9 dicembre forconi: 12/09/17

sabato 9 dicembre 2017

La spazzatura nei bilanci della Bce

La Banca centrale europea ha comprato diversi bond di aziende, tra cui quelli di Steinhoff, società che sta affrontando difficoltà molto serie.

Come volevasi dimostrare, la Commissione d'inchiesta sul sistema bancario si è tramutata in un bar sport pre-elettorale, un vergognoso uno contro tutti dove la prima vittima è proprio la verità che i risparmiatori truffati chiedono a gran voce. L'affaire Ghizzoni-Boschi ha innescato un vergognoso mercato delle vacche, un caravanserraglio dove chi grida di più pensa di ottenere il massimo. Ed ecco che, per sbloccare l'impasse creatosi, mercoledì la presidenza è stata obbligata ad accettare e calendarizzare le richieste di tutti: ci sarà appunto Federico Ghizzoni, atteso pare prima di Natale ma anche, su richiesta Pd, i vertici delle banche venete - in audizione pubblica -, oltre ai ministri dell'Economia del passato, da Tremonti a Grilli fino a Saccomanni e, ultima richiesta di un isterico Matteo Orfini, anche Mario Monti. Questo, oltre a Visco, Vegas e Padoan, già calendarizzati a Palazzo San Macuto prima di Natale: dormiranno lì? Sacchi a pelo per tutti? Oppure questa gara alla sovrabbondanza serve soltanto a intasare i lavori e mandarli in tilt, così saranno tutti contenti? 
Perché si sa, avendo i tempi contingentati, c'è il duplice rischio: pochi minuti per un argomento così complesso o, addirittura, qualcuno che rimane fuori. Quindi, c'è il rischio del colpo di spugna. Ma non basta. Renato Brunetta, vice-presidente della Commissione, ha polemizzato con il Mef riguardo i documenti relativi ai cosiddetti "derivati di Stato", a suo modo di vedere non ancora giunti. Et voilà, ieri pomeriggio lo stesso ministero comunicava l'invio. Ormai è guerra per bande, volano gli stracci: «Nel 2011 fu golpe e sapremo la verità», ha tuonato lo stesso capogruppo di Forza Italia. Era forse questo il mandato statutario della Commissione? 
E sapete cosa succede alla Bce, sancta sanctorum del sistema bancario, mentre a Roma giocano alla campagna elettorale sulla pelle (e sui soldi) dei truffati? Qualcuno avanza dubbi. Pesanti. Il nome che è meglio che vi stampiate in testa, perché potreste sentirne parlare a breve, è Steinhoff International Holdings NV, sconosciuta in Italia ma molto nota altrove in Europa. Si tratta di un conglomerato retail che controlla Conforama in Francia, Mattress Firm negli Usa e Poundland nel Regno Unito. Bene, mercoledì il Ceo del gruppo si è dimesso senza preavviso a seguito di irregolarità legate all'accountability, mentre il board ha annunciato un ritardo indefinito nella prospettazione dei risultati finanziari del gruppo, citando un'inchiesta fiscale tedesca risalente al 2015. Insomma, guai per un gruppo con le radici in Sud Africa ma rapidamente espansosi in Australia, Europa e Stati Uniti. 
Direte voi, cosa c'entra tutto questo con la Bce? Un attimo e ci arrivo. Mercoledì, a seguito delle novità, il titolo della Steinhoff ha perso un sobrio 72% alla Borsa di Francoforte, bruciando qualcosa come 7 miliardi di euro di valore, prima di chiudere su dai minimi di giornata a -64% e 1,08 euro per azione: nel dicembre 2015, quando debuttò al Dax, l'azione quotava 5,075 euro. Ma più che il titolo azionario, è il bond di Steinhoff a preoccupare. Per l'esattezza, 800 milioni di unsecured bonds con scadenza 2025 crollati di 41 centesimi sull'euro, a 42 centesimi, prima di rimbalzare modestamente. A fare sensazione è il fatto che quei bond furono emessi solo sei mesi fa, a inizio luglio e avevano un investment grade di Baa3 garantito da Moody's. 

E sapete chi ha acquistato quei bonds, di cui si parla tanto nelle sale trading e non certo con toni ottimistici o entusiastici? Ve lo dice il grafico qui sotto: proprio la Bce. E in gran quantità, stando ai numeri non smentiti resi noti da Ubs. Numeri non confermati nel controvalore da un funzionario dell'Eurotower mercoledì a Bloomberg: «Ne deteniamo alcuni», la risposta. Sono molti, invece. Ma non spaventi la perdita potenziale, non è certo questo il problema. Primo, la Bce avrebbe comprato i bonds a luglio, proprio nel corso dell'emissione. Secondo, l'acquisto sarebbe avvenuto bypassando il mercato secondario e direttamente da Steinhoff: insomma, monetizzazione senza backdoor. Quindi, abbiamo la certezza che le tremebonde obbligazioni del conglomerato retail fanno parte dei 129 miliardi di euro di controvalore di bond corporate acquistati finora dalla Bce, ricordando che la nuova fase di operatività - quella sull'obbligazionario privato - è partita soltanto nel giugno 2016. 
Insomma, si è acquistato con il badile per cercare di sostenere e implementare l'economia reale dell'eurozona. Ed ecco la nota di discrimine. Statutariamente, la Bce non poteva acquistare bond senza investment grade, ma il problema del rating è stato bellamente bypassato, visto che una sola agenzia o un solo notch di conferma sono stati sufficienti a garantire acquisti con il badile di carta di aziende di fatto decotte. Resta però un problema, legato a doppio filo all'annuncio stesso, nel marzo 2016, del programma di acquisto corporate denominato Cspp: cosa accadrà ai bond comprati e messi a bilancio dalla Bce, se o quando questi subiranno un downgrade a livello junk, ovvero non monetizzabile e contabilizzabile a bilancio dall'Eurotower? 
Lo scopriremo a breve, visto che questo pare il destino cui sta per andare incontro Steinhoff con la sua carta a scadenza 2025. Non c'è obbligo di vendita, ma c'è dell'altro: se Steinhoff andrà in bancarotta, il suo debito diventerà equitized? Ovvero, la Bce dovrà comprare equity della nuova Steinhoff che nascerà dalla riorganizzazione, qualcosa che l'Eurotower non ha affatto mandato statutario e politico per fare? Moody's ha fatto capire che il rating Baa3 non durerà ancora per molto, poi si scenderà al livello "spazzatura". A quel punto, la Bundesbank non chiederà conto di nulla, a vostro modo di vedere? Soprattutto alla luce di quanto evidenziato in questo grafico: stando a dati di venerdì scorso, la Bce ha a bilancio il corrispettivo del 40% del Pil europeo. E cosa mantiene spread e rendimenti bassi nell'eurozona? Proprio la credibilità e lo scudo della Bce. E quando scoppierà la mina antiuomo Steinhoff, cosa succederà? Effetto domino? 
Sempre Ubs, attraverso questi grafici ci dice che in base al breakdown di rating degli acquisti, nel bilancio della Bce gravano 26 cosiddette fallen angels, aziende i cui bond sono ormai equivalenti a "spazzatura" - rating BB+ o meno - per un ammontare di 18 miliardi di euro di debito nozionale. Il tutto, nel silenzio generale. Ma un silenzio che non durerà ancora molto, posso garantirvelo. Perché il mandato di Draghi si accorcia e le dinamiche all'interno dell'eurozona stanno mutando rapidamente. Molto rapidamente. 
Qualcuno dica a Orfini e ai suoi sodali che questa potenziale bomba innescata potrebbe scoppiare in primavera, magari pre-annunciata da tremori in contemporanea con il voto: far volare gli stracci in sede di Commissione, gettando al vento il residuo di credibilità di istituzioni come Bankitalia o degli istituti di credito, significa spararsi su un piede per quattro voti o l'onore di Maria Elena Boschi. Si fidi, non ne vale la pena. Qui ci si fa male davvero. 
Fonte: qui

