LA SEPARAZIONE DOLOROSA DAL COMPAGNO E GLI ULTIMI, DURISSIMI 3 MESI DI VITA…
Marco Bonarrigo per il Corriere della Sera
Raccontava di essersi avvicinata alla bici a dieci anni soltanto per far breccia nel cuore di un ragazzino molto più grande di lei che gareggiava nelle corse della sua zona. L' obbiettivo fallì ma Ilaria Rinaldi, fiorentina, classe 1985, s' innamorò perdutamente del ciclismo. Un amore assoluto, passato attraverso tante vittorie giovanili, un titolo tricolore nel cross, l' ebrezza del professionismo, il doping.
E conclusosi tragicamente la mattina di Pasquetta: come Marco Pantani, Ilaria Rinaldi è morta sola, nel suo appartamento di Gambassi Terme alle porte di Firenze. L' ha trovata il padre Domenico, che l' aspettava per una gita in campagna e alle cui telefonate la figlia non rispondeva.
Ilaria era riversa sul pavimento, deceduta da ore. Le circostanze della morte e la presenza di siringhe usate e di un laccio emostatico, compatibili con l' utilizzo di sostanze stupefacenti, hanno indotto il pubblico ministero fiorentino Paolo Barlucchi a chiedere autopsia ed esami tossicologici sul cadavere, che verranno eseguiti nei prossimi giorni all' ospedale di Careggi. Nessuna ipotesi, dal malore al suicidio per overdose ad un legame con fatti di doping, viene esclusa dagli inquirenti.
A 33 anni appena compiuti la Rinaldi era ancora un' agonista attiva sia su strada che nella mountain bike. Soltanto nello scorso mese di marzo aveva corso (e vinto) cinque gare, l' ultima pochi giorni prima di morire, a Gavorrano, vicino Grosseto.
Campionessa italiana di cross nel 2005, più volte titolare in nazionale under 23, Ilaria Rinaldi, minuta e combattiva, a 20 anni sembrava avviata a un futuro nel professionismo. Ma il sogno durò pochissimo: nel 2007, in un controllo effettuato dopo una corsa minore in Germania, venne trovata con valori di testosterone completamente fuori norma. Ingaggiò fior di consulenti per essere difesa, si giustificò tirando in ballo una malattia ma non convinse i giudici sportivi.
Scontata la squalifica di due anni, la Rinaldi resistette un paio di stagioni nel professionismo («Che futuro ci può essere guadagnando 400 euro al mese per fare una vita da zingara?» raccontò in un' intervista a un sito web) prima di fare il salto nell' universo parallelo e controverso delle gran fondo.
Maratone ciclistiche di lunghissima distanza, all' epoca affollate di ex professionisti disoccupati, dove sbarcava il lunario con rimborsi spese, piccoli ingaggi e premi di giornata.
In tre anni Ilaria vinse la maggior parte delle corse italiane, alternando allenamenti duri a un lavoro part time in un' azienda grafica. Anche nel settore amatoriale, però, i guai non le mancarono. Il più imbarazzante fu una squalifica federale di tre mesi per aver gareggiato (e vinto) assumendo una falsa identità, quella della moglie di un compagno d' allenamento, poi squalificato per doping, e truccando l' età a un campionato mondiale master in Austria. I giudici furono clementi, fermandola solo per tre mesi: era stata mal consigliata.
Negli ultimi anni Ilaria, uscita anche dal mondo fondistico, frequentava soprattutto la mountain bike, gareggiando in maniera frenetica in Toscana e vincendo tutte le corse cui partecipava. Pochi mesi fa si era tesserata con il Team Stefan di Stefano Del Carlo, cicloamatore reduce da una squalifica biennale per doping e coinvolto nella recente inchiesta della Procura di Lucca sul decesso del giovanissimo Linas Rumsas, l' altro caso di «morte bianca» che ha recentemente sconvolto il ciclismo toscano. Fino allo scorso Natale la Rinaldi conviveva con l' ex professionista Ivan Fanelli, con cui gestiva un negozio di bici a Pontedera.
Chi la conosceva parla di una separazione dolorosa dal compagno e dal lavoro, di una delusione sentimentale che ha reso durissimi gli ultimi tre mesi di vita, in cui Ilaria si è cancellata da Facebook, isolata dal mondo cercando nella bicicletta l' unica via di fuga dalla disperazione. Una fuga che purtroppo non le è riuscita.
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