LA DONNA HA LASCIATO DUE LETTERE AL MARITO PER SPIEGARE LE RAGIONI DEL SUO GESTO: “NON SOPPORTO PIU’ QUESTA VITA PERCHE’…”
«Non ce la faccio più». Sono le prime parole che Marisa Charrère, 48 anni, infermiera di Aymavilles, in Valle d' Aosta, ha scritto in una delle due lettere lasciate al marito, prima di uccidere i suoi due bambini con una iniezione letale, per poi suicidarsi subito dopo.
Secondo una prima ricostruzione degli inquirenti la donna, con una siringa, avrebbe iniettato ai figli Nissen di 7 anni e Vivien di 9 un cocktail di farmaci, portato a casa sua direttamente dall' ospedale, dove da anni lavorava nel reparto di cardiologia.
Saranno gli esami, disposti già per le prossime ore, a dire quale sia stata la sostanza che ha ucciso la mamma e i piccoli. Durante la perquisizione gli agenti hanno trovato nella abitazione numerose siringhe, ma nessuna sostanza particolare. La prima ipotesi avanza è quella di avvelenamento da potassio.
Marisa Charrère dopo aver ammazzato i due figli, come in un rituale di morte studiato nei minimi particolari, li ha adagiati su un divano letto in una stanza degli ospiti, al piano terra della loro abitazione e, dopo averli sistemati come se stessero dormendo, si è uccisa con un' altra iniezione. A trovare i tre corpi ormai privi di vita, è stato il marito di Marisa, Osvaldo Empereur, appena rientrato dal lavoro.
Quando ha aperto la porta di casa, ha visto la moglie, coricata per terra e dopo aver capito che per lei non c'era più nulla da fare, disperato e in preda ad un brutto presentimento, ha cercato i due bambini. La speranza di trovarli ancora in vita si è infranta davanti a quel divano letto, diventato un sacrario di morte. L'uomo, scioccato, è stato ricoverato in ospedale.
In un attimo l'agente del Corpo forestale della Valle d'Aosta, in servizio alla caserma di Arvier, ha tragicamente realizzato che tutta la sua famiglia era stata sterminata da un attimo di follia della moglie che, per spiegare il suo gesto, gli ha lasciato due lettere sul tavolo della cucina.
Con quelle poche righe, la donna, ha cercato di spiegare al marito, quel malessere che da tempo la tormentava e che l'ha portata a diventare l' assassina dei suoi figli, prima di togliersi la vita. Un atto dettato dalla disperazione, che ha travolto anche due piccole vittime innocenti.
LA CASA DI MARISA CHARRERE
La polizia ha accertato che a scrivere le lettere è stata proprio Marisa, confrontando la grafia con altri scritti presenti in casa. La vita dell' infermiera, è stata costellata di lutti e grandi dolori: era ancora una ragazzina quando in un incidente stradale ha perso il padre. E, nell' inverno del 2000 la stessa sorte era toccata al fratello Paolo, al quale era molto legata, morto mentre stava sgomberando la neve sulla strada regionale di Cogne.
La tragedia che si è consumata ad Aymavilles, dove la donna era conosciuta per essere una mamma amorevole e una infermiera molto prepara, ha sconvolto tutta la comunità.
«Stiamo parlando di una famiglia normale, che partecipava alla vita sociale del paese attraverso il volontariato - ha detto il sindaco Loredana Patey -. Lei aveva un carattere un po' chiuso ma nessuno poteva immaginare una cosa simile.
Siamo sgomenti. Marisa l' ho vista l' ultima volta sabato scorso, in occasione dell' arrivo del nuovo parroco e tutto sembrava a posto, lei era tranquilla come sempre».
«Adorava i suoi figli - hanno scritto i colleghi dell' infermiera - era una mamma attenta ai bisogni dei figli, rammaricata per averli avuti da grande ma questo era un motivo in più per accompagnarli sempre nelle loro attività scolastiche e sportive». Nel messaggio c' è anche il «dolore di non aver colto, nei suoi occhi, quella grandissima sofferenza che aveva nell' animo».