The Bank of Japan is About to Shock the World


The Bank of Japan (BoJ) will RAISE rates in 2018.
And it’s going to collapse the stock market.
The #1 driver of the stock market is Central Bank money printing. In 2017 alone, the BoJ and the European Central Bank (ECB) have printed over $1.5 TRILLION and funneled it into the financial system.
The primary goal of this is to ramp stocks higher. But the consequence is that inflation has been unleashed.
We are getting signs of an inflationary shock throughout the world: in Germany, China, the US, the UK, and even Japan.
And this is a MASSIVE problem for the Bond Bubble.
Bond yields trade based on inflation. If inflation rises, bond yields will do the same. And when bond yields rise, bond prices COLLAPSE. And when bond price collapse, the bond bubble bursts.
And so the BoJ and other Central Banks now face a choice:
1)   STOP QE and money printing to try and halt inflation (thereby letting stocks collapse).
2)   Keep printing money, let inflation spiral out of control, bursting the Bond Bubble and triggering a deflationary crisis that will make 2008 look like a joke.
The choice is obvious: Central Banks will be tightening… at least temporarily.
Truth is most stock markets could drop 30% and still be in bull markets.
But if bonds drop… entire countries will go bust (think Greece in 2010).
Do you really think the US, Japan, China, and the EU could service their debt loads if rates were normalized? Collectively these countries have added over $20 trillion in debt since the 2008 crisis.
And ALL of this has been built on the back of the Bond Bubble. And because Bonds are the bedrock of the financial system, when they go into a bubble, EVERYTHING goes into a bubble.
This is why I coined the term The Everything Bubble in 2014It’s also why I wrote a book on this issue as well as what’s coming down the pike: because when this bubble bursts (as all bubbles do) the policies Central Banks employ will make those from 2008-2015 look like a cakewalk.
Put simply: Central Banks will not risk blowing up the bubble in bonds. And so the money printing will be halted (for now) and stocks will be dropping.
The time to prepare for this is NOW before the carnage hits.
On that note, we are putting together an Executive Summary outlining all of these issues as well as what’s to come when The Everything Bubble bursts.
Fonte: qui

Piano d’Orta: nuova proposta dell’Edison sul sito inquinato

Bolognano. Dopo il sopralluogo del 28 novembre, Edison deposita deposita nuovi progetti per il sito inquinato di Piano D’Orta: una riunione è stata convocata il 18 dicembre a Roma per esaminarli.

La Edison ha depositato i nuovi progetti al Ministero dell’Ambiente su Piano d’Orta e discarica Tremonti a Bussi, come richiesto dalla Dirigente Laura D’Aprile lo scorso 31 ottobre”, riferisce il Forum Abruzzese per i diritti dell’Acua, “La riunione per la valutazione preliminare della documentazione è stata fissata per il 18 dicembre”.
“In quella data”, spiegano gli ambientalisti, “si esaminerà anche la proposta di nuovo perimetro del SIN a Piano d’Orta, derivante dalle attività di verifica della documentazione e di un sopralluogo tra tutte le parti, dai cittadini a noi associazioni, passando per gli enti, i proprietari e la Edison, svoltosi lo scorso 28 novembre”.
“Sul perimetro proposto”, conclude il Forum, “riteniamo sia una scelta oculata, fondata sui rilievi che erano emersi nella documentazione che era stata inviata prima dalla SOA e poi dall’ARTA. Finalmente dopo anni di inerzia si sta muovendo qualcosa”.
Fonte: qui
BUSSI, EDISON PROPONE DI BRUCIARE TERRENO INQUINATO MA GARA PUBBLICA ANCORA AL PALO
di 

