9 dicembre forconi: 06/25/18

lunedì 25 giugno 2018

La Grecia è salva! Ma nessuno parla di Deutsche Bank. Sicuri vada tutto bene? Fregatura in vista?


Vediamo di chiarire una cosa. Spero, una volta per tutte. Nell’articolo di ieri ha suscitato molto scandalo la mia frase relativa al fatto che servirà un altro Mario Monti per salvare il Paese da un destino greco. Allora, trattasi di ironia. Ovvero, non è che io pensi che Mario Monti ci abbia salvato da una deriva di tipo ellenico ma temo che, una volta precipitata la situazione sui mercati (tipica prima fase di allarmismo), questa sarà la narrativa che la stampa e la politica mainstream venderanno al pubblico per fargli ingoiare l’ennesima medicina amara della tecnocrazia al potere. Per quanto io adori il Tirolo, mi fa cagare anche il loden, per cui proprio cascate male se ora volete affibbiarmi anche il titolo di montiano ad honorem. Spero che così sia chiaro.

Altra questione è quella relativa alla continua accusa di pessimismo cosmico a fronte di una nuova stagione di governo che, quantomeno, ha il merito di aver spazzato via determinate e paludate logiche politiche, sedimentate e cristallizzate nel DNA di questo Paese. Allora, ognuno vede e legge le cose come vuole. Voi lo chiamate pessimismo, catastrofismo. Io lo chiamo realismo. Vi faccio un esempio di una banalità infinita ma che penso sia, proprio per questo, efficace: quando e se avrete tempo, andate a rileggere il grosso dei commenti al mio articolo di ieri sera. Non c’è una, dico una, critica circostanziata rispettivamente ai DATI e alle CIFRE che ho proposto: quindi, siamo nel campo delle interpretazioni. E del tifo dichiaratamente di parte, siamo chiari. Che va benissimo, ci mancherebbe ma che manca di distacco, almeno quanto io manchi di ottimismo.

Tra “va tutto male” e “tutto fantastico” ci sono molte sfumature e tonalità, il problema è che nel mio modo di pensare la prima visione del mondo è quantomeno cautelativa, una sorta di antidoto al vizio generale dell’azzardo morale, che vale sui mercati come nella politica o nella vita: insomma, meglio essere preparati al peggio. Se invece va meglio, tutto di guadagnato. Quando invece ci si culla eccessivamente su aspettative troppo alte, il rischio di cadere e farsi male diventa alto. Molto alto. E qui non si tratta di speranze politiche o aspirazioni ideali, qui si tratta della tenuta di un intero sistema e di chi, eventualmente, ne sopravviverà al crollo. Non so se mi spiego.

Guardate qui,
sta tornando la vecchia moda del radicalismo islamico come grande motore della disinformazione e del plagio di massa. Brutto segno, significa che occorre sviare l’attenzione da altro. E qui il messaggio non è solo chiaro, è ai massimi livelli: quello in preparazione sarebbe stato, di fatto, il Big Bang di tutti gli attentati mai compiuti in Europa, peggio di Londra o Madrid, peggio del Bataclan. Qui si parla di arma chimica, il terrore maggiore possibile, l’elemento destabilizzante per antonomasia, la “red line” per dirla in ambito siriano. E per una volta, c’è un elemento di verità. Perché in effetti in Germania c’è una bomba innescata. Ma è questa,


ovvero quell’arma di distruzione di massa chiamata Deutsche Bank, la vera spina che sta disintegrando alle fondamenta la tenuta dell’eurozona. Il resto sono palle, crisi dei migranti inclusa. E se già il dato relativo alla ratio assets/PIL (aggiornato ai dati dello scorso marzo, quindi affidabilissimo) dovrebbe essere sufficiente a farci capire come la Germania, in queste ore, stia giocando la partita della sua stessa sopravvivenza, questo
mette tutto in prospettiva:

