9 dicembre forconi: 04/19/18

giovedì 19 aprile 2018

21 ENNE UCCISO CON UN COLPO DI PISTOLA IN CASA DELLA FIDANZATA, DOPO LA CONDANNA DI ANTONIO CIONTOLI, ESPLODE LA RABBIA DELLA MADRE DEL RAGAZZO

14 ANNI AL PADRE DELLA COMPAGNA DEL FIGLIO, EX AGENTE SEGRETO, CONDANNATA TUTTA LA FAMIGLIA DELLA RAGAZZA 

“VERGOGNA, LO AVETE AMMAZZATO 2 VOLTE” 

"RITARDATE DI PROPOSITO LE RICHIESTE DI SOCCORSO PER COPRIRE QUELLO CHE ERA ACCADUTO"

Michela Allegri e Alessia Marani per “il Messaggero”
delitto vanniniDELITTO VANNINI

Gli striscioni appesi fuori dal tribunale di piazzale Clodio, l' aula della prima Corte di Assise di Roma riempita dal banco degli imputati fino alle porte. Poi, i giudici che escono, dopo tre ore di camera di consiglio. Le mani strette dei parenti, degli amici, dei genitori. Il fiato sospeso. «Antonio Ciontoli condannato a 14 anni» per l' omicidio volontario di Marco Vannini, scandisce il presidente, che concede le attenuanti generiche e diminuisce di 7 anni la richiesta della Procura. «Vergogna, sono troppo pochi», l' eco dall' aula.

«Maria Pezzillo - la moglie - Martina e Federico Ciontoli - i figli - condannati a 3 anni per omicidio colposo». La ricostruzione della Procura di Civitavecchia che per tutta la famiglia Ciontoli aveva chiesto una pesante condanna per concorso in omicidio volontario, si sgretola di fronte al dispositivo letto dalla Corte. Il capofamiglia, Antonio, sottufficiale della Marina Militare, ex agente segreto («un servitore dello Stato», come hanno tenuto a ribadire anche ieri nelle repliche i suoi legali), tre anni fa aveva sparato a Vannini, fidanzato di sua figlia Martina, mentre si trovava nella vasca da bagno. Un colpo esploso per errore, perché pensava che la pistola d' ordinanza fosse scarica.
delitto vanniniDELITTO VANNINI

Poi, insieme alla moglie e ai figli aveva ritardato i soccorsi, mentendo. Prima ai paramedici del 118 - «un ragazzo ha avuto un attacco di panico», «è caduto in bagno e si è fatto un buchino sul braccio con un pettine» - poi agli infermieri. Al Poliambulatorio di Ladispoli, mentre il giovane stava morendo, Antonio Ciontoli, addirittura, «riferiva al medico di guardia che il ragazzo era stato colpito con un' arma da fuoco, invitandolo a falsificare il referto», è scritto nel capo di imputazione. L' uomo è stato condannato anche per omessa custodia dell' arma.

delitto vannini madreDELITTO VANNINI MADRE
Dopo la lettura della sentenza, i familiari non trattengono lo sdegno e le lacrime. «Mi vergogno di essere una cittadina italiana - grida mamma Marina Conte - aveva solo vent' anni. Così me l' avete ammazzato due volte». La pm Alessandra D' Amore aveva sollecitato una condanna a 21 anni per il capofamiglia, e a 14 anni per la moglie e i figli. Altri due anni erano stati chiesti per Viola Giorgini, fidanzata di Federico Ciontoli. Accusata di omissione di soccorso, è stata assolta. I giudici hanno anche disposto una provvisionale da 400mila euro in favore dei genitori della vittima, assistiti dal professore Franco Coppi.

