9 dicembre forconi: 09/14/16

mercoledì 14 settembre 2016

Il Pentagono non sa dove sono finiti $6.5 trilioni di dollari

Continua a rimbalzare sul web una storia che ha dell’incredibile. 

Una faccenda tutta americana venuta alla luce a fine luglio ma ignorata dai grandi media, sebbene appaia così enorme da far impallidire i nostri scandaletti domestici. 

E neppure nuova, scopriremo. 
  
A rilanciarla con enfasi è William Engdhal su NEO , blog serio e autore altrettanto attendibile sia pure radical.  Che la prende come spunto per dissertare sulla decadenza degli Stati Uniti, anzi, dell’impero americano, paragonato a quello dell’antica Roma nel quarto secolo DC. Ma qui interessa la vicenda in sé, pur sintomo del malfunzionamento di un sistema economico e politico che riguarda anche noi, periferia estrema di quell’impero. 
  
Il nocciolo della questione è presto detto, ben riassunto nel titolo di un post di wakingtimesmedia. com del 4 settembre scorso : “Un audit rivela che il Pentagono non sa dove siano andati a finire $6,5 trilioni di dollari”.  Letteralmente.  

E $6.5 trilioni non sono esattamente bruscolini, si tratta di $6500 miliardi . 

Circa il 40% del PIL degli USA, osserva a sua volta Engdhal. “Disperso in azione”.   Denari dei cittadini di cui mancano i rendiconti.  
  
L’incredulità scema davanti al testo originale dell’audit report– piatto e preciso, datato 26 luglio 2016, e ai precedent: l’inchiesta di Reuters del 2013 di cui dà conto thefiscaltimes.com, il cui post del 27 luglio è il primo a dare la notizia con rilievo; un servizio CBS Evening News del gennaio 2002, che cita l’allora segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, che ammette buchi neri da $2.5 trilioni. Ma lo  fa il 10 settembre 2001,  vigilia dell’11/9. Ripreso daBusiness Insider nel 2010 . I precedenti insomma non mancano.
Viene in mente un’altra esplosiva inchiesta del 2010  di Dana Priest (premio Pulitzer )   e William Arkin, giornalisti   investigativi del Washington Post, lanciata da molti siti e magazines, da Huffington Post a Democracy now, a New Republic (che peraltro la critica), ecc: Top Secret America, sul mondo iper-segreto dell’intelligence e dintorni creato dal governo americano dopo l’11/9 , diventato così segreto che nessuno sa esattamente quanto costa e quanta gente coinvolge.  
Ma andiamo con ordine.   
  
Il report dell’Ispettore Generale della Difesa. Il Defense Finance and Accounting Service (DFAS), agenzia basata a Indianapolis, svolge i servizi finanziari e di contabilità per i membri civili e militari del Pentagono ed è responsabile dei pagamenti di tutto il personale militare e non del Dipartimento della Difesa, dei pensionati e dei beneficiari di rendita, dei contractors e dei venditori del Pentagono. L’agenzia ha in carico anche le iniziative elettroniche del governo, compreso l’Ufficio Esecutivo del Presidente, il Dipartimento dell’Energia e il Dipartimento degli affari dei Veterani.  
  
Ebbene, “il report dell’Ispettore Generale del Dipartimento della Difesa rilasciato il 26 luglio scorso ha reso noto che il Defense Finance and Accounting Service- DFAS  non ha potuto fornire una documentazione adeguata per ‘$6.5 trilioni di ‘aggiustamenti’  di fine anno al fondo generale per le transazioni e  i dati  dell’Esercito. 

Il post di Engdhal  cita brani del report.    

L’Ufficio dell’Assistente segretario all’Esercito e il DFAS non hanno supportato adeguatamente $2.8 trilioni negli aggiustamenti del ‘journal Voucher’ del terzo trimestre 2015 e $6.5 trilioni in quelli di fine anno fatti durante l’anno fiscale 2015 . Ciò perché l’Ufficio dell’Assistente Segretario all’Esercito e il DFAS non hanno corretto le carenze del sistema…  
("Journal vouchers, spiega Engdhal, forniscono i numeri seriali, le date delle transazioni, l’ammontare delle spese - non molto complicato").  

Nel nuovo report dell’Ispettore Generale nulla indica che qualcuno abbia smarrito o si sia eclissato con grandi somme di denaro, osserva thefiscaltimes com. E però, scrive, le affermazioni che l’Ispettore Generale aggiunge quanto meno aprono un ulteriore mistero. Riferisce infatti l’IG:  
“Inoltre il DFAS di Indianapolis non ha documentato o spiegato perché il sistema che si occupa del budget del Dipartimento della Difesa (Defense Departmental Reporting System-Budgetary -DDRS, a budgetary reporting system) ha rimosso almeno 16.513 su 1.3 milioni di record durante il terzo trimestre del 2015i dati usati per preparare i resoconti finanziari del terzo trimestre e quelli di fine anno sono inaffidabili e mancano di un adeguato tracciamento (audit trail )” .  
Enghdal non ha dubbi che tali parole espongano  “la corruzione rampante al cuore del più grande Leviatano militare del mondo, il Pentagono”.  
  
