9 dicembre forconi: 10/04/19

venerdì 4 ottobre 2019

E' IN ARRIVO UNA STANGATA DA 75 MILIARDI DI EURO

I DETTAGLI DELL'ENNESIMA MAZZATA A DANNO DEI CONTRIBUENTI SONO MESSI NERO SU BIANCO NELLA NOTA DI AGGIORNAMENTO APPENA APPROVATA DAL GOVERNO GIALLO-ROSSO 
SALGONO SIA LE IMPOSTE SUI REDDITI SIA L'IVA 
D'ANGELO (UNIMPRESA): "SMASCHERATA L'ENNESIMA PRESA IN GIRO"

tasseTASSE
(AGI) - Stangata fiscale da oltre 75 miliardi di euro tra il 2020 e il 2022. Nei prossimi tre anni le tasse e i contributi previdenziali saliranno di 75,3 miliardi: dagli 813 miliardi del 2018, quest'anno si arriverà a 827 miliardi per poi salire progressivamente fino agli 890 miliardi del 2022, con una impennata complessiva del 9,25%. Questi i dati principali dell'operazione fact checking realizzata dal Centro studi di Unimpresa sulla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza appena approvato dal Consiglio dei ministri, secondo la quale sono destinati a salire anche i versamenti allo Stato per contributi sociali e previdenziali: l'incremento, che produce effetti sul costo del lavoro per le imprese, sara' di oltre 20 miliardi.

tasseTASSE
Grazie al calo dello spread, secondo i calcoli di Unimpresa, e' in arrivo un tesoretto di 8,4 miliardi dovuto ai minori esborsi sul fronte della spesa per interessi, ma niente spending review complessiva: le uscite dal bilancio pubblico cresceranno sistematicamente, tant'è che dagli 853 miliardi dello scorso anno si arriverà ai 909 miliardi del 2022 per un aumento complessivo di quasi 55 miliardi pari a una crescita del 6,42%.

"I numeri dicono sempre la verità e smascherano le prese in giro del governo, delle quali siamo ormai stufi. Le promesse politiche da una parte e i numeri dall'altra. Le imprese avrebbero bisogno di pagare meno tasse e invece ne pagheranno sempre di più", commenta il vicepresidente di Unimpresa, Andrea D'Angelo. Secondo l'analisi dell'associazione, realizzata sulla base della Nadef, il totale delle entrate tributarie si attesterà a quota 506,3 miliardi alla fine del 2019: di questi, 250,1 miliardi sono le imposte dirette (come Irpef, Ires, Irap, Imu), 255,1 miliardi le indirette (come Iva, accise, registro) e 1,1 miliardi le altre in "conto capitale".

tasseTASSE
Si tratta di una voce del bilancio pubblico che salirà a 531,7 miliardi nel 2020 (rispettivamente 250,3 miliardi, 280,3 miliardi e 1,1 miliardi), a 546,3 miliardi nel 2021 (rispettivamente 254,8 miliardi, 290,4 miliardi e 1,1 miliardi), a 554,8 miliardi nel 2022 (rispettivamente 258,1 miliardi, 295,5 miliardi e 1,1 miliardi). Complessivamente, considerano la variazione di ciascun anno del quadriennio in esame rispetto al 2018, l'aumento delle entrate tributarie nelle casse dello Stato sara' pari a 51,1 miliardi (+10,16%): le imposte dirette cresceranno di 9,3 miliardi (+3,74%), le indirette di 42,3 miliardi (16,71%) e le altre si ridurranno di 458 milioni (-29,17%).

Cresceranno, spiega Unimpresa, anche le entrate relative a contributi sociali (previdenza e assistenza): dai 234,9 miliardi del 2018 si passera' ai 241,4 miliardi del 2019, ai 245,4 miliardi del 2020, ai 249,3 miliardi del 2021, ai 254,9 miliardi del 2022. L'incremento complessivo di questa voce, che ha effetti sul costo del lavoro per le imprese, sara' pari a 20,1 miliardi (+8,53%).
tasseTASSE

In salita, poi, anche le altre entrate correnti per 4,1 miliardi (+5,43%). Ne consegue che il totale delle entrate dello Stato aumenterà di 75,3 miliardi (+9,25%) rispetto al 2018 nei prossimi quattro anni: dagli 827,1 miliardi del 2019 si passera' agli 857,1 miliardi del 2020, agli 875,2 miliardi del 2021 e agli 889,1 miliardi del 2022.

Nessuna variazione particolarmente significativa per la pressione fiscale, destinata a restare stabile. Il totale delle entrate dello Stato rispetto al prodotto interno lordo, arrivate a quota 41,8% nel 2018, si attesterà al 41,9% nel 2019, al 42,6% nel 2020, al 42,6% nel 2021 e al 42,3% 2022. Tutto questo con una crescita assai modesta: il Pil dovrebbe crescere, secondo la NaDef, dell'1,01% quest'anno, dell'1,02% nel 2020, dell'1,02% nel 2021 e dell'1,03% nel 2022.

