sanitaria, si rischiava un' epidemia. Tutti fuori, quindi.
Sgasando in supercar.

Fonte: qui

L’EX CAPO DI FINMECCANICA, USCITO ASSOLTO DA TUTTE LE INDAGINI CHE AVEVANO TRAVOLTO LUI E LA MOGLIE MARINA GROSSI, ARRUOLATO DALLA FINCANTIERI

DOVRÀ MANTENERE I RAPPORTI CON GLI EMIRATI ARABI ATTRAVERSO IL RILANCIO DI VITROCISET E PIAGGIO

LA STRATEGIA DI GIUSEPPE BONO PER FAR CONCORRENZA A LEONARDO

Claudio Antonelli e Alessandro da Rold per “la Verità”

GIUSEPPE BONOGIUSEPPE BONO
A giugno del 2017, in grande silenzio, Fincantieri acquisisce una piccola azienda ligure.
La Isselnord di La Spezia. Un' impresa di nicchia da 25 anni impegnata nelle forniture di servizi in ambito tecnologico, nella logistica e nell' ingegneria di manutenzione. Soprattutto nel settore dell' aerospazio.

Il gruppo cantieristico, guidato da Giuseppe Bono, già dal 2016 si sta muovendo per allargare il proprio panorama e offrire tecnologia più trasversale rispetto a quella delle navi.

FINCANTIERI MONFALCONEFINCANTIERI MONFALCONE



L' operazione «consentirà di rafforzare i rapporti commerciali nel settore della Difesa anche al di fuori del perimetro tradizionale di Fincantieri, con particolare riferimento all' aerospazio, ai sistemi di combattimento, di comando e controllo», recitava la nota diffusa lo scorso anno.

Poi Bono si è concentrato anima e corpo all' acquisizione di Stx in Francia. La scalata è finita sui tavoli dei capi di Stato e di governo italiani e francesi. Con tanto di scontri, più o meno veri.

FINCANTIERI MONFALCONEFINCANTIERI MONFALCONE
Da questa partita è sempre stato ai margini l'altro colosso della Difesa. Leonardo lo scorso anno non è stata inserita nella bozza di scambio bilaterale nata attorno all' operazione Stx e l' altro ieri i documenti finali per la riassegnazione delle quote del cantiere di Saint Nazaire sono stati recapitati ai ministeri della Difesa: Leonardo è di nuovo fuori dall' intesa sulle navi militari.

pierfrancesco guarguagliniPIERFRANCESCO GUARGUAGLINI



A partecipare saranno Naval group e Fincantieri. Bono però vorrebbe fare un ulteriore passo avanti. In queste settimane si sta occupando di risolvere i nodi rimasti sul tappetto intorno a due aziende strettamente legate a Leonardo e su cui il governo può far valere il golden power.

La prima è Vitrociset (il colosso guidato da Alessandro Profumo di cui vanta l' 1,5% di azioni), azienda strategica di proprietà della famiglia Crociani, da tempo in vendita e capace di realizzare il 52% del fatturato nel settore difesa, circa 100 milioni nel 2017.

Non solo. Sulla scrivania di Bono è finita anche anche la questione Piaggio aerospace, realtà industriale di Viallanova D' Albenga, stretta da una lunga crisi economica, produttrice del drone P1hh, in mano al 100% al fondo Mubadala degli Emirati Arabi Uniti.

guarguaglini pierfrancescoGUARGUAGLINI PIERFRANCESCO
Al suo fianco questa volta ha un suo vecchio nemico, l' ex ad e presidente della vecchia Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini. L' ex numero uno di Piazzale Montegrappa, che appena insediato prese le distanze da Bono, è uscito assolto da tutte le indagini che avevano travolto lui e la moglie Marina Grossi .

Ora è tornato come consulente, forte della sua esperienza decennale sul campo.
Da un paio di mesi Fincantieri, infatti, è stata avvicinata dagli Emirati Arabi Uniti e dal fondo Mubadala per mettere in atto una strategia e suggerire una serie di azioni da intraprendere in connessione con il progetto Hammerhead di Piaggio aerospace.

leonardo finmeccanicaLEONARDO FINMECCANICA
Per Bono la sfida non è semplice. Insieme con lui e Guarguaglini, ci sono anche gli ex Finmeccanica Giovanni Bertolone e Alessandro Franzoni. L' azienda di Villanova D' Albenga vive una crisi che va avanti da anni e che non vede ancora la parola fine.
Colpa dell' eredità del governo Renzi e dei rapporti sempre più difficili con il fondo Mubadala.

