9 dicembre forconi: 10/12/18

venerdì 12 ottobre 2018

CONDANNATO A SETTE ANNI CON RITO ABBREVIATO IL GIUDICE GAETANO MARIA AMATO, 58 ANNI, ACCUSATO DI PRODUZIONE E DIFFUSIONE DI MATERIALE PEDOPORNOGRAFICO E VIOLENZA SESSUALE SU MINORE


SECONDO I PM INVECE AVREBBE PALPEGGIATO UN’ADOLESCENTE, RIPRESO COL CELLULARE DUE RAGAZZINE MINORI NUDE DI 16 ANNI E AVREBBE DIFFUSO LE IMMAGINI IN RETE


GAETANO MARIA AMATOGAETANO MARIA AMATO
Il Gup di Messina ha condannato a sette anni con rito abbreviato il giudice Gaetano Maria Amato, 58 anni, accusato di produzione e diffusione di materiale pedopornografico e violenza sessuale su minore. Il magistrato fu arrestato nel 2017 dopo un’inchiesta della procura di Messina.

L’inchiesta ha preso il via tra il giugno del 2014 e il settembre del 2015 quando scattò l’operazione “Black Shadow”, che scoprì una rete di pedofili nazionale e ed emerse l’identità del giudice Amato che si manifestava in rete con un nome in codice. La polizia scoprì tutto durante perquisizione a Messina nella casa del magistrato portando via computer e cellulari.

Amato ammise solo di aver scambiato qualche foto in rete. Secondo i pm invece avrebbe palpeggiato un’ adolescente, ripreso col cellulare due ragazzine minori nude di 16 anni e avrebbe diffuso le immagini in rete. Il giudice avrebbe anche partecipato a chat con altri soggetti interessati allo scambio di foto hard di ragazzine. Il magistrato messinese, che era in servizio a Reggio Calabria, è stato sospeso dalle funzioni e rischia la radiazione.

Fonte: qui

ARRESTATO A MODENA L’UOMO CHE HA UCCISO UNA PROSTITUTA E NE HA CARBONIZZATO IL CORPO.



“UN PERSONAGGIO SADICO, CHE NON SI SAREBBE FERMATO”

IL CADAVERE È STATO MUTILATO DAGLI ANIMALI SELVATICI E POI LUI GLI HA DATO FUOCO 

DI PROFESSIONE FA IL CUOCO E IN PASSATO AVEVA GIÀ STUPRATO UNA DONNA E TENTATO DI SEQUESTRARNE UN’ALTRA 

ECCO IL VIDEO CHE LO HA INCASTRATO




modena donna carbonizzata 9MODENA DONNA CARBONIZZATA 
Ha 34 anni, di professione cuoco, italiano e vive nel Modenese, dove nell’arco di una sola settimana ha messo a segno tre episodi di violenza contro le donne, per i quali è accusato e sospettato: una violenza sessuale, un tentativo di sequestro e infine il più efferato, un omicidio con la distruzione del cadavere carbonizzato.

«Un personaggio sadico, che sicuramente non si sarebbe fermato», spiegano il procuratore di Modena Lucia Musti e i carabinieri del comando provinciale che sono riusciti a dare un volto all’incubo che per giorni ha terrorizzato tutta la provincia. Adesso si trova in carcere con ben due ordinanze di custodia cautelare, confermate dal Gip, a suo carico.
modena donna carbonizzata 7MODENA DONNA CARBONIZZATA 

La violenza sulle donne
I crimini hanno avuto una sequenza terribile: il 24 agosto la violenza sessuale in un garage di Zocca, il 30 agosto l’omicidio avvenuto a Modena e il successivo ritrovamento nelle campagne di San Donnino (alle porte del capoluogo) il 2 settembre il tentativo di sequestro a Savignano sul Panaro: l’episodio- culmine, che ha permesso di indirizzare le indagini e fermare il 34enne. Quel tentativo di sequestro è infatti stato filmato da una telecamera: si vedono l’uomo e una donna litigare, e poi una macchina bianca diventata la traccia per rintracciare il responsabile. Da lì l’intuizione degli investigatori, che hanno collegato quell’aggressione ai fatti avvenuti qualche giorno prima: in particolare all’omicidio del 30 agosto.
modena donna carbonizzata 8MODENA DONNA CARBONIZZATA 

L’omicidio e il cadavere bruciato riconosciuto da un chiodo
Il cadavere carbonizzato era stato trovato il 10 settembre, in parte mutilato dagli animali selvatici ma soprattutto distrutto dalle fiamme appiccate da chi voleva nascondere quel crimine. La vittima era Vasilita Nicoleta Neata, una prostituta 31enne romena, identificata grazie a un chiodo endomidollare che le era stato impiantato: unico elemento salvato dal fuoco. «Di quella tipologia di dispositivo ne sono stati impiantati solo due in Italia» spiegano i carabinieri. La donna sarebbe stata uccisa in un luogo differente e poi trasportata nel bosco nel quale è stata ritrovata.
modena donna carbonizzata 4MODENA DONNA CARBONIZZATA 

Il libro della figliastra
Proprio dalle fiamme e dalla cenere è stato però estrapolata un’altra importantissima prova: per alimentare il fuoco l’uomo ha infatti usato un libro della figliastra. I frammenti di quella carta hanno permesso di risalire al nome della figlia e conseguentemente a collegarla al padre. Sospetti diventati poi certezze con i rilievi tecnici sul gps e i tabulati telefonici dell’uomo: ci sarebbe infatti stata una chiamata il 30 agosto sera tra il 34enne e la prostituta uccisa, poche ore prima del delitto.

«Contro le donne un odio seriale»
modena donna carbonizzata 3MODENA DONNA CARBONIZZATA 
Gli investigatori non vogliono fornire molti elementi sull’indagato. Viene spiegato che ha problemi di tossicodipendenza e precedenti per rapina. Poi poco altro. Non vengono però risparmiate considerazioni sulla violenza dell’uomo e sull’escalation delle sue azioni. «Tutto fa pensare che non si sarebbe fermato, vista anche la spregiudicatezza con la quale ha aggredito la donna del tentato sequestro, in pieno giorno e a volto scoperto». E adesso anche tanti altri episodi a carico di ignoti — sui quali sono in corso accertamenti — potrebbero trovare finalmente un responsabile. Fonte: qui

IL MARITO FINISCE IN CELLA PER MAZZETTE, LA MOGLIE SI UCCIDE


LA MOGLIE: “COLPA MIA, MI AMMAZZO” 


“LA RESPONSABILE DI QUANTO ACCADUTO SONO IO” 

ERA LEI (SOLO INDAGATA) A SOLLECITARE IL MARITO, FUNZIONARIO PUBBLICO, A RISCUOTERE DENARO, E A "FARSI RISPETTARE" DAGLI IMPRENDITORI AI QUALI BATTEVA CASSA

