9 dicembre forconi: 08/19/18

domenica 19 agosto 2018

UN CARGO STUPEFACENTE - IN BRASILE UNA NAVE DEL GRUPPO GRIMALDI VIENE ASSALTATA DA ALCUNI “PIRATI” ARMATI DI MACHETE E ...

QUANDO ARRIVA LA POLIZIA VIENE SCOPERTA A BORDO PIU’ DI UNA TONNELLATA DI COCAINA, DIVISA IN 1202 TAVOLETTE 
LA DROGA ERA STATA DEPOSITATA DAI “PIRATI” O LA STAVANO RITIRANDO?
Maurizio Stefanini per “Libero quotidiano”
Commando di pirati assalta una nave, ma invece di svaligiarla la "valigiano": nel senso letterale che ci caricano a bordo 41 valige. Possibile, direte. E che razza di pirati sono? Una possibile interpretazione è che non si trattasse di pirati ma di narcos, che dentro alle valige ci avevano messo 1,322 tonnellate di cocaina, divisa in 1202 tavolette: il tutto in due container. E che si va in giro a distribuire droga come se fossero noccioline, penserete.
Proprio così: nel senso che la cocaina era nascosta nelle noccioline. La cosa è avvenuta nel porto brasiliano di Santos, vicino a San Paolo, la notte di domenica scorsa. E la nave era italiana: la Grande Francia, proveniente dall' Argentina via Montevideo, registrata nel porto di Palermo e facente riferimento al gruppo Grimaldi. 214 metri con a bordo 26 uomini di equipaggio, container e veicoli.
cocainaCOCAINA
Ma la vicenda non è del tutto chiara. Tanto per dirne una, i 41 contenitori sono stati definiti da alcuni giornali appunto come valige, ma da altro come borse e da altri ancora come sacchi: «ancora bagnati». La Polizia Federale di Santos, per conto suo, conferma la presenza della cocaina, anche perché è stata essa stessa a trovarla e sequestrarla, assieme a elementi della Marina. Ma sospetta che l'assalto abbia in realtà riguardato un'altra imbarcazione.
IL PRECEDENTE
Comunque, anche a una seconda nave del gruppo Grimaldi era accaduta qualcosa del genere qualche giorno prima: esattamente, il 7 agosto. Il suo nome: Grande Nigeria. Però nella stampa italiana non se ne è parlato quasi per niente: a differenza della stampa brasiliana, che gli ha dato un certo rilievo.
IL CARGO GRANDE FRANCIA DELLA GRIMALDIIL CARGO GRANDE FRANCIA DELLA GRIMALDI
Va detto che se la Grande Francia batte bandiera italiana, in realtà i marinai erano tutti filippini. Ma era italiano il capitano. Quattro o cinque individui in tuta da sub e passamontagna e armati di machete si sono issati a bordo con corde e ganci, mentre il mercantile era ancorato in attesa di autorizzazione per attraccare al molo di Santos.
Quando ha visto un energumeno col machete che correva verso di lui, il capitano ha fatto in tempo a azionare l'allarme, arrivato anche in Italia, e a richiudere tutti i suoi uomini in una stanza blindata, chiedendo assistenza radio.
COCAINACOCAINA
È stata la stessa Grimaldi Lines giovedì a confermare che il protocollo di emergenza era stato realizzato con successo: «Il capitano ha innescato l'allarme generale e tutti i membri dell'equipaggio si sono rifugiati nella stanza di sicurezza della nave e il sistema di sicurezza è stato attivato per informare lo Stato di bandiera».
Un dipendente del costruttore navale in Brasile ha spiegato che la segnalazione è stata ricevuta e confermata istantaneamente presso il ministero dei Trasporti italiano, dove c'è una squadra specifica per fornire supporto per gli episodi di pirateria. Il raid sarebbe durato due ore. Alla fine, il capitano ha detto che non ci sarebbe stato bisogno di intervento, poiché gli invasori erano fuggiti.
IL CARGO GRANDE FRANCIA DELLA GRIMALDIIL CARGO GRANDE FRANCIA DELLA GRIMALDI
C'era cattivo tempo, e così la pattuglia mista di Polizia e Marina è arrivata troppo tardi per intercettare gli intrusi. Tutta la zona di carico è stata allora perquisita, e sono stati trovati due container rotti, senza che vi fosse stato rubato nulla.
PRIMO VIAGGIO
In altri due contenitori, invece, è stata invece trovata la "roba". Portata effettivamente a bordo dai misteriosi assalitori, o già a bordo? Tanto la stampa italiana mainstream ha ignorato il fatto, tanto i siti più scandalistici ci si sono tuffati a pesce, con definizioni sarcastiche tipo: "Grimaldi una compagnia stupefacente".
COCAINACOCAINA
Ma è possibile che sapendo di avere un carico del genere a bordo il capitano abbia chiamato la Polizia proprio esponendosi al rischio di una simile persecuzione? Secondo l'importante sito di notizie brasiliano G1 questo sarebbe stato il primo viaggio a Santos di quell'equipaggio. Molto difficile, dunque, che ci fossero già stati accordi di qualche tipo con bande di narcos. Però per il momento la Polizia Federale ha segretato le indagini. Fonte: qui