Tradotto – spiega - significa che l’Esercito – che è solo una parte delle Forze Armate Usa – ha distrutto i documenti contabili, non ha provveduto un audit trail per rendicontare i fondi allocati dal Congresso e ha fatto aggiustamenti di fine anno apparentemente arbitrari  e non verificabili per un valore di $6.5 trilioni” [ un valore complessivo, non riferibile solo al 2015, par di capire].  
“In altre parole, non solo hanno falsificato i libri, se li sono fritti, per trilioni, trilioni trilioni”. 
  
FED e Pentagono da sempre senza controlli e rendiconti. 

E’ interessante osservare – aggiunge Engdahl - che esistono due grandissime istituzioni con legami governativi o agenzie governative che non hanno mai sottostato a un audit indipendente. Una è la Federal Reserve [la banca centrale americana], istituto che ha proprietari privati ma è legato al Governo e si suppone sia monitorato dal Congresso . La seconda è il Pentagono.  
[A richiedere un audit della Fed è stato più volte Ron Paul, l’anziano politico libertario Repubblicano membro del Congresso. Senza esito, ndr.] 
  
Il Dipartimento della Difesa negli anni è stato ben noto per le sue pratiche contabili lasche . Il Pentagono non ha mai subito un audit su come spende i trilioni di dollari per guerre, equipaggiamenti, personale, alloggi, cure mediche e approvvigionamenti vari – scrive a sua volta thefiscaltimes.com.  
E aggiunge che “un impaziente Congresso ha chiesto che l’Esercito si metta in grado di essere pronto a un audit da tenere per la prima volta il 30 Settembre 2017, cosicché i legislatori possano meglio maneggiare la spesa militare. Ma i ‘guardiani’ del Pentagono ritengono che sia una missione impossibile, e per buone ragioni”.  E’ la premessa del post, a seguire il racconto del report
  
Gli allarmi del passato: l’inchiesta Reuters del 2013.  
 La seconda parte dell’inchiesta, pubblicata da thefiscaltimes in un post precedente (Come il Pentagono falsifica i libri contabili per nascondere gli sprechi), comincia citando due testimoni-talpe ormai pensionati. “Linda W., 15 anni all’ufficio del DFAS di Cleveland preparava i report mensili che dovevano far combaciare i libri contabili della Marina con i dati del Tesoro.  Ogni mese gli stessi problemi: numeri mancanti, numeri sbagliati, numeri senza spiegazione su dove il denaro era stato speso. Numeri molto spesso inaccurati, senza dettagli.  “

I dati arrivavano due giorni prima della chiusura dei conti . All’ultimo momento erano gli stessi superiori a ordinare di inserire cifre false, che chiamavano plugs, per far combaciare i totali con quelli del Tesoro.  Secondo Jeff Y., 17 anni nello stesso ufficio di Cleveland, ai supervisori veniva chiesto di approvare ogni plug, migliaia ogni mese…  
  
“Agli uffici del DFAS che tengono la contabilità per Esercito, Marina, Aeronautica e altre agenzie della difesa, falsificare i conti con dati fasulli è una procedura operativa standard, ha trovato Reuters. E il ‘ plugging’ non è confinato nel DFAS. Ex funzionari del servizio militare riferiscono che è prassi comune che le trascrizioni a livello operativo nei vari servizi vengano effettuate con numeri creati apposta per coprire le informazioni mancanti”.  
  
“…Il Pentagono ha sistematicamente ignorato gli allarmi sulle sue pratiche contabili. 

“Gli aggiustamenti … possono mascherare problemi più grandi “, ha fatto presente il Government Accountability Office, braccio investigativo del Congresso, nel suo rapporto del 2011.   Ignorato, a quanto pare. 
  
I plugs sono anche il sintomo di un problema  maggiore: la cronica incapacità del Pentagono di tenere traccia del suo denaro: quanto ne ha, quanto paga, quanto viene sprecato o rubato”. 

“ Gli errori sono soltanto una piccola parte delle somme che annualmente spariscono nella vasta burocrazia che maneggia più della metà di tutte gli esborsi approvati dal Congresso . Il budget del Dipartimento della Difesa 2012 è stato di $565.8 miliardi, superiore ai budget della Difesa dei 10 paesi che spendono di più, compresi Cina e Russia.  
  
“Il Pentagono non è neppure capace di tenere sotto controllo i suoi grandi magazzini di armi, munizioni, e altre forniture… ha accumulato arretrati per più di mezzo trilione di dollari in contratti mai verificati con venditori esterni …”. ( Il Pentagono non ha idea di cosa facciano 108.000 contractors, è il titolo di un altro post)
Non è capace, non vuole o entrambe le cose?  
  
