9 dicembre forconi: 10/18/18

giovedì 18 ottobre 2018

MILANO – A 3 GIORNI DALL’INCENDIO, PSICOSI ARIA TOSSICA



IL COMUNE: “NIENTE PERICOLI, MA CHIUDETE LE FINESTRE” 

DIETRO IL GRAVE EPISODIO, L'OMBRA DEI TRAFFICI ILLECITI DI RIFIUTI 



Cristina Bassi per il Giornale

milano incendioMILANO INCENDIO
Alla terza giornata di fiamme e fumo a Milano l' aria si è fatta pesante. Irrespirabile in alcune zone a causa dell' odore acre e della nube densa che si è materializzata sopra i tetti dopo l' incendio divampato domenica sera in un deposito di rifiuti nella prima periferia a nord della metropoli. Le finestre rimangono il più possibile chiuse, le autorità sanitarie consigliano di non sostare troppo all' aperto. E molti cittadini sono corsi in farmacia per comprare le mascherine per naso e bocca.

Il rogo, molto probabilmente doloso e su cui indaga la Procura, non è ancora completamente spento nonostante il lavoro ininterrotto dei vigili del fuoco.

A bruciare è stato un capannone di via Chiasserini, tra Bovisasca e Quarto Oggiaro, dove però l' azienda Ipb Italia non era autorizzata a stipare rifiuti. Sono andati distrutti 16mila metri cubi di scarti, per lo più plastica, gommapiuma, carta. Il fumo ancora ieri invadeva la città. La colpa è del meteo. Il vento debole di questi giorni non è riuscito a disperdere la nube, però l' ha sparsa su diversi quartieri. Un odore simile a quello di plastica bruciata si sentiva fino in centro. Numerose persone hanno avvertito irritazione agli occhi. Tuttavia l' Arpa, Agenzia regionale per la protezione dell' ambiente, ha ribadito che non è stata rilevata la presenza anomala di sostanze tossiche nell' aria.
milano incendioMILANO INCENDIO

Dietro il grave episodio, l' ombra dei traffici illeciti di rifiuti, su cui ora indaga la Dda. «Milano - dichiara l' assessore comunale all' Ambiente Marco Granelli - non può permettere di essere trattata così da criminali, i responsabili devono pagare fino in fondo e il Comune si batterà fino alla fine. Intanto abbiamo dato una forte accelerata. Vigili del fuoco e Comune hanno potuto iniziare le operazioni di smassamento dei rifiuti: cioè i rifiuti parzialmente bruciati vengono spostati togliendo così l' alimentazione al fuoco. Prima si spegne l' incendio, minori saranno i giorni di esposizione ai fumi. E questo è fondamentale per la salute».

milano incendioMILANO INCENDIO
Ancora: nell' aria «non c' è benzene e non ci sono inquinanti. Sappiamo però che quando brucia la plastica, si produce diossina. Quindi meno tempo di esposizione c' è e meglio è per tutti». Oggi in via Chiasserini si riunirà una task force formata dagli enti in campo. Ci saranno gli assessori regionale e comunale all' Ambiente, Granelli e Raffaele Cattaneo, il vicesindaco Anna Scavuzzo e i rappresentanti di Arpa, Vigili del fuoco, Ats e Protezione civile.

Ieri a Cornaredo, poco fuori città, i carabinieri del Noe hanno scoperto un sito di stoccaggio abusivo. I militari sono stati allertati dai cittadini dopo un via vai sospetto di camion. Sono stati trovati 1.200 metri cubi di rifiuti speciali stipati illegalmente nella discarica improvvisata. C' erano soprattutto materie plastiche.

La probabile attività fuorilegge di gestione, raccolta e smistamento dell' immondizia è stata segnalata alla Procura. Come i nomi del responsabile tecnico dell' azienda e del proprietario del capannone industriale, due 49enni residenti rispettivamente in provincia di Monza e Brianza e in provincia di Verona. L' immobile infine è stato sequestrato.

Fonte: qui

NELL'ARIA TRACCE DI DIOSSINA, LE PRIME INDAGINI FAREBBERO IPOTIZZARE CHE I RIFIUTI SPECIALI STIPATI NEL CAPANNONE POCHI GIORNI PRIMA DELL' INCENDIO PROVENGANO DAL SUD. 

4 GIORNI PRIMA DELL’INCENDIO VENNERO TROVATI E FOTOGRAFATI I CUMULI DI RIFIUTI MA I VIGILI NON SEQUESTRARONO IL CAPANNONE. PERCHÉ?

