9 dicembre forconi: 12/15/17

venerdì 15 dicembre 2017

A PARLARE E' UNO DEGLI ARRESTATI NELL'AMBITO DI UNA MAXI INCHIESTA SUL TRAFFICO DI RIFIUTI TOSSICI (200 MILA TONNELLATE!) VICINO A UNA SCUOLA A LIVORNO


SAREBBERO DECINE LE AZIENDE ITALIANE CHE "RIPULIVANO" I RIFIUTI TOSSICI GRAZIE A UN PAIO DI GRUPPI TOSCANI 

ECCO COME

Marco Gasperetti per il Corriere della Sera

"Ci mancavano anche i bambini che vanno all' ospedale. Che muoiano, m' importa niente dei bambini che si sentano male. Io li scaricherei in mezzo di strada, i rifiuti". 

Se non ci fossero realmente gli alunni di una scuola con gli occhi arrossati e la gola che fa male per le esalazioni di quei rifiuti pericolosissimi della vicina discarica, ci sarebbe quasi da pensare a un orribile scherzo in vernacolo livornese.

livorno traffico rifiutiLIVORNO TRAFFICO RIFIUTI
E invece quelle parole pronunciate da uno degli arrestati e registrate dai carabinieri, mentre il suo interlocutore sorride divertito, non sono soltanto un oltraggio, ma resteranno per sempre il simbolo di questa maxi inchiesta della Dia su oltre 200 mila tonnellate di rifiuti tossici. 

Che, partita da Firenze e Livorno, è destinata ad allargarsi. Sei le persone arrestate, almeno una trentina gli indagati, 150 i carabinieri del nucleo forestale impegnati nel blitz e coordinati dal procuratore di Livorno, Ettore Squillace Greco.

Sarebbero decine e decine le aziende italiane che «ripulivano» i loro rifiuti tossici («c' è di tutto, tanto mercurio», si legge in un' altra intercettazione) in un paio di aziende toscane che, con trucchi amministrativi, raggiri e una sconcertante incapacità di controllo delle autorità competenti, riuscivano a smaltire sostanze altamente tossiche come se fossero normale spazzatura cambiando codici e documenti. 

Un metodo definito dal pubblico ministero Squillace Greco simile a quello usato dalla camorra nella Terra dei fuochi.

Agli arresti domiciliari per traffico di rifiuti, associazione per delinquere e truffa aggravata, sono finiti imprenditori e gestori di impianti di riciclaggio di scarti altamente pericolosi. Sono Emiliano Lonzi, Stefano Fulceri, Marco Palandri, Anna Mancini, Stefano Lena e Alessandro Bertini. 

Sequestrate due aziende di Livorno attive nel settore del recupero e del trattamento dei rifiuti, la Lonzi Metalli srl e la Rari srl.

ditta livornoDITTA LIVORNO
Da qui, secondo l' accusa, i rifiuti sarebbero transitati in due discariche del Livornese gestite da due aziende a partecipazione pubblica, la Rea di Rosignano Marittimo e la Rimateria di Piombino. Tra i rifiuti tossici che arrivavano in discarica come «ordinari e innocui», c' erano stracci imbevuti di sostanze tossiche, filtri per olio motore e toner. Nelle discariche entravano camion carichi ad altissimo rischio ambientale e per la salute pubblica e ne uscivano puliti, come se quei siti fossero l' esempio più virtuoso di ecologia. Il business superava i 26 milioni di euro con una truffa per la Regione Toscana di almeno 4 milioni.

C' erano connivenze? I sospetti ci sono. 

Tanto che nelle richieste di custodia cautelare il pm sostiene che «uno dei meccanismi di autotutela attivati dall' associazione criminale è proprio quello che prevede sistematiche pressioni su soggetti legati alle istituzioni per indurli a captare notizie utili su eventuali indagini o comunque suggerimenti per eluderle». E adesso si cerca di capire bene chi siano questi personaggi così accreditati.