‘Un amalgama di feudi’.  Reuters osserva come il Pentagono sia la sola agenzia federale a non aver ottemperato alla legge che prescrive audit annuali “Ciò significa che degli $8.5 trilioni di denaro pubblico elargiti dal Congresso dal 1996 –  il primo anno in cui si suppone che vi sia stata una verifica – non è mai stata data alcuna spiegazione”.  
  
“Nel 2009 il Congresso passò una legge che chiede al Dipartimento della Difesa di essere pronto a un audit entro il 2017. Il Segretario alla Difesa Leon Panetta nel 2011 ha ordinato di predisporre i libri contabili principali entro il 2014.  
Una scadenza che molto probabilmente non verrà rispettata”, scrivevaReuters nel 2013
E qui scopriamo l’aspetto forse più sorprendente, in una America che immaginiamo efficiente e tecnologicamente  avanzata – tanto più in un settore come quello della Difesa, e in una struttura,  il Pentagono,  che dovrebbe essere   la punta di diamante del sistema. La realtà è l’opposto.  

La ragione principale [del mancato rispetto della scadenza del 2017, che Reuters già prevedeva] è che il Pentagono continua ad affidarsi a un groviglio di migliaia di sistemi contabili e gestionali disparati, obsoleti, e largamente incompatibili fra loro. 

Molti risalgono agli anni ’70 e funzionano con linguaggi informatici sorpassati e vecchi computer mainframes. Questi utilizzano sistemi di file (di archiviazione) antiquati che rendono difficile se non impossibile la ricerca di dati. Molti dei loro dati sono corrotti e sbagliati.  

“Nessuno è d’accordo su quanti di questi sistemi di contabilità e gestione siano in uso . Lo stesso Pentagono avanza la cifra di 2200, sparsi attraverso i servizi militari e altre agenzie della Difesa.   C’è chi avanza addirittura il numero di 5000.  
Ci sono migliaia e migliaia di sistemi. Non sono sicuro che qualcuno sappia quanti ce ne siano’ ha detto una volta in un’intervista il vice Segretario alla Difesa Gordon England”.   
  
Il Segretario alla Difesa Robert Gates in un discorso nel 2011 ha descritto il modo di operare del Pentagono come un amalgama di feudi senza un meccanismo centralizzato in grado di allocare le risorse, tracciare le spese e, soprattutto, misurare i risultati.  Una metafora che probabilmente spiega anche il perché ogni tentativo di razionalizzare le cose sia negli anni miseramente fallito. Come l’inchiesta di Reuters racconta più avanti.  
  
Il Pentagono – riassumiamo - ha infatti speso decine di miliardi di dollari per migliorare il sistema con nuove e più efficienti tecnologie così da renderlo pronto per i necessari auditMa molti di questi nuovi sistemi hanno fallito, aggiungendo altri sprechi a quelli che si proponevano di fermare. Seguono esempi vari di insuccessi, ma ci fermiamo qui.  
  
Il tutto avviene nell’apparente indifferenza dei media, e dello stesso Parlamento Usa. Dove non è forse un caso - aggiungiamo noi - che i due Committee on Armed Services  del Senato e del Congresso, che dovrebbero vigilare, siano da sempre presieduti da due repubblicani ultraconservatori e soprattutto falchi: il neocon John McCain (Senato), in prima fila in tutti i recenti regime change, e il texano William Mac Thornberry, a suo tempo firmatario del Contratto con l’America di Newt Gingrich. En passant, del Committee del Senato dal 2003 al 2009 ha fatto parte anche la senatrice Hillary Clinton, molto attiva, anche nello stringere legami con alti ufficiali, nonché nel ricevere donazioni dai militari ( vedi qui Underblog ).  
  
“Il Congresso nei confronti della Difesa è stato molto più indulgente che verso le corporations, le grandi imprese. A queste dopo lo scandalo Enron sono state imposte regole, con penali ai managers che certificano il falso. Mentre i media tendono a focalizzarsi solo su dettagli scandalosi: come le tavolette per WC da $604 per la Marina o le macchine da caffè da $7600 per l’Aeronautica”, scrive ancora Reuters.  
Qualche rara volta però è capitato che il tema lo si sia toccato, con testimonianze d’eccezione.  
  
La scandalosa ammissione di Rumsfeld nel 2001. Nel gennaio 2002 CBS Evening News, trasmette un servizio inconsueto, intitolato Guerra allo Spreco, che riprende  sue news di qualche mese prima.   
  
Il 10 settembre 2001 il Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld [governo di G.W.Bush] ha dichiarato guerra.   Non ai terroristi stranieri, ma a ‘un avversario più vicino a casa. La burocrazia del Pentagono” . Ha detto che il denaro sprecato dai militari rappresenta una grave minaccia. ‘Si può dire che sia una faccenda di vita o di morte’ “– è arrivato ad affermare. 
  