Ladispoli, 17 maggio del 2015.
delitto vanniniDELITTO VANNINI
Vannini è a casa della fidanzata, in via De Gasperi. Alle 23,15 Antonio Ciontoli impugna la sua Beretta semiautomatica. Pensa che l' arma sia scarica, preme il grilletto. «Ho fatto una grossa stupidata - dirà a processo - Mi aveva chiesto di mostrargli due pistole, ma sono scivolato e ho fatto partire un colpo». Il proiettile si conficca nel braccio destro di Vannini, attraversa il polmone, raggiunge il cuore. Alle 23,45 Federico Ciontoli chiama il 118. Dice che un ragazzo ha avuto un attacco di panico e non riesce a respirare.
carabinieri-675CARABINIERI
Passa il telefono alla madre, Maria Pezzillo: «Si è ripreso, annulliamo la richiesta di intervento». Poco dopo mezzanotte, Antonio Ciontoli richiama il 118: «Il ragazzo ha avuto un infortunio mentre era nella vasca da bagno, si è ferito con un pettine ed è andato in panico». L' ambulanza arriva a mezzanotte e 23 minuti. A bordo non c' è un medico, ma solo un' infermiera.

Dieci minuti dopo, al Poliambulatorio di Ladispoli, Vannini è in condizioni critiche. Ciontoli dice al medico di guardia che è stato colpito da un proiettile e lo prega di falsificare la cartella clinica. Arriva l' elisoccorso, Vannini viene trasportato in codice rosso al policlinico Gemelli, morirà durante il tragitto. Martina da allora si è laureata e oggi lavora proprio come infermiera sulle ambulanze. Tutta la famiglia Ciontoli si è trasferita altrove. Ieri, nessuno degli imputati era in aula.

carabinieriCARABINIERI
Nel ritardo dei soccorsi c' è tutto il dramma dei Vannini. «Sono convinto che ci sia un' altra verità che mai sapremo», confida papà Valerio Vannini. Che si sfoga: «Troppe bugie e omissioni - dice - Quando ho sentito l' audio della chiamata al 118 sono morto con mio figlio. Lui gridava, invocava mamma, loro invece si preoccupavano di cancellare le impronte sulle armi, dove non è stata trovata traccia di sangue o dna. Marco stava morendo e loro pensavano a come aggiustare le cose. Gli unici condannati all' ergastolo del dolore siamo solo mia moglie e io, perché solo noi sappiamo che cosa significa tornare la sera a casa, chiuderci la porta alle spalle e sentire tutto il vuoto lasciato dal nostro unico figlio».

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NEL FILMATO ALL'ISTITUTO TECNICO DI LUCCA ALTRE IMMAGINI CHOC DEL PROF BULLIZZATO DAGLI ALUNNI


Giuseppe De Lorenzo per il Giornale



Il video era più lungo di quello emerso ieri sui social network e diventato in poco tempo un caso nazionale. Almeno un minuto di ordinaria follia. Istituto Tecnico Carrara di Lucca. Il docente, inerme, è seduto alla cattedra in balia di tre alunni. In piedi, fanno ciò che vogliono durante l'ora di lezione: bestemmiano, gridano, insultano. "Ora le faccio rapporto, datemi una penna", sghignazza uno dei bulli ribaltando il ruolo professore-studente. Una parte di questa storia l'avevamo già raccontata ieri.

prof bullizzato da alunniPROF BULLIZZATO DA ALUNNI
L'alunno che grida "non mi faccia incazzare" al prof, imponendo di mettergli "sei" invece dell'insufficienza. E poi quell'irriverente "si inginocchi" diventato ormai un tormentone. Ma non è tutto. Di filmati se sarebbero emersi altri. Ma è anche il prima e il dopo della "prima puntata" a sconcertare.
Gli studenti a tormentare il professore sono tre, non uno solo. Già segnalati al Tribunale dei Minori di Firenze, è probabile vengano indagati per violenza privata. Al vaglio ci sarebbe la posizione di un altro giovane, di cui si sta cercando di accertare le responsabilità.
prof bullizzato da alunniPROF BULLIZZATO DA ALUNNI
"Le piace il pene? Lo dica, le piace? Oppure preferisce altro?", domanda irriverente uno dei tre. E ancora: "Puzzi di merda, non puoi stare seduto lì". Lo stesso giovane col sogno di far inginocchiare il prof prende poi due secchi e li solleva sulla cattedra. Uno sopra l'altro. "Ecco la torre di Pisa, le piace?".
Il secondo bulletto copre il capo del professore con una giacca. Il terzo, invece, si infila un casco integrale della moto e simula di colpire a testate il docente che, in teoria, dovrebbe essere figura istituzionale da rispettare. I fatti risalgono a mercoledì scorso. Il docente, ancora scosso, non ha rilasciato interviste ai giornalisti se non una laconica dichiarazione, riportata dal Giorno: "Sono molto dispiaciuto da questa situazione. In ogni modo continuo ad andare a scuola, è il mio lavoro".