ARRESTATO A CIAMPINO IL 36ENNE ROMOLO CASAMONICA MENTRE STAVA SPACCIANDO

QUANDO I CARABINIERI HANNO PROVATO A BLOCCARLO, LUI E’ SCAPPATO IN SELLA AL SUO SCOOTER TRASCINANDO SULL’ASFALTO UN MILITARE 
IL MAGISTRATO HA CONVALIDATO IL FERMO MA HA STABILITO CHE CASAMONICA, IN ATTESA DEL PROCESSO, NON ANDRA’ IN CARCERE: SARA’ AGLI ARRESTI DOMICILIARI ALL'INTERNO DI UNO DEI VILLONI DEL CLAN
Marco De Risi per “il Messaggero”
ARREDAMENTO NELLE VILLE DEI CASAMONICAARREDAMENTO NELLE VILLE DEI CASAMONICA
Un uomo che spaccia in sella a un potente scooter a Ciampino. I carabinieri ne intuiscono le mosse, lo pedinano, lo bloccano in flagranza di reato con le bustine di cocaina. Lui, però, agisce da criminale vero: sulla moto accelera e punta i militari che per bloccarlo vengono trascinati per alcuni metri.
Alla fine gli mettono le manette ai polsi. Si tratta di un pregiudicato. È Romolo Casamonica, 36 anni, che fa parte del noto clan sinti finito recentemente in inchieste anche con l' accusa di avere usato il metodo mafioso.
Ora il nomade deve rispondere di spaccio di droga, di lesioni personali, di violenza e resistenza ai carabinieri investiti. Ovviamente i militari hanno informato il magistrato di turno dell' arresto: il magistrato ha convalidato il fermo ma ha stabilito che Casamonica, in attesa del processo, non vada in carcere ma possa rimanere agli arresti domiciliari all' interno di uno dei villoni fra la Tuscolana e la Romanina che contraddistinguono il clan.
SULLO T-MAX
blitz casamonica 4BLITZ CASAMONICA
Il rocambolesco arresto, che ha visto finire in manette l' ennesimo Casamonica in pochi mesi, si è registrato venerdì sera quando una pattuglia in borghese dei carabinieri della compagnia di Castel Gandolfo, ha visto sfrecciare un individuo in sella ad un potente T-Max su un tratto della via Appia. Gli investigatori conoscono il mondo della malavita e quando hanno notato il centauro con un casco dalla visiera oscurata e la targa che è sembrata sporcata appositamente per non far leggere i numeri alle forze dell' ordine, si sono messi a pedinarlo stando attenti a non farsi sorprendere.
Gli investigatori scivolano sulla scia dello scooterone che si ferma in un parcheggio buio nei pressi di Ciampino. I carabinieri da lontano si sono mettono a vedere che cosa sta per succedere. Un' auto raggiunge Romolo Casamonica. Pochi secondi e fra l' automobilista e il centauro avviene lo scambio droga-soldi.
blitz casamonica 3BLITZ CASAMONICA
I militari sono rapidi ad intervenire. Si accorgono che Romolo Casamonica getta alcune bustine di cocaina a terra e cerca di fuggire. Gli investigatori sono convinti che il malvivente si fermi considerato che gli bloccano la strada. Invece, lo spacciatore cerca d' investire i carabinieri che si aggrappano allo scooterone e così vengono trascinati per alcuni metri.
Viene identificato anche l'uomo sull' auto che ammette che stava per acquistare la droga. Nelle tasche del malvivente vengono trovati 600 euro, provento dello spaccio. Gli inquirenti ipotizzano che l' arrestato usasse il T-Max proprio per spacciare.
blitz casamonica 2BLITZ CASAMONICA
Con una moto così potente riusciva a vendere la droga in zone diverse in pochissimo tempo. I due carabinieri trascinati sull' asfalto sono dovuti ricorrere alle cure mediche. L'arrestato è stato portato nella stazione di Castel Gandolfo. Una volta finita l' informativa dell' arresto i militari, così come prevede la legge, hanno dovuto chiamare il magistrato di turno. Il togato ha deciso per la convalida dell' arresto ma per gli arresti domiciliari. Così Romolo Casamonica è stato accompagnato a casa con l' obbligo di rimanervi.
Fonte: qui
blitz casamonica 1BLITZ CASAMONICA

“LA MANUTENZIONE NON SERVE, LE OPERE IN CEMENTO CADRANNO TUTTE”

UN INGEGNERE A “LIBERO”: “IL PONTE MORANDI ERA UN ASSURDO STRUTTURALE 

CON GLI ANNI, I CAVI ALL'INTERNO DEI PILONI IN CALCESTRUZZO SI RILASSANO. SI CHIAMANO TREFOLI E SONO FATTI DI FILI DI FERRO INTRECCIATI. QUANDO SI VERIFICANO MICROFRATTURE NEL CALCESTRUZZO, ANCHE A CAUSA DELLA CORROSIONE DEL SALE DEL CLIMA MARINO, S'INNESCA OSSIDAZIONE CHE ROMPE I SINGOLI FILI, A CATENA SI SPEZZANO GLI ALTRI E IL PILONE COLLASSA. ORA BISOGNEREBBE…”