A INSOSPETTIRE GLI INVESTIGATORI L’ALTO TENORE DI VITA DELLA COPPIA…

Simona Pletto per “Libero Quotidiano”

«Colpa mia, mi uccido». Poche righe, lasciate all' alba prima di scavalcare una ringhiera e gettarsi nel vuoto da uno dei ponti che si affacciano sul fiume Metauro, a Urbania di Pesaro. Un volo di oltre trenta metri che ha messo fine, con l' impatto mortale nell' acqua, a qualsiasi rimorso, e ai sogni rincorsi di una bella vita.
RENATO DINI MARIA GRAZIA FAGGIOLINIRENATO DINI MARIA GRAZIA FAGGIOLINI

Maria Grazia Faggiolini, 45 anni, casalinga, indagata per un giro di mazzette per il quale era stato da poco arrestato il marito Renato Dini, 49 anni, funzionario pubblico dell' Unione Montana Alta Valle del Metauro, prima di lanciarsi nel precipizio ha posato nel sedile della sua Toyota Yaris un biglietto nel quale, giocando d' anticipo, si è formulata la sua sentenza: «La responsabile di quanto accaduto sono io». Così ha scritto più o meno in quel foglio rinvenuto dai carabinieri. La donna dunque non ha retto all' improvvisa sferzata del destino disegnata giovedì scorso, quando ha visto scattare le manette ai polsi del marito che proprio ieri pomeriggio ha ottenuto i domiciliari.

Da una vita fatta di agi, si è trovata addirittura a rischiare di finire in carcere. Il pm infatti anche per lei aveva chiesto l' arresto, ma il gip non lo aveva concesso perché, una volta rinchiuso il marito, da sola non avrebbe potuto reiterare il reato. Maria Grazia, infatti, secondo l' accusa (era indagata per gli stessi reati "in concorso morale" col marito), aveva un ruolo attivo negli affari illeciti finiti nell' inchiesta portata avanti dalla Guardia di Finanza.

APPALTI IN FAMIGLIA
suicidio MARIA GRAZIA FAGGIOLINISUICIDIO MARIA GRAZIA FAGGIOLINI
Un' indagine che ha scoperchiato un giro di appalti pilotati alle ditte imprenditrici di amici dai quali il coniuge riceveva in cambio mazzette. A tradire la coppia, che non ha figli e risiede a Borgo Pace, in provincia di Pesaro, le tante e inequivocabili intercettazioni ambientali e telefoniche raccolte dalle Fiamme Gialle nei mesi d' indagine intitolata non a caso "appalti in famiglia", e che hanno preceduto l' arresto del funzionario.

Sempre secondo la procura di Urbino, era lei a sollecitare il marito a riscuotere denaro, e a "farsi rispettare" dagli imprenditori ai quali batteva cassa. Nelle conversazioni intercettate, era infatti proprio la moglie a stimolare la riscossione del denaro. Ed era sempre lei a chiedere l' esito delle "visite a domicilio" fatte ogni mese dal marito. Riferendosi a un imprenditore moroso, che doveva corrispondere anche 500 e 1000 euro al mese, spingeva il marito a prospettare conseguenze spiacevoli, ossia la mancata aggiudicazione di gare che non sarebbe più avvenuta «nemmeno se l' interessato avesse pianto».
RENATO DINI MARIA GRAZIA FAGGIOLINIRENATO DINI MARIA GRAZIA FAGGIOLINI

A insospettire i finanzieri, sarebbe stato l' alto tenore di vita della coppia. La stessa Maria Grazia era infatti solita postare sui social i suoi viaggi, i costosi acquisti. Un tenore difficile da mantenere da semplice casalinga con un solo stipendio del marito che guadagnava circa 2mila euro al mese. I profili sono stati subito cancellati, ma solo quelli.

Niente più favolosi soggiorni postati su Facebook, con decine di foto di deserti africani e mari tropicali, in un mondo paradisiaco che sembrava senza fine. Prima di finire al centro dell' inchiesta, con l' accusa di turbativa d' asta e induzione indebita. L' altro ieri mattina, la donna è uscita di casa per mettere una pietra tombale su tutto.

TRAGICA SCOPERTA
Poche ore dopo il volo, il gip interrogava nel carcere di Pesaro il marito, in quel momento all' oscuro di tutto. Il funzionario, si è difeso precisando che le sue non erano tangenti, ma pagamenti di consulenze che aveva fatto agli amici imprenditori. Al suo fianco, l' avvocato Giuliana Riberti, che poche ore dopo è dovuta tornare in carcere per annunciargli che sua moglie si era uccisa. «Si è mostrata sensibilità nei suoi confronti», da commentato, «almeno lì, con i suoi familiari, avrà modo di elaborare in un ambiente più tranquillo la sua disgrazia».

Fonte: qui

CONFISCATO TESORETTO DA 600MILA EURO AL SACERDOTE, DON "EURO" LUCA MORINI: AVEVA ANCHE AUTO E DIAMANTI


LE MINACCE AL VESCOVO, LE TRUFFE ALLE SUORE E AI FEDELI CHE GLI HANNO PERMESSO DI ACCUMULARE DENARO CHE IL PRETE HA SPESO PER PAGARE I SUOI VIZI

Davide Falcioni per www.fanpage.it

don euro don luca moriniDON EURO DON LUCA MORINI
Se era stato soprannominato "Don Euro" un motivo c'è, e l'hanno potuto constatare anche i giudici del Tribunale di Genova che hanno confiscato il "tesoro" di don Luca Morini: polizze assicurative, diamanti, una Fiat 500 e il contenuto di un conto corrente pari a 600 mila euro, per un valore totale dei beni di quasi un milione di euro. I diamanti, custoditi nel caveau della Intermarket Diamond Business, avevano un valore superiore a centomila euro. La confisca, effettuata dai carabinieri, era stata richiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia.


don euro don luca moriniDON EURO DON LUCA MORINI






I beni di Don Euro erano stati inizialmente sequestrati il primo giugno di quest'anno, in attesa che il sacerdote ne spiegasse la provenienza. Nel frattempo però Morini non solo non ha fornito motivi validi, ma non si è neppure presentato in Tribunale. Per questo i giudici hanno ritenuto il prete un soggetto pericoloso ed hanno ordinato la confisca. Come se non bastasse Don Euro aveva minacciato il vescovo, monsignor Giovanni Santucci, circa un presunto dossier su altri prelati della diocesi: in questo modo il sacerdote si era garantito l’usufrutto dell’appartamento acquistato per lui dalla diocesi, utenze comprese, lo stipendio di 800 euro mensili per la governante e una serie di somme di denaro sul suo conto.

don luca moriniDON LUCA MORINI
Non è però tutto. Don Morini infatti aveva organizzato una truffa anche alle suore delle Figlie di nostra Signora, facendosi dare 400 euro per dire la messa di suffragio per le religiose defunte, somma che poi spendeva in Beauty farm. A questo vanno aggiunte le truffe ai fedeli, che mettevano mano al portafoglio con la convinzione di aiutare la parrocchia e non di pagare i festini di don Luca. I soldi che passavano nelle mani di Don Morini erano una cifra esagerata e in pochi anni gli ha permesso di accumulare milioni di euro, denaro che il prete ha investito nei gioielli e in parte ha speso per pagare i suoi vizi.