stando a dati regolatori resi noti il 7 maggio ma ripresi solo l’altro giorno, meritoriamente, da Bloomberg, nel corso del primo trimestre di quest’anno un gruppo di traders del gigante tedesco è incorso in una perdita giornaliera pari a 12 volte il livello di VaR predeterminato dagli analisti della banca. Avete idea di cosa significhi? Ieri Deutsche Bank ha perso un altro sonoro 3% in Borsa e sono certo che non è finita qui, per il semplice fatto che trattasi di un boccone di carne sanguinante troppo goloso per il mercato degli squali. Casualmente, in pieno periodo di instabilità politica tedesca, quindi con l’assoluta necessità per la Merkel di mantenere la notizia il più possibile lontana da occhi e orecchie dell’opinione pubblica. Almeno fino al voto in Baviera di ottobre.

Berlino non ha mai vissuto una crisi strutturale come l’attuale dal Secondo Dopoguerra, meglio prenderne atto e questo spiega anche l’atteggiamento schizofrenico della Merkel nelle ultime settimane: un po’ con la Russia un po’ con gli USA, sì a Nord Stream ma anche al rinnovo delle sanzioni contro Mosca, pronta a tramare con Macron contro l’Italia in sede UE e poi protagonista della telefonata di mediazione con Conte alla vigilia del pre-summit di domenica sui migranti. I tedeschi stanno impazzendo, per il semplice motivo che per la prima volta non hanno il controllo assoluto della situazione. Voi credete che il governo di Berlino, inteso come le forze (anche straniere e finanziarie) che realmente reggono i fili del destino tedesco, anche inteso come timoniere di una certa idea di UE, possa permettersi di perdere questa battaglia? Pensate davvero che non useranno qualsiasi mezzo, qualsiasi trucco? E noi cosa contrapponiamo, il “governo del cambiamento”? O davvero pensate che arriveranno le truppe di Trump in nostra difesa in nome dell’internazionalismo populista?

Guardate qui,
potere del calendario: quando si arriva al famoso ritorno della Grecia a camminare con le sue gambe, di fatto sintesi per allocchi dell’assunto per cui la Troika fa bene come l’antibiotico o la chemio? Adesso, nel momento più drammatico in assoluto per l’esistenza stessa dell’eurozona. E lasciamo stare che per arrivare a questo momento il buon Tsipras si sia comportato come un Mario Monti qualsiasi e la Grecia sia socialmente a pezzi, la notizia che deve passare – e che sta passando – è che Atene, grazie al trio FMI, UE e BCE ora è guarita, sta bene. Evviva la Troika! Proprio adesso, un timing perfetto, quasi come quello della crisi dei migranti e dei bambini piangenti al confine fra USA e Messico: e preparativi, perché come dimostrano queste ore, il Mediterraneo per un po’ si trasformerà in una zuppa di barconi e navi di ONG di ogni risma, un volume di fuoco mai visto per fiaccare la linea oltranzista del Viminale e far saltare il tappo dei malumori grillini al riguardo.

E poi, io sarò anche eccessivamente sospettoso ma non vi siete resi conto che quello che appare come il nuovo cavaliere bianco dell’UE, Emmanuel Macron, ogni qualvolta il cosiddetto populismo che tanto dice di odiare e combattere sembra andare in crisi, vedi l’ondata emotivo-mediatica sulla questione migranti, arriva puntuale a rinverdirne i fasti e garantirne simpatie? La sparata di ieri contro i populisti che sono la lebbra dell’UE, di fatto un attacco frontale al governo italiano, già definito “vomitevole” da un suo sgherro, cosa ha ottenuto, se non far incazzare anche il più critico degli italiani verso l’esecutivo Lega-M5S? Ora, per quanto Emmanuel Macron possa essere un idiota, alle sue spalle ci sono forze che non lo sono: se si comporta così, se è dove si trova, c’è un motivo. Quale? Magari, alzare a dismisura il livello dello scontro, portare la pentola a pressione chiamata eurozona al punto di esplosione, creare il casus belli per qualcosa di realmente drastico. Che può servire a mille utilizzi, come il coltellino svizzero.