BUSSI SUL TIRINO - La società Edison ha consegnato entro i termini le modifiche al progetto di bonifica della discarica Tremonti di Bussi sul Tirino (Pescara), in modo che siano rimossi definitivamente i rifiuti interrati, nel corso degli anni, in quella che è stata definita la più grande d'Europa, scoperta dalla Forestale ormai più di dieci anni fa e oggetto di un maxi processo che, notizia di oggi, il prossimo 13 marzo approderà in Cassazione per il giudizio definitivo.
Lo conferma ad AbruzzoWeb la dirigente del ministero dell'Ambiente Laura D'Aprile, che dall'agosto 2016 gestisce la delicata partita del risanamento ambientale dopo la fine della decennale gestione commissariale, e che ha convocato, per il 18 dicembre, la nuova conferenza dei servizi istruttoria che dovrà vagliare il nuovo piano.
Resta al palo, intanto, la gara da quasi 50 milioni di euro per la bonifica delle aree 2A e 2B bandita ormai due anni fa dall'allora commissario Adriano Goio: dopo l'affidamento provvisorio al colosso belga Dec-Deme, nell'aprile scorso, si sono perse le tracce della commissione che deve aggiudicare i lavori in via definitiva.
Il piano per la bonifica è stato revisionato dopo le osservazioni espresse nell'ultima riunione del 31 ottobre scorso, in cui si è stabilito che non si farà la palancolatura, ossia l'installazione di componenti strutturali che vengono infisse nel terreno fino a un'idonea profondità, formando una parete verticale che impedisce il propagarsi dell'inquinamento. Un intervento considerato, peraltro, superficiale e non risolutivo.
Sono 7 le tecniche di bonifica contemplate dal piano revisionato, tra cui una destinata a far discutere, ma che secondo il proponente è meno impattante della rimozione del terreno contaminato, e che prevede la combustione del terreno inquinato, tecnicamente chiamata "desorbimento termico", un processo di depurazione del suolo inquinato che rimuove i contaminanti organici volatili e semivolatili contenuti nel terreno da bonificare vaporizzandoli.
Edison prevede poi che l'intervento sia circoscritto ad appena 5.200 metri quadrati dei 33mila complessivi, solo, cioè, nell'area più inquinata.
Un'operazione che avverrebbe in loco, nel giro di 30 mesi e costerebbe più di 8 milioni di euro.
Il progetto presentato da Edison riguarda anche l'area ex Montecatini in località Piano d'Orta, nel comune di Bolognano (Pescara). Al tavolo tecnico hanno partecipato 21 enti e associazioni, a partire da Comune, Provincia e Regione, e Istituto superiore di sanità, Cnr, Ispra e Arta.
Quanto alla gara ferma, ancora fuori dai radar il responsabile unico del procedimento, Enrico Bentivoglio, da cui si attende la convocazione della commissione e che, secondo quanto appreso dal sindaco di Bussi, Salvatore Lagatta, e confermato a questo giornale dalla D'Aprile, avrebbe finito di visionare i documenti relativi alla società arrivata prima ed ora starebbe visionando quelli della seconda impresa, come imposto dalla legge in modo da velocizzare l'affidamento in caso di eventuali disguidi.
Il tavolo inter-istituzionale del 31 ottobre scorso, intanto, secondo il resoconto sintetico pubblicato dal ministero, per quanto riguarda Piano d'Orta, tra le altre cose, ha anche chiesto "a Moligean, Edison e Comune di organizzare un incontro con la competente Soprintendenza regionale dei beni archeologici e di fornire successivamente una planimetria degli edifici con le indicazioni relative alla stabilità e alla possibilità di procedere con le demolizioni, nonché all’esistenza di eventuali vincoli di interesse storico/documentale; alla Regione Abruzzo di predisporre gli atti autorizzativi per lo scarico delle acque emunte e trattate nell’attuazione delle misure di prevenzione".
La conferenza dei servizi del 18 dicembre dovrà, poi, anche valutare la revisione del perimetro del Sito d'interesse nazionale (Sin) dell'area ex Montecatini, in località Piano d’Orta a Bolognano, in vista della quale la Regione nei giorni scorsi ha effettuato un sopralluogo.
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Gasdotto East Med, siglato Memorandum of Understanding

Italia, Cipro, Grecia e Israele hanno siglato un Memorandum of Understanding per la costruzione del gasdotto del Mediterraneo noto come East Med

Un Memorandum of Understanding tra Italia, Cipro, Grecia e Israele, per la costruzione del gasdotto del Mediterraneo noto come East Med, che partirà dal nuovo giacimento nel bacino Levantino verso l’Europa.
Il progetto – che segue la firma della dichiarazione congiunta del lancio del gasdotto East-Med del 3 aprile scorso a Tel Aviv – consiste nella realizzazione di 2 mila km di gasdotto originato nel nuovo giacimento del Mediterraneo orientale, che gli esperti considerano il nuovo tesoro del Mediterraneo.

La realizzazione del progetto stesso è stata assegnata a Ig Poseidon, joint venture tra Edison e Depa – società greca che si occupa di gas -, e si stima che potrà trasportare fino a 16 miliardi di metri cubi di gas, con un costo di realizzazione di 6 miliardi di euro.
“Oggi abbiamo raggiunto un traguardo significativo, che è la firma di un Memorandum of Understanding che delinea l’impegno politico di quattro paesi nella realizzazione di questo progetto” ha detto il ministro cipriota dell’energia, Yiorgos Lakkotrypis, a Nicosia durante la cerimonia di firma.
I Paesi coinvolti hanno parlato anche di un ulteriore accordo intergovernativo finalizzato allo sviluppo di future collaborazioni che faciliteranno studi, permessi e operazioni di progetti e costruzione, che sarà concluso entro il 2018.
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BREXIT - ACCORDO, IERI, IN TARDA NOTTATA PER PROCEDERE NEI NEGOZIATI: MAY E JUNCKER SORRIDONO

FARAGE: ''NON È LA BREXIT CHE ABBIAMO VOTATO. SERVE SOLO A SALVARE LA POLTRONA DELLA PREMIER, UMILIARE ANCORA IL PAESE E RIMANDARE TUTTO AL 2021'' 

AFFRONTATI I NODI DI IRLANDA DEL NORD, DIRITTI DEI CITTADINI E 'COSTO' DEL DIVORZIO: IL REGNO UNITO DOVRÀ PAGARE 40-45 MILIARDI DI EURO




1.BREXIT: FONTE GB, CONTO DIVORZIO SARÀ 40-45 MLD D'EURO

THERESA MAY JEAN CLAUDE JUNCKERTHERESA MAY JEAN CLAUDE JUNCKER
(ANSA) - Ammonterà a una cifra compresa "fra i 35 e i 39 miliardi di sterline", pari a 40-45 miliardi di euro, il cosiddetto conto del divorzio che il Regno Unito dovrà pagare all'Ue per la Brexit. Lo sostiene un'anonima fonte britannica vicina ai negoziati citata dall'agenzia Pa, mentre a livello ufficiale la somma resta coperta dal riserbo. Il dossier egli 'obblighi finanziari' britannici è uno dei tre nodi preliminari sciolti con l'accordo annunciato stamane, assieme ai diritti dei cittadini espatriati e al confine dell'Irlanda.

