9 dicembre forconi: 02/05/17

domenica 5 febbraio 2017

PER AFFRONTARE LA CRISI DEI PROFUGHI, L’ITALIA HA GIÀ SBORSATO 8,4 MILIARDI

INSIEME ALL’EMERGENZA TERREMOTO, PUO’ MANDARE ALL’ARIA I PIANI DEL GOVERNO SUL DEBITO PUBBLICO

DALL’INIZIO DELL’ANNO SONO OLTRE 7 MILA I PROFUGHI SBARCATI IN ITALIA: DI QUESTO PASSO SI BATTERÀ OGNI RECORD

Mario Sensini per il “Corriere della Sera”

MIGRANTI ITALIA SVIZZERA 2MIGRANTI ITALIA SVIZZERA 
Ieri le motovedette della Guardia costiera ne hanno sbarcati 623: 251 a Porto Empedocle e 372 a Lampedusa. Stamattina è attesa ad Augusta la Nave Acquarius, con a bordo altri 783 migranti. Negli ultimi due giorni ne sono stati soccorsi nel mare del Canale di Sicilia, e accolti in Italia, circa 1.600.

Ieri la Marina libica ne ha bloccati altri 400 a poche miglia da Sabrata, e nonostante gli accordi tra Tripoli ed il governo italiano, criticati anche dalla Cei, e i nuovi impegni presi dai leader europei al vertice di Malta, il flusso dei disperati dalle coste libiche verso il nostro Paese non si arresta.
migranti naufragio nel canale di sicilia saviors this image released by the italian coast guards today sh a 4 1429476903355MIGRANTI NAUFRAGIO NEL CANALE DI SICILIA 

SPESA RECORD
Dall' inizio dell' anno sono oltre 7 mila i profughi sbarcati in Italia, e di questo passo si batterà ogni record. Quello dei migranti accolti (176 mila nel 2016), ma anche quello della spesa pubblica necessaria per il soccorso e l' accoglienza, che secondo il governo contribuisce in modo determinante, insieme all' emergenza dovuta al terremoto, a mandare fuori linea il debito pubblico. Fino al punto di spingere Bruxelles a valutare una procedura d' infrazione alle regole sui conti pubblici. Il che sarebbe una doppia beffa per l' Italia, che da anni lamenta lo scarso impegno degli altri Paesi nel fronteggiare i flussi migratori.
i migranti al confine italia austria 4I MIGRANTI AL CONFINE ITALIA AUSTRIA 4

In un rapporto appena inviato alla Commissione Europea sui "fattori rilevanti" che influenzano l' andamento del debito pubblico, il ministero dell' Economia sottolinea che quest' anno la spesa per l' immigrazione rischia di arrivare al record storico di 4,2 miliardi di euro.

Nel 2016, al netto dei contributi della Ue
(che sono stati pari ad appena 120 milioni) sono stati spesi 3,3 miliardi. Per il 2017 ne sono stati stanziati 3,8 e senza tener conto dei 200 milioni del «Fondo per l' Africa» per investire nei Paesi da cui partono i flussi di immigrazione più importanti.

arrivo italiaARRIVO ITALIA
Ma quella prevista in bilancio è una cifra che «se il trend degli ultimi mesi dovesse continuare», si legge nel Rapporto, potrebbe crescere di altri quattrocento milioni.
La crisi costa 8 miliardi. 

Si spenderà il triplo rispetto alla media degli anni tra il 2011 e il 2013, prima dell' esplosione della crisi migratoria: tra 2,9 e 3,2 miliardi in più. Se poi si considera la maggior spesa in termini cumulati la dimensione dei costi sostenuti dall' Italia per l' emergenza assume proporzioni gigantesche.

Secondo il ministero dell' Economia, dal 2014 al 2017 lo Stato avrà speso tra 8 e 8,4 miliardi di euro in più rispetto al periodo 2011-2013.
italian navy rescue operationITALIAN NAVY RESCUE OPERATION

Così cresce il debito. L' Italia pretende che questa spesa sia considerata «eccezionale» e dunque non conteggiata nel calcolo del disavanzo annuale monitorato per verificare il rispetto degli impegni di bilancio. La Commissione, però, è disposta a riconoscere come «eccezionale» non tutta, ma solo la spesa eccedente rispetto all' anno prima. In ogni caso, che pesi o meno sul deficit pubblico, la spesa si scarica sul debito.