Fonte: qui

I RICERCATORI AMERICANI LANCIANO L’ALLARME: PECHINO HA SIA I MEZZI CHE LE MOTIVAZIONI PER DISTRUGGERE LA RETE SU CUI SI MINANO LE CRIPTOVALUTE


MA PERCHÉ (E COME) LO DOVREBBE FARE? IL 74% DELL’HASHRATE, LA POTENZA DI ELABORAZIONE DEL NETWORK, ARRIVA DALLA CINA, IL GOVERNO VORREBBE AVERE PIÙ CONTROLLO SULLA BLOCKCHAIN E…

DAGONEWS

btc chinaBTC CHINA
La Cina può distruggere i bitcoin? È la provocazione, ma manco tanto, lanciata da un paper dei ricercatori di Princeton e della Florida International University. La Cina, si legge nell’articolo, ha sia i mezzi che le motivazioni per lanciare alcuni attacchi devastanti alle criptovalute, e in un certo senso sta già influenzando la rete della moneta virtuale.

XI JINPINGXI JINPING
La Cina e i bitcoin
Il network su cui si “mina” la criptovaluta (creato nel 2008 dal misterioso Satoshi Nakamoto) impiega un enorme quantità di server per processare e portare a termine le transazioni seguendo la “catena dei blocchi” (la famosa blockchain). Per creare bitcoin serve insomma molta energia. E  indovinate da dove viene? Del totale dell’hash rate, ovvero la potenza di elaborazione della rete bitocin, il 74% arriva dalla Cina. Questo in teoria permette ai miners cinesi di unirsi e di muovere un attacco a più della metà della catena blockchain, causando la distruzione dell’intero network  (anche se Mashable, che analizza il paper, non spiega come potrebbe succedere).

BITCOIN MANIABITCOIN MANIA
Non solo, perché il “Great Firewall” e il “Great Cannon” –  i nomi con cui si descrivono gli strumenti che il dragone usa per filtrare e censurare il traffico internet del Paese (bloccando i big stranieri e favorendo le aziende locali conniventi con il partito comunista) – possono già essere usati per influenzare la rete dei bitcoin.

Dal “Great Firewall” infatti, per un certo periodo di tempo, è arrivato l’ordine di creare “blocchi vuoti”, che rallenterebbero però l’intero sistema a catena dei bitcoin. (Questo perché un blocco vuoto non contiene alcuna transazione, e quindi non crea criptovaluta ma ingolfa il sistema rallentando la crescita di valore della moneta”).
bitcoin 2BITCOIN 

La Cina ha però anche altre armi a disposizione per influenzare e, se volesse, distruggere il sistema dei bitcoin. Potrebbe per esempio rendere pubbliche le transazioni. Sembrerebbe semplice, ma perché dovrebbe farlo?

CINA BITCOINCINA BITCOIN







Si tratta di una questione ideologica: la tecnologia distributiva che costituisce il substrato teorico di blockchain e bitcoin è esattamente l’opposto della filosofia del governo centralizzato. Oppure potrebbe anche soltanto voler incrementare il controllo su di un’entità che per il momento sfugge all’occhio vigile del governo. Nonché un modo subdolo per attaccare le economie straniere.

Bitcoin ChinaBITCOIN CHINA
Insomma, i bitcoin potrebbero essere, più che una bolla, una fregatura. Finora ci avevano raccontato che uno dei vantaggi principali delle criptovalute era il fatto di non avere un’entità centrale a governarle, ma è ridicolo, se poi ce n’è una che può distruggerle.

Fonte: qui

UNA PENNETTA USB ESPLODE ALLA PROCURA DI TRAPANI


ERA ARRIVATA PER POSTA A UN’AVVOCATESSA DUE ANNI FA. FERITO UN AGENTE DA DOV’È STATA SPEDITA? 

INVENTATE DA UN RUSSO CHE SI NASCONDE DIETRO IL SOPRANNOME “DARK PURPLE”, POI IL MOSSAD LE HA TRASFORMATE IN PICCOLE BOMBE. SONO IN VENDITA NEL “DEEP WEB”, E COSTANO…

Estratto dell’articolo di Rino Giacalone per “la Stampa”

TRIBUNALE TRAPANITRIBUNALE TRAPANI
Il poliziotto prende tra le mani una chiavetta usb, estratta dalla busta del magazzino reperti e la introduce nel computer. Ha una delega del magistrato per guardare cosa contenga la chiavetta, ricevuta in modo anonimo due anni prima da una avvocatessa. Ha gli occhi fissi sullo schermo quando il dispositivo, con un botto assordante, gli esplode tra le dita della mano sinistra.

Il resto della pennetta, la parte esterna, colpisce lasciando una profonda impronta il soffitto della stanza, nell' ufficio della polizia giudiziaria al piano terra del Tribunale di Trapani. Forse dentro la chiavetta c' era della polvere da sparo compressa, l' innesco sarebbe stato attivato dai sensori del pc. Ciò che è successo ha i contorni di un giallo, a cavallo tra James Bond e il commissario Montalbano.

(…)

CHIAVETTA USB ESPLOSIVACHIAVETTA USB ESPLOSIVA
Anche perché il poliziotto protagonista della vicenda, l' ispettore Gianni Aceto, per la sua ironia e l' intuito investigativo, ricorda tanto Montalbano quanto il suo vice Mimì Augello. (…) Aceto è un poliziotto in carriera, ha lavorato per anni nella squadra antimafia della Mobile trapanese e da qualche tempo è in servizio alla polizia giudiziaria. Sempre pronto a prendersi un caso e risolverlo. Come si apprestava a fare lunedì scorso. Due anni prima l' avvocatessa Monica Maragno, civilista ed esperta di diritto del lavoro, riceve tra la posta del suo studio una busta. Il mittente è l' ordine degli avvocati di Trapani, dentro c' è una chiavetta usb, senza alcuna lettera di spiegazione.

(…)
TRIBUNALE TRAPANI 1TRIBUNALE TRAPANI 

L' attesa Busta e usb finiscono così in Procura. Il tempo trascorre, la Procura ha iscritto l' esposto a modello 45, a carico di ignoti. All' avvocatessa sembra che in tutto questo tempo non sia accaduto altro: nulla che faccia sospettare altri eventi collegati alla busta.
Nei giorni scorsi il pm Antonio D' Antona delega la polizia giudiziaria a ispezionare il contenuto della chiavetta. Tutto secondo routine. Fino all' esplosione improvvisa.

