9 dicembre forconi: 06/15/16

mercoledì 15 giugno 2016

THE TELEGRAPH IN PRIMA PAGINA, OGGI: ''L'ITALIA E' AVVIATA AL FALLIMENTO, PER SALVARSI DEVE USCIRE ORA DALL'EURO''

ar_image_4896_lLONDRA - "La situazione di alcuni Stati, come l'Italia - scrive l'economista Roger Bootle, presidente esecutivo di Capital Economics, sul quotidiano britannico The Telegraph - esemplifica bene i problemi dell'Unione Europea.

Il fallimento economico del paese, con il default, sarebbe molto piu' pericoloso di quello della Grecia: si tratta dell'ottava potenza del mondo, con una presenza in importanti settori industriali".

Queste esatte parole campeggiano oggi in prima pagina sul quotidiano britannico, che senza mezzi termini mette in grande evidenza la bancarotta dell'Italia, dandola come un evento non solo possibile, ma probabile.

"Dal lancio dell'euro, nel 1999 - prosegue l'articolo -  il prodotto interno lordo dell'Italia e' cresciuto complessivamente del tre per cento, che è un dato umiliante. Nello stesso periodo, per fare un confronto, quello spagnolo e' aumentato del 30 per cento e quello statunitense del 35 per cento (con eleganza, l'economista evita di citare la crescita del Pil britannico negli ultimi 16 anni, ma basti dire che dal gennaio del 2015 è cresciuto fino ad oggi di oltre il 5%)".

"La modesta performance dell'Italia - continua l'economista - comporta varie conseguenze. La più grave delle quali è la disoccupazione nel paese: il tasso nazionale italiano di disoccupazione e' dell'undici per cento ma al Sud si arriva al venti e tra i giovani al 35".

Ed è interessante osservare come il Jobs Act non venga neppure preso in considerazione, data la sua totale inefficacia.

Ma l'economista Roger Bootle non si ferma alla disoccupazione per tratteggiare il quadro di un'Italia avviata al default: "Il debito pubblico italiano è al 130 per cento del Pil. I prestiti non performanti delle banche sono il 17 per cento, contro il due per cento della Germania e il quattro della Francia. Le cause hanno principalmente radici interne, in un sistema politico che sembra incapace di attuare riforme radicali, ma  la ragione principale è un'altra: l'adozione della moneta unica e' stata un disastro per un paese non competitivo che ha perso la possibilita' di svalutare la propria moneta".

Parole chiare e nette, analisi centrata al cento per cento e come sempre ignorata in Italia.

Infine, la conclusione di Bootle sulla prima pagina del Telegraph, uno dei più autorevoli e seguiti quotidiani britannici:

La combinazione tra le pratiche italiane e i valori tedeschi è stata devastante per l'Italia.

Il caso italiano dimostra anche che vari presunti fattori di miglioramento delle performance economiche offerti dall'Ue non sono poi cosi' rilevanti. L'Italia fa parte del mercato unico, siede al tavolo delle decisioni, non ha barriere doganali e tariffe, ha alcune compagnie di successo ed e' stata a lungo tra i paesi piu' euroentusiasti.

Ora, pero', la situazione sta cambiando profondamente, la crisi la sta avviando al fallimento e l'euroscetticismo e' in crescita. Lasciare l'euro a questo punto arrivata, per l'Italia sarebbe la salvezza e sarebbe un buon inizio di rinascita" conclude Bootle.

Micidiale. E come sempre, del tutto ignorato dalla stampa italiana a senso unico a sinistra.
lunedì 13 giugno 2016

Fonte: ilnord.it

OLIMPIADI, NO GRAZIE

malago-e-montezemolo-renzi-639822TRAVAGLIO: “PER GARANTIRE UNA GESTIONE OCULATA DEI FONDI PER LE OLIMPIADI A ROMA, HANNO SCELTO I SIMBOLI DELL'EFFICIENZA E DEL RISPARMIO:

MONTEZEMOLO, CELEBRE I MONDIALI DI CALCIO ITALIA ‘90 CON SPESE LIEVITATE DELL’85%,

E MALAGÒ, CHE SI È GUADAGNATO LA MEDESIMA FAMA CON I MONDIALI DI NUOTO 2009”

