sabato 29 dicembre 2018
BENALLA – LO SCANDALO DELL’EX BODYGUARD DI MACRON SI ALLARGA
I PASSAPORTI DIPLOMATICI A SUA DISPOSIZIONE ERANO DUE, MA CHE FACEVA A SPASSO PER IL MONDO CON UOMINI D’AFFARI, INVESTITORI E FACCENDIERI?
MA COME HA FATTO UN BULLO DI PERIFERIA A DIVENTARE COSÌ POTENTE DA TENERE IN OSTAGGIO IL PRESIDENTE FRANCESE?
Adriano Scianca per “la Verità”
Dai gilet gialli all' uomo nero. La coda del 2018 è popolata di incubi, per Emmanuel Macron. L' uomo nero è Alexandre Benalla, il suo ex factotum, nero non tanto per la carnagione (l' origine marocchina gli ha lasciato semmai in dote un incarnato olivastro), ma nel senso dell' oscurità delle trame, di ciò che avviene all' ombra del potere.
Che ci faceva, per esempio, l' ex bodyguard in Ciad, a inizio dicembre, solo poche settimane prima di una visita ufficiale di Macron nel Paese? E in Congo e Camerun, dove si è recato qualche tempo prima, assieme all' uomo d' affari franco-israeliano Philippe Hababou Solomon e ad alcuni turchi non meglio identificati? E in Israele, altra nazione toccata dall' instancabile e imperscrutabile attivismo diplomatico di Benalla? Lo scorso ottobre, invece, era stato avvistato al Chinese Business Club, a un evento con degli investitori del Paese orientale.
Sempre nel mese di ottobre, Libération aveva svelato un incontro tra Benalla e Alexandre Djouhri, un faccendiere implicato nello scandalo dei finanziamenti libici a Nicolas Sarkozy, molto influente in diversi Stati africani.
Singolare protagonismo per uno appena degradato, che dovrebbe quanto meno mantenere un basso profilo, dopo aver messo nei guai l' inquilino dell' Eliseo per aver aggredito, con un casco da poliziotto, dei manifestanti a margine di una manifestazione politica. Il 26 dicembre, Benalla spiegava con candore a Le Monde che questi viaggi erano stati condotti senza passaporto diplomatico, prontamente restituito dopo la bufera politica scoppiata sul suo conto.
Un' altra balla: il giorno dopo, il sito Mediapart dimostrava il contrario, fornendo anche il numero del documento: 17CD09254.
Un passaporto diplomatico consegnato il 24 maggio scorso. Ovvero nel periodo di tempo intercorso tra il pestaggio del 1° maggio e lo scoppio del caso, avvenuto in luglio su Le Monde. Che si sia voluto fornire un salvacondotto a un personaggio che stava per essere investito da una bufera? Molto resta ancora da chiarire, perché i passaporti diplomatici sarebbero due. L' entourage di Benalla ha inoltre spiegato che i documenti gli sarebbero stati restituiti agli inizi di ottobre da un dipendente dell' Eliseo.
In ogni caso, sta di fatto che la diplomazia di un Paese con testate nucleari e seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell' Onu, oltre che padrone fattuale dei destini di mezza Africa, sembra passare per le mani di questo coatto palestrato il cui potere resta ancora in gran parte inspiegabile.
In Ciad, tanto per dire, Benalla avrebbe incontrato il presidente Idriss Déby, oltre al fratello, capo della direzione generale della riserva strategica. A che titolo? Lo scorso 22 dicembre, il direttore del gabinetto del presidente, Patrick Strzoda, ha chiesto spiegazioni sui viaggi del bodyguard. Il Quai d' Orsay, cioè la Farnesina francese, ha dal canto suo chiarito di aver «chiesto la restituzione» dei passaporti diplomatici a fine luglio, come se fosse la biblioteca comunale che reclama un libro tenuto in prestito per troppo tempo e non un ramo dello Stato che deve tutelare la sicurezza nazionale.