Il mistero
deep webDEEP WEB
Da dove può essere arrivata, quindi, quella usb? Scorrendo su internet si scopre che chiavette di questo tipo nel mondo del «deep web» è facile trovarle, anche per 50 euro. L' inventore è un russo, che si nasconde dietro il soprannome Dark Purple, ma le sue sono chiavette destinate a danneggiare, «friggendole», le memorie dei pc. Poi pare che il Mossad israeliano abbia trovato il modo di trasformarle in piccole bombe.
TRIBUNALE TRAPANI 2TRIBUNALE TRAPANI 


Ma l' avvocato Maragno, che domani verrà sentita dai pm, non si è fatta nessun nemico tra i russi, né gli israeliani. La chiavetta è tutta di marca trapanese. A Trapani i misteri, veri, non da fiction, spesso non sono stati da meno rispetto ai gialli in cui sono coinvolti i migliori 007.

10 Ottobre 2018

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MALAGO', IL CAPO DELLO SPORT ITALIANO ELETTO MEMBRO DEL CIO


NOMINATO A TITOLO INDIVIDUALE, IL NUMERO UNO DEL CONI HA OTTENUTO 66 VOTI SU 74 

E' IL PRIMO ITALIANO NATO A ROMA A ENTRARE NEL COMITATO OLIMPICO INTERNAZIONALE (L'ALTRO ROMANO È OTTAVIO CINQUANTA, MA...) 

CON MARIO PESCANTE CHE DIVENTA MEMBRO ONORARIO, GLI ITALIANI AL CIO RESTANO 3: MALAGO’, CARRARO E FERRIANI

(ANSA) - Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, è stato eletto oggi membro del Comitato olimpico internazionale a titolo individuale. La votazione è avvenuta durante la 133/a Sessione del Cio in corso a Buenos Aires. Malagò ha ottenuto 66 voti su 74. Malagò è il ventiduesimo italiano della storia ad entrare nel prestigioso consesso a cinque cerchi, il 16/o a titolo individuale. E' il primo italiano nato a Roma a entrare nel Cio, l'altro romano è Ottavio Cinquanta, ma non membro a titolo individuale. Era da 24 anni che l'Italia non vedeva eleggere un membro del Cio a titolo individuale, vale a dire indipendentemente dalla carica ricoperta.
ottavio cinquantaOTTAVIO CINQUANTA

L'ultimo era stato Mario Pescante che proprio in questa Sessione lascia la parte attiva per raggiunti limiti d'età e diventa membro onorario: dopo di lui, soltanto nomination sulla base dei ruoli ricoperti nelle federazioni internazionali o in quota atleti. Il primo dirigente italiano a diventare membro del Cio era stato il conte napoletano Ferdinando Lucchesi Palli che entrò nel governo olimpico in occasione della fondazione del Comitato olimpico nel 1894 a Parigi. Con l'uscita di Pescante e l'ingresso di Malagò i membri italiani del Cio restano tre: insieme al presidente del Coni ci sono infatti Franco Carraro e Ivo Ferriani (in qualità di presidente di Federazione internazionale e da oggi anche membro dell'esecutivo del Cio).

Fonte: qui

IL LEGHISTA BORGHI MULTATO PER IRREGOLARITÀ BANCARIE: DOVRÀ PAGARE 15 MILA EURO PER "CARENZE NELL'EROGAZIONE E NEL CONTROLLO DEL CREDITO" QUANDO ERA NEL CDA DI BANCA ARNER


IL DEPUTATO SI DIFENDE: “LA LEGGE NON È UGUALE PER TUTTI. COMUNQUE HO GIÀ PAGATO”

Estratto dell’articolo di www.repubblica.it

claudio borghi liraCLAUDIO BORGHI LIRA
Claudio Borghi, presidente leghista della commissione Bilancio della Camera, è stato sanzionato  definitivamente dalla Cassazione per "irregolarità consistenti in carenze nell'erogazione e nel controllo del credito". L'illecito amministrativo  è stato commesso quando Borghi era componente del Consiglio di amministrazione di Banca Arner messa sotto ispezione da Bankitalia nel 2013.

claudio borghi euroCLAUDIO BORGHI EURO
La Suprema Corte ha condannato l'esponente leghista, una delle menti economiche del Carroccio, al pagamento di 15mila euro più altri 2.550 da versare a Banca d'Italia per le spese legali. Il verdetto della Cassazione respinge la tesi di Borghi che sosteneva che c'erano state disparità nel trattamento sanzionatorio degli amministratori di Banca Arner finiti nel mirino della vigilanza bancaria.   […]

Fonte: qui




''LA CONDANNA DI UN GIUDICE DI SINISTRA? È IL MIO BENVENUTO IN POLITICA'' 


BORGHI VEDE CONFERMATA LA SANZIONE AMMINISTRATIVA DA 15MILA EURO PER LE IRREGOLARITÀ NELLA GESTIONE DI BANCA ARNER: ''ERAVAMO TUTTI NELLA STESSA CONDIZIONE MA HANNO COLPITO SOLO ME. LA LEGGE NON È UGUALE PER TUTTI. BANKITALIA MI SANZIONAVA MENTRE DORMIVA SULLE BANCHE CHE FALLIVANO. FIGURIAMOCI SE CON 10 MILIONI DI VOTI CI FERMIAMO DAVANTI ALLE LORO CRITICHE SULLA MANOVRA''


Monica Guerzoni per il Corriere della Sera

Ideatore di alcune tra le più spericolate ricette economiche della Lega, Claudio Borghi Aquilini è noto per le esplosive teorie sull' uscita «inevitabile» dalla moneta unica. Far «saltare per aria» l' euro e tornare alla lira è il suo sogno proibito e ogni volta che lo rivela la moneta unica cola a picco. Sua la manina che due giorni fa ha chiuso di botto il microfono a Giovanni Tria: «L' audizione era finita, il caso non esiste...Con il ministro ci abbiamo riso tanto e Guido Crosetto può testimoniare. Magari Crozza ci farà uno dei suoi sketch».

Il presidente della commissione Bilancio della Camera è in vena di battute, eppure non ha ancora digerito la sentenza con cui la Cassazione ha confermato la multa di 15.500 euro che la Banca d' Italia gli aveva inflitto nel 2014, quando era nel Cda di Banca Arner: «Carenze nell' erogazione e nel controllo del credito». Borghi aveva fatto ricorso «per principio», convinto di aver subìto disparità nel trattamento sanzionatorio. Ma gli «ermellini» gli hanno dato torto, facendogli versare nelle casse di Via Nazionale anche 2.500 euro di spese legali.
claudio borghi euroCLAUDIO BORGHI EURO

Deluso?
«No, è solo una multa per irregolarità amministrative, del tutto ingiustificata e che ho pagato da tempo. Eravamo tutti nella stessa condizione, ma il relatore era di Magistratura democratica e mi ha dato il benvenuto in politica. La legge non è uguale per tutti».