“Il governo Monti almeno una l'aveva azzeccata: ritirò la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2020. Poi arrivò Renzi e ripropose il modello panem et circenses, anzi solo circenses: il panem se lo strapperanno di bocca i romani per pagare più tasse comunali e ripianare i buchi dell' Evento”

Stralcio dell'articolo di Marco Travaglio per il “Fatto Quotidiano”
Siccome Roma ha un debito fra i 12 e i 15 miliardi (la cifra esatta è il quarto segreto di Fatima) e non riesce neppure a finanziare i lavori per la Metro C iniziati nella notte dei tempi, i partiti che si sono mangiati la Capitale per vent'anni hanno avuto un'idea geniale: candidarla alle Olimpiadi 2024, una cosettina da niente che dovrebbe costare fra i 5 e i 10 miliardi (ma siamo in Italia e non poniamo limiti alla lievitazione).
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700 milioni spesi per il palazzetto di Calatrava con le vele a pinna a Tor Vergata
Più che altro lo fanno per portare fortuna sia a Roma, sia all' Italia: Atene, per dire, non fece in tempo a organizzare i Giochi del 2000 che la Grecia era già colata a picco per non risollevarsi mai più. E chi poteva venire dopo Atene, a parte Parigi e Los Angeles che se la passano un filino meglio? Roma, naturalmente.
montezemolo renzi
MONTEZEMOLO RENZI
Per garantire una gestione oculata dei fondi, si son scelti due simboli dell' efficienza e del risparmio nei grandi eventi sportivi: Luca Cordero di Montezemolo, già celebre per la perfetta efficienza dei Mondiali di calcio Italia 90 (spese lievitate dell' 85%, tant' è che i famigerati stadi, nel frattempo estinti o sbriciolati, abbiamo finito di pagarli con l' ultima rata del mutuo nel dicembre scorso, nel giro di appena 25 anni); e Giovanni Malagò, che si è guadagnato sul campo, anzi sull' acqua, la medesima fama con i Mondiali di Nuoto 2009 (700 milioni per il palazzetto di Calatrava con le vele a pinna a Tor Vergata, piscine di dimensioni sbagliate e/o sequestrate, cattedrali nel deserto in preda ai tossici e alle sterpaglie e buchi di bilancio, ovviamente furono colpa di molti).
montezemolo renzi
MONTEZEMOLO RENZI
Per questi e altri motivi, il governo Monti almeno una l'aveva azzeccata: ritirò immantinente la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2020. Poi arrivò Renzi e ripropose il modello panem et circenses, anzi solo circenses: il panem se lo strapperanno di bocca i romani per pagare più tasse comunali e ripianare i buchi dell' Evento, nella malaugurata eventualità che venga assegnato alla loro città.
MALAGO MONTEZEMOLO RENZI
MALAGO MONTEZEMOLO RENZI
Gli economisti la definiscono "maledizione del vincitore" e non è un' esclusiva italiana: tutte le Olimpiadi dell'ultimo cinquantennio vengono annunciate come eventi benefici e balsamici per la città ospitante, con preventivi miracolosamente attivi, e regolarmente si concludono - dopo ben 15 giorni di feste e tricchetracche - con enormi sbilanci per comuni e governi, cioè con giganteschi cetrioli infilati nelle terga dei cittadini. Insomma: le Olimpiadi le vince chi le perde e le perde chi le vince. Per fortuna ci sono i Radicali, che hanno proposto un referendum tra i cittadini romani, cioè fra i destinatari dell' immancabile cetriolo. [....]