A questo si aggiungono anche le difficoltà negli anni del mandato di Mauro Moretti in Leonardo: l' ex amministratore delegato si era alla fine sempre tenuto distante dalla questione Piaggio nonostante la tecnologia del droni fosse fatta da Selex.
MAURO MORETTIMAURO MORETTI

Tra gli ultimi decreti del governo Gentiloni ci fu quello di stanziare 766 milioni da parte dell' Aeronautica militare per l' acquisto dei nuovi droni da guerra, P2hh. Ma quel decreto è rimasto solo sulla carta. Al momento è tutto fermo.

E da quel che si apprende l' unica novità è che nei prossimi mesi, il primo drone, il P1hh tornerà negli Emirati Arabi a bordo di un Antonov per essere messo a disposizione degli emiri.

Diversa la situazione di Vitrociset. L' azienda della famiglia Crociani è al centro da mesi di una trattativa che vede impegnate le eredi del conte Camillo e il governo. La vecchia proposta dell' imprenditore abruzzese Antonio Di Murro è naufragata.

FINMECCANICA ECO G kbqD U mmF x Corriere Web Sezioni x
Adesso tocca a Bono che ha avanzato una proposta insieme con Mermec group, società italiana specializzata in diagnostica ferroviaria. Chissà che l' ingegnere Guarguaglini non possa dare una mano anche su questo delicato capitolo strategico per la difesa del nostro Paese.

Di certo si sta ricostituendo un gruppo di lavoro composto non proprio da ragazzini, sicuramente in grado di mettere a frutto network di relazioni che negli anni del governo Renzi sono stati soffocati.

Il ruolo degli Stati Uniti e le idee della Casa Bianca sul futuro dell' industria della difesa italiana non sono certo da sottovalutare. E la presenza di Giuseppe Giordo nel board di Sami, il colosso saudita (zeppo di soldi) si prospetta come un grande incentivo anche per il tricolore.

Fonte: qui

SCHIFANI: "CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE A DELINQUERE", PER I PM L'EX PRESIDENTE DEL SENATO FU SNODO DI UNA FUGA DI NOTIZIE PER FAVORIRE L'EX CAPO DI SICINDUSTRIA, ANTONELLO MONTANTE

ECCO I 24 NOMI DEL PROVVEDIMENTO DI CHIUSURA DELL'INDAGINE

Salvo Palazzolo per repubblica.it
renato schifaniRENATO SCHIFANI

La procura di Caltanissetta muove una nuova accusa all'ex presidente del Senato Renato Schifani, che a maggio aveva ricevuto un avviso di garanzia per rivelazione di notizie riservate e favoreggiamento nei confronti dell'ex numero uno di Sicindustria Antonello Montante. Adesso, con la chiusura dell'indagine, viene mossa anche la contestazione di "concorso esterno in associazione a delinquere".

Un'accusa più grave, pure per il docente universitario Angelo Cuva, per il questore di Vibo Valentia Andrea Grassi e per il capo reparto dell'Aisi, il servizio segreto civile, Andrea Cavacece. Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Gabriele Paci, dei sostituti Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, ci sarebbe stata una catena di talpe eccellenti al servizio di Montante, a cui viene contestato di essere stato a capo di un' associazione a delinquere per spiare le indagini della procura e della squadra mobile nissena diretta da Marzia Giustolisi.
MONTANTE CONFINDUSTRIA SICILIAMONTANTE CONFINDUSTRIA SICILIA

Per l'accusa, sarebbe stato Grassi a far filtrare per primo la notizia dell’indagine su Montante (dopo averla appresa, per motivi d’ufficio, dai colleghi di Caltanissetta). Grassi avrebbe poi parlato con Cavacece, e quest’ultimo con Arturo Esposito, all'epoca capo dell'Aisi. Da Esposito (accusato di associazione a delinquere) l'informazione sarebbe arrivata a Schifani, dunque a Cuva e al colonnello Giuseppe D'Agata, all'epoca pure lui nei servizi segreti. Grassi e Cavacece hanno respinto tutte le accuse, ribadendo la correttezza del loro operato. Gli altri indagati potrebbero chiedere di essere sentiti dopo l’avviso di conclusione dell'inchiesta, notificato questa mattina, hanno 20 giorni di tempo per prospettare la propria difesa, poi la procura solleciterà il rinvio a giudizio.


schifani 4 mezzelani gmtSCHIFANI  MEZZELANI
L'avvocato Nino Caleca, legale di Montante, annuncia già: "Chiederemo di essere sentiti, per portare un ulteriore contributo all'accertamento dei fatti contestati. Intanto, prendiamo atto che nel provvedimento di chiusura delle indagini non c'è la contestazione originaria, quella di concorso esterno in associazione mafiosa. Per la difesa di Montante, un dato importante. Sui rapporti con gli esponenti delle forze dell'ordine forniremo tutti i chiarimenti". Intanto, però, Montante resta al reparto detenuti dell'ospedale Civico di Palermo, dove è stato ricoverato nei giorni scorsi per accertamenti.