2.FARAGE DELUSO, NON È LA BREXIT PER CUI ABBIAMO VOTATO
(ANSA) - "Questa non è la Brexit, non abbiamo votato per lasciare l'Ue mentre la premier concede giurisdizione a una corte straniera per molti anni a venire". E' netta e fuori dal coro la condanna dell'accordo di Bruxelles di Nigel Farage, il tribuno euroscettico britannico che già promette battaglia "alle prossime elezioni politiche". Per Farage, l'intesa serve solo a salvare la poltrona di Theresa May, che porterà il Paese verso "una nuova tappa dell'umiliazione". E di fatto rinvia "la Brexit almeno fino al 2021", dopo la possibile transizione.

farageFARAGE
3.JOHNSON SI CONGRATULA CON MAY ED ELOGIA L'ACCORDO

(ANSA) - "Congratulazioni al primo ministro" Theresa May "per la sua determinazione nel raggiungere l'accordo di oggi" sui punti negoziali preliminari della Brexit. Lo scrive via Twitter il capo del Foreign Office, Boris Johnson, 'brexiteer' di punta nel governo conservatore indicato a più riprese come potenziale pretendente a scalzare la stessa May. L'obiettivo della Gran Bretagna - precisa il ministro degli Esteri, che si trova oggi in Oman nell'ambito di un tour che lo porterà nel fine settimana anche in Iran ed Emirati - "è ora quello di forgiare una partnership profonda e speciale con gli amici e alleati europei, fermo restando l'impegno a onorare il risultato del referendum (sulla Brexit) riprendendo indietro il controllo delle nostre leggi, del nostro denaro e dei nostri confini per l'intero Regno Unito".


4.BREXIT, C’È L’ACCORDO SUL DIVORZIO DEL REGNO UNITO DALLA UE
Beda Romano per www.ilsole24ore.com

Come nelle migliori tradizioni comunitarie, la Commissione europea e il governo britannico hanno trovato, nella notte di ieri, un pre-accordo sul divorzio del Regno Unito dall'Unione. L'intesa dovrebbe permettere ai Ventisette di dichiarare che vi sono stati “sufficienti progressi” su questo fronte, e quindi aprire trattative sul futuro rapporto di partenariato tra i due blocchi. “La sfida più difficile è dinanzi a noi”, ha avvertito il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.
MAY JUNCKERMAY JUNCKER

La Commissione ha deciso di raccomandare al Consiglio europeo di concludere che sufficienti progressi sono stati compiuti nella prima fase delle trattative”, ha detto il presidente dell'esecutivo comunitario Jean-Claude Juncker in una conferenza stampa stamani qui a Bruxelles. “La Commissione ritiene che vi siano sufficienti progressi nelle tre aree prioritarie: i diritti dei cittadini, il dialogo tra Irlanda del Nord e la Repubblica d'Irlanda e gli impegni finanziari di Londra”.

La trattativa si è svolta fino all'ultimo. E fino all'ultimo nessuno ha voluto prendere rischi sull'esito finale dei negoziati. Come detto, tre i nodi sul tappeto: il rapporto tra la Repubblica d'Irlanda e l'Irlanda del Nord; i diritti dei cittadini europei e britannici residenti rispettivamente in Gran Bretagna e nell'Unione; e gli impegni finanziari di Londra nei confronti di Bruxelles. Da mesi ormai le parti erano alle prese con un-pre accordo di divorzio indispensabile per passare alla fase successiva dei negoziati.

boris johnson e theresa mayBORIS JOHNSON E THERESA MAY
Sul fronte irlandese, “il Regno Unito ha ammesso la situazione unica sull'isola d'Irlanda e ha preso impegni siginificativi per evitare un confine invalicabile (hard border)”, ha detto il presidente Juncker. “I diritti dei cittadini comunitari residenti nel Regno Unito e britannici nell'Unione rimarranno tali anche dopo Brexit”. Sul versante finanziario, “il Regno Unito ha accettato di rispettare gli impegni presi a Ventotto”.

Nella sua conferenza stampa, il presidente Juncker ha avvertito che l'accordo annuciato ieri deve essere finalizzato: “Rimane ancora molto da fare (…) Dovrà essere approvato sia dal Parlamento britannico che dal Parlamento europeo”. La concitazione dell'ultimo minuto è dovuta al fatto che l'obiettivo delle parti era di chiudere il pre-accordo entro questa settimana per permettere ai Ventisette in un vertice della settimana prossima di aprire la fase delle trattative dedicata alla nascita di un futuro partenariato. Una pre-intesa era drammaticamente fallita lunedì scorso.

boris johnson e theresa mayBORIS JOHNSON E THERESA MAY
Riferendosi proprio al futuro accordo di partenariato, il presidente Juncker ha detto di sperare in una intesa “profonda” da raggiungere in un clima di “rinnovata fiducia reciproca”, lasciando intendere che le ultime trattative sono state particolarmente tese. Londra ha chiesto un periodo di transizione di due anni dopo l'uscita formale dall'Unione prevista nel marzo del 2019, richiesta confermata oggi nella stessa conferenza stampa a cui ha partecipato la premier britannica Theresa May.

Proprio a questo riguardo, il presidente Tusk ha preso atto del suggerimento della Commissione europea, e lasciato intendere che nel loro vertice di giovedì e venerdì prossimi daranno il via al negoziato sul futuro partenariato. Il Regno Unito ha stabilito che vuole uscire sia dal mercato unico che dall'unione doganale. L'ex premier polacco ha suggerito questa mattina in una dichiarazione alla stampa che le parti prima negozino il periodo di transizione e poi il futuro accordo di partenariato.

JUNCKER TUSKJUNCKER TUSK
Nei due anni di transizione, secondo il presidente Tusk, il Regno Unito dovrebbe rispettare la legislazione europea, incluse le nuove leggi europee; gli impegni di bilancio, accettando nel contempo il controllo giudiziario a livello comunitario. 

L'ex premier ha spiegato che intende suggerire ai Ventisette di dare mandato ai negoziatori perché queste trattative inizino “immediatamente”, anche per dare “certezze” alle imprese e ai cittadini sui due lati della Manica.
Pur soddisfatto dall'evoluzione delle trattative sul divorzio, il presidente del Consiglio europeo ha avvertito che “la sfida più difficile è dinanzi a noi”. Ha poi aggiunto: “Sappiamo che rompere una relazione è difficile. Ma rompere e costruire è ancora più difficile”. L'uomo politico ha ricordato che per permettere a tutte le istituzioni coinvolte di approvare i vari accordi in tempo per Brexit fissata per il 29 marzo 2019, le parti hanno meno di un anno per chiudere le trattative.