Fonte: qui

L’UOMO ESTINTO: C’È LA DATA (VICINISSIMA) LA TERRA RIDOTTA IN CENERE, NASA AL LAVORO

1465670713581.jpg--l_uomo_estinto__c_e_la_data__vicinissima___la_terra_ridotta_in_cenere__nasa_al_lavoroUn allarme “finale” per il pianeta Terra. Lo scorso venerdì due piccoli asteroidi ci hanno sfiorato, e ancor più allarmante, forse, è il fatto che gli astronomi se ne siano accorti soltanto pochi giorni prima. Il più piccolo dei due è passato a 80mila km dalla Terra, il più grande a 450mila km.
Ma a preoccupare è un altro asteroide, del diametro di circa 2,5 km, che si è avvicinato alla Terra nella notte tra domenica venerdì. Il punto è che gli astronomi prevedono che tra 12 anni, nell’ottobre del 2028, le cose potrebbero andare molto peggio: è previsto infatti che l’asteroide possa tornare, per giunta con una rotta in grado di collidere con il nostro pianeta. L’impatto con un corpo celeste di simili dimensioni, spiegano gli esperti, potrebbe causare l’estinzione dell’uomo.
Nel frattempo, la Nasa lavora a piani per la deviazione di asteroidi in rotta di collisione con la Terra. L’ipotesi è quella di piazzare grosse cariche esplosive sulla superficie di una massa non troppo lontana da noi per forzarne il cambio di strada. Il primo esperimento di tal genere dovrebbe tenersi nel 2020.

Crescono le tensioni nel Mar Cinese orientale: la Russia come mediatrice

000006133Il conflitto per le isole contese nella regione dell’Asia-Pacifico ancora una volta finiscono sotto i riflettori dei media internazionali. Tokyo protesta a Pechino dopo che una fregata cinese è entrata nelle acque dell’arcipelago contestato nel Mar Cinese orientale. Il portavoce del Ministero della Difesa giapponese Yoshitomo Mori ha detto che un cacciatorpediniere della Marina giapponese ha rilevato la nave cinese che entrava nella zona contigua, un’area di 24 miglia nautiche oltre le acque territoriali, delle isole Senkaku, note anche come Diaoyu, il 9 giugno.
Il Viceministro degli Esteri Akitaka Saeki convocava l’ambasciatore della Cina Chen Yonghua, presentando una protesta “dalla grave preoccupazione” e la domanda che la nave militare cinese lasciasse immediatamente la zona. “Siamo preoccupati che questa azione aumenti le tensioni”, aveva detto il capo di gabinetto del Giappone Yoshihide Suga in conferenza stampa a Tokyo. “I ministeri correlati lavorano per affrontarlo e lavoreremo a stretto contatto con gli Stati Uniti”, osservava Suga. Il Ministero della Difesa cinese rispondeva che la Marina Militare ha tutto il diritto di operare in acque cinesi. L’incidente avviene mentre Giappone, Stati Uniti ed India lanciano l’importante esercitazione navale congiunta Malabar, dal 10 giugno, nel vicino Pacifico occidentale. Mentre gli Stati Uniti non approvano le rivendicazioni territoriali di Tokyo sulle isole, hanno detto che il territorio controllato dai giapponesi rientra nel trattato di sicurezza con Tokyo che obbliga Washington a difendere il Giappone da un attacco. I rapporti tra Cina e Giappone sono tesi per la contesa territoriale. Le isole hanno una superficie totale di circa 7 kmq e si trovano a nord-est di Taiwan, ad est della Cina continentale e a sud-ovest della più meridionale prefettura del Giappone, Okinawa, e sono controllate dal Giappone. Il territorio ha un peso trovandosi vicino importanti rotte, ricche zone di pesca e potenziali giacimenti di petrolio e di gas. Le isole sono anche in una posizione strategicamente significativa, nella crescente concorrenza tra Stati Uniti e Cina per il primato militare nella regione Asia-Pacifico.