Perché tutta questa timidezza? Perché lo Stato francese non dà un calcio nel sedere all' uomo che sta procurando tanti imbarazzi? Forse la risposta è in una frase sibillina pronunciata da Benalla in questi giorni: «Non starò più in silenzio». Il che ha proprio tutta l' aria di essere un avvertimento a chi di dovere su determinati segreti che è meglio non escano fuori. Viene davvero da chiedersi come si sia potuti giungere a questo punto.
E allora rivediamo tutto il film dall' inizio. Alexandre Benalla nasce l' 8 settembre 1991 in una banlieue di Evreux, in Normandia, da una famiglia marocchina. I genitori, due professori, non sono degli sbandati, ma il padre pare fosse violento e incline a riportare il figlio in Nordafrica, cosa non permessa dalla madre dopo la separazione dei due. Il ragazzo comincia a interessarsi di sicurezza già a 14 anni, quando frequenta uno stage sull' argomento. Nel frattempo pratica rugby e mette su un bel fisico, cosa che ne aumenta la sicurezza e anche un po' la strafottenza.
Aderisce ai giovani socialisti e, a partire dal 2011, è incaricato della sicurezza di diversi dirigenti del partito, da Martine Aubry a François Hollande, per diventare poi autista del ministro Arnaud Montebourg. Quando Macron fonda En Marche, fiuta l' occasione e diventa responsabile della sicurezza del partito. Dopo l' elezione del suo nuovo mentore, riceve le chiavi dell' Eliseo. È l' uomo ombra di Macron: segue il leader ovunque, gli guarda le spalle, ma è molto più che un semplice bodyguard. La sua ambizione, è chiaro, è quella di prendere in mano l' intera gestione logistica dell' Eliseo. Il suo piano fila liscio, in barba a regole e consuetudini, fino a quel maledetto 1° maggio in cui viene immortalato mentre strattona violentemente dei manifestanti. Un caso montato ad arte per gelosie professionali, si difenderà lui, giocando la carta della discriminazione: «Un ragazzo di 25 anni, che non ha fatto l' Ena (la scuola dell' alta amministrazione francese, ndr), che non è sottoprefetto - sono il solo di tutta la squadra a non esserlo, sono l' extraterrestre della banda - e che, in più, dice le cose in faccia in un luogo in cui regnano i non detti, evidentemente suscita rancori».
Un parvenu che ha fatto questa carriera fulminea, in effetti, genera gelosie. E pettegolezzi.
«Benalla non è il mio amante e non ha i codici nucleari», sarà costretto a precisare, sia pur in maniera ironica, Macron. Particolare grottesco: Benalla ha anche un profilo su Tinder, la popolare app per incontri. Nelle foto postate, alcune lo ritraggono insieme al presidente, utilizzato come specchietto per le allodole per rimorchiare. Il suo nickname, inoltre, è Mars, ovvero Marte, laddove Macron si è sempre fatto chiamare Iuppiter, cioè Giove. Un rompicapo che imbarazzerebbe persino il grande indagatore delle religioni indoeuropee, Georges Dumézil.
C' è lo zampino di Benalla anche in un altro caso spinoso.
È stato infatti lui ad aver presentato a Macron un' altra delle sue guardie del corpo: Makao, un rugbista congolese alto 2,13 metri, che tuttavia annovera tra le proprie conoscenze anche Jawad Bendaoud, l' affittacamere dei terroristi del Bataclan, come comprovato da alcune story di Instagram, pubblicate sul profilo di Bendaoud, in cui i due sono insieme. Un caso sfortunato, forse, ma resta il fatto che Benalla ha anche la responsabilità di aver drasticamente ridotto i gradi di separazione tra l' Eliseo e l' Isis.
Fonte: qui
C' è lo zampino di Benalla anche in un altro caso spinoso.
13 miliardi in più di tasse per banche ed assicurazione, economia digitale, imprese, gioco d'azzardo ...