Fonte: qui
prof bullizzato da alunniPROF BULLIZZATO DA ALUNNIprof bullizzato da alunniPROF BULLIZZATO DA ALUNNI

A PADOVA UN PADRE NE DONA UN PEZZETTO DI FEGATO (IL 25%) AL FIGLIO DI UN ANNO E GLI SALVA LA VITA

NELLO STESSO OSPEDALE 20 ANNI FA PER LO STESSO INTERVENTO FU CHIAMATO UN CHIRURGO GIAPPONESE 

I RISCHI MAGGIORI SONO NEL PRIMO ANNO, POI IL BAMBINO POTRÀ VIVERE NORMALMENTE

Enza Cusmai per il Giornale

Fin dove può arrivare l'amore di un genitore per il proprio figlio? «Darei la vita», qualcuno sostiene. E in effetti, sia pure a malincuore, si potrebbe arrivare fino all'atto estremo pur di salvare il sangue del proprio sangue.

lo staff del centro trapianti di padovaLO STAFF DEL CENTRO TRAPIANTI DI PADOVA
Per fortuna in questo caso nessuno è arrivato a tanto. A un bimbo gravemente malato di neanche un anno di vita, una manciata di chili, dieci in tutto, è stato donato un pezzo di fegato da parte del suo papà. E ora tutti e due stanno bene grazie anche all'abilità dell'équipe del Centro di chirurgia epatobiliare e trapianti di fegato dell'Azienda ospedaliera universitaria di Padova, diretta dal professor Umberto Cillo.

Durante l'intervento è stato prelevato il 25% del fegato al padre, precisamente il lobo sinistro, che è poi stato impiantato nel suo bambino. A dire il vero anche la mamma si era resa disponibile ma la scelta dei medici è caduta sul padre visto che in famiglia c'è da accudire anche un altro figlioletto.

UMBERTO CILLOUMBERTO CILLO
Il dramma familiare ha avuto un lieto fine così come il precedente intervento effettuato circa 20 anni fa sempre nello stesso ospedale. Anche allora a Padova si effettuò un trapianto epatico da donatore vivente ma l'équipe era guidata da un chirurgo giapponese.

Era il 1997 quando un ferroviere croato donò parte del suo fegato al figlio, colpito da tumore; un intervento che allora fece talmente tanto positivo scalpore, che il ragazzino venne poi ricevuto dal Papa.

Anche agli Ospedali Riuniti di Bergamo c' è stato però un caso analogo. Gabriel, un bimbo che era in lista d' attesa da quattro mesi, si è salvato grazie al gesto d' amore del padre, di origini cubane, che gli ha donato parte del proprio fegato.

Ma si può crescere senza il timore del futuro con un fegato trapiantato da piccolo? Dipende molto dall' intervento chirurgico e dalla qualità dell'organo trapiantato ma, in generale i bambini, possono condurre una vita pressoché normale.

Significativo è il primo anno post-trapianto: minori le complicanze, maggiori le prospettive per il futuro. Per quello epatico, se non si verificano particolari complicanze e l'organo era perfettamente funzionante, i benefici clinici possono durare 30 anni.

trapianto di fegatoTRAPIANTO DI FEGATO
Inoltre, secondo le statistiche, se i donatori sono genitori il rischio di mortalità e le complicanze post-trapianto sono più bassi. E gli esperti confermano che spesso le cose vanno bene.

