LE RISPONDE A MUSO DURO UN ALTRO BR, RAIMONDO ETRO: “VERGOGNA. CI VEDREMO ALL’INFERNO", E COINVOLGE IL FIGLIO DELL’AUTISTA DI MORO, AMMAZZATO QUEL 16 MARZO 1978
Fabrizio Caccia per il Corriere della Sera
Brigatisti contro. A due mesi dall' anniversario di via Fani, 16 marzo 1978, il giorno del sequestro di Aldo Moro e dell' eccidio della sua scorta, compare un post su Facebook: «Chi mi ospita oltre confine per i fasti del 40ennale?». Il tono sembra ironico. Chi scrive, però, non è una persona qualunque: è Barbara Balzerani, l' ex «Primula Rossa» delle Br, che in via Fani quel giorno c' era, anche se non sparò.
Il post sul profilo Facebook della Balzerani è del 9 gennaio e proprio ieri, poco prima d' essere cancellato, viene letto da un altro ex brigatista, Raimondo Etro, che reagisce male e scrive a sua volta una lettera aperta («Signora Barbara Balzerani, mi rivolgo a lei...») per «chiederle di tacere semplicemente in nome dell' umanità verso le vittime, inclusi quelli caduti tra noi...».
La missiva viene inviata per conoscenza a poche altre persone, tra cui Giovanni Ricci, figlio di Domenico, l' appuntato dei carabinieri che in via Fani guidava l' auto dove viaggiava Aldo Moro e l' onorevole dem Gero Grassi, membro della commissione parlamentare d' inchiesta sul delitto Moro, che più tardi gli risponderà: «Grazie. Bravo!».
Anche Etro, però, non è uno qualunque: a lui furono affidate in custodia le armi di via Fani, una settimana dopo la strage: «C' erano un kalashnikov, una mitraglietta, alcune pistole - ricorda l' uomo parlando col Corriere -. Le ebbi, mi pare, da Morucci o Casimirri, le tenni in casa di mia madre per un po', vicino piazza Mazzini...».
Oggi ha 61 anni e vende libri e francobolli su eBay, ma si è fatto 16 anni di carcere per il concorso nella strage di via Fani (partecipò nei mesi precedenti alla preparazione) e nell' omicidio del giudice Riccardo Palma («La mattina del 14 febbraio 1978 - racconta - c' ero anch' io insieme a Prospero Gallinari, Alvaro Lojacono e Alessio Casimirri.
Ma la mia pistola, diciamo, s' inceppò...»).
La lettera aperta alla sua ex compagna di lotta è durissima. Etro, tra l' altro, scrive: «Dopo avere letto il suo commento su Facebook nel quale - goliardicamente dice lei - chiede di "essere ospitata oltre confine per i fasti del quarantennale"... avendo anch' io fatto parte di quella setta denominata Brigate rosse... provo vergogna verso me stesso... e profonda pena verso di lei, talmente piena di sé da non rendersi neanche conto di quello che dice».
C' è un passaggio, poi, piuttosto inquietante: «Per nascondere di avere agito per conto e per fini che con la cosiddetta rivoluzione proletaria non avevano nulla a che fare lei nega addirittura l' evidenza. Non voglio entrare nel merito delle chiacchiere "chi c' era o chi non c' era in via Fani, infiltrazioni, depistaggi o altro". Mi limito a dire semplicemente: "ci hanno lasciati fare"...».
Etro ha rotto da tempo coi «compagni» e col suo passato e anche la Balzerani, che compirà giusto domani 69 anni, oggi è una libera cittadina che scrive libri, avendo finito di scontare la sua pena nel 2011. Ma mai pentita nè dissociata.
E nella lettera Etro la incalza: «Le Brigate rosse hanno rappresentato l' ultimo fenomeno di un' eresia politico-religiosa che nel tentativo maldestro di portare il Paradiso dei cristiani sulla terra... ha creato l' Inferno... Inoltre lei dimentica che chi le permette di parlare liberamente... è proprio quello Stato che noi volevamo distruggere e di cui abbiamo assassinato a sangue freddo i rappresentanti, così pregni di quella stessa schizofrenia che oggi affligge i musulmani che da una parte invidiano il nostro sistema sociale, dall' altra vorrebbero distruggerlo».
E la chiusa è altrettanto drammatica: «Il silenzio sarebbe preferibile all' ostentazione di sé, per il misero risultato di avere qualche applauso da una minoranza di idioti che indossano la sciarpetta rossa o la kefiah. Ci rivedremo all' Inferno».
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