Elisabetta De Dominis per “Libero quotidiano”
Il crollo del ponte Morandi dimostra una cosa: la cultura serve, senza competenze non si costruisce e nemmeno si è in grado di valutare quanto è stato costruito. Tutti si riempiono la bocca della parola magica «manutenzione». Si chiedono: è stata fatta la manutenzione ordinaria o straordinaria? Senza sapere di cosa si tratta. Qui non c' è manutenzione che tenga. Vediamo perché.
CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVACROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA
«Il ponte Morandi è crollato perché era un assurdo strutturale. Alla base della progettazione c' era un errore di filosofia strutturale che ha portato a costruire in modo sbagliato: in calcestruzzo. Il ponte di Brooklyn è in metallo. La Torre Eiffel in metallo. Sono stati costruiti a fine Ottocento e sono ancora in piedi». È perentorio l' ingegnere B., esperto nella progettazione di ponti in acciaio. Ma non vuole esporsi, chiede a Libero di rimanere anonimo, perché il governo dovrà affidarsi a degli esperti.
CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVACROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA
Di Maio non si è ancora accorto che il governo è socio di Autostrade per l' Italia, la società controllata dai Benetton per il 30,2%, attraverso Cassa Depositi e Prestiti. Dovranno assumere degli esperti in comune. Il timore è che questi daranno un colpo al cerchio e uno alla botte per salvare la baracca. Ma così non si tiene su un ponte, gli altri ponti fatti negli anni '60, quando i ponti si facevano preferibilmente in cemento perché il ferro costava molto, 100 lire il chilo, e l' America drenava gran parte dei metalli.
Qual è l'errore strutturale?
«L'acciaio resiste a trazione, è il materiale principe per resistere a trazione, mentre il calcestruzzo resiste solo a compressione. Significa che fai lavorare a trazione un materiale che non ha questa vocazione. I tiranti costruiti in calcestruzzo contengono cavi in precompresso. Sì, un ponte lo fai star su, ma quanto dura? Contravviene a tutti i codici di sicurezza. Sarà soggetto a terremoti, forza del vento. Quelli degli anni '60 crolleranno tutti».
Crolla il ponte Morandi a GenovaCROLLA IL PONTE MORANDI A GENOVA
Che accade ai ponti costruiti in precompresso?
«Con gli anni, i cavi all' interno dei piloni in calcestruzzo si rilassano. Si chiamano trefoli e sono fatti di fili di ferro intrecciati. Quando si verificano microfratture nel calcestruzzo, non solo a causa del traffico di mezzi pesanti, aumentato del 300% dagli anni '60, ma anche a causa della corrosione del sale del clima marino, s' innesca un' ossidazione che rompe i singoli fili, a catena si spezzano gli altri e il pilone collassa».
Di chi è la responsabilità?
«Leggo tante dichiarazioni dei politici che sostengono che bisogna far pagare i responsabili. In questi casi concorrono una serie di circostanze: il progetto può esser stato fatto bene e realizzato male o viceversa, il monitoraggio non eseguito o comunque non sufficiente. Il nostro è un mestiere delicato. Innanzitutto dobbiamo seppellire queste povere vittime. Dopodiché il governo deve fare una profonda meditazione su come si progettano e si controllano i ponti».
Crolla il ponte Morandi a GenovaCROLLA IL PONTE MORANDI A GENOVA
C' è un problema nelle gare d' appalto?
«Nelle gare d' appalto i progetti esecutivi non si possono variare, solo migliorare a parità di prezzo. Nelle ultime gare preliminari non è valutato il merito tecnico, ma solo il sistema di monitoraggio, che dovrebbe essere una conseguenza ovvia. Il che significa: se fai un ponte male, lo puoi solo controllare con i sensori.
Ma un ponte in calcestruzzo non si può controllare completamente nemmeno con i sensori. Come dire che non ha senso. Controlli quanta farina un celiaco mangia, quando non può mangiare farina? Un ponte in calcestruzzo è come un cuore malato: bisogna sostituirlo, buttarlo giù. Invece si preferisce fare la manutenzione sul vecchio, che alla fine costa pure di più, affiancando agli stralli dei cavi di acciaio».
Cosa suggerisce?
Crolla il ponte Morandi a GenovaCROLLA IL PONTE MORANDI A GENOVA
«Andrebbe cambiato il codice degli appalti, voluto dal governo di centrosinistra, che prevede a base di gara i progetti esecutivi non modificabili. Le ultime gare preliminari delineano solo il sistema di monitoraggio dei ponti: non valutano il merito tecnico, ma solo il monitoraggio. Costruire bene non serve».
Si stanno costruendo ancora ponti in precompresso?
«Purtroppo sì. E questa tragedia dimostra che fra 40 anni ne vedremo le conseguenze. Il rilassamento dei cavi è inevitabile: non si può controllare nemmeno con i sensori. Semmai bisogna controllare che i ponti siano progettati e fatti bene. I ponti in acciaio sono leggeri, trasparenti, il comportamento si vede subito. E richiedono la metà del tempo di realizzazione rispetto a quelli in calcestruzzo». Fonte: qui

Il Paese che cade a pezzi: ecco altri due ponti a rischio


Da anni gli automobilisti lanciano l'allarme. 