Nel 2017, sottolinea il rapporto, la spesa per l' accoglienza è stimata in 2,3 miliardi di euro (1,9 l' anno scorso), quella per il soccorso in mare e i trasporti sarà pari a 860 milioni di euro (nel 2016 furono 913).
italian navy rescue operation 9ca360bITALIAN NAVY RESCUE OPERATION 
L' assistenza sanitaria costerà 250 milioni, l' educazione (nel 2016 sono arrivati anche 26 mila minori non accompagnati) 310 milioni.

Fonte: qui

LA CORTE D’APPELLO HA RESPINTO IL RICORSO URGENTE PRESENTATO DAL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA CHE CHIEDEVA DI RISTABILIRE BLOCCO ALL’INGRESSI DA 7 PAESI NEGLI USA

Giudice blocca temporaneamente a livello nazionale decreto su ingressi in Usa

(ANSA) - La Corte d'Appello ha respinto il ricorso urgente presentato ieri sera dal Dipartimento di Giustizia americano che chiedeva la sospensione della decisione del giudice federale di Seattle che aveva bloccato il bando di ingresso negli Stati Uniti per persone provenienti da 7 Paesi a maggioranza musulmana emesso dal presidente Donald Trump.


La sfida legale era partita dagli stati di Washington e Minnesota che avevano chiesto per primi il blocco del provvedimento, cui pero' i legali del governo avevano posto giudizio negativo, che il giudice di Seattle James Robart ha invece respinto affermando che la causa ha fondamento. Il giudice federale James Robart ha quindi emesso una ingiunzione restrittiva verso il provvedimento, su richiesta degli stati di Washington e Minnesota, che ha effetto a livello nazionale.
"L'opinione di questo cosiddetto giudice, che essenzialmente priva il nostro paese della legalità, è ridicola e verrà rovesciata". Così, su Twitter, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si scaglia contro il giudice federale di Seattle che ha bloccato il decreto per le restrizioni sugli ingressi negli Usa alle persone provenienti da 7 paesi a maggioranza musulmana. Donald Trump è in Florida per il primo weekend da presidente nel suo lussuoso resort di Mar-A-Lago, ma questa mattina ha mostrato la sua ira in una serie di tweet contro la decisione del giudice James Robart. "Quando un Paese non è più in grado di dire chi può e chi non può entrare e uscire, specialmente per ragioni di sicurezza, è un grosso problema", ha scritto il presidente. 
Poi in un altro tweet, Trump ha scritto: "E' interessante che alcuni Paesi del Medio Oriente siano d'accordo con il bando. Sanno che se a certe persone viene concesso di entrare è morte e distruzione!".
Il dipartimento di Stato ha annullato la cancellazione dei visti per l'ingresso negli Usa che aveva messo in pratica dopo la firma del decreto da parte del presidente Donald Trump che limitava l'ingresso a cittadini provenienti da sette paesi a maggioranza musulmana, dopo che un giudice federale ha disposto il blocco temporaneo del provvedimento.
Il dipartimento Usa per la Sicurezza Interna non imporrà alle compagnie aeree lo stop per passeggeri dotati di visto interessati dal bando disposto dal presidente Donald Trump per gli ingressi da sette paesi a maggioranza musulmana. Così facendo anche il dipartimento in questione sospende di fatto l'applicazione del provvedimento voluto dal presidente, alla luce della decisione di un giudice federale che blocca temporaneamente l'ordine esecutivo.
IL FATTO - Negli Stati Uniti ''nessuno e' sopra la legge, nemmeno il presidente''. E' l'attorney general dello Stato di Washington, Bob Ferguson, che commenta cosi' la decisione di un giudice federale di Seattle di bloccare temporaneamente e su base nazionale il decreto del presidente Donald Trump che impone restrizioni all'ingresso negli Stati Uniti di persone provenienti da sette paesi a maggioranza musulmana. Decisione che apre un caso destinato secondo diversi esperti ad arrivare fino alla Corte Suprema, ma non prima di una guerra legale gia' dichiarata dalla Casa Bianca che, determinata a difendere l'ordine esecutivo di Trump, ha annunciato un ricorso di emergenza.
La svolta e' giunta a sorpresa nella serata di venerdi', quando Donald Trump era gia' atterrato in Florida, accolto da Melania, pronto a passare il primo weekend da presidente nel suo lussuoso resort di Mar-a-Lago. La sfida legale era pero' gia' partita nei giorni scorsi, dagli stati di Washington e Minnesota che avevano chiesto per primi il blocco del provvedimento, cui pero' i legali del governo avevano posto giudizio negativo, che il giudice di Seattle James Robart ha invece respinto affermando che la causa ha fondamento. Robart ha quindi emesso una ingiunzione restrittiva verso il provvedimento, su richiesta degli stati di Washington e Minnesota, che ha effetto a livello nazionale.
In sostanza dopo la firma dell'ordine esecutivo da parte del presidente Donald Trump, lo Stato di Washington ne aveva denunciato gli effetti discriminatori e il danno significativo che la decisione procurava ai residenti. Il Minnesota si era poi accodato e i due stati avevano chiesto un'ingiunzione restrittiva temporanea affinche' la loro denuncia potesse essere valutata, incentrata tra l'altro sulla possibilita' che sezioni chiave del provvedimento siano incostituzionali.
Sara' questo infatti il punto cruciale della disputa che avra' come scopo ultimo stabilire la costituzionalita' dell'ordine esecutivo. Dal punto di vista degli effetti immediati, il blocco del bando dovrebbe consentire adesso a coloro che detengono un visto di entrare negli Stati Uniti, non e' tuttavia ancora chiaro cosa stia accadendo ai posti di frontiera, quindi agli aeroporti. 
La Casa Bianca non ha tardato a rispondere alla 'sfida' e, in una note dal tono perentorio, ha fatto sapere che ''al piu' presto possibile'' il dipartimento di Giustizia intende presentare un ricorso di emergenza alla decisione del giudice federale nello Stato di Washington, dicendosi quindi determinata alla difesa dell'ordine esecutivo ''che siamo convinti essere legale e appropriato''.