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La madre di tutte le esuberanze irrazionali


Si potrebbe quasi capire l'esuberanza irrazionale del 1999-2000. Questo perché allora sembrava che tutto fosse rose e fiori, il che significa che i tassi di capitalizzazione probabilmente avevano un margine di crescita ragionevole.

Ma alla fine la mania perse ogni contatto con la realtà, facendo apparire un vero pazzo persino Alan Greenspan.

La grande bolla tecnologica e il crollo del 2000 hanno segnato una svolta cruciale nella storia finanziaria moderna: i banchieri centrali avrebbero disabilitato i normali meccanismi di determinazione dei prezzi nel mercato azionario ed avrebbero distrutto i meccanismi di bilanciamento e disciplina dei mercati.

Di conseguenza il mercato azionario sarebbe diventato un rione della banca centrale e un casinò che non avrebbe più potuto auto-correggersi. Sarebbe inesorabilmente vissuto sullo slancio speculativo -- fino a raggiungere una cima asintotica, per poi crollare in un crash tonante.

Questo è quello che successe nell'aprile del 2000, quando i settori più caldi del mercato azionario -- i titoli del NASDAQ 100 -- iniziarono una discesa dell'80%; ed è anche quello che successe nei mercati più ampi -- incluso l'indice S&P 500 -- nel 2008-2009, quando ci fu un fragoroso calo del 60% in poco meno di un anno.

Quindi, con il mercato che crede alle proprie storie sul momentum e con l'indice S&P 500 che segna 2,600 punti, riflettiamo sul grande crash delle dotcom per ricordare ciò che accadde dopo. Questo discorso è particolarmente pertinente oggi, perché l'attuale mania nel mercato azionario è molto meno giustificata di quella di allora.

Inoltre la versione dotcom è stata la prima grande bolla dei tempi moderni alimentata dalla banca centrale -- una creatura che gli operatori di mercato non avevano pienamente compreso. I successivi esperimenti della FED nel voler salvare i giocatori d'azzardo del casinò hanno solo causato l'atrofia di Wall Street.

Infatti, dopo 30 anni di Finanza delle Bolle in stile Greenspan e due devastanti crash finanziari, Wall Street è ancora più imbambolato dal credito di quanto non fosse alla vigilia del crash tecnologico. A quei tempi, infatti, c'era una considerevole falange di veterani di Wall Street che mettevano in guardia dalla follia delle dotcom. Adesso quasi nessuno se ne preoccupa.

Infatti la pessima previsione di oggi di Goldman Sachs, secondo cui l'indice S&P 500 raggiungerà i 3,100 entro la fine del 2020, fa sembrare la precedente cecità di Greenspan nei confronti delle bolle una leggera svista.

Col senno di poi, Alan Greenspan vide arrivare il crash abbastanza presto -- quando affrontò l'argomento "esuberanza irrazionale" nel corso di un discorso nel dicembre 1996. Sfortunatamente venne accusato di essere eccessivo nelle sue affermazioni.

In realtà, stava solo pensando ad alta voce di voler frenare un toro scatenato. Infatti negli anni successivi non fece praticamente niente e poi rialzò i tassi d'interesse di 25 miseri punti base nell'aprile 1997.

Dopo questo, apparentemente dimenticò tutto sulla "esuberanza irrazionale" nonostante questa si diffuse in tutto il sistema finanziario.

Infatti l'amnesia di Greenspan divenne così pronunciata che, proprio alla vigilia del crollo delle dotcom nell'aprile del 2000, si dimostrò cieco come un pipistrello quando si parlava di bolle create dalla banca centrale.

L'otto aprile Greenspan pronunciò le seguenti parole davanti una commissione del senato quando gli venne chiesto se un rialzo del tasso d'interesse avrebbe potuto far scoppiare la bolla nel mercato azionario:


Ciò presuppone che io sappia dell'esistenza di una bolla [...]. Non penso che possiamo sapere se esista una bolla fino a quando non scoppia. Presumere di saperlo, presuppone avere la capacità di prevedere un imminente declino dei prezzi (delle azioni)".


Almeno aveva ragione sull'ultima parte. Dopo che il NASDAQ salì da 835 punti nel dicembre 1996 a 4585 punti il 28 marzo 2000 -- o di un 5.5X in 40 mesi -- Greenspan ancora non era sicuro che ci fosse un bolla!

Di conseguenza pareva non avere la capacità di prevedere un imminente declino -- sebbene il crollo del 51%, a 2250 punti entro la fine dell'anno, fosse praticamente telefonato. Greenspan fece la figura dello sciocco quando questa bolla si sgonfiò dell'81% nei due anni successivi.

Infatti nel settembre 2002 l'indice si trovava quasi esattamente dov'era quando Greenspan pronunciò le parole "esuberanza irrazionale" e poi mandò a tutta velocità la stampante moentaria della FED.






Almeno all'epoca il presidente della FED poteva quasi essere scusato per la sua cecità nei confronti delle bolle, anche perché stava operando nei primi giorni della pianificazione centrale monetaria e della gestione degli effetti ricchezza a cascata, e la sua capacità di scatenare una speculazione dilagante nel sistema finanziario non era ancora pienamente compresa -- anche se la teoria monetaria sottostante sfidava tutti i canoni di una finanza solida.

Inoltre, oltre alle bolle nel mercato finanziario, il pompaggio monetario della FED durante gli anni '90 sembrava produrre effetti apparentemente robusti anche nel mondo reale e nel settore delle nuove tecnologie.

E, a loro volta, questi sviluppi macroeconomici positivi si stavano diffondendo in un contesto politico/strategico globale che era diventato improvvisamente più favorevole di qualsiasi altra cosa vista dal 1914.

Infatti il mondo esterno era piuttosto animato da sviluppi positivi: la rivoluzione di Internet trasudava vigore tra gli adolescenti, i conti fiscali del governo erano quasi in equilibrio per la prima volta in due decenni, il vasto mercato della Cina stava crescendo in modo convincente dopo il suo sonno maoista e la commissione per salvare il mondo (Greenspan, Summers e Rubin) aveva appena salvato Wall Street dal crollo di Long Capital Capital Management (LTCM).