“Rumsfeld ha promesso grandi cambiamenti . Ma il giorno dopo - l’11settembre - il mondo è cambiato e nella foga della guerra al terrorismo quella agli sprechi è stata dimenticata” osserva CBS . E aggiunge: “Giusto la settimana scorsa il presidente Bush ha annunciato un incremento di $48 miliardi al budget della Difesa”.   
Sarà solo l’inizio, per un’amministrazione che con le guerre in Afghanistan e Iraq ha inaugurato una politica bellicista che continua ancora oggi, magari per procura, con varie giustificazioni (o pretesti): l’esportazione della democrazia, la sicurezza nazionale, la lotta al terrorismo, i nemici minacciosi in agguato, in testa Vladimir Putin , che Hillary Clinton è arrivata a paragonare a Hitler. 
  
Più denaro al Pentagono mentre i suoi stessi revisori ammettono che la Difesa non riesce a tenere il conto del 25% di quanto spende? Controbatteva il corrispondente di CBS News.  

Seconde certe stime non possiamo tracciare $2.3 trilioni di transazioni” convenne Rumsfeld.   
  
Vent’anni or sono - aggiunge CBS nel servizio del 2002 - un analista del Dipartimento Difesa, Franklin Spinney espose quelli che chiamò ‘giochi contabili’.  

E’ ancora qui, e ritiene che il problema sia peggiorato. “Questi numeri sono pura fantasia . “ I libri contabili vengono falsificati di routine, anno dopo anno”.  
  
“Sappiamo che i soldi sono andati . Ma non sappiamo per cosa sono stati spesi disse Jim Minnery, una talpa del Servizio Finanza e Contabilità della Difesa. “ Devono nascondere la faccenda”. Da qui parte la corruzione. Devono coprire il fatto che non sono in grado di svolgere il compito”, aggiunse dopo aver raccontato i suoi inutili tentativi di parlarne coi superiori.  
  
((Segno di inefficienze e forse anche di corruzione, è l’F 35, il caccia di 5° generazione della Lockeed Martin che “potrebbe non essere  mai pronto a combattere”, come titola il più recente dei post dedicati all’argomento, di qualche giorno fa. Ed è il giudizio di un tecnico. Malgrado i miliardi che continuano ad essere profusi profusi nel progetto del 2001 Joint Stright Fighter più  dispendioso della storia  del Pentagono, i cui costi continuano a lievitare. Uno smacco per l’America,  il fatto che il nuovo fighter sia sempre nel limbo per ritardi e soprattutto abbia performances non soddisfacenti, mentre Putin ha cominciato la produzione in massa  del suo T-50, il jet di 5a generazione da vendere anche all’estero, raccontava thefiscaltimes l'anno scorso)).  
Chiusa parentesi. Torniamo al tema. 
  
2010. Business Insider cita di nuovo Rumsfeld e punta il dito sulle guerre. Essere il poliziotto del mondo non è soltanto incredibilmente costoso, è strategicamente suicida” scrive quello che allora era un sito di news economiche ‘alternativo, citando la pesante ammissione di Rumsfeld, in testa a un post che presenta 14 ‘fatti’ per dimostrare la tesi che una Difesa che si allarga così tanto nel globo non solo costa enormemente ma finisce per essere inefficiente, mettendo a rischio una risposta adeguata nel caso di una   seria minaccia.   Eccone qualcuno, le spese in primo piano:  
  
Gli Usa hanno più di 700 basi (alcuni dicono più di 1000) in 130 paesi del mondo: con quale giustificazione?  

Il budget 2010 del Pentagono è di $693 miliardi. 
Tuttavia considerando i ‘fuori bilancio ’ e altre spese  nella categoria Difesa il totale arriva a $1.01-1.35 trilioni.  

La spesa militare Usa è maggiore di quella di Cina, Russia, Giappone, India e resto della NATO messe insieme. Equivale al 44% di quella del globo.  

Il Pentagono divora il 56% di tutta la spesa discrezionale del governo federale. 
Le guerre in Iraq e Afghanistan costano più di $150 miliardi l’anno; $3.644 per ogni americano, uomo, donna o bambino.  
  
Finora (fino al 2010) si stima che gli Usa abbiano speso per la guerra in Afghanistan $373 miliardi, per l’Iraq $745 miliardi.   
  
Cifre sottostimate se a fine 2014 il Financial Times stimerà in $1 trilione il costo dell’Afghanistan, la guerra più lunga mai combattuta, e in $2 trilioni quella in Iraq. Secondo un rapporto del 2015 del Center of Strategic and International Studies il prezzo finale delle due guerre potrebbe raggiungere i $6 trilioni, “il 50% di più di quanto l’intero governo federale spende in un anno”.  
  
Tenere conti precisi di tali entità non deve essere certo semplice. E infatti i costi lievitano. 
  