Per esempio, un paziente trapiantato negli anni '90, con una porzione di fegato del padre, attualmente studia, fa sport e non prende neppure gli immunosoppressori.

I trapianti tra vivi dunque sono oliati ormai ma non è molto lontano il 2001 quando il primo trapianto di fegato tra viventi adulti ad opera di medici italiani venne effettuato al Niguarda.

trapianto di fegato 1TRAPIANTO DI FEGATO
E questa volta, fu un figlio di 32 anni che donò il lobo destro a suo padre, 60 anni, in lista di attesa da mesi, preceduto però da altre sette persone. L'uomo era stato colpito da cirrosi epatica ormai giunta all' ultimo stadio e i medici gli avevano dato solo un mese di vita. Così il figlio si era rivolto ai medici del reparto chiedendo l'applicazione della legge del 1999 che autorizzava il trapianto da vivente.

A Pisa invece è stata una madre invece a ridare un sorriso a suo figlio. Gli ha donato un rene e ora è un bambino felice che «non salta mai neppure un giorno di scuola». Ma la conquista della sua normalità, per un bambino di 8 anni, è passata attraverso un fatto che di normale ha poco: il donatore aveva una doppia incompatibilità (per gruppo sanguigno e per anticorpi). Ma a distanza di 8 mesi sia il bambino che la madre stanno bene e hanno una funzione renale completamente normale.

17 aprile 2018

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ANCHE IN ITALIA ARRIVA IL TASER - LA PISTOLA A IMPULSI ELETTRICI, DA TEMPO IN DOTAZIONE PER GLI AGENTI NEGLI STATI UNITI, È IN SPERIMENTAZIONE A MILANO, BRINDISI, CASERTA, CATANIA, PADOVA E REGGIO EMILIA


Francesco Grignetti per www.lastampa.it

taserTASER
Se vedrete una pattuglia di polizia con strane attrezzature, niente paura. A Milano, Brindisi, Caserta, Catania, Padova e Reggio Emilia sta per cominciare la sperimentazione del «taser X2», ossia la pistola a impulsi elettrici che da tempo è dotazione ordinaria per gli agenti negli Stati Uniti.

L’apparecchio in esame funziona con un puntatore laser e due dardi che rimangono collegati all’arma, ma può lanciare anche una scarica di avvertimento senza sparare alcun colpo.

Il Dipartimento di Ps ha deciso di sperimentare l’arma, con l’avvertenza che si tratta appunto di una arma, e che quindi il suo uso va ricondotto alle esigenze di servizio. In pratica, la pistola a impulsi elettrici è considerata una alternativa alla pistola tradizionale e va sfoderata solo quando l’agente deve immobilizzare temporaneamente un soggetto.  

Polizia con taserPOLIZIA CON TASER
Come tutte le armi (anche se questa è efficace a una distanza tra i 3-7 metri) la pistola dovrà essere estratta dall’agente di polizia solo quando necessario. In alternativa, va mostrata come forma di deterrenza a fronte di un soggetto che si mostri aggressivo.

Va anche usata - si legge nelle circolari che accompagnano l’avvio della sperimentazione - con l’accortezza di mantenere le linee di tiro e le distanze di sicurezza. Siccome i dardi sono due, teoricamente è possibile sparare il primo e il secondo colpo a due soggetti diversi.

In ogni caso, rimarca ancora il Dipartimento, l’agente dovrà considerare «i rischi associati con la caduta della persona» dopo che la stessa è stata colpita dal dardo. Infine, a scanso di problemi legali, ad ogni utilizzo del «taser» dovrà seguire l’intervento di un medico che dovrà rilasciare un certificato sugli effetti che la scarica elettrica ha prodotto sull’arrestato.  

taserTASER
Ma non solo il «taser» va in sperimentazione. Cambiano anche le manette, sostituite da una fascia in velcro, robusta quanto è più dell’acciaio, ma meno dolorose per i polsi del soggetto. La fascia, inoltre, potrà essere utilizzata anche per bloccare le caviglie o le braccia.