Cesare Giuzzi per il Corriere della Sera
milano incendioMILANO INCENDIO
Non è tossica, ma resta l' allarme. Perché la nube di fumo che ha invaso Milano e buona parte dell' hinterland non contiene - così dicono le analisi - sostanze tossiche anche se i valori della diossina sono «alterati», ossia fuori dai parametri. Per questo Regione e Comune invitano gli abitanti a tenere chiuse porte e finestre, evitare l' esposizione all' aperto dei bambini e a non mangiare frutta e verdura coltivata in proprio.
Da domenica il deposito di via Chiasserini al quartiere Bovisasca, continua a bruciare. E l' aria di Milano è sempre più irrespirabile. Con irritazioni ad occhi e gola e un odore diffuso anche a decine di chilometro dal luogo dell' incendio. Il fatto che le autorità abbiano escluso rischi per la salute non cancella, di fatto, l' emergenza. I dati raccolti dall' Arpa, l' Agenzia regionale per l' ambiente, si riferiscono alle prime ore del rogo. I test sulla diossina, infatti, sono disponibili solo 72 ore dopo la campionatura. I primi risultati parlano di 0,5 picogrammi per metro cubo d' aria domenica e di 6,7 riferito a lunedì.
milano incendioMILANO INCENDIO
Per l' Oms i valori normali devono essere inferiori allo 0,3. Quindi esistono rischi per la salute? Sì e no, perché per avere numeri oltre la legge il valore «alterato» superiore a 0,3 deve essere misurato sulla media annuale. Il picco di lunedì viene spiegato dai tecnici come un dato fisiologico in quanto è stato proprio dall' inizio della settimana che i venti hanno diffuso la nube sulla città. In un primo momento le correnti avevano trasportato la colonna di fumo ad alta quota. Ad ogni modo, oggi dovrebbero concludersi le operazioni di spegnimento e la messa in sicurezza dei 16 mila metri cubi di plastica, carta e stracci andati a fuoco.
Ieri è invece stato ultimato l' abbattimento del capannone e il pm Donata Costa (che indaga insieme alla Dda, competente in materia ambientale) ha incaricato l' ingegner Massimo Bardazza di redigere una consulenza sull' incendio e sulla provenienza dei rifiuti.
Le prime indagini farebbero ipotizzare che i rifiuti speciali stipati nel capannone pochi giorni prima dell' incendio (a fine luglio gli spazi erano vuoti) provengano dal Sud.
Ma si tratta di una mera ipotesi perché i formulari di accompagnamento potrebbero essere stati manomessi.
milano incendioMILANO INCENDIO
Esattamente come la fideiussione da un milione di euro necessaria alla società «Ipb Italia» per il rilascio delle autorizzazioni al trattamento dei rifiuti, mai concesse da Città metropolitana. Nel verbale del sopralluogo di giovedì 11 ottobre (4 giorni prima del rogo) dei tecnici dell' ex provincia, insieme a due agenti della polizia locale, gli investigatori ripercorrono le tappe della vicenda e scrivono che la «Ipb Italia» aveva presentato una fideiussione lo scorso 1 giugno rilasciata dal gruppo maltese ArgoGlobal che «inizialmente era stata accettata in data 6 giugno. 
Ma il giorno successivo rigettata «perché segnalata come falsa» su segnalazione del gruppo assicurativo.
milano incendioMILANO INCENDIO
Quel giorno vennero trovati e fotografati i cumuli di rifiuti ma i vigili non sequestrarono il capannone. Perché? «Era previsto un secondo sopralluogo il lunedì successivo. Per procedere erano necessari supplementi di indagini», dicono i vertici di Comune e polizia locale. Ma dalla Procura trapela che nessuno avrebbe avvisato il magistrato di turno di quel ritrovamento così ingente e pericoloso.
milano incendioMILANO INCENDIO

Fonte: qui

AUTOSTRADE PER L'ITALIA BLOCCA I LAVORI DELLA TERZA CORSIA TRA INCISA E REGGELLO, IN TOSCANA



L’ASSESSORE REGIONALE CECCARELLI: "CI HANNO SPIEGATO CHE LA VENTILATA REVOCA DELLE CONCESSIONI DA PARTE DEL GOVERNO, DOPO LA TRAGEDIA DI GENOVA RENDE IMPOSSIBILE, PER AUTOSTRADE, INTRAPRENDERE NUOVI PROGETTI. COMPLETERANNO QUELLI GIÀ IN ESECUZIONE MA NON NE INIZIERANNO ALTRI"

Lisa Ciardi per www.lanazione.it

castellucciCASTELLUCCI
Nuovo stallo per le infrastrutture toscane. Dopo i casi dell’aeroporto fiorentino di Peretola e del sotto-attraversamento Tav, a restare in sospeso è adesso la terza corsia autostradale tra Incisa Reggello e Valdarno. Ad annunciarlo è stato l’assessore regionale ai trasporti, Vincenzo Ceccarelli, dopo l’annullamento da parte di Autostrade per l’Italia di alcuni incontri che si sarebbero dovuti svolgere in questi giorni per mandare avanti il progetto.

Assessore, cosa succede?
terza corsia incisa-reggelloTERZA CORSIA INCISA-REGGELLO
«Succede che stavamo creando un tavolo di lavoro con Società Autostrade e i Comuni interessati al passaggio della terza corsia tra Incisa Reggello e Valdarno. Ci eravamo sentiti a fine luglio e ci saremmo dovuti confrontare di nuovo a settembre. Poi, dopo la tragedia di Genova, abbiamo provato a riprendere il confronto, ma Società Autostrade ci ha fatto sapere di non poter andare avanti. Tutto è sospeso: terza corsia e opere collaterali, come il nuovo ponte sull’Arno».

vincenzo ceccarelliVINCENZO CECCARELLI
Quali sono le cause?
«Ci hanno spiegato che la ventilata revoca delle concessioni a Società Autostrade da parte del Governo, dopo la tragedia del ponte Morandi a Genova rende impossibile, per Autostrade, intraprendere nuovi progetti. Completeranno quelli già in esecuzione ma non ne inizieranno altri. Piuttosto prevedono di avviare un contenzioso legale e questo ci preoccupa molto».

Che rischi ci sono?
«Restare in sospeso per un tempo lunghissimo, senza infrastrutture che invece sono essenziali e che servono subito».

Ci sono pericoli per altre opere?
«Per la terza corsia tra Incisa e Valdarno lo stallo è ufficiale, ma abbiamo timori anche per quella sull’A11. In questo caso siamo già agli espropri ma non è detto che non si blocchi tutto. Le altre terze corsie, Firenze Sud-Incisa e Barberino-Firenze Nord dovrebbero invece andare avanti. Oltre al tema delle terze corsie ci sono poi molte altre infrastrutture sulle quali regna l’incertezza».