Dall’11/9 le spese per la Difesa sono passate da $316 miliardi nel 2001 a $691 miliardi, per scendere dopo il sequester del 2013, fino a $583 nella proposta di Obama per il 2017, contestata da McCain e altri falchi . Cifre che includono le Overseas Contingency Operation (OCO), un capitolo a sé   stante che affianca il Basic Budget, solo apparentemente stabile.  
  
Fatto sta che il debito pubblico americano, tra le nuove guerre e i salvataggi delle megabanche   post 2008 sta andando alle stelle, raddoppiando ogni decennio : $3.2 trilioni nel 1990, $5.6 nel 2000, $13.5 nel 2010, toccherà  i $20 trilioni nel 2016 e rappresenterà il 120% del PIL Usa nei prossimi anni. Nel 2013 il Congresso è costretto a varare una legge che consente lo sforamento del tetto previsto dalle norme vigenti, pur imponendo limiti alle spese federali – il cosiddetto sequester che tocca anche la Difesa. I media si affannano a tranquillizzare i lettori: vedi Time nel dibattito sul Budget 2017. 
2010. Top Secret America. Non solo Pentagono. 
Accanto all’opaco universo del Pentagono dall’11/9 insieme al nuovo Homeland Security Department ne è cresciuto un altro, che inghiotte altre centinaia di miliardi ed ancora meno trasparente, oggetto dell’inchiesta del Washington Post. Che inizia con queste parole:  
  
"Il mondo top secret creato dal governo in risposta all'attacco terroristico dell'11 settembre 2001 è diventato così grande, così poco maneggevole e così riservato che nessuno sa quanto denaro costa, quanta gente impiega e quanti programmi esistano al suo interno o esattamente quante agenzie fanno lo stesso lavoro"... Sono 1200 gli organismi governativi e circa 2000 le società private che lavorano su programmi di controterrorismo, sicurezza nazionale e intelligence. Una superstruttura capillare, che copre 10.000 località degli Stati Uniti in edifici quasi sempre mimetizzati, ma il cui cuore è nel distretto di Washington, dove dal 2001 sono stati costruiti 33 complessi per 17 milioni di mq, una superficie tre volte quella del già enorme Pentagono. Con una profusione di tecnologie da far impallidire James Bond. Questo mondo parallelo è protetto da una straordinaria segretezza. "E' una comunità chiusa" ( dal post di Underblog, 2010, a cui rimandiamo, qui l'originale, qui un  documentario PBSqui intervista ad Arkinqui il libro).  
  
Conclusione di Engdahl. “La rivelazione di un buco nero del Pentagono da $6.5 trilioni non è che un sintomo.  

Una nazione che spende in guerre ovunque nel mondo ignorando il decadimento delle sue infrastrutture nazionali, per sistemare le quali si stima siano necessari $3.6 trilioni, la metà di quanto l’Esercito non riesce a rendicontare, è destinata al collasso. 

A meno che gli americani non siano disgustati dalla Sodoma e Gomorra che è oggi Washington e comincino ad agire al di fuori dallo schema ( ouside the matrix, più suggestivo).  
Già. Per Engdahl la corsa alla Presidenza fra la democratica Hillary Clinton e il repubblicano Donald Trump è a sua volta un sintomo. Ma non aggiunge altro. Vediamo.
  
I candidati alla Presidenza e la Difesa . Entrambi per quanto riguarda la Difesa sono stati in un primo tempo vaghi, e apparentemente critici. Hillary, da sempre falco pro guerre da essere soprannominata Killary dai suoi critici, proponeva di istituire per prima cosa una commissione di saggi  ( blue ribbon commission) per rivedere la politica e i livelli di spesa della Difesa.  Un’iniziativa che  ammiccava ai liberal, di cui però non c’è più traccia nel suo programma ufficiale. Dove propone di sottrarre il Budget della Difesa ai limiti del sequester. Non diversamente da Trump.  
  
Il candidato Rep va oltre. Inizialmente concentrato sui problemi interni, critico su spese statali inutili e costi militari eccessivi all’estero, proprio in questi primi giorni di settembre 2016 Trump ha rilanciato pesantemente in tutt’altra direzione. Abbracciando i piani dell’ Heritage Foundation, uno dei pensatori neocon, adesso vuole 50.000 soldati in più per l’Esercito, più di 70 nuove navi da guerra, 13 nuovi battaglioni per la Marina e circa 100 aerei per l’Aeronautica, proponendo un massiccio incremento della spesa a suo dire necessaria per essere meglio preparati per altre minacce globali. E però vuol far pagare di più a Germania, Giappone e Arabia Saudita per le basi Usa sul loro territorio (l’Italia non è citata).  
Sarà per questo che gli Usa vedono con favore i piani per una Difesa Europea?  
  
L’allarme di Eisenhower, 1961Non può non tornare alla mente l’allarme sui rischi del dilatarsi e rafforzarsi dell’“complesso militar-industriale” (sic) lanciato dal presidente Eisenhower, già comandante delle Forze Alleate nella II Guerra Mondiale, nel lontano 1961,  nel suo commiato alla nazione ( e qui).   
  