Far proseguire il QE senza dover dare troppe spiegazioni a Bundesbank e opinione pubblica (anche perché, in quel modo forse si tamponerebbe la crisi Deutsche Bank, correndo ai ripari attraverso la fusione con quell’altro cesso chiamato Commerzbank), arrivare a un’UE a due velocità, addirittura con due valute, nei fatti, una per l’area core e l’altra per i cosiddetti PIIGS dell’area del Mediterraneo, spingere i tedeschi verso l’impossibile, ovvero la mutualizzazione del debito in ambito europeo. Chi lo sa dove può portarci una crisi sistemica che veda davvero la gente spaventata dall’idea che al mattino seguente, aprendo l’internet banking, ci si trovi con il conto congelato o ri-denominato in un’altra moneta con tasso di cambio degno dell’inflazione venezuelana: a scatenare una bank-run che costringa a controlli sul capitale stile Cipro ci vuole poco, vi assicuro, se si creano le precondizioni giuste. E, francamente, i ne vedo tutti i prodromi in questa crisi dei migranti, assolutamente ad orologeria rispetto ai numeri da invasione di 2015, 2016 e 2017: se c’è un periodo storico in cui non esisteva emergenza e, anzi, si poteva tentare un accordo strutturale con la Libia era questo.

Stranamente, si è passati all’estremo opposto, ovvero alla crisi istituzionale e istituzionalizzata dell’intera eurozona, con addirittura i paesi dell’Est e l’Austria che fanno blocco a sé. A chi fa comodo che non si arrivi a una stabilizzazione della situazione libica, nei fatti inevitabile se l’Europa trattasse in maniera diretta (e stanziando fiumi di soldi) con Tripoli e Bengasi, facendo finalmente parlare fra loro i due doversi governi? Rifletteteci. Per quanto sia stupido Macron, non lo sono i suoi padrini. Sembra quasi uno scherzo del destino: ci ha tratto maggior beneficio dal cosiddetto “salvataggio” della Grecia? Le stesse banche tedesche e francesi che, proprio per l’esposizione eccessiva a quel debito, stavano saltando. E oggi chi è in merda? Deutsche Bank, ovvero statutariamente la Germania e quelle banche francesi ancora strapiene di debito italiano, a differenza di quelle teutoniche che l’hanno già in gran parte scaricato nel 2011. Per quanto paiano litigare, Parigi e Berlino prima si garantiranno la sopravvivenza e solo poi lotteranno davvero fra loro per decidere chi comanderà.

Ma serve qualcuno da sacrificare per arrivare a quell’obiettivo e quel qualcuno si chiama Italia, piaccia o meno: guardate qui,
l’inevitabile sta concretizzandosi, per quanto possa non piacervi ammetterlo. Chi romperà per primo: Matteo Salvini quando avrà capito di aver capitalizzato abbastanza, drenato al massimo consenso o Luigi Di Maio per il motivo opposto e per salvare la sua già precaria leadership del Movimento? Beppe Grillo tace, Roberto Fico no, seppur prendendo posizione anti-Salvini non sui migranti ma sul caso Saviano. Tutti segnali, chiari per chi vuole coglierli. Come il messaggio del ministro Tria all’Eurogruppo: “Per il governo italiano, l’euro non è in discussione”. E i conti vanno tenuti in ordine, altro che deficit. Ma, contemporaneamente, lo spread sale. E Claudio Borghi, fresco di nomina a capo Commissione, così come l’altro esperto anti-euro leghista Alberto Bagnai, sentenzia: “L’uscita dall’euro non è nel programma di governo ma sarebbe una cosa positiva”.
Non vi pare strano che entrambi siano stati nominati a capi della Commissione, qualcuno non ha voluto che finissero in posizioni così apicali proprio per dar fuoco alla miccia? La corda comincia a tirarsi sempre di più, qualche filo comincia a strapparsi. Giorno dopo giorno, goccia dopo goccia. In attesa dello shock, il quale piaccia o meno, dovrà arrivare. Ci sono da salvare i sistemi bancari francese e tedesco, un’altra volta. E un’altra volta la Grecia diventa notizia del giorno, per magnificare le virtù taumaturgiche della Troika. Voi non ci vedete niente dietro, non intravedete un piano chiaro per l’Italia, stando anche al trappolone sulle emissioni del nostro debito pubblico a lungo termine post-QE di cui vi ho parlato ieri, l’80% delle quali – per non mandare fuori giri il costo del servizio – dovrà essere assorbito da investitori privati o istituzionali stranieri a partire dal 2019? Se è così, beati voi, ammiro e invidio sinceramente il vostro ottimismo.