I commercialisti confermano l'incremento fiscale nel triennio. Sostanzialmente invariata per il cittadino medio ...
Ma la cifra lieviterà per le imposte locali
Giovedì l'Ufficio parlamentare di bilancio ha quantificato in uno 0,4% di Pil l'aumento della pressione fiscale da imputare alla legge di Bilancio.
Dalle stime macro, alla stima degli effetti delle singole misure, l'ufficio studi del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ieri ha confermato: per il contribuente italiano il saldo tra dare e avere sarà negativo, nel senso che verserà al fisco 12,9 miliardi in più tra il 2019 e il 2021.
Dai calcoli effettuati sulla manovra approvata dal Senato risulta che nel triennio 2019-2020, ci sono 7,3 miliardi di maggiori entrate che arrivano dai condoni contenuti nel decreto fiscale, dal saldo e stralcio inserito nella legge di bilancio e da altri regimi opzionali scelti dai contribuenti.
Poi ci sono 12,4 miliardi di nuove tasse vere e proprie. Dalla somma delle due voci in entrata va sottratta la riduzione del prelievo fiscale, pari a 6,8 miliardi in tre miliardi. Il saldo è appunto 12,9 miliardi di entrate fresche per le casse dello Stato e di pressione fiscale aggiuntiva per i contribuenti.
Ma il conto potrebbe aumentare, visto che lo sblocco della tassazione locale è tutta da quantificare, anche se secondo alcune stime (non dei commercialisti) potrebbe arrivare a un miliardo.
Nel dettaglio i 12,4 miliardi di tasse in più sono da imputare al giro di vite su banche e assicurazioni (5,6 miliardi), sulle imprese in generale (2,4 miliardi), sul settore del gioco d'azzardo (2,1 miliardi), sui grandi gruppi dell'economia digitale (1,3 miliardi), sui consumatori (0,6 miliardi) e sugli enti del non profit (0,4 miliardi).
Le riduzioni sono la flat tax sulle partite Iva (-4,8 miliardi) e sul settore immobiliare, dell'edilizia e degli interventi sulla casa in generale (-1,8 miliardi) e altri interventi minori (-0,2 miliardi). L'ufficio studi dei dottori commercialisti ha esaminato anche l'effetto delle misure fiscali inserite in manovra, categoria per categoria.
Il conto per le imprese è il risultato di riduzioni della pressione, in particolare l'Imu sui capannoni dalle imposte sui redditi (-457 milioni), l'aliquota al 155 sugli utili reinvestiti (-3,7 miliardi) e di vari aumenti tra i quali spicca l'abrogazione dell'Iri, l'imposta sul reddito imprenditoriale che costerà alle aziende 4,48 miliardi di euro in te anni, cancellazione dell'Ace (meno 4 miliardi) e della riduzione del credito di imposta per ricerca e sviluppo (meno 600 milioni).
Tutte negative le voci che riguardano il gioco d'azzardo e l'economia digitale. Ma le tasse aumentano anche per i consumatori, tra tagli dell'Iva nel 2019, cioè la cancellazione delle clausole di salvaguardia e gli aumenti in programma nel 2020 e 2021.
La simulazione dei commercialisti contabilizza il raddoppio Ires sul no profit che vale 434 milioni nei tre anni. Ma questa norma dovrebbe essere cancellata nel 2019. Va meglio al mondo dell'autotrasporto (con appena 12 milioni in meno) e allo sport (meno tasse per 34 miliardi). Positivo il saldo per le partite Iva, che pagheranno 332 milioni di euro di tasse in meno nel 2019, che poi saliranno a 1,9 milioni e 2,5 nei due anni successivi. Merito dell'estensione del regime dei minimi e della flat tax per i redditi tra 65 e 100 mila euro. Apparentemente bene anche al settore immobiliare, avvantaggiato soprattutto dalla detrazioni per ristrutturazioni e interventi salva energia. Il saldo è di una riduzione delle tasse di 1,8 miliardi nel triennio. Proroghe di sgravi già esistenti. All'orizzonte ci sono gli aumenti delle tasse locali.