Fonte: qui

IGOR IL RUSSO CATTURATO IN SPAGNA DOPO UN CONFLITTO A FUOCO CON LA GUARDIA CIVIL

SAREBBE STATO ARRESTATO NEI PRESSI DI SARAGOZZA DOVE SI ERA RIFUGIATO DURANTE LA SUA LATITANZA 

NELLA NOTTE HA UCCISO TRE PERSONE, DUE MILITARI E UN CIVILE DURANTE UNA SPARATORIA 

LA VEDOVA DI DAVIDE FABBRI: "SPERO SCONTI LA PENA MA..." - VIDEO!

























IGOR VACLAVICIGOR VACLAVIC
Igor il russo, il "killer di Budrio" che per mesi è stato oggetto di una gigantesca caccia all'uomo nel Ferrarese, secondo fonti di NewsMediaset sarebbe stato arrestato in Spagna, nei pressi di Saragozza, dove si era rifugiato durante la sua lunga fuga. Il latitante, sulle cui tracce erano da tempo i carabinieri, avrebbe ucciso tre persone nel Paese iberico prima di essere bloccato.

IGOR: POLIZIA CONFERMA, IMPRONTE DIGITALI SONO SUE
(ANSA) - La polizia scientifica italiana - secondo quanto apprende l'ANSA - ha concluso positivamente il riscontro delle impronte digitali rilevate ad Igor 'il russo' e immesse dalla guardia civil nella banca dati europea Afis con quelle già in possesso della polizia italiana. Il riscontro ha dato esito largamente positivo, confermando definitivamente che la persona arrestata è proprio quella ricercata per gli omicidi commessi a Budrio (Bologna) e Portomaggiore (Ferrara), avvenuti rispettivamente il primo e l'otto aprile scorsi.

IGOR: MINNITI, GRAZIE AD AUTORITÀ SPAGNA E CC
(ANSA) - "Un ringraziamento alle autorità spagnole, all'Arma dei carabinieri e il pensiero va alle vittime di Budrio e alle vittime in Spagna". Così il ministro dell'Interno Marco Minniti oggi a Rimini in prefettura per la firma del "Patto per la sicurezza avanzata" alla presenza dei 25 sindaci della Provincia.

IGOR: VEDOVA, SPERO SCONTI PENA, MA MIO DRAMMA RESTA
(ANSA) - "Spero che sconti la pena dovuta e che possa essere finalmente fatta giustizia. Anche se questo non potrà mai cambiare il mio dramma". Così Maria Sirica, vedova del barista Davide Fabbri, prima vittima di 'Igor il russo', ha reagito alla notizia dell'arresto del latitante serbo in Spagna. Secondo il suo avvocato, Giorgio Bacchelli, che ha riportato all'ANSA le dichiarazioni della donna, Sirica è "molto agitata e molto turbata" dalla notizia.

Fonte: qui

IGOR VACLAVIC E’ STATO CATTURATO PER SBAGLIO!  

LE FORZE DELL’ORDINE ERANO CONVINTE CHE IL CRIMINALE FOSSE A MALAGA E LÌ LO STAVA CERCANDO LA GUARDIA CIVIL IN CONTATTO CON LE NOSTRE FORZE DI POLIZIA 

MA A 200 CHILOMETRI DA SARAGOZZA, INVECE, QUALCUNO HA ASSALTATO LE VILLE ISOLATE DELLA CAMPAGNA 

GLI INVESTIGATORI PENSAVANO A UNA BANDA VIOLENTA DI ROMENI E INVECE…

Pierangelo Sapegno per http://notizie.tiscali.it

IGOR VACLAVICIGOR VACLAVIC
L’hanno preso per sbaglio, Igor il russo. Come sempre capita nelle grandi cacce ai latitanti, alla fine è un dettaglio incongruo, un destino inaspettato, a sparigliare le carte del mazzo. I carabinieri avevano segnalato agli inquirenti spagnoli la presenza in territorio iberico di Norbert Feher, il killer serbo che il primo aprile uccise il barista Davide Fabbri durante una rapina a Budrio e una settimana dopo la guardia ecologica Valerio Verri.