Quali?
fratelli benettonFRATELLI BENETTON
«Prima di tutto, ovviamente, l’ampliamento dell’aeroporto di Peretola a Firenze e il sotto-attraversamento Tav di cui si parla ormai ogni giorno, con continue ipotesi, passi indietro e cambi di idee che rendono difficilissimo guardare avanti. Ma registriamo una lentezza eccessiva anche per la Due Mari e la Tirrenica. Soprattutto nel secondo caso abbiamo chiesto al ministro Toninelli di riattivare il tavolo fra Regione, Anas e Sat, ma stanno passando mesi e siamo sempre fermi».

Come Regione cosa farete?
«Continueremo a sollecitare e a spiegare l’importanza di queste opere. Lo sviluppo di Peretola è essenziale e non certo concorrenziale con quello di Pisa. Il sotto-attraversamento servirà sia all’alta velocità che al trasporto regionale e, anzi, abbiamo chiesto a Rfi di raddoppiare i binari sulla linea direttissima a partire dal Valdarno per decongestionare Firenze. Tutte le opere progettate sono necessarie, non solo per la Toscana, ma per l’intero Paese: è necessario realizzarle prima possibile».

Fonte: qui

IL NUMERO CHIUSO A MEDICINA SERVE O NO?


IL DOTTOR MASSIMO FINZI: “LE UNIVERSITÀ ITALIANE LICENZIANO OGNI ANNO 8000 LAUREATI IN MEDICINA MA CIRCA MILLE RESTANO FUORI DALLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE A CAUSA DELL’ESAURIMENTO DEL NUMERO DI BORSE DI STUDIO 

PER FORMARE QUESTI MEDICI SAREBBE NECESSARIO INCREMENTARE IL NUMERO DELLE BORSE DI STUDIO, AUMENTARE IL NUMERO DEI DOCENTI, DEI LABORATORI, DELLE STRUTTURE SANITARIE E..."

Massimo Finzi per Dagospia

Il balletto delle dichiarazioni sul numero chiuso alla facoltà di medicina rappresenta un ulteriore termometro della attuale situazione politica italiana dove i due partiti al governo in realtà sono in perenne competizione elettorale e in tale situazione rimarranno probabilmente fino alle prossime elezioni europee. Purtroppo il momento elettorale rappresenta la condizione peggiore per un governo di una nazione perché i partiti, più che al bene comune, sono interessati a riscuotere il consenso popolare.

ABOLIZIONE NUMERO CHIUSO TEST MEDICINAABOLIZIONE NUMERO CHIUSO TEST MEDICINA
Che cosa è successo a proposito del numero chiuso alla facoltà di medicina? E’ vero che a breve mancheranno nella sanità molte figure professionali? Ha ragione Salvini a dichiarare la propria contrarietà al numero chiuso? Nei prossimi 5 anni è prevista una carenza di 45.000 medici quindi apparentemente sembrerebbe logico spalancare le porte dell’università a tutti gli aspiranti medici, e invece così facendo si aggraverebbe un problema che già oggi crea gravi disagi.

La moderna medicina esige una lunga e specifica preparazione che pone il neolaureato davanti a due strade: il percorso formativo per la medicina di famiglia o l’accesso alle scuole di specializzazione. Le Università italiane licenziano ogni anno 8000 laureati in medicina ma circa mille restano fuori dalle scuole di specializzazione a causa dell’esaurimento del numero di borse di studio.
sistema sanitario nazionaleSISTEMA SANITARIO NAZIONALE

Ad oggi sono 18.000 i laureati in medicina che non hanno trovato posto né per la specializzazione né per la medicina di famiglia e la situazione si aggrava di anno in anno.
Per formare questi medici sarebbe necessario incrementare il numero delle borse di studio, aumentare il numero dei docenti, dei laboratori, delle strutture sanitarie, e fornire il materiale didattico necessario.  Ma questo si scontra con la limitatezza delle risorse disponibili.

Il governo, nella nota n°22 pubblicata alla fine del Consiglio dei Ministri, aveva annunciato “Si abolisce il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina, permettendo così a tutti di poter accedere agli studi”. Un annuncio dal significato demagogico frutto della scarsa conoscenza del problema e infatti dopo poche ore è arrivata la rettifica: “Si tratta di un obiettivo politico di medio periodo per il quale si avvierà un confronto tecnico con i ministeri competenti e la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, che potrà prevedere un percorso graduale di aumento dei posti disponibili, fino al superamento del numero chiuso”.
Massimo FinziMASSIMO FINZI

Una rettifica che evidentemente ignora che già da tempo il ministro del Miur è al lavoro su questo tema proprio con la Conferenza dei Rettori delle Università. Forse una maggiore collaborazione e un migliore scambio di informazioni tra i vari ministeri non guasterebbe.

CANADA: DA IERI LA MARIJUANA È LEGALE PER USO RICREATIVO


IL PRIMO MINISTRO TRUDEAU SPIEGA CHE L’OBIETTIVO DELLA LIBERALIZZAZIONE E’ QUELLO DI SOTTRARRE IL BUSINESS DELLA VENDITA DELLE DROGHE "LEGGERE" ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA 

IL CANADA E’ IL SECONDO PAESE AL MONDO DOPO L’URUGUAY DOVE L’USO E IL POSSESSO DI CANNABIS E’ LEGALE


Da oggi in Canada è legale la vendita e il possesso di marijuana per uso ricreativo. A mezzanotte a Terranova è stato fatto il primo acquisto in un centro dove si era formata una coda di centinaia di persone. Il Canada è il secondo Paese al mondo, dopo l'Uruguay, dove il possesso e l'uso di cannabis è legale. La legge per il consumo ricreativo di marijuana è stata approvata a giugno.