ANTONELLO MONTANTE 3ANTONELLO MONTANTE 3


Schifani, invece, replica: “Sono sorpreso e allibito perché mi si contesta di avere favorito una persona con cui notoriamente non ho mai avuto rapporti di amicizia e frequentazione. Quando avrò cognizione delle indagini che sino ad oggi sono a me ignote, mi difenderò nelle opportune sedi della giustizia nella quale nutro sempre fiducia". Schifani era stato già convocato dai magistrati di Caltanissetta, ma in quell'occasione si era avvalso della facoltà di non rispondere.

GLI INDAGATI
Ha il ritmo della spy-story l’indagine che ha svelato la centrale di spionaggio che sarebbe stata messa in campo da uno dei simboli dell’antimafia. Nelle scorse settimane, la procura di Caltanissetta ha convocato come testimone uno dei vice dell’Aisi: Valerio Blengini è stato chiamato in causa dall’ex questore di Caltanissetta, Bruno Megale; in una relazione di servizio ha raccontato che il suo vecchio amico passato ai servizi segreti gli avrebbe chiesto dell’inchiesta Montante, all’epoca riservatissima. Blengini ha offerto una sua spiegazione, ma sono rimaste ferme le accuse nei confronti di tutti gli indagati.

Antonello MontanteANTONELLO MONTANTE
Sono complessivamente 24 le persone raggiunte dal provvedimento di chiusura dell'inchiesta. Agli arresti domiciliari, con l'accusa di associazione a delinquere, ci sono ancora il colonnello D'Agata, Diego Di Simone (capo della security di Confindustria), Marco De Angelis (sostituto commissario in servizio a Palermo) ed Ettore Orfanello (ex comandante del nucleo di polizia tributaria della Finanza nissena). Indagati anche il sovrintendente della polizia Salvatore Graceffa, l'imprenditore Massimo Romano, Gianfranco Ardizzone (ex comandante provinciale della Guardia di finanza di Caltanissetta), Mario Sanfilippo (comandante del gruppo Tutela spesa pubblica del nucleo di Pt di Caltanissetta), Salvatore e Andrea Calì (titolari di una ditta di intelligence, rispondono di favoreggiamento), il colonnello Letterio Romeo (l'ex comandante del Reparto Operativo dei carabinieri di Caltanissetta deve difendersi dall'accusa di soppressione di atti).

Antonello Montante 2ANTONELLO MONTANTE 2
E poi, ancora, il dirigente generale dell'assessorato Attività produttive Alessandro Ferrara (indagato per favoreggiamento), il sindacalista Maurizio Bernava (favoreggiamento), Carlo La Rotonda (il direttore di Confindustria Centro Sicilia, indagato per simulazione di reato) e Salvatore Mauro (dipendente dei Calì, risponde della stessa imputazione di La Rotonda). Indagate per favoreggiamento anche le collaboratrici di Montante, Rosetta Cangialosi e Carmela Giardina: la notte del blitz a Milano, aiutarono il leader di Confindustria a distruggere pen drive e appunti, poi lanciati dalla finestra in un pozzo luce.


MONTANTE CROCETTAMONTANTE CROCETTA
renato schifani 2RENATO SCHIFANI











Per settembre è attesa la seconda tranche dell'inchiesta, quella che vede indagati, "in concorso" con Montante, l'ex presidente della Regione Rosario Crocetta, gli ex assessori Linda Vancheri e Mariella Lo Bello (fedelissime del leader di Confindustria), l'ex presidente dell'Irsap (l'ente regionale per le attività produttive) Mariagrazia Brandara, l'ex presidente di Sicindustria Giuseppe Catanzaro e altri tre imprenditori (Carmelo Turco, Rosario Amarù e Totò Navarra). Poi resta la decisione dei pm sull'accusa originaria, di concorso esterno in associazione mafiosa, nata dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. E le indagini non sono finite. Restano ancora senza nome altre talpe istituzionali che avrebbero soffiato notizie riservate a Montante

