IL COMUNE: “NIENTE PERICOLI, MA CHIUDETE LE FINESTRE”
DIETRO IL GRAVE EPISODIO, L'OMBRA DEI TRAFFICI ILLECITI DI RIFIUTI
Cristina Bassi per il Giornale
Alla terza giornata di fiamme e fumo a Milano l' aria si è fatta pesante. Irrespirabile in alcune zone a causa dell' odore acre e della nube densa che si è materializzata sopra i tetti dopo l' incendio divampato domenica sera in un deposito di rifiuti nella prima periferia a nord della metropoli. Le finestre rimangono il più possibile chiuse, le autorità sanitarie consigliano di non sostare troppo all' aperto. E molti cittadini sono corsi in farmacia per comprare le mascherine per naso e bocca.
Il rogo, molto probabilmente doloso e su cui indaga la Procura, non è ancora completamente spento nonostante il lavoro ininterrotto dei vigili del fuoco.
A bruciare è stato un capannone di via Chiasserini, tra Bovisasca e Quarto Oggiaro, dove però l' azienda Ipb Italia non era autorizzata a stipare rifiuti. Sono andati distrutti 16mila metri cubi di scarti, per lo più plastica, gommapiuma, carta. Il fumo ancora ieri invadeva la città. La colpa è del meteo. Il vento debole di questi giorni non è riuscito a disperdere la nube, però l' ha sparsa su diversi quartieri. Un odore simile a quello di plastica bruciata si sentiva fino in centro. Numerose persone hanno avvertito irritazione agli occhi. Tuttavia l' Arpa, Agenzia regionale per la protezione dell' ambiente, ha ribadito che non è stata rilevata la presenza anomala di sostanze tossiche nell' aria.
Dietro il grave episodio, l' ombra dei traffici illeciti di rifiuti, su cui ora indaga la Dda. «Milano - dichiara l' assessore comunale all' Ambiente Marco Granelli - non può permettere di essere trattata così da criminali, i responsabili devono pagare fino in fondo e il Comune si batterà fino alla fine. Intanto abbiamo dato una forte accelerata. Vigili del fuoco e Comune hanno potuto iniziare le operazioni di smassamento dei rifiuti: cioè i rifiuti parzialmente bruciati vengono spostati togliendo così l' alimentazione al fuoco. Prima si spegne l' incendio, minori saranno i giorni di esposizione ai fumi. E questo è fondamentale per la salute».
Ancora: nell' aria «non c' è benzene e non ci sono inquinanti. Sappiamo però che quando brucia la plastica, si produce diossina. Quindi meno tempo di esposizione c' è e meglio è per tutti». Oggi in via Chiasserini si riunirà una task force formata dagli enti in campo. Ci saranno gli assessori regionale e comunale all' Ambiente, Granelli e Raffaele Cattaneo, il vicesindaco Anna Scavuzzo e i rappresentanti di Arpa, Vigili del fuoco, Ats e Protezione civile.
Ieri a Cornaredo, poco fuori città, i carabinieri del Noe hanno scoperto un sito di stoccaggio abusivo. I militari sono stati allertati dai cittadini dopo un via vai sospetto di camion. Sono stati trovati 1.200 metri cubi di rifiuti speciali stipati illegalmente nella discarica improvvisata. C' erano soprattutto materie plastiche.
La probabile attività fuorilegge di gestione, raccolta e smistamento dell' immondizia è stata segnalata alla Procura. Come i nomi del responsabile tecnico dell' azienda e del proprietario del capannone industriale, due 49enni residenti rispettivamente in provincia di Monza e Brianza e in provincia di Verona. L' immobile infine è stato sequestrato.
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NELL'ARIA TRACCE DI DIOSSINA, LE PRIME INDAGINI FAREBBERO IPOTIZZARE CHE I RIFIUTI SPECIALI STIPATI NEL CAPANNONE POCHI GIORNI PRIMA DELL' INCENDIO PROVENGANO DAL SUD.
Cesare Giuzzi per il Corriere della Sera
Non è tossica, ma resta l' allarme. Perché la nube di fumo che ha invaso Milano e buona parte dell' hinterland non contiene - così dicono le analisi - sostanze tossiche anche se i valori della diossina sono «alterati», ossia fuori dai parametri. Per questo Regione e Comune invitano gli abitanti a tenere chiuse porte e finestre, evitare l' esposizione all' aperto dei bambini e a non mangiare frutta e verdura coltivata in proprio.
Da domenica il deposito di via Chiasserini al quartiere Bovisasca, continua a bruciare. E l' aria di Milano è sempre più irrespirabile. Con irritazioni ad occhi e gola e un odore diffuso anche a decine di chilometro dal luogo dell' incendio. Il fatto che le autorità abbiano escluso rischi per la salute non cancella, di fatto, l' emergenza. I dati raccolti dall' Arpa, l' Agenzia regionale per l' ambiente, si riferiscono alle prime ore del rogo. I test sulla diossina, infatti, sono disponibili solo 72 ore dopo la campionatura. I primi risultati parlano di 0,5 picogrammi per metro cubo d' aria domenica e di 6,7 riferito a lunedì.
Per l' Oms i valori normali devono essere inferiori allo 0,3. Quindi esistono rischi per la salute? Sì e no, perché per avere numeri oltre la legge il valore «alterato» superiore a 0,3 deve essere misurato sulla media annuale. Il picco di lunedì viene spiegato dai tecnici come un dato fisiologico in quanto è stato proprio dall' inizio della settimana che i venti hanno diffuso la nube sulla città. In un primo momento le correnti avevano trasportato la colonna di fumo ad alta quota. Ad ogni modo, oggi dovrebbero concludersi le operazioni di spegnimento e la messa in sicurezza dei 16 mila metri cubi di plastica, carta e stracci andati a fuoco.
Ieri è invece stato ultimato l' abbattimento del capannone e il pm Donata Costa (che indaga insieme alla Dda, competente in materia ambientale) ha incaricato l' ingegner Massimo Bardazza di redigere una consulenza sull' incendio e sulla provenienza dei rifiuti.
Le prime indagini farebbero ipotizzare che i rifiuti speciali stipati nel capannone pochi giorni prima dell' incendio (a fine luglio gli spazi erano vuoti) provengano dal Sud.
Ma si tratta di una mera ipotesi perché i formulari di accompagnamento potrebbero essere stati manomessi.
Esattamente come la fideiussione da un milione di euro necessaria alla società «Ipb Italia» per il rilascio delle autorizzazioni al trattamento dei rifiuti, mai concesse da Città metropolitana. Nel verbale del sopralluogo di giovedì 11 ottobre (4 giorni prima del rogo) dei tecnici dell' ex provincia, insieme a due agenti della polizia locale, gli investigatori ripercorrono le tappe della vicenda e scrivono che la «Ipb Italia» aveva presentato una fideiussione lo scorso 1 giugno rilasciata dal gruppo maltese ArgoGlobal che «inizialmente era stata accettata in data 6 giugno.
Ma il giorno successivo rigettata «perché segnalata come falsa» su segnalazione del gruppo assicurativo.
Quel giorno vennero trovati e fotografati i cumuli di rifiuti ma i vigili non sequestrarono il capannone. Perché? «Era previsto un secondo sopralluogo il lunedì successivo. Per procedere erano necessari supplementi di indagini», dicono i vertici di Comune e polizia locale. Ma dalla Procura trapela che nessuno avrebbe avvisato il magistrato di turno di quel ritrovamento così ingente e pericoloso.
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