Il papa agli imprenditori: Il denaro non sia un idolo

Il discorso integrale di Papa Francesco ai rappresentanti dell'Economia di Comunione: "Bisogna allora puntare a cambiare le regole del gioco del sistema economico-sociale. Imitare il buon samaritano del Vangelo non è sufficiente”

Cari fratelli e sorelle,
sono lieto di accogliervi come rappresentanti di un progetto al quale sono da tempo sinceramente interessato. A ciascuno di voi rivolgo il mio saluto cordiale, e ringrazio in particolare il coordinatore, Prof. Luigino Bruni, per le sue cortesi parole. E ringrazio anche per le testimonianze. Economia e comunione. Due parole che la cultura attuale tiene ben separate e spesso considera opposte. Due parole che voi invece avete unito, raccogliendo l’invito che venticinque anni fa vi rivolse Chiara Lubich, in Brasile, quando, di fronte allo scandalo della diseguaglianza nella città di San Paolo, chiese agli imprenditori di diventare agenti di comunione. 

Invitandovi ad essere creativi, competenti, ma non solo questo. L’imprenditore da voi è visto come agente di comunione. Nell’immettere dentro l’economia il germe buono della comunione, avete iniziato un profondo cambiamento nel modo di vedere e vivere l’impresa. 

L’impresa non solo può non distruggere la comunione tra le persone, ma può edificarla, può promuoverla. Con la vostra vita mostrate che economia e comunione diventano più belle quando sono una accanto all’altra. Più bella l’economia, certamente, ma più bella anche la comunione, perché la comunione spirituale dei cuori è ancora più piena quando diventa comunione di beni, di talenti, di profitti.

Pensando al vostro impegno, vorrei dirvi oggi tre cose. 

La prima riguarda il denaro. 

È molto importante che al centro dell’economia di comunione ci sia la comunione dei vostri utili. L’economia di comunione è anche comunione dei profitti, espressione della comunione della vita. Molte volte ho parlato del denaro come idolo. La Bibbia ce lo dice in diversi modi. Non a caso la prima azione pubblica di Gesù, nel Vangelo di Giovanni, è la cacciata dei mercanti dal tempio (cfr 2,13-21). Non si può comprendere il nuovo Regno portato da Gesù se non ci si libera dagli idoli, di cui uno dei più potenti è il denaro. Come dunque poter essere dei mercanti che Gesù non scaccia? Il denaro è importante, soprattutto quando non c’è e da esso dipende il cibo, la scuola, il futuro dei figli. Ma diventa idolo quando diventa il fine. L’avarizia, che non a caso è un vizio capitale, è peccato di idolatria perché l’accumulo di denaro per sé diventa il fine del proprio agire.