Senkaku_Diaoyu_Tiaoyu_Islands_blog_main_horizontal_risultatoIl Giappone prese il controllo delle isole nel 1894-1895 durante la prima guerra sino-giapponese, attraverso la firma del Trattato di Shimonoseki che assegnava le isole alla città di Ishigaki nella Prefettura di Okinawa. Dopo la scoperta di potenziali giacimenti di petrolio sottomarini nel 1968 e il trasferimento nel 1971 del controllo amministrativo delle isole dagli Stati Uniti al Giappone, la Cina sostiene che le isole sono parte del territorio cinese almeno dal 1534, affermando che la Dichiarazione di Potsdam (che il Giappone accettò col trattato di pace di San Francisco) chiedeva che il Giappone rinunciasse al controllo di tutte le isole, ad eccezione delle isole di Honshu, Hokkaido, Kyushu e Shikoku, affermando che ciò significa che il controllo delle isole Senkaku dovrebbe passare alla Cina. Il governo giapponese non accetta tale controversia, affermando che le isole sono parte integrante del Giappone. Tokyo ha respinto i reclami che le isole fossero controllate dalla Cina prima del 1895 e che fossero contemplate dalla Dichiarazione di Potsdam o dal trattato di pace di San Francisco.
La disputa ebbe toni relativamente tranquillamente per decenni.
Ma nell’aprile 2012, nuovi reclami si ebbero dopo che il governatore di destra di Tokyo, Shintaro Ishihara, disse apertamente che avrebbe usato il denaro pubblico per comprare le isole dal proprietario, un privato giapponese. Il governo giapponese raggiunse un accordo per acquistare tre delle isole dal proprietario per bloccare il piano più provocatorio di Ishihara. Questo fece arrabbiare la Cina, innescando proteste pubbliche e diplomatiche. Da allora le navi del governo cinese navigano regolarmente in ciò che il Giappone dichiara acque territoriali delle isole. Il rischio di un conflitto nella regione è significativo. Cina, Taiwan, Vietnam, Malaysia, Brunei e Filippine competono su rivendicazioni territoriali e giurisdizionali, in particolare sui diritti di sfruttamento dei possibilmente grandi giacimenti regionali di petrolio e gas. La libertà di navigazione nella regione Asia-Pacifico è un’altra questione controversa, in particolare tra Stati Uniti e Cina, per il diritto delle navi militari statunitensi di operare nelle duecento miglia della zona economica esclusiva (ZEE) della Cina. A maggio, una nave da guerra statunitense navigò dimostrativamente entro 12 miglia da un’isola artificiale costruita dalla Cina nel Mar Cinese Meridionale, l’operazione doveva dimostrare che gli Stati Uniti si oppongono agli sforzi della Cina per limitare la navigazione nello specchio d’acqua strategico.

La soluzione alle insicurezze della regione può venire da Mosca. Data la crescente importanza della regione dell’Asia-Pacifico per la Russia quale potenza regionale, Mosca ha interessi fondamentali nell’impedire che in qualsiasi disputa nel Mar Cinese Meridionale vi sia l’escalation militare. L’influenza della Russia nella regione è in rapida asceta. La Russia fa parte del vertice dell’Asia orientale, il forum in cui si discute della sicurezza marittima. Potrebbe svolgere un ruolo come membro del forum dei Ministri della Difesa dell’ASEAN, comprendente Cina e Stati Uniti. Mentre la tensione sale tra Cina e Stati Uniti e scontri si verificano tra Cina e Stati rivieraschi sulle isole contese, i Paesi della regione vedono il valore della partecipazione russa. Ciò accade proprio mentre gli statunitensi appaiano confusi sulla regione nonostante il loro cosiddetto Asia Pivot. E
lizabeth Wishnick della Columbia University scrive nella sua nota dal titolo “Russia: nuovo attore nel Mar Cinese Meridionale” che “Anche se la Russia è sostenuta dalla Cina nelle posizioni mondiali, a livello regionale i leader russi cercano di migliorare l’indipendenza del Paese agendo attraverso una sempre più variegata diplomazia nel sud-est asiatico, verso gli alleati tradizionali come il Vietnam, ma anche verso partner inattesi come le Filippine”. “È una strategia che richiederebbe alla Russia di non prendere posizione su chi ha cosa, ma che le consentirebbe di sostenere le azioni basate sul diritto internazionale riducendo le tensioni”, dice Carlos D. Sorreta, direttore dell’Istituto degli Esteri filippino. Il 14 aprile, il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in una intervista a media cinesi, giapponesi e mongoli illustrava la posizione della Russia sulle dispute territoriali nel Mar Cinese Meridionale.
Lavrov ha ribadito la posizione tradizionale di Mosca sulla questione, esprimendo sostegno a una soluzione diplomatica, l’impegno alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), e il rispetto della Dichiarazione del 2002 relativa alla condotta delle parti nel Mar Cinese Meridionale (DOC). Accolse con favore la rapida conclusione di un codice di condotta vincolante (COC) e toccò anche il tema dell’internazionalizzazione della controversia sul Mar Cinese Meridionale dicendo: “La nostra posizione è decisa dal desiderio, naturale per qualsiasi Paese normale, di vedere una composizione delle liti direttamente tra i Paesi interessati, in maniera politica e diplomatica, senza alcuna interferenza da terzi o qualsiasi tentativo d’internazionalizzare tali controversie”. Il maggiore vantaggio della Russia è che non ha rivendicazioni territoriali nel Sud-Est Asiatico. E, a differenza degli Stati Uniti che cercano d’estendere la loro influenza nella regione dell’Asia-Pacifico e che in realtà preparano freneticamente un futuro scontro, l’interesse della Russia risiede nella redistribuzione di potere nella regione. La Russia non si oppone a nessuno nella regione dell’Asia-Pacifico. Si sforza di sviluppare buone relazioni con Cina, Giappone, Vietnam, Sud e Nord Corea, così come altri Stati della regione. La Russia è un attore internazionale che non si schiera. È un mediatore perfetto capace di abbattere le tensioni e trovare una soluzione al problema. In ogni caso, i colloqui sono l’unico modo per risolvere le controversie regionali.image.axdLa ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