Allo stesso modo, l'Europa stava lanciando la moneta unica e ampliando il mercato unico. Al posto dell'Unione Sovietica, che nel 1991 era scomparsa dai libri di storia, la Russia, le sue repubbliche separatiste e le ex-nazioni del Patto di Varsavia stavano sperimentando il capitalismo nazionale e si stavano affacciando verso l'occidente grazie all'aumento dei flussi commerciali e di capitali.

Negli Stati Uniti, la combinazione tra la fine della guerra fredda e la rivoluzione di Internet, contribuì doppiamente alla crescita economica e alla prosperità. Quando la spesa per la difesa scese dal 7% del PIL alla vigilia del crollo sovietico a meno del 4%nel 2000, vennero rilasciate risorse interne per investimenti privati e ci fu un sostanziale aumento della produttività.

Infatti gli investimenti privati non residenziali crebbero del 7.3% annuo dal picco pre-recessione del 1990 fino al 2000, più del doppio rispetto al tasso ancora rispettabile del 3.4% registrato tra il 1967 e il 1990; al paragone l'anemica crescita reale dell'1.4% degli investimenti fissi tra il picco pre-crisi (2007) e il 2016 è insignificante.






Nonostante tutti questi aspetti positivi, il grande mercato toro della fine degli anni '90 finì per deragliare. Ciò avvenne in particolare 18 mesi dopo il salvataggio di LTCM da parte della FED, quando fu palese ai giocatori d'azzardo del casinò azionario che la Greenspan Put era decisamente operativa.

Nel libro, The Great Deformation, ho analizzato 12 titoli azionari a grande capitalizzazione tra il discorso di Greenspan del dicembre 1996 e il crack delle dotcom nell'aprile 2000. Durante questo periodo di 40 mesi, la capitalizzazione di mercato combinata di questi 12 titoli -- tra cui Microsoft, Cisco, Dell, Intel, Juniper Networks, Lucent, AIG, GE e altri quattro -- è salita da $600 miliardi a $3,800 miliardi. La capitalizzazione totale del mercato di questa dozzina di titoli è cresciuta, quindi, del 75% all'anno per quasi 4 anni consecutivi; e la prospettiva futura era ancor più delirante.

Ad esempio, a partire dalla metà del 2000, Intel aveva un valore di $500 miliardi ed era trattata a 53X i suoi $9.4 miliardi di entrate annuali. Eppure si diceva che questo multiplo era più che giustificato perché la società aveva aumentato le sue entrate nette da $1 a $9.4 miliardi nel decennio precedente, e che all'orizzonte non c'era altro che un cielo blu.

Ecco il punto: Intel era ed è una grande azienda che non ha mai smesso di crescere, ma sin dalla metà del 2000 il tasso di crescita delle sue entrate nette è bruscamente rallentato a solo l'1.79% annuo; e i suoi $12.7 miliardi di entrate nette annuali a settembre 2017 sono valutate al 15.7X, o $210 miliardi.

In breve, al picco della bolla tecnologica, la capitalizzazione di mercato di Intel superava ampiamente la sua capacità di guadagno a lungo termine. Ancora oggi ha riguadagnato solo il 40% del suo picco di valutazione.

Allo stesso modo, Cisco era valutata a $500 miliardi nel luglio 2000 e sfoggiava un multiplo PE di 185X sui suoi $2.7 miliardidi entrate nette annuali. Inoltre ha continuato a crescere, facendo registrare un utile netto annuale di $9.7 miliardi a settembre 2017.

Eppure le entrate di oggi sfoggiano solo un multiplo del 19X dopo 17 anni di crescita al 2.4% annuo; l'attuale capitalizzazione di mercato da $181 miliardi di Cisco, infatti, è appena il 36% rispetto a quella del suo picco massimo.

Persino Microsoft ha vissuto quasi lo stesso destino. A metà del 2000 faceva registrare $8.3 miliardi di utile netto annuale ed era valutata a $600 miliardi, o al 72X. Oggi il suo utile netto è triplicato a $23.1 miliardi, ma il suo multiplo PE si è ridotto a solo il 29X. Detto in modo diverso, l'utile netto di Microsoft è cresciuto del 6.1% annuo da quando la società ha ampiamente superato il suo valore reale all'inizio del 2000. Di conseguenza la sua capitalizzazione di mercato ha guadagnato solo lo 0.4%annuo negli ultimi 17 anni.

E quando si tratta dell'impero industriale e finanziario che Jack (Welch) ha costruito, la storia è ancora più drammatica. La capitalizzazione di mercato a metà 2000 di GE era pari a $500 miliardi, oggi si attesta oggi a soli $155 miliardi; e il suo multiplo PE di 60X si è ridotto a soli 22X.

Insomma, quella era un'esuberanza irrazionale e non ci volle molto affinché l'aria nella bolla di queste capitalizzazioni uscisse fuori. Verso la fine del settembre 2002, quattro società di suddetta dozzina erano svanite e la capitalizzazione di mercato di quelle sopravvissute era scoppiata a soli $1,100 miliardi.

Questo è un dato di fatto. In meno di 30 mesi, $2,700 miliardi di capitalizzazione di mercato sono letteralmente svaniti. E queste erano le aziende leader dell'epoca.

Nessuna di loro era valutata a 280 volte l'utile netto, come oggi con Amazon; o a infiniti multipli PE come gran parte del settore biotecnologico e aziende come la Tesla.

Ancora più importante, la promettente situazione macroeconomica alla fine del secolo ha lasciato il posto ad un mondo con $225,000 miliardi di debiti globali e $40,000 miliardi di debiti cinesi.

Allo stesso modo, la calma dell'ambiente geo-strategico di quell'epoca è stata risucchiata dalla follia del RussiaGate, da guerre senza fine in Medio Oriente e in Africa, e dallo scontro incendiario tra Kim/Trump.

Infine, dopo 30 anni di espansione monetaria dilagante, le banche centrali del mondo sono state costrette ad invertire la rotta e ad iniziare a normalizzare i tassi d'interesse e i loro bilanci.

E questo esperimento senza precedenti nella demonetizzazione massiccia dei debiti pubblici sta arrivando in un momento in cui -- dopo 8 anni di espansione del ciclo economico -- gli Stati Uniti, il Giappone e la maggior parte dell'Europa si ritrovano bilanci monumentali in pieno deficit.