TASSETASSE
Accanto alla crescita delle tasse, c'e' quella della spesa pubblica. La spending review pare inefficace: il totale delle uscite - arrivate a 854,6 miliardi nel 2018 - si attesterà a 868,2 miliardi nel 2019, a 884,2 miliardi nel 2020, a 899,4 miliardi nel 2021 e a 909,4 miliardi nel 2021. Complessivamente, rispetto al 2018 ci sara' un incremento della spesa di 54,8 miliardi (+6,42%).

Saliranno le uscite correnti per complessivi 59,4 miliardi (+8,13%). In leggero aumento la spesa in conto capitale ovvero la voce che riguarda gli investimenti pubblici, specie quelli in infrastrutture e grandi opere: lo Stato aumenterà lievemente questa voce e ci sara' una crescita complessiva di 3,8 miliardi (+6,62%). Risparmi in arrivo sul fronte della spesa per il servizio del debito pubblico (interessi passivi) che calerà, secondo le previsioni del governo, per a 8,4 miliardi (-13,13%).

Fonte: qui

L'EX MINISTRO DELLO SVILUPPO, CALENDA, SI PENTE: “QUANDO GIAVAZZI E ALESINA SCRIVEVANO SUL 'CORRIERE' CHE NON BISOGNAVA SALVAGUARDARE IL POSTO DI LAVORO MA IL LAVORO, IO DICEVO ‘OH CHE GRAN FIGATA’. POI QUANDO HO AVUTO DAVANTI L’OPERAIO DELL’EMBRACO HO CAPITO CHE ERA UNA GRAN CACCHIATA...”



calendaCALENDA
Carlo Calenda fa mea culpa. Oggi il parlamentare europeo ha manifestato sotto al Mise insieme agli operai della ex-Embraco per chiedere chiarezza sul piano industriale della nuova proprietà, gli italo-cino-israeliani della Ventures. Sotto al ministero Calenda è stato più volte interrotto e contestato da un lavoratore presente, che lo ha accusato di avere “409 lavoratori sulla coscienza”. Calenda lo ha invitato a tacere: “Senza di me - gli ha detto- eravate tutti licenziati”.

A sera, l’eurodeputato partecipa alla presentazione dell’ultimo libro di Antonio Polito, con Massimo D’Alema. Calenda torna sulla manifestazione per i lavoratori della ex Embraco. “Oggi vengo da cinque ore al ministero dello Sviluppo, per una volta non sopra ma sotto. La Embraco è un’azienda di straordinaria capacità. Gli operai sono i migliori. A un certo punto l’azienda gli dice di andare a fare training agli operai slovacchi. Loro ci vanno, ma intanto chiedono: “Mica chiuderete e vi trasferite?”. E quelli assicurano che no, non lo faranno. Ma poi gli chiudono la fabbrica”.
ALESINA GIAVAZZIALESINA GIAVAZZI

Il caso dello stabilimento di Riva di Chieri sollecita Calenda a una riflessione amara. “Una delle più grandi cazzate che abbiamo raccontato è che non si salvano i posti di lavoro, ma si salva il lavoro. Per cui pensiamo che un operaio di cinquant’anni che ha passato la vita a fare impianti può andare a lavorare nell’economia delle app. Queste cazzate le abbiamo sostenute, io le ho sostenute, per 30 anni. E poi dice che vincono i sovranisti...”.

carlo calenda direzione del pd 3CARLO CALENDA DIREZIONE DEL PD 
Per l’europarlamentare “bisogna ricentrarsi su un liberalismo di metodo. La democrazia liberale deve recuperare il pragmatismo. E se la società va meno veloce del progresso, la società salta per aria”. Il paradigma di riferimento deve essere il liberalismo sociale. “Io per 30 anni ho ripetuto tutte le banalità che si sono dette nel liberismo economico. Quando Giavazzi e Alesina scrivevano sul Corriere che non bisognava salvaguardare il posto di lavoro ma il lavoro, io dicevo ‘oh che gran figata’. Poi quando ho avuto davanti l’operaio dell’Embraco ho capito che era una gran cacchiata”. Fonte: qui

VINO ITALIANO SALVO, QUELLO FRANCESE NO: TRUMP USA LE TARIFFE PER DIVIDERE LA UE

SULL'OLIO ROMA VIENE 'ESENTATA', MADRID RANDELLATA 
PARLARE DI SOLLIEVO ITALIANO È FUORI LUOGO, VISTO CHE, COMUNQUE, I DAZI COLPIRANNO 460 MILIONI DI DOLLARI DI EXPORT AGROALIMENTARE DEL NOSTRO PAESE VERSO L'AMERICA 
LA STRATEGIA USA
Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”

trumpTRUMP
Divide et impera. Sempre alla ricerca di occasioni per punire la Ue perché per lui, sul terreno commerciale, anche i Paesi alleati sono nemici, Donald Trump ha approfittato del caso Airbus per penalizzare ulteriormente l' export europeo verso gli Usa e anche per dividere gli Stati dell' Unione. Con un occhio di riguardo per l' Italia (che non fa parte del consorzio aeronautico).