E’ stato Gesù, proprio Lui, a dare categoria di “signore” al denaro: “
Nessuno può servire due signori, due padroni”. Sono due: Dio o il denaro, l’anti-Dio, l’idolo. Questo l’ha detto Gesù.

Allo stesso livello di opzione. Pensate a questo. 

Quando il capitalismo fa della ricerca del profitto l’unico suo scopo, rischia di diventare una struttura idolatrica, una forma di culto. La “dea fortuna” è sempre più la nuova divinità di una certa finanza e di tutto quel sistema dell’azzardo che sta distruggendo milioni di famiglie del mondo, e che voi giustamente contrastate. Questo culto idolatrico è un surrogato della vita eterna. I singoli prodotti (le auto, i telefoni…) invecchiano e si consumano, ma se ho il denaro o il credito posso acquistarne immediatamente altri, illudendomi di vincere la morte. Si capisce, allora, il valore etico e spirituale della vostra scelta di mettere i profitti in comune. Il modo migliore e più concreto per non fare del denaro un idolo è condividerlo, condividerlo con altri, soprattutto con i poveri, o per far studiare e lavorare i giovani, vincendo la tentazione idolatrica con la comunione. Quando condividete e donate i vostri profitti, state facendo un atto di alta spiritualità, dicendo con i fatti al denaro: tu non sei Dio, tu non sei signore, tu non sei padrone! E non dimenticare anche quell’alta filosofia e quell’alta teologia che faceva dire alle nostre nonne: “Il diavolo entra dalle tasche”. Non dimenticare questo!
La seconda cosa che voglio dirvi riguarda la povertà, un tema centrale nel vostro movimento. Oggi si attuano molteplici iniziative, pubbliche e private, per combattere la povertà. E tutto ciò, da una parte, è una crescita in umanità. Nella Bibbia i poveri, gli orfani, le vedove, gli “scarti” della società di quei tempi, erano aiutati con la decima e la spigolatura del grano. Ma la gran parte del popolo restava povero, quegli aiuti non erano sufficienti a sfamare e a curare tutti. Gli “scarti” della società restavano molti. Oggi abbiamo inventato altri modi per curare, sfamare, istruire i poveri, e alcuni dei semi della Bibbia sono fioriti in istituzioni più efficaci di quelle antiche. La ragione delle tasse sta anche in questa solidarietà, che viene negata dall’evasione ed elusione fiscale, che, prima di essere atti illegali sono atti che negano la legge basilare della vita: il reciproco soccorso. 

Ma – e questo non lo si dirà mai abbastanza – il capitalismo continua a produrre gli scarti che poi vorrebbe curare. Il principale problema etico di questo capitalismo è la creazione di scarti per poi cercare di nasconderli o curarli per non farli più vedere. Una grave forma di povertà di una civiltà è non riuscire a vedere più i suoi poveri, che prima vengono scartati e poi nascosti. Gli aerei inquinano l’atmosfera, ma con una piccola parte dei soldi del biglietto pianteranno alberi, per compensare parte del danno creato. Le società dell’azzardo finanziano campagne per curare i giocatori patologici che esse creano. E il giorno in cui le imprese di armi finanzieranno ospedali per curare i bambini mutilati dalle loro bombe, il sistema avrà raggiunto il suo culmine. Questa è l’ipocrisia! L’economia di comunione, se vuole essere fedele al suo carisma, non deve soltanto curare le vittime, ma costruire un sistema dove le vittime siano sempre di meno, dove possibilmente esse non ci siano più. Finché l’economia produrrà ancora una vittima e ci sarà una sola persona scartata, la comunione non è ancora realizzata, la festa della fraternità universale non è piena. Bisogna allora puntare a cambiare le regole del gioco del sistema economico-sociale. Imitare il buon samaritano del Vangelo non è sufficiente. Certo, quando l’imprenditore o una qualsiasi persona si imbatte in una vittima, è chiamato a prendersene cura, e magari, come il buon samaritano, associare anche il mercato (l’albergatore) alla sua azione di fraternità. So che voi cercate di farlo da 25 anni.