Fonte: qui
Pensioni col trucco: prima l'aumento Poi il governo fa scattare la sforbiciata
Con la legge di Bilancio previsto un conguaglio che a marzo annullerà la rivalutazione degli assegni: così lo Stato risparmierà 2,29 miliardi
Prima l'aumento, poi la stangata. Per i pensionati non c'è pace. Basta guardare l'ultima circolare Inps che da un lato annuncia gli incrementi sugli assegni e dall'altro lascia presagire l'arrivo di una amara sorpresa.
A gennaio infatti la rivalutazione sugli assegni scatterà senza le penalizzazioni previste dalla legge di Bilancio. La comunicazione dell'Istituto di previdenza sociale (circolare 122/2018) diffusa il 27 dicembre parla chiaro: l'adeguamento degli assegni terrà conto della variazione dell'inflazione dell'1,1%. Inoltre il meccanismo adottato per il ricalcolo sarà basato sulla legge 388/2000 e non sui paletti imposti dalla manovra. Gli assegni avranno un adeguamento del 100 per cento fino a tre volte il minimo, del 90 per cento fino a cinque volte il minimo e del 75 per cento per gli assegni oltre questa soglia. Ma è a questo punto che arriva la doccia fredda.
L'Inps, sempre nella stessa circolare, «segnala» l'arrivo della stangata con due righe: «In previsione dell'entrata in vigore della legge di bilancio per l'anno 2019, gli incrementi per il 2019 descritti nella presente circolare potranno subire variazioni». Parole chiare che aprono le porte alle sforbiciate. Insomma a gennaio i pensionati avranno un assegno più pesante per poi perdere una parte dell'aumento ottenuto con un successivo conguaglio che recepirà le indicazioni della manovra. Vediamo dunque come cambiano gli importi con il trattamento automatico dell'Inps e con le «modifiche» apportate dalla legge di Bilancio.
Un pensionato che incassa al mese un assegno da 2.300 euro lordi a gennaio riceverà un assegno da 2.324,44 euro. Poi arriverà il conguaglio (probabilmente a marzo) e lo stesso assegno passerà a 2.319,48 euro lordi. La musica non cambia se aumenta l'importo: un assegno da 4.700 euro a gennaio sarà di 4.744,64 euro per poi scendere nei mesi successivi a 4.720,68 euro. Di fatto con i «ritocchi» voluti dal governo, per le pensioni superiori a 3 volte il minimo e inferiori a 4 la rivalutazione sarà del 97%, del 77% per gli importi tra 4 e 5 volte il minimo, del 52% tra 5 volte e 6 volte il minimo, del 47% oltre 6 volte, del 45 oltre 8 volte e solo del 40% oltre 9 volte il minimo. Dietro queste percentuali si nasconde la mazzata sui pensionati che porterà nei prossimi tre anni 2,29 miliardi nelle casse dello Stato. La circolare Inps però dà anche altre indicazioni: l'importo dell'assegno minimo per i dipendenti e per gli autonomi da 507,42 euro passa a 513,01 euro. Briciole per le pensioni sociali che passano da 373,33 euro a 377,44 euro, gli assegni sociali invece passano da 453 euro a 457,99 euro. I pensionati che dovranno fare i conti con i tagli sono scesi in piazza: «Non siamo il bancomat del governo». Ma le proteste non cambieranno i piani dell'esecutivo. La falce sugli assegni entrerà in azione dopo il conforto di un finto aumento.
Fonte: qui
“PARLIAMO DI QUALCHE EURO AL MESE, NON SE NE ACCORGEREBBE NEMMENO L’AVARO DI MOLIERE”
GIUSEPPE CONTE SUL BLOCCO DELL’INDICIZZAZIONE PER LE PENSIONI: “I PENSIONATI PROTESTINO PURE LIBERAMENTE, MA LI RICORDO SILENTI QUANDO FU APPROVATA LA LEGGE FORNERO”.