Ma sono coinvinti che si trovi a Malaga, coinvolto in un grande traffico di droga. E lì lo sta cercando la Guardia Civil in contatto con le nostre forze di polizia. A 200 chilometri da Saragozza, invece, qualcuno assalta le ville isolate della campagna nella zona di El Venturillo di Teruel, cittadina dell’Aragona.

MOLTE VITTIME ANCHE IN SPAGNA

IGOR VACLAVIC ARRESTATO IN SPAGNAIGOR VACLAVIC ARRESTATO IN SPAGNA
Gli investigatori pensano a una banda molto violenta di romeni. Al primo colpo hanno ucciso un cane. Ma la seconda volta, il 5 dicembre, un bandito armato di tutto punto non ha esitato a far fuoco contro il padrone di casa, un signore molto conosciouto soprannominato «Il fabbro», a Albalate del Arzobispo, sempre in Aragona. E quando il ranchero José Luis Iranzo segnala la presenza di uno di loro vicino alla sua fattoria, due uomini della Guardia Civil, Victor Romero Perez, 30 anni, e Victor Jesus Caballero Espinoza, di 38, prendono e vanno da lui.

CACCIA A IGOR VACLAVICCACCIA A IGOR VACLAVIC
«Non parla spagnolo», dice José Luis. «Dev’essere uno dei rumeni che cercate». Gli dicono di seguirli. I due militari non sono in divisa. Ma siccome questi rumeni hanno già dato prova della loro efferatezza, meglio prendere qualche precauzione. Così, si infilano i giubbotti antiproiettile. Ma quando si presentano non fanno quasi tempo a parlare: Igor li investe con una scarica di pallottole. I due agenti cadono a terra colpiti a morte e anche José Luis Iranzo smette di respirare. In seguito, la Guardia Civil farà presente come l’assassino avesse sparato per uccidere e sapesse fin troppo bene dove mirare. Proprio come un soldato.

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E’ solo a questo punto che comincia a farsi strada l’idea che quel killer non sia uno sbandato romeno, ma qualcosa di più: l’inafferrabile Norbert Feher, Igor il russo, inseguito da mandati di cattura di molti paesi europei, arrestato una volta dalle autorità italiane nel 2010, quando aveva detto di chiamarsi Igor Vaclavic, esule croato, e che rubava solo perché costretto dalla fame.

In carcere ai compagni di cella aveva raccontato di essere un soldato, di aver fatto l’agente dei sevizi segreti russi, aver vissuto sulle montagne cinesi e aver fatto il gigolò in Spagna. Farcisce le sue storie di un mucchio di palle, ma qualcosa di vero ci dev’essere. Quando finalmente si scopre che lui è in verità Norbert Feher, un criminale comune, inseguito da un mandato di cattura dalla Serbia, i nostri inquirenti, muovendosi a fatica fra tutte le informazioni che arrivano, si accorgono - ad esempio - che davvero lui ha passato un lungo periodo in Spagna, dove ha mantenuto contatti e amicizie.

IGOR VACLAVICIGOR VACLAVIC
COSÌ È STATO CATTURATO IGOR

Un gruppo dei Ros vola a Madrid e trova le conferme che cercava. Solo che le prime segnalazioni lo individuano a Malaga. E’ solo adesso, nella sera di giovedì, che il quadro cambia. L’assassino delle due guardie e di José Luis Iranzo è Igor il russo. Dopo avergli sparato davanti al casolare dove s’era rifugiato, ha preso un pick up nel cortile di colore verdino e dietro, sul cassettone, ci ha caricato pure una bicicletta.
igor vaclavic 8IGOR VACLAVIC 

Si è vestito da soldato, con una tuta mimetica, e prima di andare via si è chinato sui corpi senza vita delle due guardie per prendersi le loro pistole di ordinanza: due Beretta. Ma questa volta anche la Guardia Civil fa sul serio. Ha schierato tutti gli uomini che poteva permettersi: lo cercano in 800, con gli elicotteri che spazzano la campagna a bassa quota.