Ma occorre agire soprattutto prima che l’uomo si imbatta nei briganti, combattendo le strutture di peccato che producono briganti e vittime. Un imprenditore che è solo buon samaritano fa metà del suo dovere: cura le vittime di oggi, ma non riduce quelle di domani. Per la comunione occorre imitare il Padre misericordioso della parabola del figlio prodigo e attendere a casa i figli, i lavoratori e collaboratori che hanno sbagliato, e lì abbracciarli e fare festa con e per loro – e non farsi bloccare dalla meritocrazia invocata dal figlio maggiore e da tanti, che in nome del merito negano la misericordia. Un imprenditore di comunione è chiamato a fare di tutto perché anche quelli che sbagliano e lasciano la sua casa, possano sperare in un lavoro e in un reddito dignitoso, e non ritrovarsi a mangiare con i porci. Nessun figlio, nessun uomo, neanche il più ribelle, merita le ghiande.
Infine, la terza cosa riguarda il futuro. Questi 25 anni della vostra storia dicono che la comunione e l’impresa possono stare e crescere insieme. Un’esperienza che per ora è limitata ad un piccolo numero di imprese, piccolissimo se confrontato al grande capitale del mondo. Ma i cambiamenti nell’ordine dello spirito e quindi della vita non sono legati ai grandi numeri. Il piccolo gregge, la lampada, una moneta, un agnello, una perla, il sale, il lievito: sono queste le immagini del Regno che incontriamo nei Vangeli. E i profeti ci hanno annunciato la nuova epoca di salvezza indicandoci il segno di un bambino, l’Emmanuele, e parlandoci di un “resto” fedele, un piccolo gruppo. Non occorre essere in molti per cambiare la nostra vita: basta che il sale e il lievito non si snaturino. Il grande lavoro da svolgere è cercare di non perdere il “principio attivo” che li anima: il sale non fa il suo mestiere crescendo in quantità, anzi, troppo sale rende la pasta salata, ma salvando la sua “anima”, cioè la sua qualità. Tutte le volte che le persone, i popoli e persino la Chiesa hanno pensato di salvare il mondo crescendo nei numeri, hanno prodotto strutture di potere, dimenticando i poveri. Salviamo la nostra economia, restando semplicemente sale e lievito: un lavoro difficile, perché tutto decade con il passare del tempo. Come fare per non perdere il principio attivo, l’ “enzima” della comunione? Quando non c’erano i frigoriferi, per conservare il lievito madre del pane si donava alla vicina un po’ della propria pasta lievitata, e quando dovevano fare di nuovo il pane ricevevano un pugno di pasta lievitata da quella donna o da un’altra che lo aveva ricevuto a sua volta. È la reciprocità.

La comunione non è solo divisione ma anche moltiplicazione dei beni, creazione di nuovo pane, di nuovi beni, di nuovo Bene con la maiuscola. Il principio vivo del Vangelo resta attivo solo se lo doniamo, perché è amore, e l’amore è attivo quando amiamo, non quando scriviamo romanzi o quando guardiamo telenovele. Se invece lo teniamo gelosamente tutto e solo per noi, ammuffisce e muore. E il Vangelo può ammuffirsi. L’economia di comunione avrà futuro se la donerete a tutti e non resterà solo dentro la vostra “casa”. Donatela a tutti, e prima ai poveri e ai giovani, che sono quelli che più ne hanno bisogno e sanno far fruttificare il dono ricevuto! Per avere vita in abbondanza occorre imparare a donare: non solo i profitti delle imprese, ma voi stessi. Il primo dono dell’imprenditore è la propria persona: il vostro denaro, seppure importante, è troppo poco. Il denaro non salva se non è accompagnato dal dono della persona. L’economia di oggi, i poveri, i giovani hanno bisogno prima di tutto della vostra anima, della vostra fraternità rispettosa e umile, della vostra voglia di vivere e solo dopo del vostro denaro. 