“Nell’amministrazione del governo dobbiamo guardarci dal dare per scontata un’influenza ingiustificata, cercata o non richiesta, da parte del complesso militar-industriale”…”La nostra organizzazione militare oggi ha poco a che vedere da quella che hanno conosciuto i miei predecessori in tempo di pace, o anche durante la II Guerra Mondiale e la Corea”…La congiunzione di un immenso establishment militare e di una grande industria bellica è nuova per l’America. La sua influenza totale – economica, politica, persino spirituale – è avvertita in ogni città, in ogni Stato, in ogni ufficio del governo federale”…”Eisenhower invitava i cittadini a non lasciare che questa combinazione metta a rischio la libertà e i processi democratici” .  
La guerra in Vietnam era appena iniziata. 
  
Parole gravi e in qualche modo profetiche alla luce della forza acquistata da quello Stato profondo che da allora si è dilatato intrecciandosi col mondo della finanza. Tanto che si parla ormai di complesso militar-industriale-finanziario.  

Pil: Padoan, previsioni saranno riviste al ribasso

E' quanto anticipato dal ministro dell'Economia, intervenendo all'Euromoney Conference

(Ansa) "L'economia italiana sta crescendo non così velocemente come vorremmo. Le previsioni di crescita saranno riviste al ribasso anche nei dati che il Governo rilascerà ad ottobre". Così ha anticipato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, intervenendo all'Euromoney Conference.


Il settore delle banche "si sta muovendo nella giusta direzione e la mia idea è che i numeri sugli Npl in Italia sono esagerati". Padoan sottolinea come gli Npl siano "concentrati in un certo numero di banche". Padoan rileva inoltre nel suo intervento all'Euromoney Conference che "ci vuole un po' di tempo per tornare alla normalità, non lo dico io, lo dice anche la Bce".

"La riforma del Senato renderà più celere e efficace il processo legislativo oltre a ridurre i costi della politica. Votare sì, non solo riduce i costi ma semplifica la macchina pubblica", sottolinea il ministro dell'economia.

"Le tasse continueranno ad essere abbassate. Stiamo guardando ad altre voci di spesa su cui intervenire", lo sostiene Padoan spiegando che "dovremo fare in modo credibile".

L'UNIONE EUROPEA? E' UN'INVENZIONE DELLA CIA!

LO RIVELANO GLI ATTI DESECRETATI DEL "NATIONAL ARCHIVES USA" 

DA SCHUMAN A MONNET: ERANO TUTTI FINANZIATI CON I DOLLARI DI WASHINGTON

I documenti dei National Archives Usa, desecretati negli ultimi anni, dimostrano che furono il segretario di Stato diEisenhowerJohn Foster Dulles, e la Cia (Central Intelligence Agency), all’epoca diretta da suo fratello Allen, a “creare” l’Europa e a spingere la Gran Bretagna a farsi carico del disegno europeo, per giocare un ruolo antisovietico negli anni Cinquanta e Sessanta, cruciali per la Guerra Fredda.

I carteggi sono entrati nel dibattito inglese dalla primavera scorsa e hanno favorito la campagna pro-Brexit, con interventi pubblici sui quotidiani di alcuni professori di storia delle Università di Warwick, Oxford ed Lse, favorevoli alla Brexit. Uno di loro, Alan Sked, docente di Storia internazionale presso la London School of Economics, è stato il fondatore di Ukip (Partito per l’indipendenza del Regno Unito), sposando una posizione che si può giudicare in parte antiamericana.
Da un punto di vista complessivo, i documenti dimostrano che si è chiuso un periodo storico e che la Brexit porterà a ridisegnare, e probabilmente a rafforzare, il rapporto privilegiato tra Usa e Regno Unito.

Tornando ai documenti dei National Archives (consultabili a questi due indirizzi web qui e qui), questi provano i finanziamenti al Centro studi del francese Jean Monnet, che giocò un ruolo fondamentale per far entrare nella Cee la Gran Bretagna, oltre a essere, insieme al connazionale Robert Schumann, uno dei padri fondatori dell’Europa e delle istituzioni comunitarie.

In pratica, gli atti declassificati degli Archivi Nazionali dimostrano che i servizi segreti americani organizzarono una campagna, negli anni Cinquanta e Sessanta, per porre le basi di un’Europa unita, e fondarono e diressero il Movimento federalista europeo.


Un memorandum del 26 luglio 1950 (firmato dal generale Donovan, capo dell’Oss, precursore della Cia) dava istruzioni per mettere in atto una campagna per promuovere la creazione del Parlamento europeo. 