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Lui prende le strade che si arrampicano fra i boschi e guida solo a fari spenti. E’ per questo che al chilometro 95,50 della A-226, in un tratto in leggera pendenza, a El Maestrazgo, in una zona di Teruel, non abbroda bene una curva ed esce di strada, con il pick up che si impana su un dosso coperto dagli alberi.

LUI INFORCA LA BICICLETTA E SI INFILA NEI BOSCHI

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Ma senza una strada a far da bussola, anche il soldato di ventura che era riuscito sempre a sfuggire ai suoi cacciatori, comincia a perdersi. Finisce dentro un posto di blocco, come uno sprovveduto. Sono le 2 e 50 di notte. E’ armato fino ai denti, ha addosso anche le due pistole rubate alle sue vittime, ma preferisce mollare qui.

Per ora, Igor il russo, assassino spietato e folle, si è arreso. La Guardia Civil ha informato che «non collabora con gli inquirenti». L’hanno messo nudo, con i boxer neri, il petto un po’ cadente e la barba lunga a guardare la macchina della foto segnaletica. La fissa stancamente.

Fonte: qui

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Banche favole, pecore, lupi e cani da guardia

C’é una nuova favola in giro per l’Italia che parla appunto di pecore (risparmiatori), lupi (dirigenti di certe banche) e di cani da guardia (sorveglianza della Banca d’Italia e Consob). In questa favola, concepita e raccontata dal PD (Renzi, Orfini &Co), se le pecore, molte, sono state ”tosate” dai lupi, non di questi ultimi la colpa, ma dei cani da guardia che “dormivano”

Perché dormissero la favola non lo dice, ma ci arriviamo da soli: perché qualcuno gli aveva dato la polpetta col “sonnifero”. 

Chi? 

A caso direi quelli che si sono inventati la favola, ma potrei sbagliarmi, forse sono stati amici loro e il divertente, per chi non é stato ancora tosato é che per far finta di crederci i ”narratori” alzano la voce, si dichiarano anime candide e dicono che ad adire a vie legali saranno altri  e non per il reato di “tosatura” ma per aver parlato male dei lupi. 

Con una magia, tipica delle favole, i lupi sono diventati pecore, i cani lupi e le pecore di fatto masochiste. 

Ora più che una favola sta diventando uno spettacolo di Fregoli, in questo caso direi Fregoni con accento sulla o. E anche di pupi, perché il puparo  Angelica é “fuggita” dietro le quinte e in campo ci sono Orlando e  i paladini che sono poi i raccontatori. Spariti tutti dalla scena, i lupi-pecora ormai defilati, meglio se all’estero, le pecore-sado per rispetto dei bambini  e il cani-lupi rinchiusi nell’eburnea torre che dovrebbe proteggerli a prescindere

Stiamo per andare a votare e questi raccontatori forse vogliono solo testare la nostra capacità di credere alle palle che raccontano

Se questa zuppa fetida passa, al peggio non ci sarà mai fine ed é comprensibile: devono vedersela, alle elezioni, con un signore che ormai é di diritto nel Guinness dei primati per le promesse non mantenute e per continuare ad essere considerato dai votanti una sicurezza e un futuro. Lui che di una minorenne prostituta ne ha fatto prima la nipote di Mubarak e oggi una milionaria, già perché la fanciulla ha soldi a gogò e nessuno sa da dove vengono, forse dai novelli finanziatori del Milan, magari é nipote loro. A questo punto potrei anche parlare del nuovo che avanza, ma mi paiono di un’altra categoria e non c’é proprio gara.

Fonte: qui

Gli errori delle armi intelligenti: Vittime civili dei bombardamenti aerei “di precisione” in Iraq ed in Siria


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L’eliminazione definitiva dell’Isis in Iraq ed in Siria è vicina, ma, benché possa essere la sconfitta di questi mostruosi movimenti, è stata raggiunta solo a costo di grandi distruzioni e perdite di vite umane. Questa è la nuova faccia della guerra che i governi cercano di nascondere: un numero limitato di truppe da combattimento a terra chiama devastanti attacchi aerei compiuti dagli aeroplani, dai missili e dai droni, siano essi americani o russi, per spianare la strada alla loro avanzata.