LE BORSE DELLA SPESA LASCIATE NELL' AUTO E LE DUE LETTERE: «BASTA SOFFERENZA»
Sul tavolo del soggiorno due lettere dal contenuto quasi uguale. Scritte a mano, calligrafia curata, indirizzate al marito Osvaldo Empereur, 47 anni, sottufficiale del Corpo Forestale valdostano. Una frase è questa: «Non sopporto più questa vita». Poi altre parole tra cui «infelicità» e «sofferenza». Che «ora» riguarderebbero «sia me», «sia te».
MARISA CHARRERE
Civico 13 di Clos Savin, un viottolo di settanta metri: ci sono la casa e subito accanto la pieve dove andava a pregare da sola al mattino. Più in là una pizzeria dove spesso ordinava la cena per la famiglia.
Scorreva in gran parte qui la vita di Marisa Charrère, 48 anni, l' infermiera professionale del reparto di cardiologia dell' ospedale Parini di Aosta che giovedì sera ha ucciso i due figli di 7 e 9 anni, Nissen e Vivien, iniettandogli una soluzione letale a base di potassio, lo stesso modo con cui poi si è tolta la vita lei. Vicini e amici descrivono una coppia in apparenza senza problemi, ma poi nei tre bar di Aymavilles, borgo di due mila abitanti a 4 chilometri da Aosta e a una quindicina in linea d' aria da Cogne, qualcuno sussurra di «liti», «scenate», «gelosia».
Lui esuberante, sportivo, appassionato di sci di fondo, animatore delle serate allo «Sci club Drink», il posto di ritrovo del paese. Lei assai più riservata, silenziosa, la vita segnata da due pesantissimi lutti: il padre, un operaio del soccorso stradale, morì quando Marisa era bambina, rotolando in una scarpata con un mezzo spazzaneve mentre infuriava una tormenta. E su quelle stesse strade di montagna morì anche il fratello di lei, nel novembre 2001, schiantandosi contro un Tir mentre era alla guida di un' utilitaria.
Un'infermiera scrupolosa nel lavoro, preparata e diligente, a detta dei colleghi in Cardiologia: «Adorava i figli, era attenta ai loro bisogni e presente». Semmai il rammarico era «di averli avuti da "grande" - aggiunge qualcuno in corsia - ma questo era un motivo per stare sempre con loro, accompagnandoli a scuola e a lezione di sci di fondo».
LA CASA DI MARISA CHARRERE
Davanti al cancello del civico 13 - la casa ha un giardino con scivoli e altalene - sostano giornalisti e telecamere.
Un uomo che vive al pianterreno, Simone Reitano, si affaccia dalla finestra dicendo solo di non sapere se Marisa fosse depressa: «Non li ho mai sentiti litigare». Sul vicino sagrato della chiesetta di Cristo Re, il sindaco Loredana Petey, in lacrime, parla di «uno strazio difficile da accettare. Questo non è solo un paese, è una grande famiglia dove tutti conoscono tutti».
Dall' altra parte del piazzale è parcheggiata la Suzuki Ignis usata tutti i giorni dall' infermiera. Dai finestrini, davanti al sedile lato passeggeri, si vedono diversi pacchi di carta igienica ancora avvolti nel cellophane; danno l' idea di essere stati acquistati da poco.
Nell' abitacolo, oltre a due palloni da calcio, ci sono anche tre o quattro buste della spesa piene per metà. In un cassettino sotto al volante è stata trovata la patente di Marisa. Almeno in apparenza, sembrava poggiata con cura e non dimenticata. Un investigatore della Mobile scuote la testa: «È andata a fare l' ultima spesa normalmente». Poi ha ucciso i due figli e si è tolta la vita.