Queste politiche fiscali spericolate stanno avvenendo a causa di uno tsunami di pensioni, spese mediche ed assistenziali.

Nel periodo più recente, le società nell'indice S&P 500 hanno guadagnato $107 per azione su base annuale -- o solo il 2% in più rispetto ai $105 per azione pubblicati a settembre 2014; e poco più gli $85 per azione registrati nel picco pre-crisi del giugno 2007.

Detto in modo diverso, su base tendenziale le società dell'indice S&P 500 hanno visto crescere i loro utili al 2.33% annuo nell'ultimo decennio. In che modo un multiplo PE al 24.3X si possa adattare al prezzo dell'indice di oggi è difficile da immaginare -- per non parlare dell'obiettivo a 3100 punti di Goldman per il 2020.

Infatti solo mantenere l'assurdo multiplo PE di oggi richiederebbe $130 per azione negli utili GAAP entro il 2020.

Proprio così, entro la fine del 2020 saremmo implicitamente nella più lunga espansione economica della storia registrata a 140 mesi (rispetto ai 118 mesi degli anni '90).

Inoltre la struttura dei tassi d'interesse sarà superiore di 200-300 punti base secondo le attuali politiche della FED, mentre il Tesoro USA avrà $1,000+ miliardi in deficit annuali.

Anche così ci vorrebbe una crescita degli utili annui del 7% per conservare il multiplo PE di oggi a 24.2X e raggiungerel'obiettivo di Goldman.

Come abbiamo detto, rispetto alla pazzia nel casinò di oggi e alle fiabe di Goldman, l'Alan Greenspan dell'aprile 2000 sembra un modello di sobrietà al confronto.

Quindi se quella dell'aprile del 2000 era esuberanza irrazionale, quello che abbiamo ora è sicuramente la madre di tutte le esuberanze irrazionali.




[*] traduzione di Francesco Simoncellifrancescosimoncelli.blogspot.it

Stoccaggio gas, installate 15 sonde entro 10 km per registrare ogni scossa sismica

Su indicazione del ministero monitoraggio attorno ai giacimenti di San Potito e Cotignola in funzione dall’estate 2018


Ogni scossa sismica anche di bassa magnitudo (tra zero e uno gradi sulla scala Richter) che si dovesse verificare in prossimità dei giacimenti di stoccaggio gas di San Potito e Cotignola verrà registrata dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) grazie a una rete di monitoraggio microsismico nell’area attorno alla concessione. I lavori per la realizzazione della rete sono in fase di avvio e interesseranno i comuni di Alfonsine, Bagnacavallo, Conselice, Cotignola, Lugo e Russi: in totale saranno posizionate 15 sonde di rilevamento, sia in superficie che nei pozzi entro un raggio di 10 km dai giacimenti. La rete di monitoraggio entrerà in esercizio nell’estate 2018.

Il progetto, sviluppato da Edison Stoccaggio in collaborazione con l’Università di Bologna e in coordinamento con il Ministero della Sviluppo economico, rientra nel quadro dell’implementazione delle linee guida in tema di monitoraggio sismico definite dal Ministero dello Sviluppo economico nel 2014. Una volta in esercizio, la rete permetterà di migliorare le conoscenze scientifiche sulla sismicità della Bassa Romagna e costituirà un’ulteriore misura di controllo del territorio.
La concessione di stoccaggio di gas naturale di San Potito e Cotignola è stata conferita a Edison stoccaggio dal ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il ministero dell’Ambiente, con decreto ministeriale in data 24 aprile 2009. I lavori di realizzazione dell’impianto sono iniziati nel maggio 2010 e sono stati conclusi nel maggio 2013. «Lo sviluppo dell’impianto – scrive Edison sul suo sito – ha permesso di incrementarne la capacità rispettando le condizioni originarie del giacimento. Il campo di San Potito e Cotignola ha una capacità di stoccaggio di circa 400 milioni di metri cubi di gas naturale ed è costituito da 11 pozzi attivi».
Fonte: qui