I governi fingono che le guerre aeree oggi siano molto diverse dal Vietnam mezzo secolo fa quando le città erano notoriamente “distrutte per poter essere salvate”. In questi giorni le forze aeree – siano gli americani in Iraq, i russi in Siria od i sauditi in Yemen – affermano che queste distruzioni di massa non avvengono più grazie alla maggiore precisione delle loro armi: usando un singolo cecchino, una stanza in una casa può presumibilmente essere colpita senza danneggiare una famiglia che si accovaccia terrorizzata nella stanza accanto.


La vendita di armi di alta precisione molto costose a paesi come l’Arabia Saudita è persino giustificata come misura umanitaria volta a ridurre le vittime civili.
Le public relations sono cambiate ma non la realtà. Nonostante le affermazioni di una maggiore accuratezza, le foto dei droni di Mosul ovest assomigliano molto alle immagini di Aleppo est, Raqqa o di grandi parti di Damasco, dove ogni edificio è sventrato o ridotto a cumuli di mattoni rotti intervallati da crateri. Il problema per i giornalisti o le organizzazioni per i diritti umani è che è quasi impossibile verificare le affermazioni delle vittime o le smentite dei presunti colpevoli al momento.
I testimoni, quando non sono morti, sono fuggiti o sono troppo spaventati per parlare; i governi, gli eserciti regolari e le forze aeree probabilmente se la caveranno se si nasconderanno dietro ad un diretto rifiuto di aver fatto qualcosa di sbagliato. Anche se alla fine emergessero informazioni dannose, l’interesse dei mezzi di informazione si sarà già spostato e l’interesse pubblico sarà stato lieve.
E’ stato frustrante durante le ultime settimane dell’assedio di Mosul, che è durato nove mesi, sapere che c’era stata una pesante perdita di vite di civili grazie agli attacchi aerei, sostenuti dalle forze irachene nella città vecchia, ma era impossibile dimostrarlo. Ero in contatto con il cellulare con due persone diverse intrappolate dietro le linee dell’Isis che si trovavano di fronte al dilemma di restare dov’erano e di essere uccisi dai bombardamenti, o di cercare di fuggire verso il territorio governativo e rischiare di essere uccisi dai cecchini dell’Isis.
I due uomini hanno preso decisioni diverse, ma nessuno dei due è sopravvissuto. Uno è stato ucciso dall’Isis mentre lui e sua madre si sono uniti ad un gruppo che cercava di fuggire attraverso il Tigri usando pneumatici perché non potevano nuotare. Il secondo uomo è stato ferito in un attacco aereo e ucciso da un secondo nelle ultime settimane dell’assedio. La maggior parte dei parenti dei due uomini erano morti al momento in cui l’assedio è finito.
Fortunatamente alcuni giornalisti continuano a guardare ciò che è realmente accaduto in battaglie come Mosul molto tempo dopo che il resto dei media ha spostato la sua attenzione altrove. Joel Wing, nel giornale online  Musings on Iraq, scrive che nuove informazioni sulle vittime aumentano “il numero totale di morti durante l’operazione [per catturare la città di Mosul e l’area circostante] ammonta a 21.224 e 30.996 feriti. 17.404 nella prima e 24.580 in quest’ultima. I nuovi numeri hanno evidenziato il fatto che ci sono ancora molte altre vittime non documentate in quanto il numero dei  feriti dovrebbe essere da quattro a sei volte più alto del numero dei morti. Anche se sottrai le 5.325 persone che sono state giustiziate dallo Stato islamico, ciò significherebbe comunque che per i combattimenti dovrebbero esserci circa 60.000-90.000 feriti “.