Teoricamente un arrestato che si divincola potrà essere bloccato a terra con mani e piedi legati. Meglio che trattenerlo a terra a forza di braccia o montandogli sopra di peso, come anche è accaduto, e con esiti fatali per l’arrestato.  

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LA RIFORMA FRANCESCHINI - LA DIRETTRICE DELLA GALLERIA BORGHESE ANNA COLIVA, APPENA INDAGATA PER ASSENTEISMO DI 41 ORE, È GIÀ SOSPESA PER SEI MESI SENZA NEPPURE L'ESITO DEL PRIMO GRADO


LA SOSPENSIONE FIRMATA DA CARLA DI FRANCESCO, SEGRETARIO GENERALE DEL MIBACT, NEL 2014 A SUA VOLTA INDAGATA PER 18 APPALTI CHE FAVORIRONO LA DITTA DEL SUO COMPAGNO. MA DI FRANCESCO NON È STATA SOSPESA DAL MINISTERO. E LA SUA POSIZIONE È STATA POI ARCHIVIATA DALLA GIUSTIZIA

Carlo Alberto Bucci per la Repubblica - Roma

La superdirettrice della Galleria Borghese accusata di assenteismo rimossa senza neppure l' esito del primo grado.

galleria borghese foto di luciano di baccoGALLERIA BORGHESE FOTO DI LUCIANO DI BACCO
La Galleria Borghese, perla del sistema museale dello Stato, sta per restare senza la sua direttrice, Anna Coliva. La studiosa, l' unica confermata nel ruolo dopo la riforma Franceschini del 2016, sta per essere sospesa per 60 giorni dal ministero Beni culturali. La dirigente è a processo a Roma per truffa aggravata: in 12 giorni del 2014 si sarebbe allontana per 40 ore e 59 minuti senza aver timbrato il cartellino, cosa che era obbligata allora a fare essendo funzionaria con mansioni di direttrice.

Galleria BorgheseGALLERIA BORGHESE



La prima udienza si è tenuta a fine febbraio. E il ministero un mese dopo ha aperto il procedimento di sospensione. Un atto dovuto. Cui spesso segue però la prassi, non scritta, di congelare il provvedimento: in attesa della sentenza.

FRANCO BERNABE MOGLIE ANNA COLIVAFRANCO BERNABE MOGLIE ANNA COLIVA
Questa era la linea presa dal Collegio romano all' indomani dell' uscita della notizia, su Repubblica del 9 febbraio, dell' iscrizione di Coliva nel registro degli indagati. Invece, con largo anticipo sui 60 giorni previsti come tempo massimo per la conclusione di un procedimento disciplinare, l' ufficio del personale ha predisposto la sospensione della direttrice della Borghese: due mesi a casa, senza stipendio.

Coliva, difesa in tribunale dall' avvocato Alessandro Diddi, ha dichiarato più volte la propria innocenza, ricordando che in molte di quelle ore di quattro anni fa che le sono contestate per assenteismo, si trovava invece in ferie. Oppure a un convegno su Bernini, artista- simbolo della casa-museo che la studiosa dirige.

La raccomandata con la sospensione è stata firmata da Carla Di Francesco, segretario generale del Mibact, nel 2014 a sua volta indagata per 18 appalti che favorirono la ditta del suo compagno, Giuliano Mezzadri, nella ricostruzione post terremoto dell' Emilia Romagna (di cui era allora direttore regionale).
L Ambasciatore Le Roy consegna l Onorificenza a Anna ColivaL AMBASCIATORE LE ROY CONSEGNA L'ONORIFICENZA A ANNA COLIVA

Ma Di Francesco non è stata sospesa dal ministero. E la sua posizione è stata poi archiviata dalla giustizia. Anche Federica Galloni, direttore generale in pole per il posto di segretario generale visto che l' attuale sta per andare in pensione, è rimasta al suo posto quando nel 2009 è stata indagata per l' espatrio di un mobile Luigi XV del valore di 15milioni. E nel 2013 è stata assolta perché il fatto non sussiste. È quanto è certa di dimostrare Coliva in tribunale.