L'obiettivo della liberalizzazione è dichiaratamente quello di sottrarre il business della vendita delle droghe "leggere" alla criminalità organizzata. "Noi - ha infatti spiegato il primo ministro, Justin Trudeau, alla vigilia della riforma - non legalizziamo la marijuana perché pensiamo che faccia bene alla nostra salute. Noi lo facciamo perché sappiamo che non è buona per i nostri figli. Noi sappiamo di dover fare un migliore lavoro per proteggere i nostri figli e per eliminare e massicciamente ridurre i profitti del crimine organizzato".

cannabis 2CANNABIS 
Il Cannabis Act era una promessa elettorale fatta da Trudeau nel 2015, e l'applicazione della legge sara' valutata prima delle prossime elezioni del 2019, in modo che si possa verificare se sia stata o meno un successo. Trudeau ha ammesso nel 2013 di aver fumato cannabis cinque o sei volte nella sua vita: tra queste, dopo una cena in cui festeggiava con amici la sua elezione al Parlamento. Tuttavia il primo ministro ha escluso di volersi avvantaggiare della nuova legge: il suo ufficio ha dichiarato che il premier "non intende comprare o consumare cannabis una volta legalizzata".

Fonte: qui

TARGET 2, IL RISCHIO CHE L’UE SALTI/ Il saldo negativo dell’Italia: può uscire dall’euro?

Target 2, il rischio che l'Ue salti. Il saldo negativo dell'Italia supera i 489 miliardi di euro e per alcuni esperti questo rappresenterebbe il prezzo da pagare per uscire dall'euro


TARGET 2, IL RISCHIO CHE L’UE SALTI

Il sistema Target 2 torna spesso all’attenzione dei media quando si paventa il rischio che l’Ue salti, come nelle ultime settimane in cui si teme proprio per la situazione italiana. Il motivo è semplice: i saldi del sistema Target 2 vengono considerati dei costi da pagare o dei crediti da vedersi rimborsati da un paese che dovesse lasciare l’euro. Come ricorda l’Agi, quando si paga un bene tedesco in Italia, la banca italiana avrà un debito verso la Banca d’Italia, la quale a sua volta, tramite il sistema di regolamento dei pagamenti interbancari dell’Eurozona, avrà un debito verso la Bundesbank, la quale sarà indebitata con la banca dell’azienda tedesca che ha venduto il bene. Sommano debiti e crediti tra le controparti, con il sistema Target 2 è possibile capire quanti soldi un Paese deve a un altro attraverso la propria banca centrale. 

IL SALDO NEGATIVO DELL’ITALIA

Da più parti è stato quindi osservato che un Paese indebitato, per poter andarsene dall’euro, dovrebbe saldare i suoi conti, così da non lasciare debiti. L’Italia, secondo i dati di Bankitalia, a settembre ha registrato un passivo di oltre 489 miliardi di euro, in calo rispetto ai 492 di agosto. Come ricorda l’Agi, però, i conti del sistema Target 2 sono stati influenzati non poco dal Quantitative easing. Quando infatti la banca centrale compra i titoli di stato del proprio Paese da una banca estera, il saldo negativo Target 2 si amplia. Quindi se la Bankitalia compra Btp da una banca tedesca, il saldo dell’Italia verso la Germania nel sistema Target 2 peggiora. C’è da dire che Mario Draghi ha detto che proprio dopo la fine del Qe i saldi negativi del Target 2, sistema gestito dalla Bce, si ridurranno. E non bisogna dimenticare che dal suo punto di vista l’euro è irreversibile e quindi non è possibile che un Paese possa uscirne.
Fonte: qui

CRIMEA, LA FUGA DISPERATA, I CADAVERI IN UN LAGO DI SANGUE, I COLPI I PISTOLA: LA STRAGE AL POLITECNICO RACCONTATA ATTRAVERSO I VIDEO CHOC DEI SOPRAVVISSUTI


È DI 21 MORTI E OLTRE 40 FERITI IL BILANCIO DEL MASSACRO DI KERCH



Simona Santoni per “www.panorama.it”



il killer vladislav roslyakovIL KILLER VLADISLAV ROSLYAKOV
Un diciottenne è entrato nella scuola in cui studiava armato di fucile e ha sparato contro compagni e docenti. 21 morti e decine di ferite. No, non è l'ennesima orribile strage in un college americano. Non è la replica del Massacro della Columbine High School, Colorado. Questa volta il teatro del folle gesto è la Crimea, penisola contesa tra Ucraina e Russia, dal 2014 annessa alla Russia ma rivendicata dall'Ucraina.

Cosa è successo
Il 17 ottobre verso mezzogiorno ora locale è iniziato tutto. Nell'istituto politecnico di Kerch, Vladislav Roslyakov, 18 anni, studente del quarto anno, è entrato nella scuola armato. 

Prima ha fatto esplodere una bomba di fabbricazione rudimentale, in mensa, senza fare vittime. Quindi ha iniziato a sparare all'impazzata con un fucile da caccia, per il quale aveva ottenuto la licenza solo pochi giorni fa. Dalla sala mensa, ha proseguito di aula in aula, fino alla biblioteca dove si è suicidato. 21 morti e una quarantina di feriti. Tra i morti 5 insegnanti e 15 studenti (6 dei quali minorenni). 
i feriti 1I FERITI 

Kerch, che conta circa 147mila abitanti, è considerata una delle città più antiche della Crimea: città portuale, si affaccia davanti alla Russia, a cui è collegata da un enorme ponte inaugurato il 15 maggio scorso da Vladimir Putin. In Crimea sono stati dichiarati tre giorni di lutto.

la fuga 1LA FUGA 





L'istituto tecnico, aperto dal 1930, forma i suoi studenti in sedici specialità per un vicino complesso di attività estrattiva.

Chi è il killer
Il giovane assassino, Vladislav Roslyakov, 18 anni, studente del quarto anno, aveva ottenuto in modo regolare il porto d'armi e superato i test psicologici necessari.
Ancora non si sanno le ragioni della sua carneficina ma, da fonti vicine al ragazzo, emerge una sua "forte ostilità" verso la scuola e un "desiderio di vendetta nei confronti degli insegnanti". 