A preoccupare è soprattutto il «Lodo» di Cadibona

Quello che Genova ci lascia è il diritto al dolore. Il diritto alla polemica. E il diritto alla paura.Ognuno di noi dallo scorso martedì ogni volta che passa su un ponte stradale con la sua abbassa il volume dell'autoradio e rallenta il suo respiro, magari in modo impercettibile.
Abbiamo paura, in modo irrazionale, d'accordo. Ma in qualche caso questa ansia ha qualche ragione che la ragione non conosce. Lo sanno bene gli automobilisti che percorrono l'autostrada A6 Torino-Savona, che sbirciano i piloni di alcuni dei viadotti di quest'opera più o meno coeva del ponte Morandi di Genova e si chiedono quando anche quegli arcobaleni di cemento e arditezza verranno giù. Sono giganti malmessi, scrostati, affaticati, che la gente fotografa e posta angosciata. E a guardarle, quelle immagini, non si può dar torto agli utenti di quell'autostrada. Autostrada che - per chi non la frequenta - ha il bucolico nomignolo di «Verdemare», è entrata in servizio nel 1960, ha subito vari lavori di raddoppio e adeguamento nel corso dei decenni successivi (annettendosi anche la celebre pista di prova della Fiat dove il collaudatore Claudio Maglioli superò i 387 chilometri orari con una Lancia LC2) è gestita dalla società Autostrada dei Fiori controllata dalla Sias del gruppo Gavio, quarto operatore autostradale al mondo con oltre 4mila chilometri in concessione in Italia ma soprattutto in Brasile.
I viadotti della paura sono per lo più nel tratto ligure dell'opera, quello più accidentato da un punto di vista orografico e che è un ottovolante da vertigine. Il ponte che più preoccupa è quello di Lodo nel comune di Cadibona, verso la fine dell'autostrada, al chilometro 115, quasi a Savona. I piloni sono senza pelle, scrostati, per larga parte privi del calcestruzzo che ricopre l'armatura, che a sua volte si mostra arrugginita e non proprio in piena forma. Le foto postate sui social dagli utenti hanno spinto la società di gestione a emanare un «tranquillizzante» comunicato: «Tale opera d'arte - si legge - al pari di tutte le restanti presenti sulla tratta autostradale in gestione, viene sottoposta con cadenza trimestrale a verifiche e controlli. Le risultanze di tali ispezioni non hanno evidenziato alcuna criticità di carattere statico. La mancanza dei copriferri è accentuata dagli interventi posti in essere dalla Società per il disgaggio dei calcestruzzi superficiali che, in caso di caduta, avrebbero potuto costituire potenziale pericolo per coloro che transitano sulla sottostante strada vicinale in località Pian dei Carpi». I termini tecnici intimoriscono e confondono. Ma la verità è che dopo il crollo del ponte Morandi, su cui da decenni la società di gestione garantiva che fosse tutto a posto, queste parole equivalgono a curare un tumore con l'aspirina.
Ma ci sono anche altri ponti che tolgono il sonno agli automobilisti dell'A6. Preoccupano le condizioni del Castellaro situato nel tratto compreso tra Altare e Savona in direzione del capoluogo, che fa parte della carreggiata storica Ceva -Savona costruita alla fine degli anni Cinquanta, su cui la società sta provvedendo a lavori di miglioramento sismico. Secondo il Codacons, da tenere d'occhio ci sono anche il viadotto Chiaggi a Priero e quello Stura di Demonte a Fossano. 
Fonte: qui

P.S. Altre opinioni ...


LA VERITA' SUL PONTE MORANDI VIENE DALLA SVIZZERA

ANTONIO BRENCICH, DOCENTE DI STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO ALLA FACOLTÀ DI INGEGNERIA DI GENOVA, OSPITE A “IN ONDA”, LA7


Crolla il ponte Morandi a GenovaCROLLA IL PONTE MORANDI A GENOVA

QUALE “MANINA” DIFENDE IL SEGRETO DI STATO SUL CONTENUTO DELLE CONCESSIONI AUTOSTRADALI?

GIÀ NEL 2017 I GRILLINI POSERO IL PROBLEMA DELLA TRASPARENZA MA I BUROCRATI DEL MINISTERO HANNO SEMPRE OSTEGGIATO L'AUTORITA’ ANTICORRUZIONE CHE SI E’ GIA’ PRONUNCIATA A FAVORE DELLA PUBBLICAZIONE DEI DOCUMENTI, COMPRESO IL PIANO ECONOMICO E FINANZIARIO…