Ha il dente avvelenato?
«È un' istituzione benemerita. In passato ho avuto molto da dire contro la Banca d' Italia e anche ora penso che dovrebbero fare autocritica per i gravi errori commessi».

Quali errori?
«Aver consentito il disastro di Montepaschi, la sua condanna a morte con l' acquisto di Antonveneta. Hanno pensato bene di multare me per un credito andato a buon fine, mentre dormivano sulle banche che fallivano. Non hanno fatto le barricate contro il Bail In e ora il problema di tutto è la Lega che vuole cambiare la legge Fornero?».

I soldi per smantellarla non bastano.
MATTEO SALVINI CLAUDIO BORGHI 2MATTEO SALVINI CLAUDIO BORGHI
«È curioso, se a dirlo è una istituzione che ha la funzione di creare il denaro. Per salvare le banche(francesi e tedesche, ma non le italiane!) ai tempi di Monti sono saltati fuori 60 miliardi, perché per le pensioni i soldi non ci sono? Non è che dopo dieci milioni di voti rinunciamo a una promessa elettorale perché lo dice la Banca d' Italia. Ha ragione Di Maio, perché non si candidano?».

Salvo miracoli la manovra sarà bocciata dalla Ue. Avete preso le contromisure?
«Ci aspettiamo la bocciatura, ma siamo attrezzati. E speriamo che gli altri Paesi, a cominciare dalla Francia, prendano atto che la casta dei tecnocrati è vecchia, sta assumendo le parvenze di una antica religione tribale».

Con chi ce l' ha?
claudio borghi matteo salvini alberto bagnaiCLAUDIO BORGHI MATTEO SALVINI ALBERTO BAGNAI
«Con i sacerdoti della Ue. Soggetti come Dombrovskis e Moscovici, che predicano i sacrifici promettendoti la ricompensa e mettendo i tabù. Se lo stregone ti dice che non puoi entrare nella capanna altrimenti cade il fulmine, tu gli porti in dono l' agnello o il pollo, ma un giorno qualcuno scopre che la divinità cattiva era in realtà il Mago di Oz».

Fuor di metafora?
moscoviciMOSCOVICI
«Dietro la maschera della divinità spaventosa che ti punisce c' è l' ex premier del Lussemburgo, Juncker. Ma sono finiti, sconfitti dagli elettori e dai loro stessi partiti».

Fonte: qui

“CALCI IN FACCIA E COLPI ALLA TESTA: COSI’ E’ MORTO STEFANO CUCCHI”


IL CARABINIERE ACCUSA I COLLEGHI: "FU UN’AZIONE COMBINATA. GLI DISSI: ‘BASTA, CHE CAZZO FATE, NON VI PERMETTETE". 

SALVINI INVITA LA SORELLA E I PARENTI DI STEFANO AL VIMINALE: "SONO I BENVENUTI. EVENTUALI REATI DEVONO ESSERE PUNITI,MA…"

(ANSA) "Caso Cucchi, sorella e parenti sono i benvenuti al Viminale. Eventuali reati o errori di pochissimi uomini in divisa devono essere puniti con la massima severità, ma questo non può mettere in discussione la professionalità e l'eroismo quotidiano di centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi delle forze dell'ordine". Lo dichiara il ministro dell'Interno Matteo Salvini.


SPINTE E CALCI IN FACCIA

«Gli dissi 'basta, che c...fate, non vi permettete». Queste le parole che Francesco Tedesco disse ai suoi colleghi carabinieri Di Bernardo e D'Alessandro (anche loro imputati come lui di omicidio preterintenzionale, ndr) mentre uno «colpiva Cucchi con uno schiaffo violento in volto» e l'altro «gli dava un forte calcio con la punta del piede». È quanto si legge nel verbale di interrogatorio di Tedesco del 9 luglio 2018.


ilaria stefano cucchiILARIA STEFANO CUCCHI
«Fu un'azione combinata, Cucchi prima iniziò a perdere l'equilibrio per il calcio di D'Alessandro poi ci fu la violenta spinta di Di Bernardo che gli fede perdere l'equilibrio provocandone una violenta caduta sul bacino. Anche la successiva botta alla testa fu violenta, ricordo di avere sentito il rumore», racconta Francesco Tedesco. «Spinsi Di Bernardo -aggiunge Tedesco- ma D'Alessandro colpì con un calcio in faccia Cucchi mentre questi era sdraiato a terra».


«Iniziai ad avere paura anche per un'altra ragione e cioé perché quando ero in ferie fui contattato da D'Alessandro e Di Bernardo i quali mi dissero che avrei dovuto farmi i c... miei». Si legge ancora nel verbale del carabiniere: «Il D'Alessandro, inoltre, mi aveva detto di aver cancellato quanto lui aveva scritto sul registro del fotosegnalamento».

matteo salvini intervistato (8)MATTEO SALVINI INTERVISTATO
Tedesco ha anche parlato del suo rapporto con il maresciallo Mandolini, allora comandante della stazione Appia dove fu portato Cucchi che, secondo quanto sostiene Tedesco, sapeva di ciò che era accaduto. «Quando dovevo essere sentito dal Pm, il maresciallo Mandolini non mi minacciò esplicitamente ma aveva un modo di fare che non mi faceva stare sereno», mette a verbale Tedesco. E riferisce che prima di recarsi a piazzale Clodio per il primo interrogatorio del Pm, Mandolini gli disse: «Tu gli devi dire che stava bene, gli devi dire quello che è successo, che stava bene e che non è successo niente...capisci a me, poi ci penso io, non ti preoccupare».

Fonte: qui


SVOLTA NEL CASO STEFANO CUCCHI: UNO DEI TRE CARABINIERI CONFESSA IL PESTAGGIO 

IL MILITARE IMPUTATO DI OMICIDIO PRETERINTENZIONALE CHIAMA IN CAUSA DUE COLLEGHI 

LA SORELLA DI STEFANO, ILARIA: “IL MURO E’ STATO ABBATTUTO” 

SPARITA LA RELAZIONE DELL’ARMA SUL PESTAGGIO


Ilaria Sacchettoni per roma.corriere.it

Colpo di scena al nuovo processo istituito per la morte di Stefano Cucchi. Uno degli imputati, il carabiniere Francesco Tedesco, ha confessato di aver pestato il trentenne morto giorni dopo l’arresto all’ospedale Pertini. Non solo ma ha anche chiamato in causa i suoi colleghi dell’Arma Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro a processo per omicidio preterintenzionale.È la prima ammissione di responsabilità al processo bis per la morte di Cucchi. In aula i genitori di Stefano hanno ascoltato la rivelazione con una espressione composta.