Al momento della strage indossava pantaloni neri e una maglietta bianca con scritte nere, un abbigliamento simile a Eric Harris, uno dei due killer del massacro alla Columbine (ma è tutto da appurare se il giovane si sia in qualche modo ispirato a quel massacro che causò 15 morti, inclusi i due assassini).  Dopo la sparatoria Vladislav si è suicidato.
anna zhuravlyovaANNA ZHURAVLYOVA

Le testimonianze
Crude le testimonianze dei sopravvissuti. "C'erano cadaveri di ragazzini ovunque", ha raccontato a Russia Today uno studente ancora terrorizzato. "Prima abbiamo sentito un'esplosione, poi il rumore di spari. Siamo riusciti a fuggire saltando giù dalla finestre", ha detto un altro.

"Mi sono ritrovato proprio in mezzo all'esplosione, vicino al buffet. Un compagno mi ha trascinato via, abbiamo cominciato a sentire degli spari ogni due-tre secondi", è il racconto di Igor alla Bbc.

Cosa dice la Russia
Inizialmente gli inquirenti del comitato investigativo russo hanno riferito di avere aperto un'indagine per terrorismo, ma presto la strage è stata catalogata come omicidio, senza alcuna matrice terroristica.
i feriti 2I FERITI 

Da Sochi, dove si trovava per ricevere il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, il presidente russo Vladimir Putin ha fatto arrivare le sue condoglianze ai cari delle vittime, per bocca del portavoce del Cremlino.

Stando al premier crimeano Serghei Aksionov l'assalitore potrebbe aver avuto dei complici nella preparazione della strage. 
la strage 1LA STRAGE 

Fausto Biloslavo per "il Giornale"

«Grazie a Dio nessuno dei ragazzi della nostra comunità è rimasto vittima di questa follia omicida» sottolinea al telefono Giulia Giacchetti Boico, l' indomita presidente dell' Associazione degli italiani di Crimea. Kerch, dove è avvenuta la strage di studenti, è la loro «capitale».

All' estremo lembo orientale della penisola annessa dalla Russia vivono ancora 500 «italiani» eredi di una fiorente comunità fin dai tempi degli Zar poi decimati da Stalin. «Sentiamo le sirene delle ambulanze e siamo tutti scioccati.
daria chegerestDARIA CHEGEREST

A Kerch, piccola e tranquilla cittadina, non è mai accaduto niente del genere» spiega Boico, che in casa tiene il Tricolore come una reliquia. Kerch è diventata strategica con la costruzione del ponte, voluto dal Cremlino, che unisce la penisola di Crimea alla Russia.

«Ci hanno chiamato dal consolato italiano per assicurarsi che stiamo tutti bene - nota la presidente della comunità - Stiamo preparando un evento culturale e dopodomani era previsto un concerto, dobbiamo rimandarlo».

alina kerovaALINA KEROVA
La comunità dei connazionali di Kerch è stata per decenni la più dimenticata dalla storia e dalla madrepatria. Marinai e contadini dalla Liguria e sopratutto dalla Puglia erano emigrati in Crimea duecento anni fa ai tempi degli Zar. A Kerch passò anche l' eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi. Suo zio costruì una chiesa cattolica nel 1841, oggi ristrutturata e riaperta.

Stalin, durante la seconda guerra mondiale, considerava gli italiani di Crimea una spina nel fianco e li deportò in Siberia. «Era il 28 gennaio 1942 - racconta Boico - Li imbarcarono sulle navi, come bestie nelle stive, al buio». A Novorossiysk gli italiani, che a Kerch erano 5mila, furono chiusi in carri bestiame, come gli ebrei dell' Olocausto. Natale De Martino, un sopravvissuto, ripete sempre che «fu la deportazione più crudele. Si moriva di freddo, di fame, di stenti».
sergey stepanenkoSERGEY STEPANENKO

L' Associazione, nata nel 2008, temeva di finire nel braccio di ferro fra Russia e Ucraina. Nel 2015, durante la visita di Silvio Berlusconi nella penisola contesa, il presidente russo Vladimir Putin riabilitò la comunità italiana della Crimea deportata e massacrata da Stalin.

I giovani di Kerch, legati all' Italia, hanno ottenuto borse di studio a Roma, Perugia, Udine e Reggio Calabria. I corsi di italiano si sono moltiplicati. L' Associazione ha pubblicato libri e realizzato una mostra in giro per l' Europa sulla tragica storia della comunità. E sulla pagina Facebook si scopre che sono state ritrovate «tante famiglie italiane di Crimea isolate nell' immenso territorio dell' ex Urss, che stanno pensando di tornare a vivere a Kerch».

Fonte: qui

ALMENO 11 SU 15 COMPONENTI DEL COMMANDO CHE HA UCCISO IL GIORNALISTA KHASHOGGI SONO MEMBRI DELLE FORZE DI SICUREZZA SAUDITE E SETTE FANNO PARTE DELLA GUARDIA REALE DI MOHAMMED BIN SALMAN


UNO DEI MEMBRI, MAHER ABDULAZIZ MUTREB, E’ STATO ADDESTRATO IN ITALIA DA “HACKING TEAM”, SOCIETÀ SPECIALIZZATA IN PROGRAMMI DI INTERCETTAZIONE BUCATA DA WIKILEAKS

KHASHOGGI MORTO DI TORTURE IN 7 MINUTI
Fausto Biloslavo per “il Giornale”

JAMAL KHASHOGGIJAMAL KHASHOGGI
Prima brutalmente interrogato con le dita tagliate per farlo parlare. Poi narcotizzato e alla fine decapitato e smembrato per sbarazzarsi del corpo. 

Particolari raccapriccianti della triste fine del giornalista Jamal Khashoggi, che sarebbe stato fatto a pezzi all' interno del consolato saudita a Istanbul da una squadra di 15 uomini giunti da Riad e legati all' erede al trono Mohammed Bin Salman.