La citazione viene dalla letteratura classica ma la frase sulle pensioni e l’Avaro di Molière rischia di tradursi nell’ennesima gaffe per il premier Conte. Rispondendo a una domanda nel corso della conferenza stampa di fine anno, il capo del governo legastellato ha tentato a suo modo di difendere il blocco dell’indicizzazione per gli assegni sopra i 1.500 euro lordi. «Siamo intervenuti sulle fasce piu’ alte delle pensioni, con un taglio progressivo, abbiamo introdotto un processo di indicizzazione raffreddato, quasi impercettibile, parliamo di qualche euro al mese, forse non se ne accorgerebbe nemmeno l’avaro di Moliere» sono state le parole pronunciate da Conte.
I pensionati in piazza
La frase era riferita soprattutto al fatto che, mentre la conferenza stampa era in corso, i sindacati dei pensionati di Cgil Cisl e Uil stavano protestando nelle piazze italiane. «Protestino pure liberamente, ma non mi sembra che abbiamo attentato ai trattamenti pensionistici, abbiamo operato con molto discernimento una redistribuzione» ha aggiunto il premier. «I pensionati oggi scendono in campo, ne prendiamo atto e lo rispettiamo, ma li ricordo silenti quando fu approvata la legge Fornero».
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Docenti con 36 mesi di servizio, legge bilancio prevede riserva 10% posti ed esonero 24 CFU
La legge di bilancio, che a breve sarà approvata dalla Camera, modificherà il sistema di reclutamento nella scuola secondaria delineato dal D.lgs. 59/2017.
Oltre a ridefinire il nuovo sistema di reclutamento, la legge di bilancio modifica anche la cosiddetta “fase transitoria” per i docenti con 36 mesi di servizio, per i quali era previsto un concorso riservato.
Docenti con 36 mesi: abolito concorso riservato
Il concorso riservato ai docenti con 36 mesi di servizio, negli ultimi otto anni, è stato abolito, per cui tali insegnanti dovranno partecipare al concorso ordinario selettivo per titoli ed esami.
Docenti con 36 mesi: 10% posti riservati
La legge di bilancio dispone che i docenti, i quali abbiano svolto, nel corso degli otto anni scolastici precedenti, entro il termine di presentazione delle domande di partecipazione, tre annualità di servizio, anche non continuative, avranno riservato il 10% dei posti.
Nel testo leggiamo ” In prima applicazione, i soggetti che abbiano svolto, nel corso degli otto anni scolastici precedenti, entro il termine di presentazione delle istanze di partecipazione, almeno tre annualità di servizio, anche non successive…
L’espressione “In prima applicazione” dovrebbe riferirsi al fatto che la riserva del 10% di posti è prevista soltanto per la prima applicazione della legge, ossia per il primo concorso bandito con le nuove norme.
Sottolineiamo, infine, che la riserva del 10% di posti vuol dire che tale percentuale è destinata soltanto ai suddetti docenti, che concorreranno comunque anche per il rimanente 90% di posti messi a concorso per il resto dei partecipanti.
Docenti con 36 mesi: no 24 CFU(credito formativo universitario)
I docenti con 36 mesi di servizio, oltre che della riserva di posti, beneficeranno dell’esonero dal conseguimento dei 24 CFU nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche, richiesti a chi partecipa con la sola laurea. Tale beneficio, come la predetta riserva, è previsto soltanto “in prima applicazione”.