COLIVA FRANCESCHINICOLIVA FRANCESCHINI






Alla direttrice della Borghese il congelamento della sospensione non sarebbe però stato concesso. Sta infatti per essere ufficialmente sospesa. Una decisione che il Mibact ha preso, ad esempio, nel 2017 per Adele Campanelli, direttrice del Parco archeologico dei Campi flegrei: ma, in quel caso, la dirigente era finita agli arresti domiciliari per turbativa d' asta per aver, sostiene l' accusa, favorito aziende vicine al clan dei Casalesi.

federica galloniFEDERICA GALLONI
I collaboratori di Coliva la descrivono tranquilla anche se intimamente provata dall' accusa infamante. La Galleria deve ora approvare il bilancio e mandare avanti la mostra su Picasso scultore prevista per ottobre. Ma senza guida. 

Fonte: qui
Carla Di Francesco, segretario generale del MibactCARLA DI FRANCESCO, SEGRETARIO GENERALE DEL MIBACT

VIDEO: PAURA A ROMA IN VIA LORENZO IL MAGNIFICO DOVE UN 26ENNE CON PROBLEMI PSICHICI HA TENTATO DI LANCIARSI NEL VUOTO DAL QUINTO PIANO

GLI AGENTI SONO RIUSCITI AD ACCIUFFARLO IN TEMPO

VIDEO: UOMO TENTA IL SUICIDIO A ROMA


uomo tenta il suicidio a roma 7UOMO TENTA IL SUICIDIO A ROMA 
La scorsa notte in via Lorenzo il Magnifico alcune volanti della Polizia sono intervenute perché un uomo, un 26enne albanese, con problemi psichici, in precario equilibrio sul cornicione posto al quinto piano minacciava di gettarsi nel vuoto.

uomo tenta il suicidio a roma 4UOMO TENTA IL SUICIDIO A ROMA uomo tenta il suicidio a roma 3UOMO TENTA IL SUICIDIO A ROMA 













All'intervento degli agenti l'uomo risultava poco collaborativo ma è stato salvato poco prima di gettarsi nel vuoto e trasportato poi all'Umberto I dove è sottoposto al Tso.

Fonte: qui

LA CORTE DEI CONTI CHE METTE SOTTO INCHIESTA, PER I CONTRATTI DERIVATI, I VERTICI DEL TESORO, DA SINISCALCO A MARIA CANNATA, DA GRILLI A LA VIA.

TUTTI TRANNE DRAGHI, ALL’EPOCA DIRETTORE GENERALE CHE FIRMÒ I CONTRATTI

CHI PAGHERÀ L’EVENTUALE DANNO ERARIALE?

Winston Churchill per www.lettera43.it
scalfari guarda ciampi che abbraccia draghiSCALFARI GUARDA CIAMPI CHE ABBRACCIA DRAGHI

Le colpe dei padri ricadono sempre sui figli. Ne parlo a ragion veduta, sia come figlio di Lord Randolph Henry Spencer Churchill, morto nel gennaio 1895 a soli 46 anni dopo essere stato un politico molto influente nell’Inghilterra vittoriana, sia come padre di cinque figli – avuti dalla mia amata Clementine Hozier – due dei quali sono volati cielo prima di me (Marigold Frances morta a soli 3 anni per setticemia, e Diane, suicida con un’overdose di barbiturici nel 1963, due anni prima che mancassi io) mentre gli altri tre (Randolph, Sarah e Mary) mi hanno seppellito dopo avermi riempito di nipoti.