Gli investigatori turchi stanno facendo trapelare particolari sempre più inquietanti dell' inchiesta, che smontano l' ipotesi di un interrogatorio finito male. Al contrario, la missione sembra proprio che puntasse a eliminare il giornalista scomodo. Il 2 ottobre con i due jet privati del commando è arrivato a Istanbul anche il medico legale Salah Muhammad al-Tubaigy, esperto di autopsie.

mohammed bin salman foto luca locatelli per il timeMOHAMMED BIN SALMAN FOTO LUCA LOCATELLI PER IL TIME
Un luminare che ha lavorato con il ministero dell' Interno saudita. Secondo i turchi si sarebbe portato dietro una sega per ossa. Il povero Khashoggi è stato accolto nell' ufficio del console, Mohammad al-Otaibi, indagato e riparato ieri in Arabia Saudita. E subito dopo aggredito. In una registrazione audio si sente il console che dice: «Fatelo altrove o avrò problemi».

Un aguzzino risponde: «Stai zitto se vuoi restare vivo quando tornerai in Arabia Saudita». Il giornalista urla e viene trascinato in uno studio attiguo all' ufficio del diplomatico. Sembra che non sia stato interrogato a lungo, forse solo pochi minuti, ma con metodi spietati come il taglio delle dita. L' audio dura 11 minuti e si capisce che a un certo punto la vittima viene narcotizzata. A questo punto entrerebbe in gioco, come in un film dell' orrore, l'anatomopatologo

I turchi sostengono che avrebbe cominciato a sezionare il corpo con Khashoggi ancora vivo.

JAMAL KHASHOGGIJAMAL KHASHOGGI
«Quando faccio questo lavoro ascolto la musica. Dovreste farlo anche voi» si sentirebbe dire nella registrazione della scena in stile Pulp fiction. Alla fine il giornalista sarebbe stato decapitato. Khashoggi aveva un Apple watch e prima di entrare nel consolato ha lasciato il telefonino iPhone alla compagna che lo aspettava all' esterno. Il collegamento bluetooth funziona per un raggio di 30-50 metri.

Khashoggi potrebbe essere entrato nel consolato con una telefonata già attiva attraverso il suo cellulare. Lo smartphone avrebbe così registrato tutto compresi i battiti del cuore attraverso la app dell' orologio. I turchi, però, potrebbero usare la storia dell' Apple watch come paravento per prove audio e video più dirette grazie a microspie piazzate nel consolato.

mohammed bin salman trump visit da cbcMOHAMMED BIN SALMAN TRUMP VISIT DA CBC
Il presidente americano Donald Trump ha chiesto ad Ankara di ascoltare i nastri «se esistono» sostenendo che gli Stati Uniti «non copriranno» l'Arabia Saudita. E auspicando che «la verità venga fuori entro la fine della settimana». Il segretario di Stato, Mike Pompeo, ieri ad Ankara, ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ed il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu.

Nuove ricerche sono state effettuate nella residenza del console, ma i maggiori media turchi e americani stanno pubblicando i nomi dei sospetti sicari. Almeno 11 presunti componenti del commando su 15 sono stati identificati come membri delle forze di sicurezza saudite. Ben sette farebbero parte della Guardia reale e alcuni sono stati segnalati come agenti della scorta nei viaggi all' estero del principe ereditario Mohammed Bin Salman.

JAMAL KHASHOGGIJAMAL KHASHOGGI
Ufficialmente il regno collabora all'inchiesta, ma continua a sostenere che i 15 sauditi coinvolti fossero solo turisti e che le autorità non sanno che fine abbia fatto Khashoggi. Linea poco credibile che ha fatto fioccare una lunga lista di disdette alla Davos del deserto, convocata per martedì prossimo a Riad. L'ultima defezione eccellente è del direttore del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde. Uno smacco per l' erede al trono, che punta molto sull' appuntamento in nome delle sue riforme economiche.

UN MEMBRO DEL COMMANDO (MOLTO VICINO A BIN SALMAN) ADDESTRATO DA HACKER IN ITALIA
Fausto Biloslavo per “il Giornale”

MOHAMMED BIN SALMANMOHAMMED BIN SALMAN
Uno dei membri del commando saudita che ha fatto sparire il giornalista Jamal Khashoggi sarebbe stato addestrato in Italia dall' Hacking team, una società specializzata in programmi di intercettazione. Maher Abdulaziz Mutreb è stato identificato dagli investigatori turchi come uno dei 15 uomini della squadra saudita che avrebbe eliminato il giornalista scomodo. Non si tratta di un agente qualunque, ma di un personaggio molto vicino al principe ereditario Mohammed Bin Salman.

Nel 2015 Wikileaks ha «bucato» la società lombarda Hacking team rendendo noti migliaia di documenti e mail. Un messaggio ricevuto il 26 gennaio 2011 da uno dei responsabili italiani indicava una lista di «reclute» da addestrare per un programma di 8 settimane su varie piattaforme informatiche. Il primo nome della lista è Mater A Mutreb poi corretto in Maher A Mutreb.

JAMAL KHASHOGGIJAMAL KHASHOGGI
Secondo il Washington post sarebbe lo stesso saudita che faceva parte del commando assassino, che avrebbe fatto fuori il giornalista nel consolato di Istanbul.
Il 25 gennaio 2011 il responsabile italiano di Hacking team aveva inviato una mail in inglese a un non meglio identificato Waleed spiegando che «siamo pronti ad accogliere il tuo staff per l' addestramento avanzato» e chiedendo i loro nomi. Poi citava un libanese che vive in Italia dal 2001, ma è nato a Riad, responsabile per i paesi arabi, che si occuperà «dei tuoi colleghi durante il loro periodo di permanenza a Milano».

bin salmanBIN SALMAN
Hacking team è una società milanese che vendeva l' Rcs, uno dei programmi di intercettazione migliori al mondo, fino alla fuga di notizie di Wikileaks. La polizia postale italiana, nel 2004, è stato il primo cliente che ha acquistato Rcs. Fra i clienti non c' erano solo le forze dell' ordine, ma pure la presidenza del Consiglio ed i servizi segreti, come l' Aise, l' intelligence per l' estero. Hacking team ha lavorato con americani, russi, e diversi paesi non proprio adamantini come l' Egitto, il Bangladesh, il Sudan e gli stati del Golfo. Con i sauditi le offerte di Milano per l' addestramento viaggiavano sul mezzo milione di euro.