Fonte: qui
“IL RITIRO DALL’EURO NON PUÒ PIÙ ESSERE UN TABÙ”
SECONDO OTMAR ISSING, TEDESCO ED EX CAPO ECONOMISTA DELLA BCE, LE AUTORITÀ EUROPEE DOVREBBERO ESTROMETTERE DALLA MONETA UNICA TUTTI I PAESI CHE NON RISPETTANO LE REGOLE
“L’ITALIA NON SOLO VIOLA GLI IMPEGNI, MA GONGOLA DELLA SUA DELIBERATA VIOLAZIONE”
Alberto Battaglia per www.wallstreetitalia.com
“L’euro è irreversibile”: questo è sempre stato il mantra della Bce nei momenti di massima crisi della moneta unica. Del resto, i trattati non prevedono alcuna procedura di uscita dall’euro, proprio per evitare che si sollevino problemi di fiducia sulla solidità dell’area valutaria. Eppure, ora è un ex economista dell’Eurotower a riaprire la questione, ribaltando l’assioma dell’irreversibilità e ammettendo che l’ipotesi di uscita dall’euro potrebbe essere contemplata. Quando? Nei casi in cui le regole di bilancio pubblico vengano deliberatamente violate.
Lo ha detto Otmar Issing, ex capo economista della Banca centrale europea ed ex membro del suo Consiglio direttivo. Intervistato dal giornale Der Tagesspiegel, Issing ha sostenuto che l’euro “può sopravvivere solo se tutti i Paesi rispettano i propri impegni (…) Finora, non è prevista l’uscita di un paese dall’unione monetaria, in quanto l’adesione è considerata irreversibile, ‘eterna’, per così dire”. Ma non sarebbe la condizione più desiderabile, in alcuni casi. “Se i conflitti diventano estremi a causa della cattiva condotta di un paese o di più paesi, la questione del ritiro [dall’euro] non può più essere un tabù“, ha dichiarato l’economista.
Questo pensiero ha una relazione esplicita con l’attuale condotta del governo italiano, intenzionato a restare nell’euro, ma deciso a sforare le regole di bilancio sulla spinta del suo consenso elettorale. L’Italia, ha affermato Issing, “non solo viola gli impegni che il paese ha assunto con la Commissione europea, ma gongola anche della sua deliberata violazione delle regole“.
Seguendo il ragionamento di Issing, le autorità europee dovrebbero prendere in condizione l’ipotesi di estromettere dall’euro (o quantomeno sollevare tale minaccia) per tutti i Paesi che intendano beneficiare della moneta unica senza preoccuparsi dell’equilibrio della politica economica.
L’idea, con ogni evidenza, è che gli investitori si posizionino scontando il rischio concreto di uscita dall’euro, anche per volontà delle autorità Ue. Il risultato sarebbe un controllo più efficace sul rispetto delle regole Ue, guidato dalla “razionalità” dei mercati in fuga dal rischio Italexit.
Fonte: qui
Lo ha detto Otmar Issing, ex capo economista della Banca centrale europea ed ex membro del suo Consiglio direttivo. Intervistato dal giornale Der Tagesspiegel, Issing ha sostenuto che l’euro “può sopravvivere solo se tutti i Paesi rispettano i propri impegni (…) Finora, non è prevista l’uscita di un paese dall’unione monetaria, in quanto l’adesione è considerata irreversibile, ‘eterna’, per così dire”. Ma non sarebbe la condizione più desiderabile, in alcuni casi. “Se i conflitti diventano estremi a causa della cattiva condotta di un paese o di più paesi, la questione del ritiro [dall’euro] non può più essere un tabù“, ha dichiarato l’economista.
Seguendo il ragionamento di Issing, le autorità europee dovrebbero prendere in condizione l’ipotesi di estromettere dall’euro (o quantomeno sollevare tale minaccia) per tutti i Paesi che intendano beneficiare della moneta unica senza preoccuparsi dell’equilibrio della politica economica.