Carlo Tarallo per “la Verità”

toninelliTONINELLI
Il mistero dei contratti delle concessioni autostradali sta per essere svelato. Anzi: starebbe per essere svelato. Il condizionale è d' obbligo, ma la strada verso una totale trasparenza su questi atti sembra spianata. «Desecreteremo integralmente», ha detto due giorni fa il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, «tutti i contratti in essere con i concessionari autostrade e li pubblicheremo sul sito del Mit. Inoltre con il governo del cambiamento non ci saranno più convenzioni che avvantaggiano i gestori privati a discapito dello Stato».
Ancora più determinato il vicepremier Luigi Di Maio: «Dobbiamo desecretare gli atti perché i contratti con Autostrade non sono accessibili pubblicamente e anche noi ministri facciamo fatica ad accedervi. Una volta tolti i vincoli», ha aggiunto Di Maio, «scopriremo quali sono i termini dell'accordo. Sappiamo che ci sono delle inadempienze, quindi revocheremo le concessioni. In Italia non si può morire pagando il pedaggio».
LUIGI DI MAIOLUIGI DI MAIO
Il riferimento è, come dicevamo, agli atti delle concessioni autostradali. Atti coperti dal segreto, manco si trattasse dell' elenco degli 007 italiani in servizio sotto copertura. Atti che, lo scorso dicembre, sono stati desecretati ma solo in parte, dall'allora ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, e pubblicati sul sito del Mit.
A sollevare il caso degli atti «top secret» fu, nel dicembre 2017, il senatore del M5s Andrea Cioffi, attuale sottosegretario allo Sviluppo economico. Cioffi, all'epoca all'opposizione, denunciò in un post al vetriolo sul blog del M5s la questione: «La tanto decantata trasparenza», scrisse Cioffi, «continua a scontrarsi con alcuni tabù che a nostro avviso non hanno alcuna ragione di esistere e sono del tutto inaccettabili. Le infrastrutture dello Stato date in concessione a privati per mezzo di atti che restano riservati, è il primo fatto che riteniamo in contrasto con leggi vigenti e per questo chiediamo un immediato cambio di rotta».
RAFFAELE CANTONERAFFAELE CANTONE
Cioffi presentò un esposto all' Anac, l'Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, competente in materia, in cui sosteneva che in questi contratti ci sia una «supervalutazione dei valori economici» che incide sui pedaggi. L'Anac si mosse e ottenne che venissero pubblicati i contratti. Ma gli allegati rimasero coperti da segreto: la «disclosure» fu solo parziale, anzi parzialissima, perché in quei documenti mai resi pubblici ci sono proprio i dettagli economici: il piano economico finanziario, la revisione delle tariffe, le opere da realizzare e così via.
L'Anac non si accontentò: ha continuato, in questi mesi, a sollecitare la pubblicazione anche dell' allegato più interessante, vale a dire il Piano economico finanziario. Secondo l'Autorità guidata da Cantone, infatti, il Pef deve essere desecretato, in quanto le concessioni di lavori pubblici sono a tutti gli effetti contratti pubblici soggetti a obbligo di trasparenza.
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTIMINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
A quanto apprende La Verità da fonti bene informate, tuttavia, da quel momento è iniziato un lungo braccio di ferro tra Anac e ministero, anzi tra Anac e la burocrazia del ministero, che non ha ritenuto di procedere alla pubblicazione degli allegati e in particolare del Piano economico finanziario. Il ministero dei Trasporti, in particolare, non solo ha interpellato sul punto il dipartimento della Funzione pubblica, ma avrebbe anche sentito Autostrade, ovvero il concessionario.
campagna pubblicitaria autostrade per l italiaCAMPAGNA PUBBLICITARIA AUTOSTRADE PER L ITALIA
Manco a dirlo, Autostrade avrebbe sostenuto che quegli allegati devono restare riservati, poiché contengono informazioni soggette alla tutela dei segreti industriali. Fatto sta, che quelle informazioni sono rimaste segrete. Ora, dopo il crollo del ponte Morandi, con le mille polemiche che sono seguite al dramma di Genova, la questione della desecretazione dei contratti delle concessioni autostradali è tornata prepotentemente alla ribalta della cronaca, e sia Toninelli che Di Maio hanno assicurato che tutti gli allegati verranno resi pubblici.
Ok, ma quando? Fonti del governo interpellate sul punto dalla Verità hanno assicurato che la pubblicazione integrale di questi atti è uno degli obiettivi dell' esecutivo, che si sta lavorando per chiarire bene ogni aspetto legale e che la maggioranza è compatta nel voler garantire la totale trasparenza.
AUTOSTRADE PER L ITALIAAUTOSTRADE PER L ITALIA
La decisione dovrebbe essere presa quindi dal governo guidato da Giuseppe Conte nella sua collegialità: «Stiamo acquisendo tutti i pareri e le documentazioni», spiegano le fonti, «poi ovviamente il consiglio dei ministri prenderà i provvedimenti che servono a rendere tutto pubblico. Stiamo approfondendo la questione, sarà una scelta condivisa da tutto il governo. Anche per il futuro, bisogna avere la certezza di poter garantire la massima trasparenza».
In sintesi: l'attuale governo ha gli strumenti per rendere pubblici tutti gli atti delle concessioni, si tratta di avere la certezza di poterlo fare (secondo l'Anac non solo si potrebbe, ma si dovrebbe) e la volontà politica di fare ciò che quando si era all'opposizione si chiedeva, anzi si pretendeva.
Fonte: qui

