GRILLO: "BEH, NON È AFFATTO MALE PRENDERE UNA PENSIONE DA QUASI MILLE EURO GIÀ A 65 ANNI E DOPO APPENA CINQUE DI LAVORO IN PARLAMENTO"
Ilario Lombardo per www.lastampa.it
E così 4 anni, sei mesi e un giorno sono passati. Da oggi, 15 settembre, i parlamentari alla prima legislatura potranno guardare al futuro con una certezza in più: a 65 anni compiuti incasseranno una pensione, quella che nella semplificazione politico-giornalistica viene chiamato vitalizio. Lo faranno in virtù del tempo passato tra Camera e Senato. Un diritto maturato sul campo legislativo, per alcuni, un privilegio nefasto per chi ha provato in questi mesi ad abbatterlo o a renderlo un vessillo con cui accarezzare la rabbia degli elettori affezionati ad avercela contro la cosiddetta casta.
Nelle puntate precedenti abbiamo assistito a una sfida tutta fatta di annunci tra i 5 Stelle e le truppe di Matteo Renzi nel Pd (il resto del partito invece non ne voleva sapere). Alla fine non se n’è cavato nulla. Le pensioni o vitalizi, che dir si voglia, restano alle condizioni attuali per i 608 parlamentari alla prima legislatura. Sono più della metà degli eletti: tutta la componente dei 5 Stelle e una grossa parte dei dem.
Tutto finito? No. Perché la guerra del vitalizio prosegue. Il M5S ha pronta una nuova proposta e attacca sul blog: «Beh, non è affatto male prendere una pensione da quasi mille euro già a 65 anni e dopo appena cinque di lavoro in Parlamento. Oppure circa 1500 euro puliti puliti, addirittura a partire dai 60 anni, per chi ha fatto soltanto due legislature».
Questa mattina, in conferenza stampa, la senatrice Laura Bottici e il deputato Alessandro Di Battista presenteranno un documento, «ci impegneremo – spiega il capogruppo alla Camera Simone Valente - scrivendolo nero su bianco, a rinunciare alla pensione privilegiata».
Ma rinunciare è più facile a dirsi che a farsi. Dopo dieci giorni di lavoro, gli uffici legislativi del M5S avrebbero trovato il modo. Chiederanno alla presidenza di Camera e Senato di intervenire sul regolamento per permettere agli eletti grillini due cose. Primo: «Di prendere la pensione come un qualsiasi altro italiano per cui vale la legge Fornero».
Tradotto: se si va in pensione a 67 anni (e in futuro continuerà a essere così), per i 5 Stelle varrà lo stesso e non, come da legge sulle pensioni dei neo-eletti, a 65 anni se hai fatto una legislatura o a 60 se ne hai fatte due (precisamente, per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino a un minimo di 60 anni).
Secondo: «Chiederemo di dirottare i nostri contributi alle casse di appartenenza di ogni singolo parlamentare o all’Inps per chi non aveva aperta una posizione previdenziale prima di entrare in Parlamento». I 5 Stelle non vogliono rinunciare ai contributi e creare un buco per il calcolo della pensione. Ma vorrebbero che l’assegno di circa mille euro netti fosse trattato come il frutto di un lavoro qualsiasi.
Per il M5S è un ritorno alle origini, perché il via libera ai vitalizi farà respirare ai grillini un po’ dell’ossigeno delle vecchie campagne anticasta. Un’arma in più per le elezioni di primavera, che darà una verniciatura di fresco ai 5 Stelle usciti da cinque anni di Palazzo.
2. SI TENGONO IL VITALIZIO
Adalberto Signore per il Giornale
Intanto, però, il D day è arrivato: oggi, 15 settembre 2017, la diciassettesima legislatura giunge al giro di boa dei quattro anni, sei mesi e un giorno. E per tutti i 608 parlamentari di prima nomina (417 deputati e 191 senatori) scatta finalmente l'agognata pensione. Un assegno di circa mille euro al mese netti che inizieranno a incassare al compimento dei 65 anni.
Con buona pace di chi - Cinque stelle e Pd in prima fila - ha passato gli ultimi mesi a cavalcare la crociata anticasta, arrivando persino ad invocare le elezioni anticipate proprio per evitare che si arrivasse alla fatidica ora «X». All'indomani del referendum del 4 dicembre che decretò la fine del governo Renzi, era infatti questo l'argomento principe dei teorici delle urne subito: primi fra tutti i grillini.