ATTACCO A UN PULLMAN TURISTICO IN EGITTO
UN'ESPLOSIONE HA COLPITO UN BUS CHE PASSAVA VICINO ALLE PIRAMIDI DI GIZA: CI SONO ALMENO 2 MORTI E 10 FERITI
Un pullman turistico è stato coinvolto in un’esplosione a Giza, nei pressi delle Piramidi. Lo riferisce Al Arabiya. Ci sarebbero almeno due morti. Alcuni funzionari della sicurezza egiziani affermano che una bomba sul ciglio della strada ha colpito un autobus turistico in un’area vicino alle piramidi di Giza, uccidendo almeno due persone e ferendone altre 10. I funzionari hanno detto che l’autobus stava viaggiando nella zona di Marioutiyah. Fonte: qui
EGITTO ATTACCO BUS TURISTICO
Numeri che fanno bene anche all' Italia da vari punti di vista: soprattutto in termini economici. E sì perché a portare ricchezza al nostro Paese non sono solo i flussi in entrata, ma anche quelli in uscita. A beneficiare sono anche gli operatori economici italiani, dalle compagnie aeree che trasportano i viaggiatori da e per l' Egitto alle società italiane proprietarie di alberghi e villaggi turistici sul Mar Rosso.
COLPIRE IL TURISMO PER METTERE IN GINOCCHIO L’ECONOMIA DEI PAESI NEI QUALI SI VUOLE GUADAGNARE TERRENO: SECONDO FONTI DI SICUREZZA È QUESTA LA STRATEGIA PIANIFICATA A TAVOLINO DA CHI COMPIE ATTACCHI COME QUELLO CONTRO IL BUS DI TURISTI VIETNAMITI IN EGITTO
IL BILANCIO È DI 4 MORTI E 11 FERITI. LA POLIZIA EGIZIANA FA SAPERE DI AVER UCCISO 40 PRESUNTI “TERRORISTI”…
Elena Panarella per "Il Messaggero"
Colpire il turismo per mettere in ginocchio l' economia dei Paesi nei quali si vuole guadagnare terreno. Sarebbe questa, secondo fonti di sicurezza, una delle strategie pianificate a tavolino da chi compie attacchi come quello di ieri pomeriggio contro un bus di turisti vietnamiti nei pressi delle Piramidi, a Giza (Cairo).
Una bomba piazzata accanto a un muro lungo un percorso alternativo rispetto al solito percorso dai pullman turistici, ha ucciso quattro persone e ne ha ferite dieci. «Da una prima ricostruzione si potrebbe trattare di un cane sciolto e non di un gruppo, altrimenti i danni sarebbero stati maggiori - spiega lo scrittore ed analista politico, Ali Maklad - le aree sono super controllate e i gruppi di turisti in visita nelle zone archeologiche o di maggiore interesse sono solitamente scortati dalla polizia. Il Paese è sicuro ma una scheggia impazzita resta tale ed è fuori controllo».
Eppure secondo l' Organizzazione mondiale del turismo, l' Egitto è il primo Paese nel mondo per la crescita costante di turisti. Lo scorso anno otto milioni di persone hanno visitato il Paese dei Faraoni e nel 2018 sono arrivati a circa 10 milioni. L'Italia è al quarto posto per il numero di arrivi, dopo Germania, Ucraina e Regno Unito: con un incremento del 94% di turisti nel 2017 e una crescita del 50% nei primi sei mesi di quest' anno.
Numeri che fanno bene anche all' Italia da vari punti di vista: soprattutto in termini economici. E sì perché a portare ricchezza al nostro Paese non sono solo i flussi in entrata, ma anche quelli in uscita. A beneficiare sono anche gli operatori economici italiani, dalle compagnie aeree che trasportano i viaggiatori da e per l' Egitto alle società italiane proprietarie di alberghi e villaggi turistici sul Mar Rosso.
Il direttore dell' Ente del turismo egiziano, Emad Fathy, ha presentato alla fine ottobre le novità negli itinerari vacanzieri del Paese al TTG Travel Experience, il salone del turismo promosso a Rimini.
«Dopo la visita di Papa Francesco abbiamo dato una spinta ad altri itinerari religiosi, soprattutto la Fuga della Sacra Famiglia in Egitto».