DAL 2001 AL 2017 ATLANTIA DEI BENETTON HA INCASSATO DAL TRANSITO AI CASELLI 43,7 MILIARDI

PER LA MANUTENZIONE NE SONO STATI SPESI 5 E I PROFITTI SONO STATI 2,1 MILIARDI, IN GRAN PARTE FINITI AGLI AZIONISTI (600 MILIONI AI BENETTON) 
Antonio Spampinato per “Libero quotidiano”

campagna pubblicitaria autostrade per l italiaCAMPAGNA PUBBLICITARIA AUTOSTRADE PER L ITALIA
Conoscere i dettagli delle concessioni che legano a doppio filo lo Stato alle 25 società che gestiscono le autostrade italiane è impossibile perché vengono da sempre secretati. Sono invece di dominio pubblico i conti delle società concessionarie quotate, la separazione dei ricavi per tipologia, gli investimenti effettuati per rinnovare le infrastrutture gestite e quelli che avrebbero invece dovuto fare per contratto.
E visto che una bella fetta delle polemiche di questi giorni relativa al crollo del ponte Morandi di Genova riguarda proprio gli alti profitti registrati dalle aziende che gestiscono il traffico autostradale rispetto agli investimenti ritenuti da molti scarsi, è possibile mettere in fila qualche numero per schiarirsi le idee.
AUTOSTRADE PER L ITALIAAUTOSTRADE PER L ITALIA
Autostrade per l' Italia (Aspi), concessionaria per una bella fetta di asfalto, viadotti e gallerie del Belpaese, è una società detenuta al 100% da Atlantia, azienda quotata in Piazza Affari e detenuta per il 30% da Edizione, holding della famiglia Benetton. I Benetton, famosi per aver creato l' omonimo colosso dell' abbigliamento, hanno da tempo diversificato i loro investimenti e nella loro scatola finanziaria detengono partecipazioni in molte società che spaziano nei più diversi settori: dalle assicurazioni, alle banche, allo sport, alla ristorazione, ai media.
gilberto benettonGILBERTO BENETTON
Se si mettono insieme i profitti incassati da Atlantia relativi ai soli pedaggi autostradali, si vede che dal 2001 - anno successivo alla privatizzazione di Società Autostrade finita in mano alla cordata guidata dai Benetton - al 2017, l'azienda ha portato a casa 43,7 miliardi di euro. Come ha calcolato il Sole24Ore, in questo periodo Atlantia ha pagato 5 miliardi di imposte allo Stato e 3,6 miliardi all' Anas e al Tesoro a titolo di canone e oneri accessori.
Tolti poi i costi del lavoro (7 miliardi), gli oneri finanziari (7,2 miliardi) e altri costi, oltre agli investimenti, i profitti veri e propri di questi 16 anni sono risultati pari a 2,1 miliardi, cioè 130 milioni di euro l'anno, in gran parte distribuiti agli azionisti sotto forma di dividendi.
Ai Benetton, che ribadiamo di Atlantia hanno il 30%, sono andati, per quanto riguarda gli utili da pedaggi, della grossa circa 600 milioni.
INTERVENTI
autostrade benettonAUTOSTRADE BENETTON
Ma quanto ha investito Aspi, cioè Atlantia, sulla rete in concessione? Circa 5 miliardi in interventi di manutenzione e 13,6 miliardi per ampliamenti, migliorie e nuove opere. Totale circa 17 miliardi. In una nota dei giorni scorsi Autostrade per l' Italia ha ricordato che «negli ultimi cinque anni (2012-2017) gli investimenti della società in sicurezza, manutenzione e potenziamento della rete sono stati superiori a 1 miliardo di euro l' anno».
Tanti? Pochi? Chi accusa l' Aspi di avere il braccino corto dice che sono comunque molti meno di quanto si era impegnata a investire. BusinessInsider ha pubblicato la cifra complessiva investita dai 25 concessionari nel periodo 2009-2016: 15 miliardi spesi a fronte di impegni per 21,7 miliardi.
autostrade benettonAUTOSTRADE BENETTON
Tornando alla sola Aspi e focalizzando l' attenzione sui tratti della A7 (Milano-Genova) e A10 (Genova-Savona, dove si trova il ponte Morandi) si nota che, secondo quanto dice Il Fatto citando un documento del ministero dei Trasporti, gli investimenti sono stati di soli 17 milioni nel 2016 contro i 44 previsti. Nel periodo 2008-2016 in quelle tratte autostradali Atlantia ha investito 76 milioni contro i 280 milioni promessi.
autostrade benettonAUTOSTRADE BENETTON
Se si amplia il raggio d' azione a tutta la rete sotto la concessione di Aspi, nello stesso arco temporale sono stati spesi in manutenzione, ampliamento e ammodernamento 8,3 miliardi contro i 9,9 miliardi programmati. In questo periodo, i ricavi netti da pedaggio sono aumentati del 20% nonostante una riduzione del traffico del 3%. Per la cronaca ieri il titolo Atlantia è risalito del 5,68% in Borsa. E la Consob ha avviato un accertamento sull' andamento a Piazza Affari, soprattutto dopo il -22% di giovedì. Chi ha comprato?
Fonte: qui