Giulietto Chiesa: così Beppe Grillo ha ingannato gli italiani

Avevo creduto alle promesse di Grillo, ma sbagliavo: che se ne rendano conto o meno, i grillini non hanno nessuna possibilità di cambiare l’Italia. 
E nemmeno nessuna intenzione di farlo, stando a come si comportano i leader: nessuna proposta vera su niente di importante, né la crisi economica né quella geopolitica. «Fanno le pulci alle spese dei parlamentari, ma tacciono sui fiumi di soldi che spendiamo per la difesa militare: 60 milioni di euro al giorno, contro i 44 di finanziamento pubblico a cui i parlamentari grillini hanno rinunciato, dal 2013». 
Parola di Giulietto Chiesa, direttore di “Pandora Tv” e promotore – con Antonio Igroia – del progetto “Lista del Popolo”, definito anche “La Mossa del Cavallo”. In sintesi: «Metà degli italiani non vanno più a votare, l’altra metà votano per partiti in cui non credono più, in gran parte, e intanto l’Italia va a rotoli: quindi che facciamo, stiamo a guardare?».
Chiesa punta su una lista che si rivolga all’oceano dell’astensionismo, per portare in Parlamento un nucleo di opposizione radicale al mainstream politico: «Fra cinque anni sarà tardi, perché i cartelli bancari avranno finito di privatizzare il paese e per l’Italia non ci sarà più niente da fare», dice, ai microfoni di “Border Nights”.
A motivare Chiesa rispetto al progetto elettorale con Ingroia, anche la cocente delusione rappresentata dai 5 Stelle: «Li ho votati, sperando che la loro spallata sarebbe stata molto utile, ma poi alla spallata non è seguita un’azione». 
Beppe Grillo? 
«Mi Giulietto Chiesaaveva telefonato, promettendomi che ci saremmo risentiti, per parlare di contenuti. Invece è sparito». 
Peccato, si rammarica il giornalista, autore di saggi come “La guerra infinita”, sul terrorismo “false flag” dell’11 Settembre. Giulietto Chiesa è tra quanti avevano sperato che, dopo i “vaffa” iniziali, i grillini potessero accettare di crescere e confrontarsi con altri interlocutori sui temi più decisivi. 
Errore: continuano a ripetere che non faranno alleanze con nessuno. «Hanno ottenuto un grande risultato, dovuto alla genialità spettacolare di Beppe Grillo», ammette. 
Ma poi, aggiunge, «sostanzialmente hanno ingannato milioni di persone, perché non si può cambiare l’Italia con il 25%». 
Onestamente: è impensabile cambiare un paese complesso come l’Italia rappresentando solo un elettore su quattro. Si erano illusi di poter conquistare il 51% per cento? «Qualcuno ha addirittura scritto, stupidamente, che tutti si dovrebbero iscrivere al M5S». 
Altra sciocchezza: «Nel paese ci sono sensibilità diverse, esperienze, storie. Non puoi chiedere alla gente di cancellare il proprio passato. Non esiste una maggioranza della totalità».
Nel frattempo, aggiunge Chiesa, «i leader sono andati dietro a Grillo, il deus ex machina che li aveva portati, tra virgolette, al potere. Hanno creduto che, essendo entrati in Parlamento, fossero entrati nel potere: e ci sono stati comodi». 
Volevano moralizzare il paese? 
«Ma la moralizzazione che avevano concepito, adesso si vede con tutta chiarezza: era la lotta contro i politici. Sembravano (e sembrano) non rendersi conto che i politici sono solo dei maggiordomi. E’ un errore di analisi», sottolinea Chiesa. «I veri guastatori della democrazia sono state le banche, i grandi imprenditori che hanno venduto le loro imprese all’estero». 
Un nome su tutti, la Fiat. «Come mai non si parla mai dei grandi imprenditori ladri? Come mai non si parla dei politici che, insieme a loro, hanno cambiato le leggi dello Stato? Non le hanno mica fatte i politici: le hanno fatte i ricchi banchieri che hanno deciso chi doveva scrivere quelle leggi». 
Giulietto Chiesa non ha mai smesso di parlare con gli elettori grillini, anche su Facebook. «Qualcuno mi ha detto: ma perché non ti iscrivi al M5S? Io ci ho persino provato, ma sono Grillostato respinto: perché ero troppo ingombrante, per questi signori, a cominciare da Beppe Grillo, e a quel punto ho cominciato a pensare che non era un uomo sincero. E adesso lo penso con cognizione di causa».
Racconta Chiesa: «A Grillo ho offerto aiuto. Gratis, senza nessun impegno. Gli ho offerto documenti, analisi. Una volta mi telefonò, ero a Mosca, mi ringraziava per aver invitato a votare 5 Stelle in Sicilia. Mi disse: forse dovremmo parlarci. E io: bene, lo farò molto volentieri, al mio rientro in Italia. Mai più sentito». Aggiunge Giulietto Chiesa: «Io sono stato espulso, virtualmente, probabilmente perché sapevano che si sarebbero trovati in grave difficoltà a rispondere a mie obiezioni, che erano tutte amichevoli». 
Assicura: «Non ho niente contro il Movimento 5 Stelle. Anzi, al contrario: penso che in gran parte sia composto da persone arrabbiate, che non hanno il quadro della situazione ma sono arrabbiate, come milioni di italiani. E io sono arrabbiato esattamente come loro, ma ho capito che senza una linea politica chiara, senza aver individuato il nemico, non si vince. Ecco la differenza». 
In altre parole: inutile sparare sui politici, meglio individuare i veri “mandanti”. E magari, fare proposte concrete: «Il loro programma 2018 è inconsistente, pari a quello del 2013. Nessun impegno sostanziale sull’economia, sull’Europa, sulla Nato».
C’è chi sospetta che i 5 Stelle non siano nient’altro che “gatekeeper”, specchietti per allodole. Missione: deviare l’indignazione popolare verso binari non pericolosi per il potere. Giulietto Chiesa non lo crede: «Ho l’impressione che all’inizio non ci fosse nessun disegno. Credo che né Grillo né gli altri avessero qualche secondo fine. Semplicemente, non essendo in politica, hanno saputo percepire gli umori popolari, e li hanno interpretati. Un fatto spontaneo, quindi, senza un disegno per imbrigliare la spinta popolare». Del resto, qualcosa del genere è avvenuto un po’ in tutta Europa: «Chi ha capito al volo la sfiducia verso i partiti tradizionali ha raccolto questa protesta». Poi, ovvio, i poteri forti hanno strumenti formidabili per imbrigliarla: «Riescono a corrompere, distorcere, inquinare la spinta del nemico. Quindi qualcuno adesso può benissimo aver pensato a Di Maioquesta forza nuova, che però è molto primitiva, non conosce la situazione, non ha esperienza. Qualcuno quindi può aver pensato: ok, dirottiamola su fenomeni secondari. Così il nemico è diventato la classe politica, tutto il resto non è stato visto».
Secondo Giulietto Chiesa, «l’Italia è ridotta a colonia dell’America», al guinzaglio della Nato che minaccia la pace in mezzo mondo
«Ma se tu non ti poni il problema di chi è il padrone che ti ha colonizzato, come diavolo puoi pensare di rivoltare l’Italia come un calzino?». I grillini, insiste Chiesa, si sono scatenati contro il finanziamento pubblico ai partiti, rinunciando finora a 44 milioni di euro. «Ma 44 milioni fanno ridere: la nostra difesa militare ci costa 60 milioni di euro al giorno». Grillo dispone di 170, tra deputati e senatori, che si limitano a fare le pulci al conti dei parlamentari: il problema della spesa militare Nato «dovrebbero sollevarlo in Parlamento e gridarlo ai quattro venti», dice Chiesa. «Almeno, quei 44 milioni dovrebbero usarli fare una televisione, che lo dica tutti i giorni dove finiscono quei soldi. Allora sì, ci sarebbe stato un rilancio del movimento: e invece, su queste questioni, silenzio». A quattro anni dalle elezioni 2013, «il Movimento 5 Stelle non solo non dice “uscire dalla Nato”, ma dice “ci voglio rimanere, nella Nato”»
E il suo nuovo leader, Di Maio, «va negli Stati Uniti per dire agli americani: state tranquilli, noi non metteremo in discussione il nostro essere una vostra colonia». E allora, conclude Chiesa, «è la fine del Movimento 5 Stelle, e mi dispiace». Può anche darsi che vadano bene, a queste elezioni, «e io glielo auguro». 
Ma non hanno più nessuna chance di salvare l’Italia.

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