lunedì 10 ottobre 2016
La malagiustizia? Una manovra. Ci costa 15 miliardi l'anno
Stima di Bankitalia: gli errori valgono un punto di Pil. "Mafia capitale" da sola può arrivare a 10 milioni
Spese pazze. Non quelle dell'ex governatore del Piemonte Roberto Cota, assolto a sorpresa al termine di un lungo processo.
Piuttosto quelle della giustizia italiana. Una macchina che funziona male, come certificato dai dati di Bankitalia. Numeri che contengono un paradosso inquietante: il sistema costa 7,74 miliardi l'anno, ma la malagiustizia presenta un conto assai più alto, addirittura doppio, 15 miliardi di euro. Quanto un punto di Pil. Più o meno i soldi che il governo Renzi sta cercando disperatamente per tappare le falle del bilancio.
E però gli errori si susseguono, archiviazioni e assoluzioni non possono essere registrate sempre all'asettica voce dialettica processuale. I flop si accatastano l'uno sull'altro, come documentato questa settimana dal domino dei procedimenti finiti su un binario morto. La riabilitazione dell'ex sindaco di Roma Ignazio Marino, quella altrettanto clamorosa dell'ex governatore Roberto Cota, e con lui di altri quattordici imputati, le 116 archiviazioni per Mafia Capitale. Per carità, il dibattimento di Mafia Capitale va avanti per 46 imputati e la Rimborsopoli sabauda si è chiusa con 10 condanne. Il problema può essere esaminato da diversi punti di vista.
Ma le ferite restano. Insieme ai costi salatissimi che in un modo o nell'altro finiranno col pesare sul contribuente.
Una vecchia volpe dei tribunali italiani come Carlo Taormina azzarda una stima: «Mafia Capitale, dopo tre gradi di giudizio, costerà fra i 3 e i 5 milioni di euro. E almeno un milione se ne andrà in intercettazioni. È chiaro invece che un processo come quello a Marino ha avuto un bilancio di gran lunga inferiore, sotto i cinquecentomila euro».
Naturalmente il calcolo è assai complesso: c'è una parte, quella conteggiata dall'ufficio del campione penale, che viene poi recapitata al condannato ma in caso di assoluzione resta sulle spalle dello Stato. Le voci più importanti sono di solito le intercettazioni e le perizie. C'è poi una quota di spese fisse che non viene valutata. Il personale, le udienze, luce e riscaldamento in aula. Infine, ci sono le parcelle degli avvocati. Da non sottovalutare. Un principe del foro che non vuole essere citato offre al Giornale alcuni dati: «Immagino che per Mafia Capitale la parcella media per gli indagati poi archiviati si aggiri sui ventimila euro a testa. È chiaro che i consiglieri comunali o regionali, i dirigenti e gli impiegati del Comune, insomma tutti i dipendenti pubblici chiederanno al Comune o allo Stato di mettere mano al portafoglio perché sono stati risucchiati dall'inchiesta per via del loro ruolo. Ma nel caso dei personaggi più in vista la cifra sale enormemente. Raddoppia o triplica».
Sale. Ancora di più per Cota e per Marino: «Per l'ex governatore - prosegue l'illustre penalista - penso che i difensori reclameranno 60-70 mila euro, centomila per Marino».
Insomma, solo il capitolo avvocati peserà sull'erario per una cifra superiore al milione di euro. Da sommare a tutto il resto. È vero che una percentuale delle spese processuali finirà, per la Rimborsopoli del Piemonte, addosso ai condannati, se le pene reggeranno nei successivi gradi di giudizio; e lo stesso scenario si profila per Mafia Capitale. Ma è lecito pensare che in conclusione, anche tenendo conto dei costi «obbligati» che nessuno quantifica, lo Stato possa arrivare a spendere molto di più. Fra i cinque e i dieci milioni. «Nella vicenda di Rimborsopoli - racconta Domenico Aiello, difensore di Cota - le indagini sono state condotte a tempo pieno da quattro squadre di tre finanzieri, per un totale di dodici uomini impegnati per nove mesi. Uno sforzo enorme e un lungo periodo in cui fra l'altro c'erano meno risorse per dare la caccia ai criminali che ogni giorno assediano i cittadini». Un costo altissimo che nessuno è in grado di stabilire.
Fonte: qui
TRAVAGLIO: “COSA DICONO LE SENTENZE? CHE MARINO NON HA MAI CENATO CON PARENTI E AMICI A SPESE DEL COMUNE E COTA NON HA ACCOLLATO ALLA REGIONE PIEMONTE LE MUTANDE VERDI?
NOSSIGNORI: TANT'È CHE MARINO RESTITUÌ AL COMUNE 20MILA EURO E COTA DISSE CHE I RIMBORSI INDEBITI LI AVEVA CHIESTI UNA SEGRETARIA...”
Estratto dell’articolo di Marco Travaglio per “il Fatto quotidiano”
Siccome non c' è peggior tonto di chi non vuol capire, è tutto uno stracciar di vesti perché ultimamente diversi imputati eccellenti sono stati assolti o archiviati, dopo che i giudici e i giornalisti cattivi li avevano "rovinati" con la "gogna" mediatico-giudiziaria. [...] come se l'Italia fosse un paese modello tenuto in ostaggio da un pugno di moralisti [...].
Prendiamo gli ultimi due assolti famosi: l' ex sindaco di Roma Ignazio Marino (Pd) e l' ex governatore del Piemonte Roberto Cota (Lega Nord). L'uno era sotto processo per aver pagato con soldi del Comune qualche decina di pranzi e cene con amici e parenti. L' altro per essersi fatto rimborsare spese private spacciate per "istituzionali", compreso un paio di mutande verdi acquistato in un viaggio a Boston, per un totale di 25 mila euro.
[...] Cosa dicono le sentenze? Che Marino non ha mai cenato con parenti e amici a spese del Comune e Cota non ha accollato alla Regione Piemonte le mutande verdi e le altre spese private?
Nossignori: tant' è che lo stesso Marino, quando scoppiò lo scandalo (scoperto dai 5Stelle e rivelato dal Fatto), restituì al Comune 20mila euro, cioè l' importo delle cene contestate; e Cota si difese dicendo che i rimborsi indebiti non li aveva chiesti lui, ma una segretaria distratta, a sua insaputa. In attesa delle motivazioni delle due sentenze, è ragionevole pensare che i giudici confermeranno i fatti.
Ma diranno che manca l'"elemento soggettivo" necessario per le condanne per peculato: cioè il dolo, l' intenzione di sottrarre denaro pubblico. [...]
Sia per Cota, sia per Marino, era lampante che alcune spese private le avesse pagate la collettività [...] Ciò che non era chiaro era se i due avessero ordinato ai propri uffici di metterle in nota, o se avessero fatto tutto le loro segreterie.
[...] Ora invece tocca leggere gli sproloqui del solito Violante [...] Ma di che va cianciando questo buontempone? Le reputazioni le rovinano i fatti, quando sono infamanti, non le indagini, quando c' è una corretta informazione. [...]
Fonte: qui
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