Il capitalismo conosce la filantropia, non la comunione. È semplice donare una parte dei profitti, senza abbracciare e toccare le persone che ricevono quelle “briciole”. Invece, anche solo cinque pani e due pesci possono sfamare le folle se sono la condivisione di tutta la nostra vita. Nella logica del Vangelo, se non si dona tutto non si dona mai abbastanza. Queste cose voi le fate già. Ma potete condividere di più i profitti per combattere l’idolatria, cambiare le strutture per prevenire la creazione delle vittime e degli scarti; donare di più il vostro lievito per lievitare il pane di molti. Il “no” ad un’economia che uccide diventi un “sì” ad una economia che fa vivere, perché condivide, include i poveri, usa i profitti per creare comunione. Vi auguro di continuare sulla vostra strada, con coraggio, umiltà e gioia. «Dio ama chi dona con gioia» (2 Cor 9,7). Dio ama i vostri profitti e talenti donati con gioia. Lo fate già; potete farlo ancora di più. Vi auguro di continuare ad essere seme, sale e lievito di un’altra economia: l’economia del Regno, dove i ricchi sanno condividere le loro ricchezze, e i poveri sono chiamati beati. Grazie.


04/02/2017

Fonte: qui

ECCO IL PIANO PER ELIMINARE I RISPARMI E LA LIBERTÀ

Tutte le forme storiche di schiavitù non hanno mai fatto mistero della loro natura coercitiva. La modernità, invece, riesce a mascherarla attraverso la propaganda di provvedimenti repressivi spacciati per misure rassicuranti, di crescita e di progresso.

Le élites economiche internazionali hanno capito che si può progettare la schiavitù finanziaria su larga scala seppellendo la massa sotto il debito, impoverendola sistematicamente e rendendola completamente dipendente dai banchieri.

Come?

Semplicemente bloccando il suo denaro in un codice binario
per intrappolarlo nel sistema finanziario senza possibilità fuga.

Questa nuova forma di schiavitù si chiama cashless society di cui policymakers, accademici, Ong internazionali, banchieri centrali e altri parassiti internazionali, insomma tutti i componenti dello stato profondo, vogliono imporre.

Ora, oltre a parlare di eliminazione di evasione fiscale, corruzione, terrorismo, traffico di droga ecc., alcune organizzazioni delle Nazioni Unite hanno scoperto un altro formidabile plus di questa iniziativa: l’eliminazione del contante consentirebbe, addirittura, più inclusione sociale e più salvaguardia per la propria ricchezza liquida! Kenneth Rogoff, economista di Harward, uno dei grandi sacerdoti della demonetizzazione, autore del recente The curse of cash (La iattura del contante), sconsigliabile a chi soffre di ulcera, è, almeno, più schietto. 

Per lui l’eliminazione del contante darebbe più potere alle autorità monetarie(GLI USURAI!) e definisce “ignorante” chi critica i tassi di interesse negativi. Ha però avuto la sfrontatezza di affermare che «la gente non dovrebbe guardare alle proprie perdite personali e a breve termine, ma piuttosto alla visione di lungo termine delle banche centrali».

Il vero obiettivo dell’eliminazione del contante è l’introduzione di una forma del tutto nuova e incrementale di tassazione: 

quella finanziaria al dettaglio. 

Non si pensi che i proventi di questa tassazione vadano subito ai governi; saranno incassati, in primis, dai loro padroni: banchieri, multinazionali e vari parassiti dello stato profondo. Oltre a dare a Cesare, la gente sarà costretta a servire una Mammona non eletta.

Il controllo assoluto del denaro equivale al controllo assoluto delle masse. Di conseguenza prima che queste si sveglino e prendano coscienza di questo piano repressivo, stanno spingendo l’acceleratore sul bando al contante per sostituirlo col denaro digitale. Il timing dell’operazione è cruciale perché la crisi finanziaria sta cominciando a mordere forte, il che richiede il vincolo sul risparmio delle masse per colpirlo con le nuove tasse finanziarie al fine di ricapitalizzare e far sopravvivere il sistema. L’emergenza è sempre favorevole alle soluzioni autoritarie. Da sottolineare: questa agenda è portata avanti da enti e persone che nessuno ha eletto.

Due mesi fa commentando, in un articolo, l’editto di abolizione di oltre l’80% delle banconote del primo ministro indiano Narendra Modi, ansioso di dimostrare le sue credenziali di membro del nuovo ordine mondiale, avvertivamo che la stessa iniziativa sarebbe stata adottata in Europa. Infatti, ma più in fretta del previsto, un mese dopo l’iniziativa di Modi, la Commissione Europea ha già disegnato la sua road map per legiferare l’iniziativa. 