“AVENDO INCASSATO APPENA 9,5 MILIARDI DI UTILI IN 15 ANNI DI CONCESSIONE AUTOSTRADALE, BISOGNA FARE ATTENZIONE A NON PERDERE NEANCHE UN CENTESIMO. ALTRIMENTI LE FUTURE GRIGLIATE POTREBBERO ESSERE A RISCHIO. ADESSO CHE FINALMENTE SONO ADDOLORATI, A QUATTRO GIORNI DALLA TRAGEDIA, I MANAGER DI AUTOSTRADE PROVERANNO A DARE UNA MANO. VOI CAPITE CHE SLANCIO DI AMOR PATRIO? ANZICHÉ RITIRARSI IN QUEL DI TREVISO, NEL SILENZIO, O A CORTINA PER UN' ALTRA GRIGLIATA, CON OLIVIERO TOSCANI A FARE LA DANZA DEL VENTRE NELLE FESTE DI FAMIGLIA, NIENTE: SI SPINGONO FINO A DARE UN AIUTO ALLE VITTIME..."

Mario Giordano per “la Verità”

E adesso basta con tutti questi attacchi ai Benetton: non lo sapete che «si preparano a fare ammenda»? Sono passati quattro giorni dal crollo di Genova e i signori di Treviso, digerita la grigliata di pesce a Cortina e i festeggiamenti del Ferragosto, ci mettono un attimo a inquadrare il problema: è stata una tragedia. Poi dicono che non sono perspicaci. I soliti attacchi populisti e giustizialisti.

Niente: invece loro sono lestissimi. Eccoli lì: appena quattro giorni dopo, vogliono «uscire dal bunker comunicativo» e addirittura «sono pronti a chiedere scusa». Mica corbezzole. Financo «chiedere scusa». Non è facile, sapete? Ricordate Fonzie di Happy Days? Ecco, ci sono parole che a volte proprio non ti escono di bocca. Invece loro in soli quattro giorni ce l'hanno fatta. Avrebbero potuto anche far prima, se non ci fossero stati i gamberoni da grigliare, ma vorrete mica criticarli per qualche ora di ritardo? Si tratta comunque di un'impresa eroica.

La riscossa comunicativa dei Benetton è stata annunciata ieri mattina, a suon di titoli, dai giornaloni nazionali, dove finalmente al quarto giorno di cronache della tragedia sono comparse le foto di Luciano: sul Corriere a pagina 5, sulla Stampa a pagina 7. Repubblica invece non ce l'ha fatta ancora, ma non si può avere tutto dalla vita, soprattutto quando si è compagni di consigli d'amministrazione. Ovviamente il nome dei Benetton viene tirato in ballo dai giornaloni solo per spiegare che è partita la riscossa comunicativa dei medesimi. E anche questo è un fatto straordinario: i giornali che non hanno mai parlato di Benetton, ora parlano della riscossa comunicativa dei Benetton.
 
Se uno si fosse informato solo su quelle pagine oggi cascherebbe dal pero: ma che c'entrano i Benetton con la tragedia di Genova? Perché devono riscuotersi? Ma devono riscuotersi o riscuotere? In ogni caso, precisano gli articoli scodinzolanti come Oliviero Toscani, non bisogna criticare il silenzio che ha preceduto il grande sforzo comunicativo, perché «le parole sono importanti, ma anche il silenzio lo è». Del resto si sa che i Benetton sono abbonati al silenzio.

Da sempre comunicano pochissimo. Mai slogan ad effetto. Mai interviste. Mai titoli sui giornali. Anche Luciano, per dire, è sempre stato un campione di ritrosia, fin da quando compariva nudo sui manifesti della pubblicità.

Dopo l'antipasto sui giornali del mattino, la riscossa comunicativa si è poi completata nel pomeriggio, con la conferenza stampa dell'amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, Giovanni Castellucci. Il quale con il volto (abbronzato) di circostanza ci ha tenuto a dirsi molto addolorato. Ha parlato di «vicinanza». Di «strazio». Di «partecipazione alla sofferenza». Il primo comunicato della società, nel giorno della tragedia, non aveva dato la medesima impressione, dal momento che usava il linguaggio della viabilità stradale senza neanche un riferimento alle vittime, ma che cosa volete farci?

autostrade benettonAUTOSTRADE BENETTON
Ognuno ha i suoi tempi di reazione. Anche il dolore, per dire, non è che ti viene subito.
Ogni tanto è a scoppio ritardato. Pure il fatto che, prima di addolorarsi, le Autostrade abbiano fatto pagare il pedaggio a tutti, persino alle ambulanze, è normale no? E anche quell' altra decisione di chiedere comunque tutti i soldi previsti dalla concessione, fino all'ultimo centesimo: vorrete mica accusarli di insensibilità? Del resto, prima di addolorarsi, uno deve pensare a sistemare i suoi conti, non vi pare?
 
Avendo incassato appena 9,5 miliardi di utili in 15 anni di concessione autostradale , bisogna fare attenzione a non perdere neanche un centesimo. Altrimenti le future grigliate potrebbero essere a rischio. Qualche giornalista, durante le conferenza stampa, ha chiesto come mai il dolore sia scoppiato proprio adesso.

E Castellucci ha spiegato che è stato per «rispetto». Come avevamo fatto a non capirlo?