Fonte: qui

CHIUSE LE INDAGINI SULL'EX PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA SICILIA 

PER I PM AVEVA MESSO IN PIEDI UN “SISTEMA DI POTERE FINALIZZATO ALL’OCCUPAZIONE DEI POSTI DI VERTICE DI ASSOCIAZIONI E SOCIETÀ” 

PER QUESTO AVEVA CREATO UNA RETE DI ‘TALPE’, CON LO SCOPO DI RACCOGLIERE NOTIZIE RISERVATE 

A RENATO SCHIFANI CONTESTATA LA COMPLICITÀ

Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

MONTANTE CROCETTAMONTANTE CROCETTA
L' ex presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante, arrestato nel maggio scorso con l' accusa di associazione per delinquere, corruzione e altri reati, aveva messo in piedi un sistema di potere finalizzato a una «progressiva occupazione dei posti di vertice di associazioni di categoria, enti e società», allo scopo di realizzare «una loro gestione di natura clientelare». Per fare questo aveva creato una rete di rapporti - fatta di complicità, raccolta di notizie riservate e «talpe» che lo informavano sulle mosse degli inquirenti - che ha coinvolto anche «appartenenti alle forze dell' ordine», utile alla «protezione degli interessi e delle attività imprenditoriali» dello stesso Montante e di «tutti gli associati».

ANTONIO CALOGERO MONTANTEANTONIO CALOGERO MONTANTE
È l' accusa finale mossa dalla Procura di Caltanissetta a conclusione di una lunga indagine cominciata oltre tre anni fa per un ipotetico concorso esterno in associazione mafiosa di Montante, che nel corso del tempo ha visto chiudersi quel capitolo e aprirsene un altro in cui sono emersi nuovi reati. Sempre negati dall' imprenditore nisseno e dai suoi presunti complici, ma che il procuratore aggiunto Gabriele Paci e i sostituti Stefano Luciano e Maurizio Bonaccorso sono convinti di aver provato.

L'avviso di conclusione indagini, notificato ieri, è l' anticamera della richiesta di rinvio a giudizio per Montante e altri 23 indagati, tra i quali spicca l' ex presidente del Senato, attuale parlamentare di Forza Italia, Renato Schifani. La sua posizione sembra essersi aggravata, e lui reagisce così: «Sono sorpreso e allibito, ma ho fiducia nella giustizia».
LO BELLO E MONTANTELO BELLO E MONTANTE

In precedenza erano contestate al senatore la violazione di segreto e il favoreggiamento, per il sospetto di aver contribuito ad avvisare Montante dell'inchiesta a suo carico; adesso si aggiunge il ruolo di «concorrente esterno» dell' associazione per delinquere, al pari del docente universitario Angelo Cuva, del dirigente di polizia (ora questore di Vibo Valentia) Andrea Grassi e del funzionario dell' Aisi (il servizio segreto interno) Andrea Cavacece.

Diversamente da Schifani, che si era avvalso del diritto di non rispondere ai pubblici ministeri, Grassi e Cavacece avevano cercato di spiegare la loro estraneità alla «fuga di notizie» con cui Montante, l' ex capocentro della Dia di Palermo (passato ai Servizi segreti) Giuseppe D' Agata e altri inquisiti erano venuti a conoscenza dell' inchiesta e delle intercettazioni in corso.

MONTANTE CON ALFANOMONTANTE CON ALFANO
Evidentemente senza riuscire a convincere gli inquirenti. Così come Montante, il paladino della legalità ora accusato di aver costruito un sistema di potere con metodi illegali, che peggiorò la propria situazione il giorno stesso dell' arresto: passò dalla detenzione domiciliare al carcere dopo essere stato sorpreso a distruggere documenti mentre la polizia bussava alla porta.
renato schifani gianni lettaRENATO SCHIFANI GIANNI LETTA

Un capovolgimento di ruolo quantomeno imbarazzante rispetto all' immagine che s' era costruito in nome delle battaglie antimafia e delle relazioni coltivate ai più alti livelli istituzionali. Utilizzate, secondo l' accusa, anche per carpire informazioni sulle indagini a suo carico, per depistarle e cercare di coprirsi le spalle. Ma il suo avvocato, Nino Caleca, non si scompone: «Cade definitivamente il sospetto che dietro un' antimafia di facciata Montante intrattenesse oscuri rapporti con Cosa nostra. Chiederemo un nuovo interrogatorio per ricostruire gli altri fatti oggetti di contestazione».

Fonte: qui