L’agenda anticontante è un piano globale per eliminare libertà e privacy e instaurare un modello collettivista. Ma non comunista: questo abolisce la proprietà privata. Il nuovo modello, invece, la consente, riservandosi però il diritto di stabilire quanto è lecito possedere.

Nel terzo secolo d. C. l’imperatore romano Massimino dichiarava che tutta la ricchezza apparteneva allo Stato e pagava informatori per scovare chi era sospettato di imboscare i propri averi. 
La velocità di circolazione del denaro crollò, l’economia implose e ovviamente le entrate fiscali calarono. Ne seguì una disgregazione sociale che portò alla fine dell’Impero. Nel Tramonto dell’Occidente Osvald Spengler (1880-1936) chiama sincronici  quei fatti storici che avvengono in tempi e luoghi diversi ma corrispondono come significato. 

L’attuale  periodo storico è sincronico ovvero contemporaneo a quello di Massimino?

La differenza è che oggi non esiste una Bisanzio dove rifugiarsi. Per cui il collasso sarebbe globale.

Non è un caso che il documento europeo sia contemporaneo all’ultima edizione del salotto di Davos dove, qualunque sia il problema, accademici e policymakers prescrivono sempre gli stessi rimedi:

più tasse e più centralizzazione del potere.



L’ex brasseuse d’affaire e direttore del Fmi, Christine Lagarde, ha affermato «in un momento come questo abbiamo bisogno di più redistribuzione». 

A darle man forte, il Nobel per l’economia Joseph  Stiglitz anche lui ansioso di ridistribuire e eliminare il contante. Due parole su questo signore tanto amato dalla sinistra progressista. Stiglitz è colui che in un paper del 2002 sosteneva che «sulla base dell’esperienza passata, per il governo, il rischio derivante dalla potenziale insolvibilità delle governement sponsored enterprises (quelle che emettevano subprime), era, in sostanza pari a zero». Scrisse pure che le probabilità di insolvibilità rilevate erano «talmente minuscole che è difficile individuarle». 

Ma il colmo è che nel 2010, in un libro della serie, io ve lo avevo detto, (Bancarotta. L’economia globale in caduta libera, Einaudi), il professore ha avuto la faccia tosta di sostenere di aver previsto la crisi del 2008, quella avvenuta proprio grazie alla sua cecità e che ha messo in ginocchio milioni di risparmiatori. 

Ora non vede i rischi della imposizione della demonetizzazione ma siamo sicuri che in futuro scriverà un libro su come ha previsto la bancarotta della cashless sociey.


Fra gli ospiti che, a Davos, ne hanno decantato i vantaggi, c’erano multinazionali come Paypal società che offre servizi di trasferimento di denaro tramite internet, l’ ex segretario al Tesoro sotto il presidente Clinton, Larry Summers, quello che sta predicando l’abolizione delle banconote da 100 dollari e Bill Gates della Microsoft.

Cosa hanno in comune questi nomi?
Gli affari.

Summers è direttore della Lending Club, società quotata di prestiti online che, insieme a altre società statunitensi, ha interessi enormi nel diffondere la tecnologia informatica per i pagamenti in Rete. 

Si capisce dunque il loro zelo per l’abolizione del contante. 

Ma le affermazioni più stupefacenti le ha fatte Bill Gates, il quale dopo aver definito l’azione di Modi «un passo coraggioso» (ignorando che gli analisti prevedono un abbattimento del Pil indiano fino al 30%), ha invitato milioni di indiani «ad indebitarsi al tocco di un tasto telefonico» e rimanere intrappolati nella rete senza opzioni di recesso. Secondo la BBC, Gates ha fatto pressioni sul ministro indiano affinché spinga le aziende di telefonia mobile del suo paese a entrare in massa nel mercato del credito al consumo.

Non siamo affatto contrari ai pagamenti in rete in sé, siamo contrari all’eliminazione arbitraria e forzata di una facoltà di scelta, l’uso del denaro contante, sopratutto in un epoca di follia finanziaria. 

L’agenda anti contante non emana dalla gente o da chi la rappresenta ma da soggetti non eletti che vogliono o socializzare le proprie perdite o crearsi fortune monumentali a spese dell’indipendenza finanziaria e della libertà delle persone.

GERARDO COCO