Il corso a Mutreb risale al 2011 e la sparizione del giornalista saudita è del 2 ottobre scorso, ma dimostra, se fosse effettivamente lui, che si tratta di un agente inserito da tempo nella sicurezza del Regno.

MACRON BIN SALMANMACRON BIN SALMAN
Mutreb era accreditato come primo segretario all' ambasciata saudita a Londra nel 2007, probabilmente sotto copertura. Il New York Times ha pubblicato ieri una serie di fotografie che dimostrano come sia uno degli uomini della sicurezza più vicini all' erede al trono. A Madrid, lo scorso aprile, scende la scaletta dopo Bin Salman. A Parigi cammina alle spalle della guardia d' onore che accoglie il principe ereditario. In marzo, a Boston, è sempre a pochi passi da MBS. Proprio Mutreb ha noleggiato i due jet privati per la squadra saudita giunta ad Istanbul. E secondo la tv Al Jazeera è sempre lui a effettuare 19 chiamate il giorno della scomparsa di Khashoggi, di cui una alla segreteria dell' ufficio dell' erede al trono.

Fonte: qui


A 16 GIORNI DALLA SCOMPARSA DEL GIORNALISTA JAMAL KHASHOGGI ANCHE TRUMP AMMETTE: “A MENO DI UN MIRACOLO, DOBBIAMO RICONOSCERE CHE È MORTO”, MA POI GLI USA DANNO ALTRE 72 ORE DI TEMPO AI SAUDITI PER "INDAGARE" E DIRE COSA SIA SUCCESSO 

MA NÉ IL SEGRETARIO AL TESORO MNUCHIN NÉ “FOX NEWS” ANDRANNO ALLA “DAVOS DEL DESERTO” 

I DETTAGLI RACCAPRICCIANTI E LA MISTERIOSA MORTE DI UNO DEI 15 MEMBRI DEL COMMANDO…

KHASHOGGI, NUOVO GIALLO MUORE IN UN INCIDENTE UNO DEI PRESUNTI KILLER `
JAMAL KHASHOGGIJAMAL KHASHOGGI
Anna Guaita per “il Messaggero”

Anche il ministro del tesoro Usa, Steven Mnuchin, diserterà il convegno economico di Riad, come hanno già annunciato i suoi corrispettivi europei. Gli americani hanno atteso per vedere cosa facevano i principali alleati prima di defilarsi anche loro dalla Davos del deserto, il convegno in Arabia Saudita che doveva essere il fiore all' occhiello del principe ereditario Mohammad bin Salman. Ma oramai le defezioni sono un flusso continuo, mentre il mondo cerca di tenersi alla larga da un Paese al centro di uno dei più gravi scandali degli ultimi decenni.

mohammed bin salman foto luca locatelli per il timeMOHAMMED BIN SALMAN FOTO LUCA LOCATELLI PER IL TIME
L' unica mano tesa è per l' appunto quella dell' Amministrazione di Washington, che pur trattenendo a casa il ministro, decide tuttavia di concedere ai sauditi «qualche altro giorno» per chiarire cosa sia successo a Jamal Khashoggi. Il gesto di cortesia di Donald Trump verso il governo di Riad viene accolto con un certo sgomento dall' opinione pubblica, e quando il segretario di Stato Mike Pompeo lo annuncia, dopo averne parlato con il presidente, i giornalisti chiedono come ci si possa fidare delle indagini dei sauditi che «sono proprio gli accusati».

steven mnuchinSTEVEN MNUCHIN
Pompeo risponde impassibile: «I risultati saranno pubblici, li vedremo tutti, e tutti giudicheremo se sono davvero accurati». Da Mosca, Putin rompe il silenzio e suggerisce che gli «Stati Uniti hanno una certa responsabilità» nel cercare di capire cosa sia successo al giornalista, in quanto Khashoggi «viveva negli Usa».

Ma intanto, l' altro interprete di questo dramma internazionale, la Turchia, non rallenta le indagini, e anzi ne allarga il raggio rendendo pubbliche le foto di un autorevole collaboratore del principe saudita, un colonnello dei servizi segreti sauditi che entra nel consolato di Istanbul e ne esce ore dopo che il giornalista vi era scomparso senza più dare tracce di sé.

Omicidio Khashoggi - Salah Muhammad al TubaigyOMICIDIO KHASHOGGI - SALAH MUHAMMAD AL TUBAIGY
Maher Abdulaziz Mutreb ha spesso viaggiato con il principe, anche quando questi è venuto in visita negli Stati Uniti. La sua presenza a Istanbul proprio il 2 ottobre, immortalata da una serie di foto che lo seguono dall' aeroporto all' albergo e da lì al consolato, sono la prova più diretta di un collegamento fra il principe e quello che è successo dentro la sede consolare saudita.

mohammed bin salman trump visit da cbcMOHAMMED BIN SALMAN TRUMP VISIT DA CBC
Difatti fonti dell' intelligence turca hanno detto alla Cnn che Mutreb «ha giocato un ruolo cruciale» nell' apparente assassinio di Khashoggi. Ma secondo quanto ha riferito il New York Times ieri sera, la corte saudita stava invece costruendo un quadro diverso, e si appresta a dare la colpa di tutto al generale Ahmed al-Assiri, un altro consulente del principe ereditario. Il motivo e il modo di un simile atto da «scheggia impazzita» (secondo quanto suggeriva Trump) non sono ancora stati precisati, ma il nome che deve scagionare il principe sta già girando.