Dai complicati elenchi dei prodotti soggetti a dazio - divisi per settori merceologici e per Paesi - esce un quadro a macchia di leopardo nel quale, ad esempio, l' olio italiano si salva mentre quello spagnolo viene tassato. Salvi anche la pasta, il prosecco, che sembrava una vittima predestinata, e i vini italiani mentre quelli francesi pagheranno un dazio del 25 per cento. Come i biscotti inglesi e tedeschi (ma non il made in Italy di Ferrero e Barilla-Mulino Bianco). Salvo anche il prosciutto: i dazi colpiranno solo le carni suine cotte.
vino italianoVINO ITALIANO

Parlare di sollievo italiano è fuori luogo, visto che, comunque, i dazi colpiranno 460 milioni di dollari di export agroalimentare del nostro Paese verso l' America. Molto in valore assoluto, poco rispetto ai 7,5 miliardi di dollari di export Ue che Washington è stata autorizzata a colpire dal Wto: e l' Italia è un partner commerciale di prima grandezza degli Usa.

Insieme ai salumi, a soffrire saranno soprattutto parmigiano, grana e pecorino, ma lì era difficile spuntarla perché i produttori americani di formaggi sono una lobby potente che protesta da anni per il divieto di esportare in Europa le versioni del parmesan Usa e di altri formaggi tipici delle nostre terre. E, comunque, rispetto allo spaventoso scenario iniziale - via libera del Wto a dazi fino al 100%, un raddoppio del prezzo che avrebbe ucciso questi prodotti - la tassa del 25% decisa ieri rappresenta una penalizzazione che inciderà sui consumi ma non distruggerà il mercato. Se l' è cavata, invece, la mozzarella di bufala: un po' perché l' America non produce molto latte di bufala, un po' per accordi commerciali tra associazioni di produttori che la nostra ambasciata aveva favorito per tempo, vedendo nuvole all' orizzonte.
TrumpTRUMP

Curiose le scelte americane sugli alcolici: tassano il vino francese ma non lo champagne. C' è poi un dazio su whiskey scozzesi e irlandesi che, più che una punizione per i sussidi all' Airbus, sembra una rappresaglia per la tassa sul bourbon Usa messa dall' Ue quando Trump ha imposto dazi su acciaio e alluminio europeo. Il dazio sui liquori in Italia penalizza soprattutto Campari. Che, però, salva il Grand Marnier (uno dei suoi marchi) mentre ancora non è chiaro se gli americani pagheranno una tassa sullo spritz: la gradazione alcolica dell' Aperol è border line, potrebbe essere esentato.

Osho su Gentiloni e TrumpOSHO SU GENTILONI E TRUMP
La «battaglia dell' Airbus», combattuta per anni, è costellata di paradossi e si conclude con un esito negativo per tutti, anche se Trump parlerà di vittoria e di lezioni impartite a Bruxelles. Il paradosso è che l' industria aeronautica, all' origine del caso, viene tassata meno di quella alimentare (10% invece del 25). Questo perché nel frattempo Airbus ha costruito uno stabilimento in Alabama e la gestione dei jet europei in servizio negli Usa dà lavoro a più di 200 mila americani. C' è anche un paradosso italiano: non solo non siamo nell' Airbus, ma già negli anni '80, quando l' allora Aeritalia del gruppo Iri convinse i politici della Prima Repubblica a scegliere gli americani di Boeing e McDonnell-Douglas come partner al posto di Airbus, lo fece spiegando che il consorzio, già allora sovvenzionato dai governi, prima o poi sarebbe stato messo sotto accusa da Washington.
LA CRINIERA AL VENTO DI GIUSEPPE CONTELA CRINIERA AL VENTO DI GIUSEPPE CONTE




Il governo Usa oggi canta vittoria dopo una battaglia legale di 15 anni. In realtà nessuno esce davvero vincitore da questa vicenda: sommandosi agli effetti negativi della guerra commerciale Usa-Cina, i dazi per l' Europa mettono altra sabbia negli ingranaggi del commercio internazionale, frenando tutte le economie. Penalizzano le imprese europee, ma vengono di fatto pagati dai consumatori americani mentre anche il sistema Usa sta rallentando in modo preoccupante.

Tra 9 mesi, poi, quando il Wto autorizzerà le sanzioni contro l' America per i sussidi alla Boeing, sarà la volta della rappresaglia europea. Sempre a base di sovrattasse deprimenti. A meno che nel frattempo Trump, sbandierata una vittoria d' immagine, non si metta a negoziare con l' Europa. Magari sospendendo (come ha già fatto con la Cina) l' attuazione delle sanzioni previste operative dal 18 ottobre.

Fonte: qui