Il numero sembra alto ma è credibile, tenendo conto dell’uso dell’artiglieria tradizionale e dei lanciarazzi multipli russi nell’attacco ad ovest di Mosul. Le vittime di attacchi aerei sono aumentate, anche perché le regole per le truppe di terra che hanno lanciato attacchi aerei sono state allentate prima che iniziasse l’attacco a ovest di Mosul. L’Isis stava uccidendo civili che cercavano di fuggire dalla ristretta enclave da loro detenuta e molte più persone erano confinate in un piccolo numero di case, quindi se una  fosse stata colpita il numero di vite umane perse sarebbe stato alto.
Ancor prima che questo accadesse, molti più civili erano uccisi dagli attacchi aerei di quanto non ammettesse la coalizione aerea guidata dagli Stati Uniti. L’unico modo per ottenere la verità è guardare un grande campione di attacchi aerei sul terreno e vedere se sono stati segnalati dalla coalizione ed, in tal caso, quanto è accurato quel rapporto.
Questo è stato fatto per la prima volta da Azmat Khan e Anand Gopal, che hanno visitato i siti di circa 150 attacchi aerei nel nord dell’Iraq tra aprile 2016 e giugno 2017. In un lungo studio chiamato “The Uncounted”, pubblicato sul New York Times del 16 novembre, hanno raggiunto conclusioni devastanti. Scrivono che “abbiamo scoperto che uno su cinque degli attacchi della coalizione che abbiamo identificato ha provocato la morte di civili, un tasso di 31 volte più alto di quello  riconosciuto dalla coalizione”. Aggiungono che quando si parla di morti civili questa “potrebbe essere la guerra meno trasparente della recente storia americana”.
La coalizione ha negato che molti degli attacchi aerei che avevano ucciso quelle persone siano mai avvenuti, ma i giornalisti hanno scoperto che c’erano video di alcuni dei bombardamenti sul canale YouTube della coalizione, sebbene questi affermassero di mostrare la distruzione degli obiettivi dell’Isis. Quando lo hanno sottolineato, i video sono stati ritirati in silenzio.
Il quadro che la coalizione ha presentato della sua offensiva aerea si rivela essere una finzione. In un campione di una zona residenziale chiamata Qaiyara, vicino alla città di Mosul, la coalizione ha affermato di aver ucciso un solo civile nella o vicino alla città e l’aviazione militare irachena ha detto di non aver ucciso nessuno. Si è scoperto che c’erano stati 40 attacchi aerei in quest’area che avevano ucciso 43 civili, di cui 19 uomini, otto donne e 16 bambini, di 14 anni o più giovani. In circa un terzo dei fatali attacchi, l’Isis si trovava in prossimità dei civili, ma in metà dei casi non vi era stata alcuna presenza Isis riconoscibile.
Dove c’era la prova di presenza dell’Isis, spesso l’informazione era inconsistente e vecchia: in un caso una famiglia di sei persone era stata strappata via ad un bambino di due anni perché un informatore locale aveva visto un mortaio vicino alla loro casa anche se era stata portato via molto prima dell’attacco.
L’importanza di questo studio è grande perché per la prima volta può essere mostrato ciò che sta realmente accadendo in una serie di guerre in Medio Oriente a partire dall’Afghanistan nel 2001. Non esistono attacchi aerei di precisione.
La coalizione ha affermato che solo uno su 157 dei suoi 14.000 attacchi aerei in Iraq dal 2014 ha provocato la morte di un civile, ma le prove sul campo mostrano che il tasso reale è di uno su cinque. La rassicurante affermazione dei comandanti aerei americani e britannici secondo cui le armi intelligenti consentono loro di evitare l’uccisione di civili è semplicemente falsa. 