Io non riesco ad averne così tanto. Anzi, non ne ho proprio più. Certo, a questo punto vale la pena tentare lo strappo, tanto non c’è niente da perdere ma vi chiedo e mi chiedo: davvero pensate che la formale unità oplitica di questa compagine di governo, al netto dei già palesi scricchiolii e dei malumori, reggerà l’impatto del gioco sporco che inevitabilmente stiamo per subire, a partire da un possibile attacco speculativo in agosto? Io no. E se non combattere equivale a perdere, combattere non stando tutti dalla stessa parte, equivale a essere letteralmente distrutti. Poi, ognuno la pensi come vuole e speri in ciò che vuole. Siamo in democrazia. Per adesso, almeno.

Sono Mauro Bottarelli, Seguimi su Twitter! Follow @maurobottarelli
Fonte: qui

RAGGI-RO IN CAMPIDOGLIO – LA SINDACA DI ROMA HA UN PROBLEMA NELLA SCELTA DEI SUOI COLLABORATORI

PRIMA MARRA, POI LANZALONE, SONO STATI PROPRIO I SUOI PIÙ FIDI SCUDIERI A TRASCINARLA IN TRIBUNALE 

SE LA CAPACITÀ DI UN LEADER(???) SI VALUTA DA CHI LO CIRCONDA, ALLORA VIRGINIA HA UN PROBLEMA

Maria Elena Vincenzi per “la Repubblica

VIRGINIA RAGGIVIRGINIA RAGGI
Il guaio sono stati i suoi fedelissimi. E se è vero, come si dice, che la capacità di un leader sta nello scegliersi i collaboratori, Virginia Raggi ha un problema. Un altro. Perché in almeno due occasioni i suoi più fidi scudieri l' hanno trascinata davanti ai pm quando non addirittura in un' aula di tribunale.

Estate 2016, Raggi è stata da poco eletta. Nomina capo del personale Raffaele Marra. Ai vertici del Movimento non piace perché è uomo della passata amministrazione. Lei lo vuole a tutti i costi. E lui rimane. Fino al 16 dicembre, quando finisce in carcere con l' accusa peggiore per un dipendente pubblico: corruzione.

raggi marra frongia romeoRAGGI MARRA FRONGIA ROMEO
Per la sindaca sono giorni di puro panico. Fino a che può, cerca di difenderlo, salvo poi cambiare completamente strategia definendolo «uno dei 23mila dipendenti del Campidoglio». Peccato che fosse il numero uno delle Risorse Umane, non proprio l' ultimo dei fattorini.

A quel punto, molti iniziano a interrogarsi sulle decisioni assunte da Marra, scoprendo che, stranamente, suo fratello maggiore, Renato, comandante della polizia municipale, è stato promosso appena due mesi prima a capo dell' Ufficio Turismo (con relativo aumento di stipendio).
virginia raggi romeoVIRGINIA RAGGI ROMEO

Apriti cielo, con Raggi che nel goffo tentativo di salvare la faccia si imbriglia da sola tra le maglie della giustizia: verga di suo pugno una missiva all' Anticorruzione capitolina con la quale si assume l' assoluta paternità di quella scelta, dichiarando che Marra nella nomina del fratello ha svolto un ruolo di «mera e pedissequa esecuzione delle determinazioni da me assunte».