Sparita la relazione dell’Arma sul pestaggio
Come se non bastasse dagli archivi dell’Arma è sparita la prima relazione, che attestava il pestaggio subito dal giovane, arrestato per spaccio di droga, alla periferia di Roma, il 15 ottobre 2009 e morto in ospedale una settimana dopo.

Pestato perché non collaborava
stefano cucchiSTEFANO CUCCHI
Nel nuovo processo per Stefano Cucchi a giudizio, per omicidio preterintenzionale, sono finiti i tre carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco che, quella notte, mentre erano in corso gli accertamenti che accompagnano sempre il fermo di un indiziato, lo sottoposero, secondo l’accusa, a un violento pestaggio. Il motivo? Cucchi si sarebbe rifiutato di collaborare sia alle perquisizioni che al fotosegnalamento. E per questo, secondo quanto scrive il pm Giovanni Musarò, il giovane fu colpito «con schiaffi, pugni e calci, fra l’altro provocandone una rovinosa caduta con impatto al suolo in regione sacrale».

Gli altri due militari a processo

Ma a processo, per decisione della gup Cinzia Parasporo, sono finiti anche i loro colleghi Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini, accusati (come pure lo stesso Tedesco) di aver testimoniato il falso durante il primo processo calunniando gli agenti della polizia penitenziaria benché innocenti e di aver mentito sulle circostanze del fotosegnalamento. Mandolini, in particolare, per il pm, aveva tentato di accreditare l’idea che il ragazzo non fosse stato sottoposto a fotosegnalamento su sua richiesta mentre la procedura fu elusa perché ritenuta rischiosa: le foto avrebbero testimoniato i segni delle percosse.

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Stefano CucchiSTEFANO CUCCHI

IL GENERALE NISTRI INTERVISTATO DA MASSIMO GIANNINI SUL CASO CUCCHI: 

''SIAMO UMANAMENTE VICINI ALLA FAMIGLIA, SONO SICURO CHE IL PROCESSO CHIARIRÀ TUTTO. MA QUI SI TRATTA DI UNA VIOLENZA DI ALCUNI, NON SI TRATTA DI UNA VIOLENZA DI STATO. 

L'ARMA SI SCUSA SEMPRE QUANDO QUALCUNO DEI SUOI MEMBRI VIOLA LA LEGGE''

Intervista di Massimo Giannini per www.radiocapital.it

Generale, dopo nove anni finalmente sappiamo la verità: il 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi non è morto cadendo dalle scale - come qualcuno, anche uomini in divisa, aveva provato a dire – ma è morto pestato a sangue da tre carabinieri. Ilaria Cucchi ha detto che è caduto il muro. Lei cosa si sente di dire?

Innanzitutto, sicuramente e con convinzione ribadisco la nostra vicinanza umana e la nostra solidarietà alla famiglia Cucchi, che ha subito un lutto così grave e in circostanze così particolari. Adesso si è aperto uno spiraglio di luce, mi sembra che sia la prima volta che un militare di quelli presenti quella sera ha riferito la sua verità.

nistri con franceschiniNISTRI CON FRANCESCHINI
Ovviamente questa verità dovrà poi essere passata al vaglio e al giudizio della Corte e dell'autorità giudiziaria, ma sotto questo profilo siamo assolutamente a fianco dell'autorità giudiziaria: è ora che possano essere accertate tutte le cause, i motivi e le dinamiche di quella sera. Quando sarà definito tutto, l’Arma dei carabinieri sarà assolutamente lieta di ciò che emergerà, perché l’Arma dei carabinieri deve in ogni circostanza riaffermare la piena trasparenza delle proprie decisioni.

Cosa ha provato quando ha letto la deposizione di Francesco Tedesco?
Ho provato quello che provano tutti i carabinieri che agiscono e hanno giurato fedeltà alla Costituzione, che recita all’articolo 13 che è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. Su questo punto, su cui mi sono espresso più volte pubblicamente, vale la pena essere chiari: se sei carabiniere, devi avere assoluto rispetto delle leggi, delle persone e della dignità umana, soprattutto delle persone sottoposte alla tua vigilanza; e il carabiniere ha il dovere, morale prima che giuridico, di dire la verità, e di dirla subito.

Quelle della deposizione di Tedesco sono frasi molto crude, che delineano uno scenario assolutamente inqualificabile. Detto questo, sarà uno scenario che dovrà essere sottoposto al vaglio confermatorio del processo. Aspettiamo con la netta e chiara condanna che riguarda tutti i casi nei quali si possa anche solo ipotizzare una carenza così grave di moralità. I tre militari sono stati sospesi dal servizio e, se ritenuti colpevoli, chiaramente si arriverà alle conseguenze previste dalla legge, che vanno fino alla destituzione. Come del resto ha fatto l’Arma, per motivi diversi e sotto una normativa diversa, anche nei confronti dei due ex carabinieri che sono stati accusati di quell’altro fatto drammatico di Firenze.

Giovanni Nistri CARABINIERIGIOVANNI NISTRI CARABINIERI
Mi pare di capire che nell’Arma ci sia consapevolezza di quanto sia grave ciò che è accaduto.

Mi sembra che sia assolutamente ovvio. Ma direi di più: capisco che il termine violenza di Stato sia una sintesi giornalisticamente sintetica. Ma qui si tratta di una violenza di alcuni, non si tratta di una violenza di Stato. Lo Stato non può essere chiamato come responsabile dell'irresponsabilità di alcuni.

Sembra esserci però qualcosa in più del comportamento inaccettabile di qualche singola divisa. Ieri, su Repubblica, Carlo Bonini ha parlato di sette falsi macroscopici: il verbale di arresto e perquisizione di Cucchi, il registro del fotosegnalamento della caserma Casilina dove Stefano era stato pestato, le due annotazioni della caserma di Tor Sapienza dove Stefano era stato trasferito per trascorrere la notte in attesa del processo per direttissima, il registro che custodiva la nota di servizio con cui Tedesco aveva informato per iscritto di quanto accaduto nel giorno della morte di Stefano. Insomma, la sensazione è che di fronte a questi sette falsi macroscopici non ce la si può cavare parlando di qualche singolo militare. Non c’è una responsabilità più alta risalendo le gerarchie? Non vi sentite tutti in qualche misura coinvolti?

Che nell'Arma ci sia amarezza e anche tristezza per quello che sembra emergere non c'è alcun dubbio.

NISTRINISTRI
Ma vorrei ricordare a tutti che si tratta di accertamenti che sono ancora in corso, di cui noi non siamo al corrente perché l’autorità giudiziaria non è tenuta a venirci a indicare i singoli aspetti. Quello che ho detto per i tre vale esattamente per tutti: nel momento in cui saranno accertate delle responsabilità, l'Arma prenderà le decisioni che le competono sulla base delle normative di legge. Non vogliamo guardare in faccia a nessuno. Vogliamo semplicemente che possa essere definito nella sua compiutezza il fatto. Il mancato controllo, se c'è stato e se sarà accertato, sarà perseguito. Spero che su questo spero che non ci siano dubbi.