L'ACCUSA A MORGAN STANLEY.
mario draghi carlo azeglio ciampiMARIO DRAGHI CARLO AZEGLIO CIAMPI
Ma quello di cui voglio parlarvi oggi non è la storia della blasonata famiglia Churchill, bensì la triste storia dei derivati della finanza pubblica made in Italy. Una storia che ora finisce alla Corte dei Conti che, non avendo niente di meglio da fare, accusa l’americana Morgan Stanley e i benemeriti funzionari del Tesoro italiano – magari li avessero i nostri cancellieri dello Scacchiere – di danno erariale per 3,9 miliardi, di cui 2,7 miliardi a carico della banca d’affari e 1,2 miliardi complessivi per quattro dirigenti del Mef (due ex direttori generali, Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli, l’attuale loro successore Vincenzo La Via, e Maria Cannata, che per 17 anni ha diretto il pool che gestisce il debito pubblico nazionale).

I RISCHI PER IL PAESE.
Tutto questo con gravi conseguenze per quella maledetta montagna di debiti che gravano sulle spalle degli italiani, mi racconta un grande italiano che avrei voluto conoscere in vita, Carlo Azeglio Ciampi. Secondo lui c’è il rischio che alcune banche decidano seriamente di ripensare il loro coinvolgimento come specialisti in titoli di Stato(questa è una offerta che non si può rifiutare!). E ne parla a ragion veduta, visto che in qualche modo è il padre dell’uso dei derivati come forma di assicurazione contro il rischio tassi nella gestione del vostro debito pubblico.
saccomanni ciampi draghiSACCOMANNI CIAMPI DRAGHI

E già, perché le regole dei derivati hanno origini antiche. Era il 1996 e l’Italia, senza questi strumenti finanziari, rischiava di restare fuori dall’Unione monetaria. Così, il 22 gennaio 1997, Ciampi firmò il decreto ministeriale che li definiva nei dettagli; comprese le clausole che prevedevano (sia per le banche specialist sia per lo Stato) l’uscita dal contratto. Tra l’altro, il direttore generale del Tesoro dell’epoca (cioè, chi scrisse materialmente quel provvedimento) era Mario Draghi (che quei falsi coraggiosi della Corte dei Conti si sono dimenticati di perseguire, pur essendo ancora in vita, al contrario di Ciampi).

Nel 2001, Draghi avvertì il bisogno di scendere nei dettagli dei derivati. E fece riferimento alla possibilità di utilizzare la swaption per allungare le scadenze del debito pubblico. Proprio le pratiche che la Corte dei Conti ritiene «illegittime», e per le quali chiama a giudizio tutti i direttori generali del Tesoro che sono seguiti a Draghi e il direttore del debito di questi anni. Tutti fuorché colui che ha ideato le operazioni.
d alema premier ciampi ministro del tesoro mario draghi direttore generaleD ALEMA PREMIER CIAMPI MINISTRO DEL TESORO MARIO DRAGHI DIRETTORE GENERALE

LE PASSATE ARCHIVIAZIONI.
Al di là della circostanza che la gestione del debito pubblico venga definita dalla legge «insindacabile», la Corte dei Conti tratta come “incapaci” i dirigenti del Tesoro. Eppure, costoro hanno gestito il terzo debito pubblico del mondo, senza avere alle spalle la terza economia del mondo. E benché negli anni il debito sia continuato ad aumentare, la spesa per interessi rimasta pressoché stabile dimostra come la gestione del debito sia stata alquanto azzeccata. Ciampi me ne parla con le lacrime agli occhi, e a me non rimane che offrirgli un bicchiere del mio malto, mentre rifiuta uno dei miei avana (e me ne dolgo).

Ora tutto questo rischia di saltare, mi dice con il groppo alla gola il toscanaccio ormai mio amico. Mi dice: «Winston, pensaci, se gli specialisti vedranno sanzionata Morgan Stanley è assai probabile che rivedano la propria strategia nei confronti dei titoli emessi dalla Repubblica italiana(la minaccia!)». Allo stesso modo se quella gran donna della Cannata sarà condannata, i funzionari di via XX Settembre saranno indotti alla deresponsabilizzazione. Tutti, banche e dirigenti, diranno un bel “chi ce lo fa fare”, e la mia amata Italia andrà a farsi benedire. Ed è per queste ragioni che il Tribunale di Roma, quello di Trani e il Tribunale dei ministri hanno già archiviato senza indugi procedimenti analoghi.
derivati tra tesoro italiano e morgan stanleyDERIVATI TRA TESORO ITALIANO E MORGAN STANLEY