Per rispetto, è ovvio. Prima le Autostrade hanno «avuto la sensibilità di aspettare» perché c' era l' emergenza. Si capisce, no? Anche quando muore il padre di un tuo amico, per dire, non è che tu ti precipiti a chiamare subito. Devi «avere la sensibilità di aspettare che passi la fase dell'emergenza», poi magari gli mandi un sms per ricordargli le scadenze delle rate del mutuo. Poi gli ricordi i versamenti Tarsu.

Poi alla fine, se proprio devi, organizzi una conferenza stampa. Magari proprio nel giorno del lutto e dei funerali. Anche questa, la conferenza stampa nel giorno del lutto e dei funerali, è una bella prova di «sensibilità», non vi pare?

Comunque adesso che finalmente sono addolorati, a quattro giorni dalla tragedia, i manager di Autostrade sono pronti a mettersi a disposizione del Paese. Con sacrificio.
gilberto benettonGILBERTO BENETTON
Con generosità. Per esempio: daranno un sostegno alle famiglie delle vittime. Lo giuro: un sostegno economico. Pensate un po'. E anche un aiuto agli sfollati. Non chiederanno loro, per dire, il pedaggio per trasferirsi in una casa in affitto, macché: proveranno a dare una mano. Voi capite che slancio di amor patrio? Anziché ritirarsi in quel di Treviso, nel silenzio, o a Cortina per un' altra grigliata, con Oliviero Toscani a fare la danza del ventre nelle feste di famiglia, niente: si spingono fino a dare un aiuto alle vittime.

Non è fantastico? Lo so, i soliti populisti, demagoghi, nemici del progresso e delle foto United Colors diranno che tutto ciò non è dovuto a uno slancio di generosità ma è previsto nell'accordo di concessione (articolo 6 ter: la concessionaria si assume la responsabilità per i danni a persone e cose), ma voi non fateci caso.
Benetton fiumicinoBENETTON FIUMICINO

Se volete essere accolti nei salotti buoni dovete dire che questa è una grande prova di serietà e responsabilità aziendale. Quasi commovente. (Nota per il redattore del giornalone unico: per rafforzare il concetto si prega di utilizzare in grande evidenza la foto dell' amministratore delegato di Autostrade per l' Italia Giovanni Castellucci in posa addolorata ai funerali).

Ah, dimenticavo: ovviamente Autostrade per l'Italia è pronta anche a ricostruire il ponte. Ci metteranno 8 mesi soltanto, sono pronti a partire anche lunedì. Dovranno tirare giù qualche altra casa, ma tranquilli: non la faranno pagare agli inquilini, macché. Risarciranno loro. Per i lavori, nessun problema di appalti: saranno affidati alle aziende del gruppo, così si fa prima. E ci si guadagna pure qualche euro. Ma non si fanno questione di soldi, quando si è davvero addolorati, come spiega bene l'amministratore delegato.
fratelli benettonFRATELLI BENETTON

Il quale, ovviamente, si guarda bene dal pensare alle dimissioni, anzi scandisce bene che non si assume nessuna responsabilità. Del resto il ponte mica l'ha costruito lui, no?
Ci manca solo che adesso le Autostrade chieda i danni agli eredi dell'ingegner Riccardo Morandi. Forse ci penseranno. Adesso, però, è tempo di «aiutare chi ha bisogno». E siccome quando si aiuta parlare di cifre è «roba arida», come spiega Castellucci, e le Autostrade hanno dimostrato in queste ore che aride non lo sono mai state, ecco fatto il conto del tutto: 500 milioni di euro.

funerali per le vittime del crollo del ponte a genova 7FUNERALI PER LE VITTIME DEL CROLLO DEL PONTE A GENOVA 
Tanti soldi? Forse. Ma sempre la metà degli utili incassati in un annoComunque, adesso non si parla di soldi. Di quello, al massimo si parlava mentre il ponte veniva giù. Adesso si parla di dolore. United Dolors of Benetton. E forse proprio perché sono così addolorati, fra uno strazio postumo e l' altro, i signori di Treviso hanno pensato bene di ricostruirsi uno pool di professionisti che solo a nominarli già se n' è andato lo stipendio annuale di una decina di operai: lo studio Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners sul piano legale, con l'aggiunta dell' ex ministro Paola Severino, esperta in questioni giuridiche, il comunicatore Paolo Comin, professionista indiscusso, con lo studio di pr più noto di Genova, Barabino & Partners, e speriamo di non avere dimenticato nessuno.
funerali per le vittime del crollo del ponte a genova 5FUNERALI PER LE VITTIME DEL CROLLO DEL PONTE A GENOVA 

Alcune riunioni di questo gruppo di lavoro potrebbero arrivare a costare quasi quanto la ricostruzione del ponte, ma che ci volete fare? Mostrarsi addolorati va bene, fare ammenda pure, uscire dal bunker comunicativo, figuriamoci. A patto che poi a pagare sia qualcun altro. Mica i Benetton. Loro, a quattro giorni dalla tragedia, già hanno speso il loro dolore. Non vorrete mica fargli spendere anche dei soldi?

Fonte: qui