Passati nove mesi da allora, le cose sono andate come tutti si aspettavano. Con la politica che per l'ennesima volta risulta essere lontana anni luce dagli elettori. Ci mancherebbe, non è sui contributi dei parlamentari di prima nomina che si ripiana il bilancio dello Stato. E non ha affatto torto chi sostiene che quello della pensione non può essere un argomento valido per sciogliere le Camere prima della scadenza naturale della legislatura.
Detto questo la politica avrebbe fatto più bella figura a non azzuffarsi per quasi un anno su una questione che era evidentemente propagandistica. E le campagne anti-casta, quelle contro i politici in particolare, ormai sono così efficaci che perfino Renzi si convinse a inseguire i grillini sul loro stesso terreno. Con tanta irruenza da mandare un sms in diretta tv a Giovanni Floris - era fine gennaio - per dire che arrivare a settembre e far scattare i vitalizi sarebbe stata una «ingiustizia verso i cittadini». Un'uscita che fece imbestialire perfino i suoi gruppi parlamentari, tanto che la renziana Anna Ascani arrivò educatamente a definirla «una stronzata».
Evitare il teatrino degli ultimi nove mesi, insomma, sarebbe stato certamente più saggio e decoroso. Invece non solo i vitalizi sono stati al centro dello scontro politico prima dell'odierno D day, ma lo saranno anche dopo. Al Senato, infatti, sempre M5s e Pd si stanno sfidando in singolar tenzone in questi giorni sul ddl Richetti che mira ad abolire i vitalizi dei parlamentari. È impantanato in commissione Affari costituzionali, con i big grillini e dem che se le danno di santa ragione su social e tg rimpallandosi responsabilità.
Con ogni probabilità un'altra sceneggiata ad uso e consumo dell'ormai imminente campagna elettorale, perché i bookmaker di Montecitorio sono pronti a scommettere sul fatto che il disegno di legge finirà su un binario morto. Neanche quotata, invece, l'ultima trovata grillina in materia. Proprio ieri, infatti, il capogruppo alla Camera dei Cinque stelle Simone Valente ha annunciato «un impegno sottoscritto» dei parlamentari pentastellati per «rinunciare alla pensione privilegiata». Quando ne avranno diritto, ovviamente.
E cioè al compimento dei 65 anni. Insomma, non proprio un impegno a breve termine.
Loro #SiTengonoIlVitalizio, noi gli regaliamo la Pensione Enigmistica
Da www.beppegrillo.it
Beh, non è affatto male prendere una pensione da quasi mille euro già a 65 anni e dopo appena cinque di lavoro in Parlamento. Oppure circa 1500 euro puliti puliti, addirittura a partire dai 60 anni, per chi ha fatto soltanto due legislature.
Complimenti a voi che potrete andarvi a godere il gruzzoletto in qualche buen retiro. Magari in una baita di montagna con camino e pantofole o in una casetta con amaca davanti al mare. Non parliamo poi dei vostri (ex) colleghi più anziani che hanno già maturato il vitalizio “old style” e che si beccano 2, 3, 5 o 7mila euro al mese, avendo fatto magari un solo giorno in Parlamento.
Loro sono dei dinosauri, anzi dei tirannosauri del privilegio parlamentare. Voi, invece, siete solo dei più modesti velociraptor che da domani si prenderanno il malloppo e scapperanno via.
Certo, il MoVimento 5 Stelle si avvicina al governo e voi siete una razza in via di estinzione. Ci stiamo per abbattere su di voi come un asteroide e siete destinati a fare proprio la fine dei dinosauri. Intanto, per adesso, ce l’avete fatta. Complimenti. Avete maturato il diritto a occupare la vostra nuvoletta nel paradiso della casta. Mentre molti italiani sono stati scaraventati all’inferno dalla riforma Fornero e altri si arrabattano in purgatorio.
Avete davanti a voi anni d’argento in agio e serenità. E noi, che in fondo vi vogliamo (quasi) bene, ci teniamo a contribuire al vostro relax e divertimento con un gentile cadeau. Ecco, dunque, la “pensione enigmistica” (da risolvere su una bella sedia a dondolo con il gatto che fa le fusa sulle gambe. O su un bel patio vista oceano alle Canarie.
Fonte: qui