Il tema era capire fino a che punto ci sono stati interventi di copertura e insabbiamento. Non possono essere stati solo tre appuntati a combinare questo fattaccio. Con il suo predecessore, il generale Del Sette, avete mai parlato del caso Cucchi? Avete mai avviato un’indagine interna? Si è discusso nelle alte gerarchie dell’arma?

Il general Del Sette, mio predecessore, il 18 dicembre 2015 rilasciò una dichiarazione che a mio modo di vedere era illuminante: “È una vicenda estremamente grave”, diceva, “saremo accanto alla magistratura con forza e convinzione come sempre, per arrivare fino in fondo alla verità per poi adottare con tempestività i dovuti provvedimenti”. Naturalmente il generale Del Sette si esprimeva con vicinanza nei confronti della famiglia Cucchi e della triste vicenda di Stefano prima e dopo quel 15 ottobre, e ribadiva la necessità di avviare con determinazione la ricerca della verità.
IL POST DI ILARIA CUCCHI SU FRANCESCO TEDESCOIL POST DI ILARIA CUCCHI SU FRANCESCO TEDESCO

Per rispondere alla sua domanda precisa, in queste condizioni, in questa situazione, l'Arma non sta svolgendo alcun accertamento interno per quanto concerne ciò che è ancora al vaglio dell'autorità giudiziaria. Nel momento in cui l’autorità giudiziaria avrà accertato, l’Arma provvederà di conseguenza. È bene che l’autorità giudiziaria, che è un organo terzo, possa definire la situazione. Procederemo alla stigmatizzazione delle eventuali responsabilità che emergeranno. Nel frattempo, naturalmente, se ci sono aspetti compiutamente definiti sotto il profilo giudiziario, già abbiamo avviato le procedure di competenza. Ricordo che, in fase cautelare, già il generale Del Sette sospese i tre carabinieri.

Una sospensione che non era dovuta, era un provvedimento che l’Arma ha assunto facoltativamente, nella propria autonomia. Così come nel momento in cui una parte seppure minimale dell’inchiesta che riguarda il triste caso Cucchi, e mi riferisco al proscioglimento per prescrizione dei tre militari, l’Arma ha proceduto a un'inchiesta di Stato che potrebbe arrivare ai procedimenti massimi e che è in corso. È un procedimento collaterale e di meno grave importanza di quello ancora in corso volto ad accertare le cause esatte del decesso. Però ugualmente stiamo procedendo.

C’è la sensazione che ci siano stati insabbiamenti, ma anche intimidazioni. Il 9 luglio Tedesco era davanti al pubblico ministero per la sua confessione e il comandante del nucleo di Brindisi con molta fretta lo contattò per notificargli un procedimento disciplinare di stato, di fatto la destituzione. È stato un tentativo di intimidirlo?

ILARIA CUCCHI SU CHIILARIA CUCCHI SU CHI
Mi verrebbe da dire che a pensare male a volte ci si azzecca ma si fa sempre peccato. Per uscire fuori da ogni area di indeterminatezza, le dico: il 13 aprile l'Arma ha acquisito la sentenza con la quale si dichiarava non luogo a procedere nei confronti dei tre (Tedesco, D’Alessandro e Di Bernardo) per il reato di abuso di autorità contro arrestati e detenuti. Da quel momento, per legge, l’amministrazione aveva 90 giorni di tempo per avviare un’eventuale inchiesta formale.

Per Tedesco in particolare, per un problema tecnico dovuto a un ricorso che lui aveva fatto, il termine decorreva dal 20 aprile. Il 6 luglio, il comando generale ha ordinato l'inchiesta formale nei confronti di tutti e tre i militari. Il 9 luglio, entro i 90 giorni dalla scadenza del termine, è stata effettuata la formale attestazione degli addebiti nei confronti dei carabinieri. Il 10 luglio è stata effettuata la contestazione. Dati alla mano, la illazione anche offensiva del buon nome dell'Arma è smentita categoricamente dalle date. Siccome i termini dei procedimenti disciplinari sono perentori, che non consentono alcuno sforamento, le dico anche che il 3 ottobre 2018 l’ufficiale inquirente ha dichiarato conclusa l’inchiesta formale che è stata rimessa al comando generale per le valutazioni di pertinenza.

Riccardo Casamassima è il primo che provò a raccontare la sua verità con la sua testimonianza e fece riaprire il processo sul caso Cucchi dopo quell’incredibile sentenza di primo grado che parlava di morte per malnutrizione. Casamassima ha scritto su facebook un post in cui si rivolge a Tedesco: “Bravo Francesco, da oggi ti sei ripreso la tua dignità”. Questo può valere anche per l’Arma? Qual è lo stato d’animo dei carabinieri? Vi sentite sotto processo?

ilaria stefano cucchiILARIA STEFANO CUCCHI
Non credo che l'Arma debba riacquistare alcuna dignità. Quando qualcuno dice che l'Arma si deve risollevare, io dico che l'Arma si risolleva tutti i giorni attraverso i sei deceduti per causa di servizio che abbiamo avuto quest’anno, attraverso i 1092 feriti che abbiamo avuto quest’anno per la lotta alla criminalità, attraverso l’impegno quotidiano. L'Arma si sente amareggiata perché alcuni suoi componenti sono coinvolti in una vicenda che sicuramente non fa onore, ma l'Arma non è questi singoli componenti, è tutto ciò che viene espresso sul territorio tutti i giorni. E tutto ciò che continuerà a essere espresso, perché non ci fermeremo, andremo avanti con ancora maggiore convinzione nel sottolineare le cose che devono essere fatte meglio.

Lei dice giustamente che l’Arma non deve recuperare la sua dignità, tuttavia penso che di fronte a questa tragedia ci sia molto lavoro da fare. Anche perché le esperienze passate di questo paese, sotto questo profilo, e non parlo solo dei carabinieri, sono tutt’altro che gratificanti, dal G8 di Genova al caso Sandri. Talvolta le forze dell’ordine, senza voler nulla togliere alla fondamentale importanza del loro ruolo, hanno compiuto fatti per i quali poi non c’è stata sanzione o risarcimento morale. Anzi, a volte i protagonisti di quelle vicende sono stati addirittura promossi. Lei non pensa che sia questo che possa intaccare la fiducia nelle forze dell’ordine?