RIFORMA DEL LAVORO, LA FRANCIA A FERRO E FUOCO

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SE NON SONO HOOLIGANS, CI PENSANO GLI ANTAGONISTI CHE SI OPPONGONO ALLA RIFORMA DEL LAVORO DI HOLLANDE A CREARE UN PO' DI GUERRIGLIA URBANA: SCONTRI CON LA POLIZIA, LANCIO DI OGGETTI, DECINE DI FERITI

Francia: scontri al corteo sul lavoro. Oltre 20 feriti e 15 fermati

In centinaia lanciano oggetti contundenti, sei fermi. Ieri un grande corteo di protesta contro la riforma del lavoro

(Ansa), 14 Giu 2016 - Una città sottosopra, nel pieno dell'Euro 2016, con immagini da guerriglia e almeno 40 feriti, tra cui 29 poliziotti e 58 fermi tra le fila dei casseur. Nella Francia dei veleni non bastava l'allerta massima per il terrorismo.

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FRANCIA RIFORMA DEL LAVORO SCONTRI E FERITI AL CORTEO
A Parigi la manifestazione indetta dai sindacati contro la riforma del Lavoro si è trasformata in campo di battaglia. Sassi, bastoni, bottiglie, vetrine infrante, auto rovesciate e bici in fiamme. Addirittura l'assalto all'ospedale pediatrico in cui è ricoverato l'orfano dei due poliziotti massacrati ieri sera da uno jihadista dell'Isis.
A fine giornata, nel consueto balletto di cifre, la CGT parla di 1,3 milioni di persone in piazza. Più prudente la questura, secondo cui ha partecipato al corteo un massimo di 125.000 manifestanti.
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FRANCIA RIFORMA DEL LAVORO SCONTRI E FERITI AL CORTEO
Sicuro è che questa volta le frange estreme sono state più numerose, visibili e violente. Una furia cieca messa in campo da autonomi e black bloc vestiti di nero che poco aveva da spartire con la pacifica contestazione del Jobs act di Hollande. Le ore più difficili sono state quelle del pomeriggio.
E a nulla sono serviti gli appelli alla calma lanciati dal ministro dell'Interno, Bernard Cazeneuve, già alle prese con la minaccia jihadista, gli hooligans, e l'immensa sfida della sicurezza nelle dieci città che ospitano l'europeo.
Partita alle 13:15 da Place d'Italie la manifestazione è sfociata quasi subito nel caos.
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FRANCIA RIFORMA DEL LAVORO SCONTRI E FERITI AL CORTEO
Centinaia di manifestanti con il passamontagna hanno cominciato a bersagliare le forze dell'ordine con tutto ciò che trovavano sotto mano. Immediata la risposta della Police Nationale. Lacrimogeni, proiettili di gomma, idranti, per la prima volta un idrante: la polizia in assetto antisommossa ha usato tutti i mezzi a disposizione per arginare la furia devastatrice. Ma non c'è verso, nel giro di un'ora la violenza dilaga lungo l'intero tracciato.
All'angolo tra Boulevard Raspail e Boulevard Montparnasse, nel cuore della rive gauche parigina, un uomo finisce a terra colpito alla schiena dal lancio di un razzo. Sarà uno dei primi feriti della lunga giornata. Ne seguiranno altri. Vetrine dei negozi, pensiline dei bus, cartelli stradali, il curatissimo arredo urbano della capitale, nulla sfugge alla piena dei teppisti.