Virginia Raggi assolta nel processo per la nomina di Renato Marra alla direzione Turismo del Campidoglio. La Procura aveva chiesto una condanna a 10 mesi di reclusione, ma i giudici hanno invece stabilito che «il fatto non costituisce reato». «Questa sentenza - ha detto appena uscita dal tribunale - spazza via due anni di fango, andiamo avanti a testa alta per Roma, la mia amata città, e per tutti i cittadini».
«Attendiamo le motivazioni della sentenza per un eventuale appello», ha affermato il pm Francesco dall'Olio commentando la sentenza.
«Il peggio in questa vicenda lo hanno dato la stragrande maggioranza di quelli che si autodefiniscono ancora giornalisti, ma che sono solo degli infimi sciacalli, che ogni giorno per due anni, con le loro ridicole insinuazioni, hanno provato a convincere il Movimento a scaricare la Raggi», scrive il capo politico del M5s Luigi Di Maio su Facebook. «Forza Virginia! Contento di averti sempre difesa e di aver sempre creduto in te», aggiunge.
SALVINI: ORA GIUDICHINO I ROMANI
L'assoluzione del sindaco di Roma Virginia Raggi «è buona notizia», ha detto il ministro dell'Interno e e vicepremier Matteo Salvini arrivando a Eicma, il salone della ruote che si tiene a Milano. «È giusto che i cittadini giudichino una amministrazione non in base alle indagini che finiscono in nulla come in questo caso ma in base alla qualità della vita. Quindi i romani giudicheranno l'amministrazione dei 5 Stelle in base a come è messa Roma. È giusto che non siano le sentenze e i magistrati a decidere chi governa e chi va a casa».
IL MARITO DELLA RAGGI
«La verità trionfa da sola, la menzogna ha sempre bisogno di complici. CORAGGIO», ha scritto su Fb Andrea Severini, il marito di Virginia Raggi. Nelle ore scorse Severini aveva postato sul suo profilo una foto nella quale si vedevano alcuni giornalisti in attesa sotto la casa della coppia, a Borgata Ottavia, e aveva commentato: «Avvoltoi con sembianze umane». Poco dopo il post è stato rimosso. Stamane Severini ha accompagnato, per la prima volta, la moglie al Tribunale.
L'ACCUSA
Nella nomina di Renato Marra a capo della direzione Turismo, il fratello Raffaele «ci ha messo una manina ma la sindaca sapeva». Questa la sintesi dell'impianto accusatorio con cui la Procura di Roma aveva chiesto una condanna a 10 mesi per Virginia Raggi per il reato di falso.
Secondo l'accusa, uscita sconfitta, nella comunicazione alla rappresentante dell'Anticorruzione in Campidoglio, Maria Rosa Turchi, in merito ai rilievi Anac sulla nomina di Marra senior, Raggi «mentì» perché se avesse detto che quella promozione era stata gestita dal fratello Raffaele, sarebbe incorsa in un'inchiesta e «in base al codice etico allora vigente negli M5S, avrebbe dovuto dimettersi». Una interpretazione, però, respinta dalla stessa sindaca che, in una dichiarazione spontanea, ha precisato che «negli atti normativi del movimento nella prassi applicativa l'espulsione non è mai stata applicata, sia Nogarin che Pizzarotti, indagati, non furono espulsi. Pizzarotti fu sospeso perché omise di comunicare che era stato iscritto nel registro». Il vicepremier, Luigi Di Maio, dal canto suo, sollecitato dai giornalisti a rispondere sul processo a Virginia Raggi si è limitato a richiamare le regole del movimento: «Io non conosco l'esito del processo ma il nostro codice di comportamento parla chiaro e lo conoscete».
Nel corso della requisitoria i pm si sono lungamente soffermati sulla figura di Marra. «Non era come gli altri 25 mila dipendenti comunali» e «andava protetto perché era 'uomo-macchinà e fondamentale per la nuova amministrazione perché a conoscenza di tutte le difficoltà», ha sostenuto l'accusa. In altri termini «senza di lui non si poteva andare avanti». Per quanto riguarda la Raggi, invece, «ci sono elementi chiari, univoci e concordanti per sostenere che fosse assolutamente consapevole del ruolo in concreto svolto da Marra nella nomina del fratello: non era un ruolo compilativo o di chi ha meramente eseguito in modo pedissequo quanto deciso dalla sindaca». L'udienza si era aperta con l'audizione dell'ex capo di gabinetto, Carla Raineri, dalle cui denunce è nato anche il procedimento sulla Raggi. Il magistrato, dimessosi il primo settembre del 2016, ha descritto come primario il ruolo di Marra nell'amministrazione. «Era il consigliere privilegiato del sindaco», ha detto Raineri. Lui e Romeo, quest'ultimo ex capo della segreteria politica di Raggi «si comportavano in maniera autoreferenziale e arrogante, Marra almeno manteneva sempre un bon ton istituzionale, mentre Romeo era arrogante e maleducato».
E ancora: «stavano in tre in una stanza a porte chiuse, per riunioni inaccessibili a tutti se non all'allora vice sindaco Daniele Frongia. Marra aveva un fortissimo ascendente sulla sindaca. Erano stati coniati vari epiteti per Marra, eminenza grigia, Richelieu, sottolineando la debolezza della sindaca come quella della zarina ai tempi di Rasputin». Una ricostruzione definita dalla Raggi come surreale. «In questo processo si parla di un mio presunto falso e per quattro ore abbiamo ascoltato parole simili a gossip. Non ho mai risposto alle interviste rilasciate, a volte mordendomi la lingua, per le cose palesemente false affermate», ha detto la sindaca davanti al giudice monocratico.
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