LANZALONE E RAGGILANZALONE E RAGGI
Quello che Raggi non sa e nemmeno immagina è che mentre lei scrive quella lettera, i carabinieri del nucleo investigativo stanno analizzando il telefonino di Marra. Che consegna agli inquirenti una ricostruzione opposta: il capo del personale non solo sapeva ma si è dato parecchio da fare per la promozione del fratello.

LANZALONE E VIRGINIA RAGGILANZALONE E VIRGINIA RAGGI
E la sindaca ne era a conoscenza al punto da infuriarsi: «Me lo dovevi dire dell' aumento di stipendio, mi mette in difficoltà», si legge in un sms. È così che Raggi viene iscritta nel registro degli indagati per abuso d' ufficio e falso. Il 2 febbraio 2017 viene interrogata sulla nomina di Marra senior e sulla promozione (con stipendio triplicato) a suo capo segreteria di Salvatore Romeo che le ha curiosamente intestato una serie di polizze vita.

luca parnasiLUCA PARNASI
Da quella vicenda e dall' abuso, la prima cittadina ne esce: il 28 settembre la procura chiede il rinvio a giudizio per falso. Cade l' abuso e Raggi, incomprensibilmente, esulta: il falso è reato punito ben più severamente dell' abuso d' ufficio. A ridosso della decisione del gip, il 3 gennaio, la sindaca, con una mossa piuttosto insolita, chiede il giudizio immediato. È chiaro che l' obiettivo è di spostare le lancette oltre le elezioni politiche del 4 marzo. Quel processo è iniziato appena tre giorni fa.

stadio della romaSTADIO DELLA ROMA
Da un guaio giudiziario al prossimo. Nel vuoto lasciato da Marra e Romeo, riesce a infilarsi Luca Lanzalone, secondo la ricostruzione della sindaca, arrivato trionfalmente a Palazzo Senatorio su consiglio dei ministri Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. Avvocato amministrativista, nell' aprile 2017 Lanzalone viene nominato alla presidenza di Acea e diventa uomo di riferimento della sindaca.

LUCA PARNASI - MAURO BALDISSONI - SIMONE CONTASTA - MARCELLO DE VITO - LUCA BERGAMO - VIRGINIA RAGGILUCA PARNASI - MAURO BALDISSONI - SIMONE CONTASTA - MARCELLO DE VITO - LUCA BERGAMO - VIRGINIA RAGGI
Per lo stadio della Roma, certo, ma anche per molto altro. Fornisce pareri su tutto, nomine comprese: è stata la stessa Raggi a dire ai magistrati che fu Lanzalone a consigliarle Franco Giampaoletti come direttore generale del Campidoglio. Per qualche tempo, tutto sembra filare liscio.

Ma, ancora una volta, Raggi ha puntato sul cavallo sbagliato: il 13 giugno Luca Lanzalone viene arrestato. La procura lo accusa di avere ricevuto utilità da Luca Parnasi, il costruttore dello stadio della Roma. Questa volta la sindaca è testimone, non indagata. Ma, nel giro di pochi giorni, si trova, di nuovo e per due volte, faccia a faccia con il procuratore aggiunto Paolo Ielo, lo stesso che l' ha trascinata a processo. E che ora vuole capire quanto e quale potere avesse Lanzalone. E per quale motivo.

Fonte: qui

RISPARMIARE UN MILIARDO TAGLIANDO LE PENSIONI D’ORO, COME DICE DI MAIO?

TECNICAMENTE È POSSIBILE, MA SERVIREBBE UNA STANGATA PER OLTRE 100 MILA PERSONE 

NEL CONTO FINIREBBERO TUTTI COLORO CHE RICEVONO ASSEGNI PER PIÙ DI 4MILA EURO, COMPRESE LE VEDOVE CHE CUMULANO LA REVERSIBILITÀ DEI MARITI O GLI INVALIDI 

Roberto Giovannini per "la Stampa"

LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTELUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE
I numeri non lasciano spazio all' incertezza: recuperare un miliardo di euro dal taglio delle pensioni retributive (cioè quelle non calcolate integralmente sulla base dei contributi effettivamente versati) è tecnicamente possibile.