L' INDAGINE
JAMAL KHASHOGGIJAMAL KHASHOGGI
La giustizia di Ankara sembra decisa a seguire ogni traccia, e ieri si è saputo che gli inquirenti sono alla ricerca di quel che resta del corpo del 59enne opinionista del Washington Post.
La ricerca ha portato gli agenti anche a perlustrare un bosco e una fattoria. A questa notizia ha fatto tragicamente eco la pubblicazione sul Washington Post dell' ultimo commento che Khashoggi aveva scritto e consegnato al suo traduttore: «Quel che serve al mondo arabo scrive il giornalista, che viveva negli Usa è la libertà di espressione.

trump e mohammed bin salmanTRUMP E MOHAMMED BIN SALMAN
Ma intanto i Paesi arabi sono liberi di mettere a tacere la voce della stampa». Parole fatidiche, scritte da un dissidente che sapeva di essere nel mirino del regime, tanto che aveva detto alla fidanzata, che lo aspettava fuori: «Se non esco entro due ore, avverti la polizia turca».

La trama di questo cupo giallo si complica ancora di più: uno dei 15 membri della squadra della morte saudita arrivata a Istanbul il 2 ottobre con due aerei privati provenienti da Riad, è morto in un incidente stradale dopo il ritorno in Arabia Saudita. Si tratta del 31enne Mashal Saad al-Bostani, tenente dell' aeronautica militare saudita.

La stampa turca sostiene che l' incidente «appare strano», facendo intendere che forse uno dei testimoni scomodi dell' omicidio di Khashoggi è già caduto, e insinuando che il prossimo potrebbe essere il console Mohammad al-Otaibi, la cui voce compare nel famigerato audio che ha immortalato le scene raccapriccianti del massacro di Khashoggi.

Il console chiedeva ai seviziatori di eseguire la tortura altrove, non nel suo ufficio, ma quelli gli rispondevano di tacere «se voleva vivere, una volta tornato in Arabia Saudita».

GLI USA DISERTANO IL FORUM DI RIAD: 72 ORE PER INDAGARE SU KHASHOGGI
Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”

MOHAMMED BIN SALMANMOHAMMED BIN SALMAN
«Abbiamo informazioni di intelligence che arrivano da tutte le parti. A meno di un miracolo, dobbiamo riconoscere che Jamal Khashoggi è morto». Donald Trump conversa con il New York Times subito dopo aver ascoltato il resoconto del Segretario di Stato, Mike Pompeo, di ritorno da un viaggio lampo in Arabia Saudita e Turchia.

«È una brutta, brutta cosa, le conseguenze dovrebbero essere severe», aggiunge il presidente. Ma la reazione degli Stati Uniti resta fluida. Non c' è ancora una chiara attribuzione di responsabilità per il quasi sicuro assassinio del giornalista, scomparso il 2 ottobre scorso nel consolato saudita a Istanbul.

JAMAL KHASHOGGIJAMAL KHASHOGGI
Certo, il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin fa sapere che non parteciperà al forum economico-finanziario, «la Davos del deserto», in programma la prossima settimana a Riad. E non ci sarà neanche Fox, il canale più vicino a Trump. Nello stesso tempo, però, Pompeo, predica cautela, ricordando «il legame strategico» con l' Arabia Saudita. In concreto: petrolio, fornitura di armi, alleanza anti-Iran. Il segretario di Stato prende tempo: «Ho chiesto al presidente di concedere alcuni giorni in più (tre secondo indiscrezioni, ndr) alle autorità saudite per completare le indagini».

La polizia turca, intanto, continua a far filtrare particolari sempre più raccapriccianti: registrazioni audio e video dimostrerebbero che Khashoggi, 59 anni, saudita, residente in Virginia, giornalista collaboratore del Washington Post, sia stato smembrato, forse prima ancora di essere ucciso

Gli investigatori stanno setacciando la Belgrad Ormani (la Foresta di Belgrado) e i terreni agricoli nella provincia di Yalova, allargando il raggio delle indagini a 30-70 chilometri da Istanbul.
mike pompeoMIKE POMPEO

L' ipotesi è che il commando saudita, a quanto pare composto da 15 elementi, abbia occultato il cadavere lontano dalla sede diplomatica. Un piano criminale oggettivamente rischioso e, probabilmente, improvvisato sul momento.

Le telecamere a circuito chiuso hanno ripreso uno dei sospettati, Maher Abdulaziz Mutreb, ritenuto un agente dei servizi segreti sauditi al seguito del principe ereditario Mohammed bin Salman. Le immagini mostrano, tra l' altro, Mutreb fuori dal consolato, proprio nel giorno in cui sparì Khashoggi. Ieri il Washington Post ha pubblicato l' ultimo articolo scritto dal dissidente saudita. Si intitola: «Ciò di cui ha più bisogno il mondo arabo: libertà di espressione».
JAMAL KHASHOGGIJAMAL KHASHOGGI

Khashoggi descrive la stretta autoritaria nel Medio Oriente, seguita al fallimento delle Primavere arabe. Ovunque tranne che in Tunisia: «Il mondo arabo è isolato da una cortina di ferro simile a quella imposta all' Europa nel corso della guerra fredda. A quei tempi Radio Free Europe giocò un ruolo importante per alimentare la speranza di libertà. Gli arabi oggi hanno bisogno di qualcosa di simile». Una piattaforma trasversale, dunque, naturalmente sul web, per mettere in rete le cellule dissidenti in Arabia Saudita e non solo.

Fonte: qui