Il principale strumento di influenza americana fu il Comitato americano per l’Europa unita che finanziò il Movimento europeo, l’organizzazione federalista più importante negli anni del Dopoguerra. Nel 1958, per esempio, fornì il 53.5 per cento dei fondi del Movimento.
I leader del Movimento europeo – il polacco cattolico Józef Retinger, Schumann e l’ex primo ministro Paul-Henri Spaak – erano tutti finanziati dagli sponsor istituzionali americani.
Anche il Dipartimento di Stato giocò un ruolo diretto. Un memo della sezione Europea, datato 11 giugno 1965, consigliò il vicepresidente della Comunità europea, Robert Marjolin, di perseguire l’Unione monetaria.

E così via, fino agli anni più recenti.
Oggi la Storia si muove in una direzione diversa.
Fonte: qui

Deutsche Bank: ci attendono 35 anni di contrazione economica

Gli analisti di Deutsche Bank prevedono un nuovo super-ciclo economico mondiale caratterizzato da crescita bassa, debito alto e inflazione.

Le azioni europee stanno calando e quelle dei mercati emergenti hanno registrato domenica la loro peggiore seduta dal voto sul Brexit nel Regno Unito. Anche i titoli di stato e i bond stanno andando giù, poiché gli investitori cercano altri posti dove mettere i loro soldi.

E il petrolio viene valutato a soli 46 dollari al barile.

Ma Deutsche Bank ha in serbo altre cattive notizie.

Gli analisti della banca tedesca dicono che siamo all’inizio di un nuovo super-ciclo economico, guidato dai cambiamenti demografici, che sarà caratterizzato da crescita bassa, debito alto e inflazione più alta.

E prendere delle decisioni basandosi su quanto avvenuto nell’ultimo super-ciclo economico è quanto di più sbagliato possano fare ora politici e investitori.

“Probabilmente ci attendono alcuni decenni molto difficili”, hanno scritto Jim Reid, Nick Burns e Sukanto Chanda in un rapporto pubblicato il 9 settembre.

“Stiamo per assistere a un rimodellamento dell’ordine mondiale che ha dettato l’economia, la politica e i prezzi degli asset dagli anni ‘80 a oggi”.

Nel corso degli ultimi 35 anni lo spostamento sempre più libero di persone e lavoro, sommato a un aumento della popolazione in età di lavoro, ha dato origine a un’economia sempre più globalizzata e dalla crescita rapida.

Ma nel futuro non solo alcuni dei paesi più grandi registreranno una crescita della popolazione più lenta, ma ci sarà anche un grande calo nella popolazione in età di lavoro.

Entro il 2050, il numero delle persone in Europa tra i 15 e i 64 anni diminuirà del 18% e i tassi di crescita economica per i prossimi 35 anni saranno più bassi di quello dello stesso periodo antecedente la crisi finanziaria del 2008, stando alle previsioni di Deutsche Bank.

Ci sono ben pochi risvolti pochi positivi, dal momento che solo un numero ristretto di lavoratori dovrebbe contare su salari reali più alti.

Ad ogni modo, ciò porterà anche a un aumento dell’inflazione.

E se i governi e le banche centrali prenderanno misure ancora più drastiche per stimolare la crescita, come per esempio nel caso dell’helicopter money, ovvero un’erogazione diretta di denaro a cittadini e imprese, allora l’inflazione accelererà quasi sicuramente.

Sono notizie particolarmente cattive per gli investitori nei titoli di stato, che dovrebbero aspettarsi dei rendimenti reali negativi nel corso dei prossimi decenni, dice Deutsche Bank.

E anche per molti asset manager, che stanno già avendo a che fare con profitti bassi.

Si tratta di un problema serio pure per i fondi pensione, che tendono a investire molto in obbligazioni e che stanno già affrontando un deficit di grandi dimensioni.

Inoltre possiamo aspettarci meno scambi commerciali a livello internazionale - già stagnanti a dire la verità - e altri sforzi da parte dei governi per controllare il flusso di capitale, hanno scritto gli analisti.

Questo si verificherà perché i politici proveranno a reagire alla rabbia crescente delle persone che hanno perso il loro lavoro o il cui reddito ha perso potere d’acquisto dopo la globalizzazione.

Sebbene l’economia mondiale possa aggiustarsi naturalmente a questi cambiamenti demografici, Deutsche Bank non ritiene che ci sia abbastanza tempo perché ciò accada.

A quanto pare lo status quo non è in grado di resistere a lungo.

La politica monetaria non può essere utilizzata come strumento predominante a esclusione di altre alternative.

La disuguaglianza di certo non può crescere ancora senza delle ripercussioni politiche.

Allo stato attuale la globalizzazione e forse anche la libertà di spostamento tra le nazioni e di migrazione non possono continuare a sussistere senza una risposta adeguata sul piano politico e sociale, conclude il rapporto.

Fonte: insider.pro

“La Ue è Finita”: Dal Der Spiegel A El Pais, La Stampa Europea Non Ha Dubbi…

BERLINO - La sostanza è: la Ue sta per spaccarsi in due: Nord contro Sud. E a scriverlo è niente di meno che il Der Spiegel.

"I capi di governo dei Paesi del Mediterraneo sono spesso stati derisi da Bruxelles con il nomignolo 'Club Med'.