Ma la stangata sarebbe abbastanza accettabile, e dovrebbe riguardare oltre 100mila pensionati, riducendo i loro redditi pensionistici di circa il 10-15 per cento in media. Parliamo di tutti i pensionati che oggi ricevono uno o più assegni previdenziali per un importo complessivo superiore ai 4mila euro netti al mese.

pensioniPENSIONI
Dunque, anche una vedova che percepisce la sua pensione di anzianità e quella di reversibilità del defunto marito, per fare un esempio. E certamente questo miliardo recuperato - sempre che poi la Corte Costituzionale non abbia da ridire su di un intervento che chiaramente agisce su cosiddetti diritti acquisiti, cioè assegni che già si percepiscono da tempo - non basterà da solo a finanziare l' aumento a 780 euro mensili delle pensioni minime e sociali, come annunciato sempre da Di Maio.

Il calcolo dei costi
DELVOX TRIA SALVINI DI MAIODELVOX TRIA SALVINI DI MAIO
Sono dunque questi i dati che emergono dalle simulazioni diffuse nella giornata di ieri sul tema delle cosiddette «pensioni d' oro». Secondo i calcoli di Tabula, il centro studi fondato dall' economista e grande esperto di previdenza Stefano Patriarca, complessivamente le pensioni incassate in Italia costano il 20-25% in più rispetto ai contributi versati, fondamentalmente a causa delle vecchie e più generose regole previdenziali del passato, basate sul sistema retributivo.

Per gli assegni più elevati, comunque, il vantaggio rispetto alla contribuzione effettivamente versata si riduce, poiché la legge impone rendimenti decrescenti sulle contribuzioni più elevate.

Le simulazioni
LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTELUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE
Secondo le simulazioni di Tabula, dunque, non sarebbe sufficiente colpire le circa 30mila persone che ricevono redditi da pensione superiori ai 5mila euro netti al mese, a suo tempo la soglia indicata da M5S come quella oltre la quale si può parlare di «pensioni d' oro».

Ovviamente si «salverebbero» i pensionati che arrivano a questa soglia cumulando due pensioni di importo inferiore alla soglia. Comunque, ricalcolare l' assegno dei 30mila pensionati da 5.000 euro al mese per la quota non coperta da contributi farebbe risparmiare al massimo 210 milioni di euro, senza contare le minori imposte pagate.

pensioni d'oroPENSIONI D'ORO
Per arrivare a quota 1 miliardo bisognerebbe invece intervenire ai danni di una platea molto più ampia di persone, oltre le centomila unità: ovvero, tutti coloro che ricevono dai 4.000 euro al mese netti di redditi da pensione complessivi, e non da una singola pensione.

Comprese le vedove che cumulano la loro pensione e quella del coniuge scomparso, oppure chi arriva a 4.000 euro al mese aggiungendo all' assegno previdenziale anche una pensione di invalidità da lavoro per un infortunio subito in passato. In questo caso, spiega Patriarca, «la riduzione complessiva del reddito da pensione sarebbe in media del 10-15%. Ma sarebbero penalizzati di più i pensionati che hanno lasciato il lavoro in età relativamente più giovane. Per loro il "vantaggio contributivo" delle vecchie regole è maggiore, e il taglio dopo il ricalcolo sarebbe più pesante».

Il miliardo risparmiato, dice l' esperto, potrebbe essere sufficiente per innalzare le pensioni minime a 780 euro a circa 500mila anziani. Si stima che quelli che dovrebbero essere interessati dal provvedimento siano in tutto però tra i 2 e i 4 milioni. 

Dopodiché, conclude Patriarca, se poi venisse davvero varata anche la flat tax, però, si finirebbe in pieno paradosso. Oggi si ridurrebbero le pensioni d' oro del 15%; domani la riforma tributaria, con lo sconto fiscale più vantaggioso per i più ricchi, le aumenterebbero del 30%.

Fonte: qui