I TOUR OPERATOR Diversificare è la parola d' ordine lanciata dai tour operator di entrambi i Paesi. «L' Egitto non è solo Mar Rosso, anche se è tornato molto forte. Abbiamo anche percorsi culturali lungo il Nilo, verso il Cairo, Luxor, Assuan e le crociere.
Ma la novità di quest' anno sarà la Costa Mediterranea: è tornata la domanda per Marsa Alam e Alessandria d' Egitto». E se da una parte i numeri parlano di crescita a 360 gradi dall' altra l' Egitto deve fare i conti con organizzazioni estremiste attive nel Sinai, dove attentati ed attacchi sono frequenti.
Dopo che venerdì pomeriggio quattro persone sono morte nell’esplosione di una bomba che ha travolto un bus turistico sulla strada vicino a Giza,nell’area e nel Sinai. Le autorità hanno condotto vari raid nel governatorato di Giza, dove si trovano le piramidi e dove si è verificato l’attacco di venerdì, il primo contro turisti dal 2017 e non rivendicato.
I presunti terroristi uccisi nell’area sono stati 30. Altre operazioni sono state eseguite nel governatorato del Sinai del Nord, dove i sospettati uccisi sono stati 10.
Il ministero dell’Interno ha fatto sapere che le autorità hanno ricevuto informazioni secondo cui i presunti terroristi avrebbero preparato una serie di attacchi contro istituzioni statali, luoghi turistici e chiese cristiane. “La sicurezza nazionale ha ricevuto informazioni su un gruppo di terroristi che stava pianificando una serie di violenti attacchi a istituzioni statali, in particolare a quelle economiche, così come a strutture di turismo, forze armate, polizia, luoghi di fede cristiana”, ha dichiarato il ministero.
Una fonte ha affermato che i raid sono avvenuti sabato mattina presto, poche ore dopo l’esplosione dell’ordigno vicino alle piramidi. La bomba contro il pullman ha ucciso tre turisti vietnamiti e la loro guida egiziana, mentre altri 11 turisti del Vietnam e il conducente egiziano sono rimasti feriti.
Saigon Tourist, la compagnia che ha organizzato il viaggio, ha dichiarato che il gruppo era “diretto a un ristorante per la cena”, quando la bomba è esplosa. L’impresa ha anche organizzato il viaggio di alcuni parenti delle vittime in Egitto. L’attentato potrebbe costituire un duro colpo per l’industria del turismo egiziana che si stava riprendendo dopo la pesante crisi seguita alle rivolte del 2011e la destituzione di Hosni Mubarak.
Il Paese ha tentato di attirare di nuovo i turisti, riportandoli a scoprire luoghi d’importanza archeologica e rafforzando la sicurezza attorno alle principali destinazioni e negli aeroporti. In programma c’è anche l’apertura di un grande museo vicino alle piramidi di Giza, l’unica delle sette meraviglie del mondo antico ancora esistenti.
I precedenti – Nel luglio 2017, due turisti tedeschi furono accoltellati a morte da presunti jihadisti a Hurgada, sul Mar Rosso, mentre nell’ottobre 2015 una bomba rivendicata dallo Stato islamico uccise 224 persone a bordo di un volo commerciale che riportava a casa turisti russi dal Sinai. Gli 8,2 milioni di persone che hanno visitato l’Egitto nel 2017 sono ancora ben lontani dai 14,7 milioni del 2010 pre-rivolte.
Intanto, il Cairo lotta contro l’insorgenza islamica nel Sinai del Nord, che ha avuto un picco dopo la destituzione nel 2013 del successore di Mubarak, l’islamista Mohammed Morsi. Jihadisti legati all’Isis hanno rivendicato la responsabilità di precedenti attacchi, fra cui quelli alla minoranza cristiana copta che costituisce il 10% della popolazione.
Fonte: qui
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