Ora e' diverso - scrive in una lunga analisi il settimanale tedesco Der Spiegel -.

La scorsa settimana Francia, Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, Cipro e Malta hanno tenuto un vertice in Grecia.

Il Presidente francese Hollande ha dichiarato: "Abbiamo bisogno di un programma di crescita che viaggi con la domanda".

Il primo ministro italiano Matteo Renzi ha presentato un piano concreto per un fondo da 50 miliardi di euro: ogni membro della Ue dovrebbe destinare lo 0,5 per cento del Pil al contrasto alla disoccupazione.

Finora tale proposta è sempre stata rifiutata da Berlino e Bruxelles. Atene spera di nuovo in un asse Renzi-Tsipras, mentre Hollande può nuovamente bearsi del ruolo di "senior leader".

"Mentre il Sud d'Europa trova coesione - continua l'articolo -, la Germania ha perso un alleato potente, la Gran Bretagna. Il gruppo dei Paesi mediterranei sostiene che l'Europa deve avere una nuova visione e una nuova politica. "Rappresentiamo piu' della meta' dell'Ue ", ha detto il premier italiano Renzi ad Atene. "Siamo al centro della crisi dei rifugiati, di quella della sicurezza e della crisi economica", gli ha fatto eco Tsipras. Il Nord Europa, nel frattempo, tentenna. Il leader del gruppo parlamentare del gruppo Ppe al Parlamento europeo, il tedesco Manfred Weber, ha lanciato accuse nei confronti di Tsipras, reo a parer suo di provare "nuovamente a giocare ai suoi giochi". Ha inoltre accusato Hollande di "Trattare con i comunisti del Sud". Altrettanto sprezzante e' stato il ministro delle Finanze tedesco Wolfgan Schaeuble, che ha esortato i suoi omologhi del Sud a risparmiare di più". 

E' evidente una frattura orizzontale in Europa: da un lato il variopinto caravanserraglio dei Paesi mediterranei e del Sud con le loro richieste alla Ue di mani libere per la spesa e per i disavanzi di bilancio degli stati, dall'altro - e opposto - lato i Paesi del centro Europa e del Nord, sempre più diversi e lontani dalle logiche levantine che anzi criticano aspramente con questo evidenziando la frattura ogni giorno più insanabile tra visioni e destini diametralmente opposti della Ue. 

A questo quadro descritto dal Der Spiegel si aggiungono come benzina sul fuoco le dure accuse alla Commissione Ue  e al suo capo, il discusso e controverso Juncker.

"Il presidente della Commissione europea, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, presenterà proprio oggi al parlamento Ue la sua relazione annuale sullo stato dell'Unione. La questione centrale sulla quale dovrebbe soffermarsi Juncker - sostiene, sempre oggi, un editoriale del quotidiano spagnolo El Pais -riguarderà rilevanza e capacità dell'Ue di rispondere ai problemi che preoccupano i cittadini europei. Ancora una volta, infatti, la Ue versa in uno stato di fragilita' e disunione estremamente preoccupante. Alle problematiche che si insinuano ormai da tempo sul fronte economico, dove nonostante l'azione della Bce dominano la crescita debole e la disoccupazione persistente, si aggiungono ora lo shock causato a giugno dalla decisione del popolo britannico di lasciare l'Ue, e l'ascesa del nazionalismo in tutta Europa. Due questioni - prosegue El Pais - che rappresentano una minaccia molto grave per l'integrazione europea".

"Questo clima di disgregazione politica - continua l'editoriale dell'autorevole quotidiano spagnolo - e' la logica conseguenza di anni di crisi economica e, soprattutto, della mancanza di risposte efficaci ai bisogni reali della gente. La minaccia jihadista, la deriva autoritaria della Turchia, i naufragi nel Mediterraneo, l'ascesa del nazionalismo anti-immigrati e la mancanza di crescita economica sono problemi legati tra loro da un elemento comune: la mancanza di una leadership e di uno scopo comune della Ue e il dissolvimento di valori quali la lealta' e la solidarietà senza i quali il progetto europeo non puo' sostenersi. La vera sfida per Juncker e per gli alfieri del progetto europeo - popolari, liberali e socialisti - non e' spiegare di quale Europa abbiamo bisogno, ma perche' sembra impossibile raggiungerla. La debolezza dell'Europa di oggi - conclude l'editoriale - non sta nella mancanza di idee, ma nell'incapacita' di attuarle".

E' un altro modo per dire la stessa cosa: l'Unione europea è agli sgoccioli. Sta per finire.

P.S. STATE MOLTO ATTENTI ALLA FREGATURA, OVVERO ALLA CREAZIONE DI UN EURO DI SERIE B.

UN EURO DI SERIE B: 

E' PUR SEMPRE UNA MONETA USURAIA A DEBITO PER DI PIU' SVALUTATA; 

NON E' LA SOVRANITA' MONETARIA.