LO RIVELA IL DECRETO DI SEQUESTRO PREVENTIVO DELLA PROCURA
Vincenzo Iurillo per il “Fatto quotidiano”
Raccontano una storia le 22 pagine del decreto di sequestro preventivo delle barriere bordo ponte di 12 viadotti tra Baiano e Benevento, il tratto autostradale della A14 dove nel luglio 2013 morirono 40 persone, intrappolate in un bus precipitato dal viadotto di Acqualonga perché il new jersey cedette all' impatto. Avrebbe retto se i sistemi di ancoraggio non fossero marciti per incuria e intemperie. È la storia del perché quel disastro sarebbe accaduto ancora.
È la storia di come Autostrade per l' Italia dopo la strage fece interventi di manutenzione raffazzonati e al risparmio, sostituendo i tirafondi Liebig plus con barre filettate inghisate nell' economica malta cementizia e non nella costosa ma più affidabile resina, peggiorando la sicurezza delle barriere. Poi tra maggio e luglio 2015 effettuò quattro crash test dagli esiti contraddittori o negativi. Dei primi due ne inviò solo i report e ne nascose per più di tre anni i video al ministero delle Infrastrutture, trasmettendoli solo con l' incombere delle prime indagini del procuratore capo di Avellino Rosario Cantelmo.
Mentre degli altri due report di giugno e luglio 2015, se ne è scoperta l' esistenza solo in seguito. E, infine, "al chiaro fine di non alimentare sospetti circa la non affidabilità delle barre filettate oggetto di recente sostituzione", scrive il gip Fabrizio Ciccone, Aspi fece un nuovo crash test l' 8 febbraio 2019, "l' unico con esito realmente positivo" - quando la notizia dell' inchiesta bis su tutti i viadotti di competenza Aspi è nota da novembre - stavolta non impiegando personale proprio, ma rivolgendosi ai tecnici della Basf Cc Italia spa per la preparazione del campo-prova, "i quali, con la loro specifica competenza nella preparazione della malta per il riempimento dei fori di inghisaggio, hanno avuto evidentemente un ruolo determinante nell' esito positivo della prova di collaudo", si legge a pagina 21 del decreto.
Peccato che i tecnici del crash test non coincidano con gli operai che materialmente effettuarono tra il 2014 e la metà del 2015 le sostituzioni dei tirafondi Liebig lungo i ponti della Napoli-Canosa. Provvidero ditte incaricate da Aspi, ma i tecnici della Basf Cc non vi parteciparono, come certificato da una mail del loro dirigente. Ci sono quindi forti dubbi sulla qualità di interventi che dipendono fortemente dalle modalità di installazione: la pulizia del foro, l' umidità, la temperatura, il dosaggio della malta.
Ma era meglio utilizzare resina. Lo verbalizza l'11 aprile Luigi Serafin, titolare di una ditta specializzata nell' installazione di barriere laterali metalliche, la Mds: la sistemazione degli ancoraggi con la malta è sconsigliata perché non ha efficienza nella tenuta dell' ancoraggio dei tirafondi, mentre la resina ha sortito ottimi risultati nei crash test, spiega. La resina, ricorda, ha la caratteristica di essere pronta all' uso, senza particolari preparazioni, al contrario della malta, che deve essere miscelata con le dovute cautele. "Questo spiega perché la resina sia molto più costosa".
E sarebbe proprio la politica del risparmio alla base degli interventi decisi da Aspi sui 12 viadotti. Il giudice lo afferma incorniciando la testimonianza dell' ingegnere Alfredo Principio Mortellaro, già componente del Consiglio Superiore dei lavori pubblici che diede parere sfavorevole alla sostituzione dei Liebig con le barre filettate. Sentito il 18 maggio dal pm, Mortellaro ha spiegato che la soluzione tecnica più corretta sarebbe stata quella di "sostituire vecchi "Liebig Plus" ammalorati con nuovi dispositivi della medesima tipologia, avendo cura, però, di ripristinare la geometria delle camere prevista nella progettazione originaria".
"Tuttavia - ha precisato Mortellaro - tale procedura avrebbe comportato un costo superiore a quello previsto dalla tecnica della 'barriera inghisata' adottata da Aspi". E questo spiega perché si optò per questa soluzione.
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AUTOSTRADE REPLICA AL ''FATTO QUOTIDIANO'' E ALL'ARTICOLO SUL VIADOTTO ACQUALONGA
Riceviamo e pubblichiamo da Autostrade per l'Italia:
Gentile Redazione di Dagospia, con riferimento all'articolo in oggetto desideriamo fornire alcune precisazioni, chiedendovi la cortesia di poterle pubblicare. In merito al pezzo de Il Fatto Quotidiano pubblicato, Autostrade per l’Italia precisa che le iniziative adottate relativamente alle barriere oggetto di sequestro lungo alcuni viadotti dell’A16 sono state finalizzate per migliorare la durabilità delle barriere stesse, a parità di prestazioni.
Gli interventi sono stati realizzati nell’ambito delle proprie prerogative dalle strutture tecniche e dalle Direzioni di Tronco di ASPI, a seguito di uno studio commissionato a un pool di esperti. Tale configurazione ha superato i crash test, che hanno confermato il massimo standard di contenimento, ed è stata omologata ai sensi della normativa europea (con certificazione CE delle barriere).
Peraltro la speciale malta cementizia utilizzata per i fissaggi è anch’essa certificata in base alle norme europee e garantisce un’efficacia analoga o superiore rispetto alla resina. Tra malta e resina non c’è differenza di costo e, rispetto all’intervento complessivo, il costo di questo tipo di materiali è assolutamente marginale. Pertanto ogni riferimento a una pericolosità delle barriere, così come alla volontà di Aspi di risparmiare sui materiali di manutenzione, è del tutto falsa e fuorviante. Autostrade per l’Italia ha già chiesto il riesame del provvedimento di sequestro.
Cordiali saluti,
Ufficio Stampa di Autostrade per l’Italia
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