L'ALLARME DEFAULT.
Chiedo a Carlo Azeglio se si ricorda come siano andate le cose. Mi racconta come un fiume in piena. Nel 2005, Morgan Stanley chiese al governo italiano di agganciare ai derivati altri contratti collaterali, a garanzia. Il Tesoro respinse la richiesta: all’epoca il debito italiano era risk free, e mostrando di non avere alcuna sudditanza nei confronti della banca d’affari, via XX Settembre fece la cosa giusta.

Nel 2011, però, le cose cambiarono. Non tanto per lo spread schizzato alle stelle, quanto per l’analogo andamento dei credit default swap. E a far volare questa forma speculativa erano le voci di un default dell’Italia. Voci che trovavano conferma persino nelle parole di Giorgio Napolitano e di Mario Monti. Entrambi dissero che l’Italia era in condizioni di pre-default.

derivati tra tesoro italiano e morgan stanleyDERIVATI TRA TESORO ITALIANO E MORGAN STANLEY
Di fronte a tali considerazioni dei massimi livelli istituzionali, Morgan Stanley non applicò le clausole a sua disposizione che l’avrebbero autorizzata a uscire dal derivato, ma avviò un negoziato con il Tesoro. Tant’è che alla fine fu il ministero dell’Economia a decidere di chiudere il contratto. I tecnici si fecero due conti. Se il derivato fosse arrivato alla scadenza naturale, l’esborso per le casse dello Stato sarebbe stato di 5,9 miliardi. Con la rinegoziazione avrebbe versato alla banca 3,109 miliardi. Con un minor costo effettivo per lo Stato italiano di quasi 3 miliardi.
derivati Morgan StanleyDERIVATI MORGAN STANLEY

UNA SORTA DI POLIZZA ASSICURATIVA.
Superando la mia naturale ritrosia ad ammettere di non conoscere qualcosa, mi violento e chiedo a Carlo Azeglio di spiegarmi come funzionano questi benedetti derivati. Mi spiega con pazienza certosina che sono contratti equiparabili a una polizza assicurativa, nella fattispecie legata all’andamento dei tassi d’interesse. Se questi superano un determinato livello (stabilito nel contratto) è la banca a pagare. Se invece scendono, paga lo Stato. E quando il derivato è stato rinegoziato i tassi erano in discesa(peccato che nel 2008 le principali banche d'affari si misero d'accordo per manipolare i tassi variabili al Libor, clicca qui, di Londra, insomma truffarono tutte le loro controparti ...).

Eppure, per la Corte dei Conti gli uomini e le donne dell’Economia sono un branco di incapaci. Sostiene che gli uomini di Morgan Stanley spadroneggiavano al ministero e svolgevano un ruolo di consulenti. Peccato che agli specialisti delle banche sia proibito dalle misure interne del Mef di fare i consulenti. Sono 20 le banche che operano per il Tesoro, e ognuna può informare il Tesoro solo nella parte relative alle proprie operazioni. E all’epoca quelle di Morgan Stanley riguardavano lo 0,42% del debito pubblico.

CHI PAGHERÀ IL DANNO ERARIALE?
corte dei conti1CORTE DEI CONTI1
Insomma, quella che andrà in scena alla Corte dei Conti è una storiaccia di visibilità della magistratura amministrativa, condita di omissioni. E così uno strumento, nato per gestire al meglio il debito pubblico, rischia di diventare un boomerang proprio per il debito stesso. Se le banche specialiste dovessero osservare quel che avviene a Morgan Stanley potrebbero decidere l’uscita("la classica offerta che non si può rifiutare"!). E a quel punto, chi chiederà il danno erariale alla Corte dei Conti?

Fonte: qui