Concordo con lei sulla necessità di proseguire sulla strada del rispetto della dignità umana. Nei nostri corsi, a tutti i livelli, svolgiamo esplicite e specifiche lezioni addestrative su questi temi. Sulle promozioni, le dico che per poter valutare le persone per gli avanzamenti ai gradi superiori ci sono norme differenziate che riguardano la promozione degli ufficiali, dei marescialli e via discorrendo. Alcune sono promozioni che avvengono necessariamente per anzianità.

ilaria cucchiILARIA CUCCHI
Dobbiamo anche considerare che, oggi come oggi, la legge prevede la possibilità di non valutare una persona, anche solo per anzianità, solo in presenza di determinate circostanze, ad esempio un rinvio a giudizio. Se non c’è quello, amministrativamente parlando non si può procedere. Se c’è un qualche motivo, è interesse dell’Arma a tutti i livelli evitare che ci siano dei premi non meritati, ma ci deve essere un aggancio alla previsione normativa. Anche perché poi, in definitiva, non scordiamoci che nella Costituzione esiste una presunzione di non colpevolezza che purtroppo limita. Quando poi si rientra nei casi previsti, stia pur certo che non viene promosso nessuno. Anzi, che questo qualcuno non viene neppure valutato.

Fra i casi, ovviamente, ci sono anche vicende simili a quelle di Stefano Cucchi, come quelli di Uva e Aldrovandi…
Vorrei fare una precisazione che riguarda il caso Uva. Dopo dieci anni, in primo e in secondo grado i carabinieri e i poliziotti sono stati assolti. E questo credo che sia comunque un dato che va tenuto conto. Anche perché poi generalizzare eccessivamente non fa bene alla discussione.

In questi giorni si sente dire che quando certe persone, soprattutto quelle un po’ borderline, vengono portate nelle caserme, le botte sono la norma. È così?
Per quanto mi riguarda, io non ho mai assistito in mie caserme a fatti del genere. Io, come la stragrande maggioranza. Anzi, noi proteggiamo gli arrestati. A Taranto, il 7 ottobre, quella persona che buttò la figliolina dalla finestra fu protetta dal linciaggio della popolazione dai carabinieri. Io non escludo che ci possano essere dei momenti particolari, ma questi sono fatti che non dobbiamo mai accettare. D’altro canto, non ci scordiamo che mediamente, ogni anno, la sola Arma dei carabinieri ha 2000 feriti, quasi dieci al giorno, per aggressioni dei criminali con i quali si confrontano. Quindi bisogna anche valutare se il fatto sia avvenuto nel momento in cui si procede all’arresto oppure nel momento in cui la persona non è più in condizione di offendere ed è all’interno di una caserma. Dico sempre a tutti i militari con i quali mi confronto che il detenuto, l’arrestato, la persona affidata alla nostra custodia diventa sacra.
STEFANO CUCCHI E LA SORELLA ILARIASTEFANO CUCCHI E LA SORELLA ILARIA

Stefano Cucchi era una di queste persone deboli e purtroppo non è stata considerata sacra. Lei che idea si è fatto di quel ragazzo? Lei è anche un padre, quel ragazzo poteva essere suo figlio: ci ha mai pensato?
Certo che ci ho pensato. Che pensa, che un padre non pensi sempre, ogni giorno, ai propri figli, e non riporti le esperienze che vive o che legge sui propri figli? Ogni volta che avviene questo, mi interrogo su che cosa ho fatto per i miei figli perché loro non debbano essere comunque coinvolti o sentirsi deboli, questo è il discorso. Io penso sempre ai genitori anche quando vengono arrestati dei giovani. Quando quattro giovani, o meglio uno accompagnato da tre minorenni, prese un palo e sfasciò la testa a un carabiniere e prese a calci un carabiniere facendogli perdere un occhio, io ho sempre pensato ai genitori, a quello che avevano e non avevano fatto, e mi sono sempre interrogato su tutte le manchevolezze del mio essere padre.

La famiglia di Stefano Cucchi ha avuto un comportamento esemplare. Se non fosse stato per il coraggio della sorella, Ilaria, questa vicenda non sarebbe mai riemersa…
Mi scusi se la interrompo. Oggi ho letto una dichiarazione della signora Cucchi: ha detto “io amo l’Arma dei carabinieri”. Credo che questa dichiarazione non abbia bisogno di commenti.

Ilaria Cucchi chiede a Salvini delle scuse. Lei si sente di chiedere scusa?
L'Arma si scusa sempre quando alcuni dei suoi componenti sbagliano e vengono meno al loro dovere.

Stefano CucchiSTEFANO CUCCHI
Questo è uno di quei casi, mi pare.
L’Arma si scusa sempre quando alcuni dei suoi componenti sbagliano e viene accertato che vengono meno al loro dovere. È una frase che dice tutto. Ci sono episodi esecrabili, per i quali l'Arma giustamente si deve scusare, non come istituzione ma per il fatto che alcuni dei suoi componenti, chiamiamoli infedeli o scorretti, sono venuti meno al dovere che avevano anche nei confronti della stessa Arma di essere quello che avrebbero dovuto essere.

Salvini ha invitato Ilaria Cucchi al Viminale. Lei fa altrettanto?
Ho già avuto modo di ricevere la signora Cucchi e il suo avvocato in un’altra circostanza. Non ho alcun motivo per non incontrare chiunque qualora si ritenga opportuno un nuovo incontro. Ho già espresso alla signora Cucchi il parere del nuovo Comandante generale dell’Arma, che era esattamente identico al parere del precedente Comandante generale dell’Arma, che è assolutamente identico al parere dell’Arma dei carabinieri.

Vi siete parlati in queste ore?
No, francamente no.

Allora è lei che la deve invitare.
La signora Cucchi sa che non c’è nessun problema. Ma se pensa che sia opportuno un invito pubblico, ben volentieri.

Da Generale, cosa cambia per l’Arma dopo questa vicenda?
Spero non cambi niente sotto il profilo del rendimento in servizio, come dimostriamo tutti i giorni. Il dolore della famiglia Cucchi è la nostra tristezza e la nostra amarezza perché siamo stati colpiti profondamente nel senso dell’onore e del dovere. Non credo di dover dire di più.
Stefano CucchiSTEFANO CUCCHI

Ci impegneremo con ancora maggiore forza da un lato a sostenere il rispetto della legge e della persona, e il dovere morale e giuridico di dire sempre la verità, e subito, senza ritardo. Per il resto, cercheremo di impegnarci quotidianamente per evitare che simili cose si possano riprodurre, quantomeno per la lunga estensione di un fatto che, se fosse stato ben definito fin dall'inizio da parte di tutte le istituzioni che sono intervenute sul caso specifico, sarebbe stato un bene per tutti. Per lo stato, per l'Arma, e soprattutto per una famiglia che è in attesa di giustizia.

Ferma restando la stima per l’Arma dei carabinieri, questa è una macchia molto profonda e dolorosa nel tessuto sociale e morale di questo paese. Tocca a voi ripulirla e ritornare sulla scena con ancora più forza e dignità. Il diritto e lo Stato siete voi, dobbiamo poterci fidare.
Grazie, ma ribadisco: pensiamo anche ai nostri feriti. Il loro impegno e il loro sacrificio contribuisce giorno dopo giorno a dilavare le macchie di cui lei parla.

Fonte: qui