Per concessione di Comedonchisciotte

CLAN ZAGARIA – IN MANETTE SORELLA E COGNATE DEL BOSS DEI CASALESI

L’ACCUSA E’ DI RICETTAZIONE AGGRAVATA 
GESTIVANO GLI STIPENDI DEGLI “AFFILIATI” AL CLAN 
LE DONNE INTERCETTATE NELLA CHAT GRAZIE A UN VIRUS INFORMATICO INOCULATO NEI LORO TELEFONINI
Nino Femiani per “il Giorno-La Nazione-il Resto del Carlino” - www.quotidiano.net

donne clan zagariaDONNE CLAN ZAGARIA
UNA 'CUPOLA ROSA' controlla quello che resta del clan Zagaria. Le sorelle del boss Michele 'capastorta' Zagaria, Gesualda e Beatrice, gestiscono la cassa e pagano la 'mesata' ad affiliati e familiari. Le cognate - Francesca Linetti, moglie di Pasquale, Patrizia Martino, compagna di Antonio, Tiziana Piccolo, moglie di Carmine -, sono anche esse sul libro paga del clan e ricevono uno 'stipendio' di 2.500 al mese, ma si lamentano per il 'braccino corto' delle cognate che non consentirebbe a loro di vivere più agiatamente.

È uno spaccato di vita criminale e familiare, quello che viene fuori dalle 200 pagine con cui la gip Federica Colucci ordina la custodia in carcere di Beatrice, Francesca, Patrizia e Tiziana, gravemente indiziate del delitto di ricettazione aggravata perché destinatarie di rendite del clan casalese. La precedente 'contabile', Gesualda Zagaria, invece, era stata arrestata nell' ottobre 2015 e condannata a maggio 2017, con la stessa accusa, a due anni e due mesi di carcere.

D' altra parte 'capastorta' ha sempre considerato le sorelle come la naturale estensione del suo comando. Così, finita in galera Gesualda, era toccato a Beatrice tirare le redini del clan, almeno dal punto di vista finanziario (per questo è l' unica delle quattro arrestate a dover rispondere anche di associazione camorristica). Beatrice è considerata dai magistrati della Dda, la grande organizzatrice delle attività residue della fazione dei Casalesi governata per decenni dal fratello, arrestato il 7 dicembre 2011 in un bunker a Casapesenna.

È lei che amministra il fiume di denaro che serve a pagare 'stipendi' alle cognate che non hanno mai lavorato, a inviare contante ai fratelli in carcere (135 mila euro dal 2011 a oggi) per consentire a loro di mantenere un tenore di vita consono al loro lignaggio, a pagare mensili e tredicesime agli affiliati, a sborsare gli onorari per gli avvocati.

donne clan zagariaDONNE CLAN ZAGARIA
MA LA CONTABILITÀ, prima di Gesualda poi di Bea, non piace alle tre cognate che se ne lamentano continuamente nelle chat intercettate grazie a un virus informatico inoculato nei loro telefonini.

GLI ASCOLTI fanno capire come i rapporti tra le cinque donne fossero a fior di pelle. In un colloquio intercettato nel maggio 2015 in carcere con il marito Carmine (libero dopo sei anni di carcere e sorvegliato speciale), la Piccolo se la prende con la cognata. «I bambini a Pasqua non si dovevano vestire?», riferendosi al fatto che Gesualda non aveva provveduto a comprare gli abiti. «Qua ognuno pensa ai fatti suoi», aggiunge arrabbiata. Anche Patrizia Martino, convivente di Antonio Zagaria, in un colloquio dell' agosto 2015, sbotta: «Io ho 52 anni e mi sono scocciata di chiedere l' elemosina. Siamo al 26 e io devo ancora pagare il fitto al Tribunale».

'Capastorta' non assiste impassibile agli alterchi e agli animosi contrasti tra le donne della sua famiglia. Quando si trova di fronte, nel carcere di Opera, la cognata Tiziana e le due sorelle, l' investe con la sua rabbia, minacciando di pentirsi: "«Nella mia coscienza, mi sono pentito, però mi potevo pentire pure in altro modo. E se mi pento in un' altra maniera tu, tu e tu, fra sei mesi, andate a lavare le scale».
MICHELE ZAGARIAMICHELE ZAGARIA
Solo una minaccia per rimetterle in riga o anche il segnale del profondo disagio che il padrino casalese sta vivendo in carcere? Interrogativi che condiscono di mistero l' interminabile saga di 'capastorta'.

Fonte: qui